LETTERA A …

Quanto segue è una lettera che ho scritto dieci mesi dopo il mio esame di maturità. Stavo male: ero ancora arrabbiata, avevo delle cose da dire a due persone, quindi l’ho scritta per una mia esigenza. Non ho mai ricevuto una risposta, ma non mi importa scrivere mi ha aiutato a superare delle esperienze ed a essere pronta a farne di nuove. In questo spazio trovate la lettera così come l’ho scritta nel 2002, con l’unica differenza che metterò delle sigle al posto dei nomi propri.

Care X e Y,
E’ passato un anno dalla mia licenza liceale ed ancora ripenso con dolore e tristezza ai cinque anni trascorsi al Istituto Z ed in modo particolare all’ultimo. Per raggiungere il grande traguardo della maturità ho dovuto faticare più degli altri ragazzi. L’anno scorso ero determinata a studiare come non lo ero mai stata in vita mia, ne ho pagato un prezzo molto alto: mi sono privata di cose per me altrettanto importanti come la fisioterapia, la logopedia, lo scrivere, uscire con le mie amiche, il corso di teatro del quale ho fatto lo spettacolo a giugno ma ho dovuto rinunciare agli incontri durante l’anno. La mia giornata era scandita solo da ore di studio delle diverse materie, per questo ho fatto degli sforzi troppo grossi per le mie possibilità, compromettendo anche la mia salute fisica. L’esame è andato bene: ho preso ottanta su cento. Durante l’esame orale il prof. d’italiano (che era un membro esterno), invece di lasciarmi ripetere la tesina mi ha fatto tante domante su tutto il programma, quindi mi sento di poter dire che quello che ho ottenuto me lo sono meritata. A tutte le persone che complimentandosi con me, mi chiedevano se ero soddisfatta del come era andato il mio esame; rispondevo con le lacrime agli occhi ed una rabbia che mi cresceva dentro mai provata prima, che non ero affatto contenta, anzi che mi sentivo sconfitta. Tutti dicono che la scuola deve servire per educare i ragazzi e prepararli ad affrontare la vita che viene dopo la scuola. Invece io al Istituto Z ho “imparato” aver paura di affrontare le difficoltà. In tutta la mia vita poche persone sono riuscite a farmi sentire “diversa” come c’ è riuscita lei professoressa X, non mi riferisco solo al suo comportamento in occasione della gita di Burri (anche se quello secondo me, è stato il fatto più eclatante e scorretto), ma ai numerosi tentativi di nascondere il suo disagio nei miei confronti. Io sono cresciuta circondata da persone che hanno sempre creduto veramente che, nonostante il mio handicap fisico, io sia una ragazza esattamente uguale alle persone normodotate. Lei era l’unica a ripetermi ossessivamente che io sono uguale alle persone che non hanno un handicap fisico. Ho sempre pensato che il suo ossessivo bisogno di ripetermi verbalmente questo concetto derivava dal fatto che non mi abbia mai accettato come una persona “normale” mi ha sempre visto come un persona diversa e il “diverso” si sa, fa paura. E lei y; io l’avevo messa al corrente di quello che stava succedendo tra me e la vice y, ma lei non ha saputo prendere una posizione fra noi due Ogni volta che venivo a raccontarle quello che stava accadendo lei mi tranquillizzava dicendo che avrebbe parlato con la X poi di fatto non faceva nulla, per questo mi sono sentita presa in giro. Mi chiedo come è possibile che in una scuola privata religiosa accadano certe cose. Mi sembra assurdo che nel vostro istituto si dia una grandissima importanza a cose formali come la divisa, le messe, le due feste della scuola e poi se c’è un’alunna con qualche difficoltà in più, invece di aiutarla secondo i principi religiosi dei quali l’istituto si vanta molto, non fate altro che accentuare le sue difficoltà. Dallo scorso giugno ad oggi, grazie all’aiuto e al sostegno della mia famiglia e delle persone che mi stanno vicino, sono riuscita in parte a superare i traumi da voi creati ed ho fatto molte cose: ho seguito un corso di scrittura della rinomata scuola Omero, durante il quale ho scritto un racconto che è stato lodato dall’insegnante stesso, ho fatto un corso d’inglese della British ed uno di informatica che terminerò tra due settimane prendendo il patentino europeo, ho “ritrovato” i miei amici ed ho conosciuto molti ragazzi simpatici che mi accettano per quella che sono. A distanza di un anno, nel ripensare a tutto il periodo del liceo, in particolare l’ultimo anno, provo ancora tanta amarezza. Penso che tutte queste prove mi hanno formata ed ho voluto scrivervi questa lettera perché non mi piace tenermi dentro questi “rospi” e così spero di andare avanti serenamente attivamente e con coraggio.

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