Un libro sulla ricchezza interiore dell’handicap.

RIVISTA ASM, N° DI GENNAIO-MARZO 2012
TESTO PER IL TAGLIO BASSO DELLA SETTIMA PAGINA DELLA RUBRICA “AGENDA“ (PAG. 28).
Se qualcuno volesse cercare un’ennesima conferma della convinzione di Eugenio Montale secondo cui la poesia è un sostitutivo della vita, potrebbe trovarla nel romanzo autobiografico di Zoe Rondini Nata viva (Albatros Editore, € 15,50). Il poeta non vive, secondo il grande letterato ligure originario di Monterosso, la vita “normale“, mentre è attirato da ciò che tutti gli altri trascurano e considerano insignificante, ma che è invece davvero essenziale per gettare uno sguardo profondo sull’esistenza umana. La giovane autrice romana di Nata viva ci guida in un percorso di questo genere, intessuto di ricordi minuziosi e rivissuti con intensità e autenticità quasi violenti. Ma il peso dei ricordi (“Ricordo tutto, sicuramente ricordo troppo“, scrive Zoe verso la fine della sua narrazione) è il frutto di una situazione non scelta, è la conseguenza di quei fatali cinque minuti di vita dopo la nascita in cui al suo organismo non era arrivato ossigeno, diminuendone irreversibilmente le capacità motorie, ma non quelle intellettuali e affettive. Impossibilitata ad una vita attiva come tutti gli altri bambini e poi ragazzi, Zoe Rondini la sostituisce con una vita interiore ipertrofica, che passa ai raggi X gli egoismi, le  grettezze e i (rari) esempi di altruismo e di umanità dei “normali“. L’handicap come elemento di arricchimento: questa la lezione del romanzo, che invita a non cercare di omologare la persona diversabile (impresa peraltro impossibile e fonte di indifferenza), ma a valorizzare ciò che negli individui normodotati è andato oggi spesso perduto: la sensibilità e la capacità di osservare i comportamenti, analizzandoli e conferendo loro un significato.

Maurizio Fabbri

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