“NATA VIVA“ di Zoe Rondini edizioni Gruppo Albatros il Filo Aprile 2011 di Alessandro Leggieri

Nata viva di Zoe Rondini

Recensione a cura di Alessandro Leggieri per www.piccologenio.itSono sorretta da molti cuscini: non ho forza nei muscoli, sono come una bellissima bambola di pezza, lancio delle intense occhiate a mamma e nonna: è l’unico modo che ho di comunicare“.

E’ in questo modo che l’autrice descrive il momento del ritorno a casa dall’ospedale dopo essere sopravvissuta alla propria nascita; si perché Zoe, dopo essere uscita dal ventre materno, non respira e non può esprimere la sua gioia di vivere con il consueto pianto che tutte le mamme aspettano di sentire come segno che tutto si è concluso per il meglio. Il pianto arriverà solo dopo cinque minuti, purtroppo non senza conseguenze permanenti.

Un po’ diario autobiografico, un po’ romanzo di formazione, “Nata Viva“ è il racconto di un’esperienza di crescita. Racconto che non è solo un resoconto degli accadimenti ma anche sostegno, come sottolinea l’autrice stessa, nei momenti difficili.

Particolarmente difficile è stato per Zoe il periodo dell’adolescenza. Dopo la separazione dei suoi genitori, il padre naturale si fa sempre più assente, un dolore che l’autrice decide di tenere per sé e solo accenna. Principale figura paterna diventa allora Rickie, il nuovo compagno della madre con il quale Zoe instaura un ottimo rapporto. “Rickie era così, riusciva a trasformare le piccole cose in qualcosa di speciale e sempre divertente: (…) ed era sempre pronto a scherzare e giocare con tutti“. 

Improvvisamente, all’età di tredici anni, Rickie muore lasciando un vuoto profondo nel cuore di chi gli voleva bene. “Rickie non c’era più (..). ma io conservo ricordi dentro di me e li scrivo sulla carta in modo che non sbiadiscano“. E’ in questo modo che Zoe inizia l’avventura della scrittura.  “In quegli anni trascorrevo interminabili pomeriggi a casa e scrivevo era l’unica cosa che potevo fare senza l’aiuto di nessuno“. La scrittura diventa allora per l’autrice anche un’ancora di salvataggio nei confronti della solitudine, della tristezza e della noia.

Comincia in questo periodo la consapevolezza delle “profonde diversità“ che portano l’autrice ad un isolamento forzato dai coetanei. “Mi perdevo in lunghi ragionamenti su cose che per gli altri erano banali: il passare del tempo, l’avvicendarsi delle stagioni, i legami tra le persone che conoscevo“. E’ solo attraverso questo “riflettere tra me e me“ che l’autrice diventerà consapevole dei propri limiti e delle proprie capacità. 

Accanto ad episodi prettamente adolescenziali come un pomeriggio passato sulle transenne dell’entrata di una discoteca in attesa delle amiche che non si presenteranno, episodio però significativo in quanto testimonianza di un’autonomia voluta e ricercata, l’autrice ci narra anche di “sostegni buoni e cattivi“, di azioni banali che diventano difficoltose per l’incapacità di prendersi delle responsabilità da parte degli adulti. E’ così che durante le medie Zoe deve attendere la madre alla fine delle lezioni per andare in bagno in quanto né bidelle né professoresse si prendono la briga di accompagnarla al piano di sopra per paura che possa succedere qualcosa e loro possano andarci di mezzo

Come un filo d’Arianna nel labirinto di quel periodo della vita che trasforma ognuno di noi da bambini in uomini e donne, Zoe ci conduce attraverso episodi piccoli e grandi  e ci svela il suo personale percorso; un percorso più tortuoso della norma ma che alla fine porterà l’autrice ad un elevato grado di comprensione ed accettazione delle difficoltà legate alla propria condizione sia per sé che per gli altri.

La lettura di questo romanzo di formazione è consigliata ad adolescenti, giovani, genitori, docenti, presidi, insegnanti di sostegno e nonni. È un romanzo di formazione a tutti gli effetti (è un racconto non un saggio sulla disabilità) ma può essere anche di insegnamento per chi, adolescente, cerca la sua strada e la propria identità dentro e fuori dal gruppo, dalla famiglia, dalle convenzioni… o quasi…! A chi l’ha già trovata e desidera aiutare i più giovani che si stanno ancora cercando e scoprendo!

Zoe Rondini è una scrittrice, blogger e giornalista; il suo blog è www.piccologenio.it. È laureata in lettere e pedagogia. Da anni la sua scrittura si incentra sui diritti delle persone disabili ma anche su  cinema e le tematiche pedagogiche sue grandi passioni. Ha anche pubblicato su altri siti, blog, giornali on-line e su “La Vita dell’Infanzia”: la rivista italiana della Montessori. Ultimamente si è dedicata ad un’altra importante tematica: nel suo blog sono presenti molti articoli sull’amore la sessualità e la disabilità. Sogna di avere più visibilità sui media per far sentire la sua voce a favore dell’infanzia e dei disabili. Nata viva è la sua opera prima.

 

 

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La sessualità delle persone disabili, presa sul serio, ma con leggerezza.

Regia: Carlo Zoratti
Anno di produzione: 2013
Durata: 82′
Tipologia: documentario
Genere: biografico/sociale
Paese: Germania/Italia/Austria
Produzione:
DETAiLFILM, Videomante; in collaborazione con ZDF, Rai Tre (Doc3)
Distributore:
Tucker Film
Data di uscita: 01/04/2014
Formato di ripresa: HD
Formato di proiezione: DCP e Digibeta, colore
Titolo originale: The Special Need
Altri titoli: L’Amore Secondo Enea

 

Tutti nella vita desiderano trovare l’Amore, e prima o poi, tutti, ce la fanno.

The Special Need racconta la storia di un giovane uomo che, come tanti altri, a trent’anni vuole una compagna, tutta sua, con cui fare l’amore. Per Enea soddisfare quest’esigenza appare davvero complicato. Il suo principale ostacolo è l’autismo, o meglio, il modo in cui questo viene percepito all’esterno. È infatti molto diffuso il luogo comune che porta a considerare le persone disabili come degli eterni bambini. A scontrarsi contro la futilità di questo pensiero è Carlo Zoratti, giovane regista del film e amico di Enea fin dall’adolescenza. I due crescono insieme, fino a quando per un periodo Carlo si allontana dalla città in cui vivono. Al suo ritorno, come racconta nel suo intervento a Che Tempo Che Fa, incontra Enea alla fermata del bus. È cresciuto, sono coetanei, entrambi ormai due uomini. La prima cosa che Carlo si domanda è come il suo amico si rapporti con le esigenze di un adulto, prima fra tutte quella di avere la morosa. Ed in effetti Enea desidera tantissimo avere una ragazza. Carlo, insieme all’amico Alex, si assume allora l’impegno di intraprendere la missione trovare una ragazza ad Enea! Da qui l’idea di documentare attraverso un road movie questa incredibile avventura, che li condurrà sino in Germania.  In Italia la soluzione al bisogno di Enea, per ora, non esiste. È la legislazione addirittura ad impedirlo, sanzionando chi ha rapporti con persone con disabilità intellettiva quasi allo stesso modo di chi ha rapporti sessuali con minori.

Il film affronta con grande delicatezza il tema dell’assistenza sessuale, senza inutili giri di parole, denunciando la situazione legislativa italiana e mettendola a confronto con quella europea. La professione dell’assistente sessuale è esercitata da terapiste dell’amore, che aiutano le persone disabili a esplorare il proprio corpo, le proprie pulsioni e i proprio desideri. Dato il labile confine che la separa, apparentemente, dalla semplice prostituzione, l’assistenza sessuale viene percepita negativamente da chi ne fa un questione puramente morale. In Italia, paese laico solo sulla carta, tale figura non riesce a prendere piede, viene denigrata, relegando la questione della sessualità delle persone disabili all’intimità della famiglia  e, in alcuni casi fortunati, agli amici. Tuttavia la maggior parte dei diversamente abili e dei loro familiari è favorevole a questo tipo di assistenza, che si fonda anche su una preparazione psicologica e terapeutica.

Il viaggio di Enea è anche un viaggio interiore. Il protagonista negli 82 minuti del film cresce. All’inizio della pellicola gioca con il liquidator, mentre sulla via del ritorno, ragiona sul desiderio di incontrare l’amore e di poter ballare con la sua fidanzata sulle note della sua canzone preferita.   Per questo cambiamento si potrebbe paragonare The special Need ad un romanzo di formazione. Il film narra una storia ironica,  commovente, raccontata con sapiente delicatezza. Aiuta lo spettatore a riflettere sui pregiudizi,  sulla morale, sulla figura dell’assistente  sessuale per disabili, sull’amore, la sessualità, la complicità tra amici; su aspetti della vita di ogni persona, non solo e necessariamente delle persone disabili. I confini tra normalità e disabilità, moralità e diversità sembrano non appartenere a nessuno per fortuna.

La “favola moderna di Enea“, come la definisce Carla Meneghin, la terapista che si occupa di Enea, in un’intervista rilasciata alla rivista Il Redattore Sociale (http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/457539/The-special-need-il-film-on-the-road-che-rompe-il-tabu-su-sesso-e-disabilita) apre un nuovo sguardo su un problema molto urgente delle persone disabili e delle famiglie. Nell’intervista la dottoressa Meneghin parla dell’Enea del film che appare come un giovane uomo spiritoso e vivace. Tale leggerezza e vivacità, sebbene dolorosamente autentiche, rischiano di confondere gli spettatori. “L’Enea del film – come spiega Carla Meneghin – è l’esito di una pazientissima relazione, terapeutica e affettiva, con me e con i suoi splendidi genitori. Un processo che non avrà mai fine, anche se i risultati non smettono mai di sorprenderci“.

Applauditissimo al Festival di Locarno (unico italiano nella sezione Cineasti del presente); vincitore per 4 volte nel 2013 nelle rassegne Trieste Film FestivalZagrebDoxSXSW Film Festival e Dok Leipzig e da ultimo primo classificato al DALLAS INTERNATIONAL FILM FESTIVAL, nella sezione documentari http://diff2014.dallasfilm.org/congratulations-2014-dallas-international-film-festival-winners-2/ , The Special Need è stato definito dalla stampa il caso cinematografico del momento.

 Un piccolo film che apre la mente e tocca il cuore.

 Di Zoe Rondini.

 

Gli altri mie post su amore, sessualità e disabilità sono:

http://www.piccologenio.it/2013/07/24/amore-e-sessualita-unoccasione-per-un-cambiamento-sociale-e-culturale/ AMORE E SESSUALITà, UN’OCCASIONE PER UN CAMBIAMENTO SOCIALE E CULTURALE

http://www.piccologenio.it/2013/07/20/disabilita-sessualita-e-famiglia-la-condizione-in-italia/  DISABILITA’ SESSUALITà E FAMIGIA, LA CONDIZIONE IN ITALIA.

http://www.piccologenio.it/2010/07/19/intermittenze-dellamore-per-abili-e-disabili/ INTERMITTENZE DELL’AMORE PER ABILI E DISABILI.

http://www.piccologenio.it/2010/04/28/un-dibattito-per-tutti-nella-settimana-del-per-tutti/  HO PARLATO IN UN DIBBATTITO SULL’AMORE E SESSUALITà PER LE PERSONE DISABILI.             

http://www.piccologenio.it/2008/10/26/giovani-la-difficolta-di-amare-e-la-difficolta-di-crescere/ GIOVANI, LA Difficoltà DI AMARE è LA Difficoltà DI CRESCERE

 http://www.piccologenio.it/2012/03/28/lurlo-silenzioso-di-zoe/ L’URLO SILENZIOSO DI ZOE

 

 

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Nata viva su Arte e Cultura, comune di Torino

Nata viva

“Nata viva“ è la storia appassionata e appassionante di una bambina che ha la sfortuna di venire al mondo con un problema grave: difficoltà respiratoria.
Nasce viva Zoe, ma comincia a respirare cinque minuti dopo la sua nascita e quei cinque minuti segnano la sua vita per sempre: un respiro intrappolato per un tempo infinito in un corpo troppo piccolo la costringono, fin dai primi mesi, a lottare per quella vita che in quei primi cinque minuti sembrava le fosse negata. È infatti la storia di questa bambina che, crescendo, impara a superare tutti gli ostacoli, ad affrontare le incomprensioni di chi non la capisce, a sostenere sforzi sovrumani per un unico obiettivo: condurre una vita normale, vivere e non solo esistere.

Zoe, lentamente ma coraggiosamente, con testardaggine diremmo, impara a camminare, a parlare, a leggere e a nove anni scopre la grande passione per la scrittura: comincia così a scrivere i suoi primi racconti. Ma a tredici anni si trova a superare il momento più difficile della sua vita a causa di un lutto doloroso. Un momento di dolore, ma anche uno stimolo a tentare l’avventura più importante: per necessità o per caso o per bisogno di reagire oppure per libera scelta, decide di iniziare un racconto autobiografico che l’impegna per dodici anni.
Ecco come una bambina, divenuta ragazzina e poi ragazza, nelle varie fasi della sua crescita, ha saputo lottare, in un’alternanza di luci e di ombre, di vittorie e di sconfitte, per arrivare con le sue sole forze a quella serenità alla quale tutti aspiriamo, acquisendo una personalità forte e veramente ammirevole che colpisce. Poiché Zoe non si è mai adagiata nel suo problema, non si è mai rassegnata al “non vivere“ per la sua disabilità, ma ha saputo trovare la strada a lei più congeniale per “vivere la vita che nei primi cinque minuti“ sembrava le volasse via. Poiché Zoe vuole “vivere’ e non solo “esistere“ e dare un significato alla sua vita.
In questo libro sono presenti tutti i protagonisti della sua stupenda e coraggiosa vicenda: amici e nemici, familiari, compagni di scuola, dottori, fisioterapisti, maestri, insegnanti, docenti universitari, presidi, babysitters, viandanti. Un libro adatto a tutti: studenti, adolescenti, adulti, genitori, insegnanti…

L’AUTRICE
Zoe Rondini è lo pseudonimo dell’autrice. Laureata in Scienze dell’Educazione e della Formazione, attualmente sta studiando per ottenere la laurea magistrale in Editoria e Scrittura (giornalismo). In passato ha pubblicato molti articoli riguardanti i problemi e i diritti delle persone disabili su vari siti, su un quotidiano on-line e sulla rivista italiana dell’Opera Montessori. Nata Viva è la sua opera prima, segnalata al concorso letterario“Premio nazionale di letteratura Prof. “Francesco Florio“ 23 edizione 2011 – Licata“ con un diploma di elogio, ottenendo il punteggio di 93/100.

“Nata viva“
Autore: Zoe Rondini
Editore: Il Filo – 2011
Costo: 15,50 euro

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recensione di Nata viva a cura di Enrico Arata

 

Nata Viva
Nata Viva

La vita vien così, tutta d’un tratto.

Non conosco neanche un uomo che abbia mai deciso di vivere ancor prima che la vita fosse cominciata. Molti di voi potrebbero ben risentirsi di un’affermazione così ovvia. Frattanto, quanti di voi sanno dirmi di donne e di uomini che scelgono di vivere quando la vita sembra essere gracile o dannatamente faticosa? Dal canto mio posso raccontarvi di amici tanto cari che della vita non hanno tollerato le prime oscillazioni, né i consecutivi trasalimenti.

Parliamo d’altro, di cose a noi gradite, di fiori nascenti e di giochi per bambini. I più bei giochi sono  quelli che si fanno per terra, perché è proprio lì che si coltivano le prime relazioni con la vita. Il gioco per terra affina la percezione tattile, educa al riconoscimento olfattivo e alimenta il senso critico di ogni bambino. Sì, giocare per terra è bello e giusto, finché non ci si dimentica della protezione che ci rende la terra. Ci si rivolge maliziosamente al volo degli uccelli. I bambini lentamente si discostano dal suolo, svelano a tutti la sommità del capo. Osservano esterrefatti l’immensità dell’orizzonte. È quando si sta in piedi che si cresce e ci si allontana gradualmente dalle piccole cose. Si perde l’attenzione per il dettaglio e per il frammento e ancora per l’individuo e  finalmente per la vita, tutta…Ma Zoe resta ancora giù, interdetta, che rigira tra le mani il suo piccolo mondo. Le quotidiane compagnie sono distratte, e non si bada a certe cose che oramai non dilettano più. Avanti Zoe, alzati!

Vi siete mai chiesti quante cose si possono fare in cinque minuti?

In cinque minuti possiamo preparare un buon caffè; fumare una sigaretta;  stravolgere l’andamento della borsa; segnare il goal della vittoria; ascoltare un brano musicale; chiedere la mano di una donna. Di cinque minuti possiamo rimandare la sveglia della mattina, poi di altri cinque minuti e volendo di altri cinque minuti ancora, finché di cinque minuti in cinque minuti non ci si accorge d’aver rimandato la sveglia di un’ora e quarantacinque minuti. Con cinque minuti si intende un intervallo di tempo che generalmente va dai cinque ai trenta minuti.

Beh, facciamo un gioco, così per divertirsi.

No, non preoccupatevi, questo è un gioco di quelli che durano poco, pochissimo! Vi chiedo solo di trattenere il respiro per cinque minuti…

Sapete, noi tutti ammiriamo l’orizzonte, la somiglianza che esso ha con l’eterno, con il desiderabile e l’inafferrabile. L’orizzonte è le nostre aspirazioni, i nostri capricci, i nostri vizi, le nostre conquiste. L’orizzonte è la proiezione ricercata di un domani più sereno. Cinque minuti sono un’inezia, il più piccolo dettaglio di  un’intera esistenza. Zoe l’orizzonte non lo vede, è troppo lontano, è tanto in alto. C’è che restare cinque minuti senza mai respirare al momento della nascita è cosa eterna per il nostro cervello, sufficiente a determinare quel che saremo, ma non necessariamente quel che faremo. La zona del sistema nervoso di Zoe, quella che interessa il movimento muscolare è lesa.

La piccola Zoe non potrà mai alzarsi. Non potrà mai camminare.

La vita vien così, tutta d’un tratto. È compito nostro darle un valore, un senso compiuto.
Zoe, la madre, la nonna, il nonno, Fiore, Ricky, Georgia hanno combattuto, tutti, affinché nulla restasse incompiuto; affinché il destino non si rivelasse già determinato. Si capisce, c’è chi non sopravvive alle battaglie, e forse qualcuno decreta troppo presto la propria resa. Ma vi dico, per di più, che Zoe cammina, proprio così, proprio lei, cammina. Credetemi, non è poco.

No, non chiedo di conoscere quel che non possiamo capire. Ma vedere il mondo da terra, ritrovarsi poi ad alzarsi e superare giorno per giorno il proprio limite è qualcosa che ci lega, tutti.

Così, la nostra Zoe indica l’orizzonte, ancora indefinito, anche per lei accattivante. Come tutti lo insegue, nei beni e nei mali, consapevole che niente nella vita è mai perduto.

Un giorno capiremo che la vita vien così, tutta d’un tratto.

Nata viva è il racconto di un frammento di vita, uno di quei romanzi brevi detti esistenzialisti. È la storia di una bimba, un’adolescente, una donna nata “diversa“, ma viva, più di tutti!

È un implicito inno alla vita. Ben distante da ogni pensiero nichilista, per non dire scettico, questo prezioso romanzo infonde nel lettore valori come il coraggio e la determinazione. Estremamente equilibrato nelle dinamiche, scritto con un dire delicato, a tratti pungente.

Uno dei racconti più autentici della letteratura italiana contemporanea. Zoe all’età di tredici anni iniziava a scrivere il suo diario, come fa d’altronde ogni bambina di quell’età. Scriveva già coll’urgenza che affligge gli scrittori, con quella necessità di dire e di comunicare e di capire le cose, attraverso la scrittura. Ha scritto tanto, e mentre le bimbe ben presto abbandonavano il loro diario, Zoe, il suo, lo arricchiva sempre di nuovi e ancora nuovi contenuti. Oggi quel diario è qui, in questo romanzo, tagliato e cucito, sì, ma autentico, che conserva ancora il sentimento del bambino.
Lasciatemi dire, poi taccio, una parola sul vizio del normale.

Normale. L’inquietudine degli esseri serba la necessità di definire una collettiva percezione dell’ordinario. Normale. Che ingenua ironia. Io penso al naso. Io penso ineluttabilmente a un naso!

Per un bambino le opzioni sono categoricamente due: i nasi sono  a patata o sono all’insù.


Tutto il resto  dei nasi è normale, non conta. Il resto non conta, ma quei due nasi anomali implicano tutta la meticolosa descrizione del volto. Per un bambino non è poco. Per la vita non è poco. Per me non è poco. Le realtà insolite, poco ordinarie, al tempo stesso  intimidiscono e saziano la vita.

I giochi più belli erano proprio quelli per terra, luogo fertile per fantasticare, per vivere.

Di normale non c’è niente o forse abbiamo tutto. Questo lasciamolo decidere ai bambini.

Zoe oggi è una donna, una scrittrice, una dottoressa, una sorella, una figlia, un’attrice, una viaggiatrice, un’amica, e se dalla sua anormalità si può trarre del coraggio, torniamocene a giocare per terra.

 

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