recensione di Nata viva a cura di Enrico Arata

 

Nata Viva
Nata Viva

La vita vien così, tutta d’un tratto.

Non conosco neanche un uomo che abbia mai deciso di vivere ancor prima che la vita fosse cominciata. Molti di voi potrebbero ben risentirsi di un’affermazione così ovvia. Frattanto, quanti di voi sanno dirmi di donne e di uomini che scelgono di vivere quando la vita sembra essere gracile o dannatamente faticosa? Dal canto mio posso raccontarvi di amici tanto cari che della vita non hanno tollerato le prime oscillazioni, né i consecutivi trasalimenti.

Parliamo d’altro, di cose a noi gradite, di fiori nascenti e di giochi per bambini. I più bei giochi sono  quelli che si fanno per terra, perché è proprio lì che si coltivano le prime relazioni con la vita. Il gioco per terra affina la percezione tattile, educa al riconoscimento olfattivo e alimenta il senso critico di ogni bambino. Sì, giocare per terra è bello e giusto, finché non ci si dimentica della protezione che ci rende la terra. Ci si rivolge maliziosamente al volo degli uccelli. I bambini lentamente si discostano dal suolo, svelano a tutti la sommità del capo. Osservano esterrefatti l’immensità dell’orizzonte. È quando si sta in piedi che si cresce e ci si allontana gradualmente dalle piccole cose. Si perde l’attenzione per il dettaglio e per il frammento e ancora per l’individuo e  finalmente per la vita, tutta…Ma Zoe resta ancora giù, interdetta, che rigira tra le mani il suo piccolo mondo. Le quotidiane compagnie sono distratte, e non si bada a certe cose che oramai non dilettano più. Avanti Zoe, alzati!

Vi siete mai chiesti quante cose si possono fare in cinque minuti?

In cinque minuti possiamo preparare un buon caffè; fumare una sigaretta;  stravolgere l’andamento della borsa; segnare il goal della vittoria; ascoltare un brano musicale; chiedere la mano di una donna. Di cinque minuti possiamo rimandare la sveglia della mattina, poi di altri cinque minuti e volendo di altri cinque minuti ancora, finché di cinque minuti in cinque minuti non ci si accorge d’aver rimandato la sveglia di un’ora e quarantacinque minuti. Con cinque minuti si intende un intervallo di tempo che generalmente va dai cinque ai trenta minuti.

Beh, facciamo un gioco, così per divertirsi.

No, non preoccupatevi, questo è un gioco di quelli che durano poco, pochissimo! Vi chiedo solo di trattenere il respiro per cinque minuti…

Sapete, noi tutti ammiriamo l’orizzonte, la somiglianza che esso ha con l’eterno, con il desiderabile e l’inafferrabile. L’orizzonte è le nostre aspirazioni, i nostri capricci, i nostri vizi, le nostre conquiste. L’orizzonte è la proiezione ricercata di un domani più sereno. Cinque minuti sono un’inezia, il più piccolo dettaglio di  un’intera esistenza. Zoe l’orizzonte non lo vede, è troppo lontano, è tanto in alto. C’è che restare cinque minuti senza mai respirare al momento della nascita è cosa eterna per il nostro cervello, sufficiente a determinare quel che saremo, ma non necessariamente quel che faremo. La zona del sistema nervoso di Zoe, quella che interessa il movimento muscolare è lesa.

La piccola Zoe non potrà mai alzarsi. Non potrà mai camminare.

La vita vien così, tutta d’un tratto. È compito nostro darle un valore, un senso compiuto.
Zoe, la madre, la nonna, il nonno, Fiore, Ricky, Georgia hanno combattuto, tutti, affinché nulla restasse incompiuto; affinché il destino non si rivelasse già determinato. Si capisce, c’è chi non sopravvive alle battaglie, e forse qualcuno decreta troppo presto la propria resa. Ma vi dico, per di più, che Zoe cammina, proprio così, proprio lei, cammina. Credetemi, non è poco.

No, non chiedo di conoscere quel che non possiamo capire. Ma vedere il mondo da terra, ritrovarsi poi ad alzarsi e superare giorno per giorno il proprio limite è qualcosa che ci lega, tutti.

Così, la nostra Zoe indica l’orizzonte, ancora indefinito, anche per lei accattivante. Come tutti lo insegue, nei beni e nei mali, consapevole che niente nella vita è mai perduto.

Un giorno capiremo che la vita vien così, tutta d’un tratto.

Nata viva è il racconto di un frammento di vita, uno di quei romanzi brevi detti esistenzialisti. È la storia di una bimba, un’adolescente, una donna nata “diversa“, ma viva, più di tutti!

È un implicito inno alla vita. Ben distante da ogni pensiero nichilista, per non dire scettico, questo prezioso romanzo infonde nel lettore valori come il coraggio e la determinazione. Estremamente equilibrato nelle dinamiche, scritto con un dire delicato, a tratti pungente.

Uno dei racconti più autentici della letteratura italiana contemporanea. Zoe all’età di tredici anni iniziava a scrivere il suo diario, come fa d’altronde ogni bambina di quell’età. Scriveva già coll’urgenza che affligge gli scrittori, con quella necessità di dire e di comunicare e di capire le cose, attraverso la scrittura. Ha scritto tanto, e mentre le bimbe ben presto abbandonavano il loro diario, Zoe, il suo, lo arricchiva sempre di nuovi e ancora nuovi contenuti. Oggi quel diario è qui, in questo romanzo, tagliato e cucito, sì, ma autentico, che conserva ancora il sentimento del bambino.
Lasciatemi dire, poi taccio, una parola sul vizio del normale.

Normale. L’inquietudine degli esseri serba la necessità di definire una collettiva percezione dell’ordinario. Normale. Che ingenua ironia. Io penso al naso. Io penso ineluttabilmente a un naso!

Per un bambino le opzioni sono categoricamente due: i nasi sono  a patata o sono all’insù.


Tutto il resto  dei nasi è normale, non conta. Il resto non conta, ma quei due nasi anomali implicano tutta la meticolosa descrizione del volto. Per un bambino non è poco. Per la vita non è poco. Per me non è poco. Le realtà insolite, poco ordinarie, al tempo stesso  intimidiscono e saziano la vita.

I giochi più belli erano proprio quelli per terra, luogo fertile per fantasticare, per vivere.

Di normale non c’è niente o forse abbiamo tutto. Questo lasciamolo decidere ai bambini.

Zoe oggi è una donna, una scrittrice, una dottoressa, una sorella, una figlia, un’attrice, una viaggiatrice, un’amica, e se dalla sua anormalità si può trarre del coraggio, torniamocene a giocare per terra.

 

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