Abilitarci alla danza

 La Danceability è una tecnica che consente a persone abili e disabili di incontrarsi per danzare insieme, attraverso un percorso di ricerca che utilizza le abilità fisiche ed espressive di ognuno. Il fine è quello di rendere accessibile il linguaggio della danza a tutte le persone motivate, senza limiti di età, di esperienza o di condizione fisica o mentale.

La danza prende forma attraverso la tecnica del’’ improvvisazione“ fondata sulla consapevolezza di sé, sulla relazione e la fiducia reciproca. Questo consente di generare nuove esperienze, con le proprie diverse abilità. Muovendosi con gli altri, andando oltre i limiti a cui si è abituati o che la società ci ha costretto ad abituarci.

Come tecnica nasce negli Stati Uniti grazie ad Alito Alessi, danzatore e coreografo direttore della Joint Forces Dance Company. Non è una terapia, ma un ‘espressione artistica vera e propria, che quindi non può prescindere dall’ importanza della ricerca estetica, qualitativamente significativa, e non può accontentarsi solo della sua vocazione sociale ed etica, ma – come testimoniano tanti artisti e progetti in quest’ ottica –  deve farsi carico di ogni elemento integrato per raggiungere e comunicare grazia e  profonda bellezza, senza retorica e facili pietismi.

Nella Danceability ognuno può danzare con le proprie intuizioni, i propri limiti e capacità; non ci sono movimenti “giusti“ o “sbagliati“; inoltre strumenti tipici della disabilità (sedie a rotelle, deambulatori, stampelle…) vengono inglobate nel movimento ed usate in modo nuovo, in posizioni non canoniche, bizzarre, creative, anche da chi non ha una disabilità.

Ho avuto occasione di partecipare ad uno stage che si è tenuto a Roma dal titolo “DANCEABILITY ANCHE NOI”, un workshop di danceability gratuito che si è svolto presso la Scuola I.C. Manin di Roma dal 15 al 19 Giugno 2015, realizzato dall’Associazione Culturale Fuori Contesto, con il patrocinio del Municipio Roma I Centro.

A dirigerci è stata la bravissima Emilia Martinelli, coreografa, autrice e regista teatrale, con una vasta esperienza nell’ambito della danza, del teatro, della disabilità ed esperta italiana certificata della Danceability. Oltre alla sua esperienza il gruppo era sostenuto dalla presenza di  Giacomo Curti attore e danzatore qualificato, in sedia a rotelle a causa di una malformazione congenita.

 Questo gruppo di Danceability era composto da circa venti persone,  quattro con una disabilità motoria, tra i quali la sottoscritta, e persone normodotate che avevano esperienza di danza, teatro, ginnastica artistica. Nel gruppo vi era  chi lavorava con i disabili gravi,  chi studiava,  chi  era laureato in pedagogia. I vissuti dei partecipanti dal punto di vista umano, professionale e “artistico“ vero e proprio,  hanno garantito un livello alto di lavoro per tutto il gruppo. La regista stessa nei ringraziamenti ha dichiarato che non è stato affatto faticoso lavorare con il nostro gruppo, anzi… ed io concordo pienamente con questa sua impressione.

Lo stage ha funzionato in questo modo: dopo una prima fase di rilassamento, simile a quella da me sperimentata  in una lunga esperienza di teatro, abbiamo cominciato a muoverci nello spazio, ognuno con i suoi modi e tempi. Cominciava così una danza prima individuale e poi d’incontro con l’altro e con gli altri. Prima in silenzio, per trovare il nostro movimento originale anche ad occhi chiusi, e poi accompagnati  dalla musica. Era bello poter danzare liberamente anche a terra e sperimentare le altezze di tutti i livelli e l’interazione tra due o più persone.

A suo tempo, il teatro, grazie ad una varietà di esercizi e suggestioni mi ha aiutato a trovare, in relazione a me stessa e nel contatto con l’altro, movimenti e modalità di incontro non canonizzati o viziati dalla routine. In continuità con il teatro è avvenuto questo e in più, con la presenza della musica e della dimensione propria della danza libera, ho scoperto, ricercato e trovato cosa possa significare l’armonia, il ritmo, la grazia nella comunicazione con me stessa e con gli altri, senza l’uso della parola e incontrando, a mia volta, la grazia, il ritmo, l’armonia scaturita dagli altri, nel contatto con me.

La regista ci ha spiegato e ci ha fatto sperimentare esercizi come lo scambio di peso, la costruzione e il prolungamento di una forma con i nostri corpi.  Tutto ciò è stato utile per raggiungere la genesi di più coreografie utilizzate poi nella performance finale con il pubblico.

Ovviamente chi aveva già seguito percorsi di danza e teatro ha potuto mettere in campo la sua preziosa esperienza,  giovando a tutti, ma devo dire che c’era molta armonia in tutto il gruppo sia nelle giornate di prove, sia nella performance finale. Io e gli altri disabili siamo stati inglobati e assorbiti dall’ insieme, con i nostri movimenti liberi, non “assistiti“ o considerati con fastidioso pietismo: questo è il bello dell’arte in generale. Già conoscevo alcune persone del gruppo, ma mi sono messa in gioco con chi non conoscevo e anche gli altri sono riusciti a fare altrettanto; questo ha creato relazioni nuove, autentiche e intense, visibili, dentro e fuori la scena.

Il corso si è concluso con una street-performance davanti all’imponente teatro Argentina di Roma. Anche questa “prova“ era altamente formativa, si trattava di una cosa tutt’altro che semplice: danzare, ricordarsi una lunga sequenza coreografica dinnanzi alle telecamere del Tg Regione, davanti a turisti e romani (occupavamo gran parte del marciapiede), gli amici e curiosi  che ci osservavano attenti. L’energia e le energie di quel sabato pomeriggio sono state tante e diverse. A rafforzare il gruppo c’ è stata la presenza (sia durante lo stage che nella performance) del musicista e polistrumentista Roberto Mazzoli che ci ha accompagnato con la musica dal vivo, nonché la presenza di Marco Ubaldi, ballerino e anche lui esperto certificato di Danceability; Inoltre un’ altra operatrice, Teresa Farella, durante la nostra performance ha fatto esibire i suoi ragazzi con un piccolo “saggio“ di danzateatroterapia. La fotografa Maria Cardamone ha con sapienza e ispirazione raccolto tutte le immagini significative del nostro percorso.

 Ad arrestare il tutto, a metà spettacolo è stato, purtroppo, un violento temporale estivo. Al cadere delle prime fredde gocce nessuno di noi si è fatto intimorire ma poi la ritirata è stata necessaria. Non è stato perduto nulla della bellissima esperienza. Si replicherà l’intero spettacolo il 20 settembre… al chiuso.

Il corso si è svolto in cinque mezze giornate ma sembrava che ci fosse una conoscenza degli altri e del lavoro molto più lunga, grazie all’ intensità del contatto. Comunque anche se è stato solo un workshop si è rivelata sicuramente un’iniziativa importante e lodevole per tutti noi. Sarebbe bello che esperienze così significative aprissero la prospettiva di corsi annuali con cadenza settimanale, magari creando  prospettive di lavoro per le persone più meritevoli.

Assecondando la mia vocazione e preparazione pedagogica, ritengo che quello che ho vissuto attraverso quest’ esperienza – dove ogni momento è stato contraddistinto da una vera e propria integrazione basata sull’ autenticità delle persone incontrate, nel contatto, nel talento e nella riflessione – debba avvenire anche e soprattutto in altri contesti; in tutti quei contesti più diffusi e più popolari dove ancora la disabilità è vista, considerata, recintata e percepita come disabilità tout court gestita a piacimento da operatori, assistenti, educatori che la incontrano attraverso il lavoro che fanno, quasi sempre assistenziale; sarebbe importante e necessario che sia le persone con disabilità che gli operatori di case famiglia, Istituti, contesti scolastici, potessero essere coinvolti in esperienze così forti e trasformative. Sono sicura che tanti pregiudizi, barriere, pratiche malsane, percezioni viziate fra le due parti cadrebbero e perlomeno si indebolirebbero molto, a favore di quella ricerca della bellezza e dello star bene che dovrebbe appartenere ad ogni comunità umana che si incontra. La regista ha spiegato che con le dovute attenzioni il nostro percorso poteva essere trasposto anche a persone con handicap cognitivo; quindi, realmente – a mio avviso – non c’è nessun ostacolo per non coinvolgere i vari tipi e livelli di disabilità, a stretto contatto con chi se occupa e se ne dovrebbe occupare.

 

 

 

 

 

Continua a Leggere