Una cena particolare

In quest’ultima settimana, sono andata a cena con un mio caro amico, che non vedo spesso, in quanto io vivo a Roma e lui a Milano. Trovandomi vicino a Milano – per visitare l’ Expo  – non potevo non approfittare per incontrarlo, anche solo per poco tempo. Ci siamo recati in un’ accogliente trattoria specializzata in secondi di carne; ed è stata un’ ottima serata sia a livello gastronomico, che filosofico grazie alle dense conversazioni e alla compagnia.

Già l’ antipasto preannunciava la festa del gusto. Mentre ci godiamo un’ ottima polenta con i funghi con scaglie di parmigiano squagliate sopra, siamo presi dalla conversazione del  tavolo accanto al nostro, forse una cena di lavoro; un signore di 40/45 anni raccontava che suo zio  – omossessuale – si era rivolto al nipote e con aria scherzosa, resa ancor più divertente dal dialetto napoletano, aveva detto: “Non capisco tutto questo parlare delle unioni civili; io non ho moglie, non ho figli, non obblighi o seccature famigliari… ho un compagno, chi sta meglio di me?“. Il nipote ridendo raccontava che aveva risposto: “Zietto caro, sono pienamente d’accordo  con te!“. Stupidamente mi sono vergognata di parlare con una persona che non conoscevo, ma avrei voluto dire a quel signore che trovo giusto che in Italia si vada verso l’acquisizione di più diritti per tutti, ma la visione di quello zio era pienamente condivisa e condivisibile dalla sottoscritta e da altre persone intelligenti e colte che per fortuna conosco.

Se l’avesse detta un eterosessuale mi sarei scagliata dicendo che non capiva i diritti di tutti i cittadini, ma detta da un omosessuale che voleva avere la sua piena libertà senza tanti vincoli… è, a mio avviso, una visione positiva e bella!

Pochi giorni dopo mi trovavo a Roma Termini, erano circa le quattro di pomeriggio. Davanti a me c’erano due uomini che si baciavano, non ho potuto fare a meno di notarli, non erano né belli né giovani… ma i loro baci esprimevano dolcezza ed amore! Chissà se era solo un caso vederli di giorno a pochi chilometri dal Vaticano o veramente andiamo verso una società più libera, aperta ed inclusiva? Non voglio illudermi, o dire che il cambiamento sociale e culturale sia facile ma è ovvio che spero in un’ apertura, un’ottica nuova anche da noi in Italia. Ho raccontato tutto questo al mio amico. Entrambi abbiamo convenuto che sulla tanto dibattuta questione delle unioni civili non ci vediamo nulla di male. In tanti si oppongono all’adozione dei bambini, ma perché? In fondo se un bambino ha due genitori dello stesso sesso può assorbire il “modello di riferimento mancante“ al di fuori del nucleo famigliare senza per questo avere chissà quali problemi o “turbamenti“. D’altronde è un dato di fatto che  spesso un figlio debba crescere senza la madre o senza il padre… ed allora? Di certo se manca un modello di riferimento è più difficile ma non per questo si è destinati ad aver problemi o turbe mentali. Io ammiro molto Massimo Gramellini, lui ha perso la madre da piccolo, non ha avuto un vissuto facile da solo con il padre ma ha una vita invidiabile e come lui tanti altri meno famosi!

 Ma tutto questo, in fondo era ancora l’ antipasto.

Il piatto forte, non essendoci il primo, è consistito in un delizioso carpaccio di carne accompagnato dai funghi porcini sopra, tagliati non troppo finemente. A questo sapore forte e deciso e sicuramente autunnale, non è potuto mancare un tema altrettanto forte. Siamo arrivati a confrontarci sulla delicata questione dell’eutanasia, il mio amico era favorevole… io sono propensa a rispettare la volontà del singolo, ma bisogna garantire la “decenza“ sia per chi vuole vivere, sia per chi decide di ridurre le proprie sofferenze. Chi ci dice che Eluana Englaro non abbia sofferto, visto che è morta di fame e di sete? E chi vuole vivere, ha la dovuta assistenza? Penso che troppo spesso si sente dire che i soldi non arrivano, per esempio ai malati di SLA o il personale delle case-famiglia, ospizi, istituti, compie male il proprio lavoro, tanto chi li controlla sul serio? Lo stipendio a fine mese gli arriva, sia se si comportano con decenza e passione (e per fortuna c’è chi lo fa) sia se abusano della loro posizione, lavorando il meno possibile, e non avendo comportamenti etici verso i propri assistiti.

I nostri pasti sono stati accompagnati da un ottimo vino rosso della casa, di sacra bontà. Neanche a farlo apposta, mentre sorseggiavamo, ci siamo resi conto che stavamo parlando  di religione e del papa. Il mio amico ha affermato che papa Francesco non ha lo spessore dei suoi due predecessori che, con meno clamore, prendevano posizioni e decisioni importanti anche da un punto di vista storico-politico e dottrinale; questo papa parla come un semplice parroco, forse è fin troppo “semplice“ rispetto al ruolo che deve o dovrebbe ricoprire. All’inizio del suo pontificato lo ammiravo, ma col passare del tempo, confrontandomi con vari punti di vista, di credenti e non, forse è vero che a questo Papa manca di prese di posizioni reali; in fondo lui richiama grandi masse che si erano distaccate dalla Chiesa, ma poi sia rispetto all’ omosessualità, che alle nuove tipologie di famiglie, sia rispetto a tutti gli altri grandi temi politici, non è così incisivo e chiaro, seppure dimostra una grande disponibilità e apertura  verso gli “ultimi“ ; speriamo che a tale approccio comunque nuovo, sobrio e di sicura ispirazione francescana, faccia corrispondere nel tempo prese di posizione nette, chiare e storiche per davvero.

Ma ecco arrivare il dessert… una torta di mele calda. Quel  gusto dolce stemperato dalla nota acidula e giocosa della mela, simile al sapore e al calore  che ha spesso la compagnia con la quale hai la fortuna di condividere una sera a cena, come questa.    Ripenso, mentre mi gusto la torta, a tutte le altre “compagnie“ importanti.  Non a caso mi è venuto da constatare che ho avuto il privilegio di crescere con due nonni che mi hanno sempre stimolata intellettualmente ed adesso che non ci sono più trovo la stessa curiosità e desiderio di cultura in mia sorella, nel suo ragazzo, nelle amicizie che finalmente ho potuto scegliere. Avevo molta paura che con la mancanza dei miei nonni tante cose importanti sarebbero cessate, invece la loro educazione, i loro interessi sono vivi in me ed in tante persone che mi circondano. Questo per la sottoscritta è un tesoro prezioso da condividere e preservare. I miei nonni e mia sorella mi hanno sempre spinta a migliorarmi, essere più autonoma possibile, allenare il mio senso critico, pormi domande per capire, poter decidere e poter commentare la realtà che mi circonda. A mio avviso vivo questi importanti insegnamenti come un arma a doppio taglio: se da una parte riesco a scegliere e vivere la quotidianità con una certa indipendenza, dall’altra ho la pretesa di aiutare chi ha un handicap solamente motorio, ad usare la propria testa, allenare il senso critico, fare nuove esperienze. Ma è giusto o è solo l’esigenza di replicare un modello di comportamento da me assorbito fin dalla prima infanzia e durante i miei studi di pedagogia? Perché mi comporto in questo modo? Questo atteggiamento mi ha portato a successi (ad esempio quando ho presentato il mio romanzo di formazione Nata viva nelle scuole, e quindi ho avuto l’ occasione di sensibilizzare i ragazzi dai 10 ai 18 anni sugli ostacoli che i disabili incontrano) ed a situazioni più frustranti. Un mio ex aveva una lieve disabilità fisica, veniva da una famiglia dove era completamente ovattato. La sua vita era lavorare, fare sport, mangiare e dormire. Non si era mai fatto domande su argomenti tipo: l’amore, il sesso, la cultura, la società, i suoi problemi di salute, i suoi problemi motori etc. Veniva da una famiglia che non l’aveva mai “curato“ e stimolato più di tanto. Forse ho sbagliato a cercare di “interessarlo“ e incuriosirlo su argomenti per lui nuovi.

Vedo che negli istituti e case-famiglia si tende ad assistere ed ovattare il disabile… quindi sbaglio io a ritenere che si possa incoraggiare la mente a vari ragionamenti e migliorare l’autonomia degli utenti. La mia amica Elena Improta ed altri singoli genitori forse sono le poche persone che conosco che si danno da fare per  promuovere l’autonomia dei loro figli, ma la realtà più diffusa è ancora quella dell’assistenzialismo, quella di dire: “faccio io per te che faccio prima e meglio“; “tu non ce la fai e non ce la farai… quindi ci penso io“. Esattamente l’opposto di ciò che prima mia nonna e poi mia  sorella mi hanno detto e mi continuano a dire. Certo è faticoso lottare giorno dopo giorno per “crescere“, ma mi accorgo che è molto importante.

Tornando ad un discorso più generale sulle capacità e le disabilità, mi torna alla memoria il tanto studiato metodo Montessori che si basa su “aiutami a fare da solo/a“! Maria Montessori voleva un ambiente a misura di bambino dove i piccoli potevano scegliere, svolgere attività in autonomia, sentirsi soddisfatti e capaci. E a pensarci bene iniziò proprio da quei bambine e bambini che avevano disturbi mentali. Già… perché non si prendono gli elementi utili da questo e da altri metodi educativi e psicologici e si applicano  alle tante  disabilità in grado di  migliorarsi e cambiare? Intanto la torta è finita; mando giù il boccone, dolce e non amaro, insieme a tutti gli interrogativi.

 E poi una cosa buffa: durante la cena il cameriere che ci serviva è rimasto “basito“ dal mio assaggiare il vino con la cannuccia. Ha detto che non gli era mai capitato di  vedere una situazione del genere; ho sorriso, pensando… “questo cameriere non è molto intelligente e sensibile“; poco dopo mi è venuto ancora più da ridere pensando che non mi era mai capitato che un cameriere si scandalizzasse dal mio bere le bevande, e ahimè anche il nettare degli dei… con la cannuccia! Anche per questa ultima nota surreale si è di sicuro trattato… di una cena molto particolare.

 

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