Inclusione e Fragilità. Intervento di Zoe a #RomaCittàAperta

Mi ispiro al 4° punto del vostro manifesto che parla di coesione sociale, marginalità e crescita individuale. Vorrei condividere con voi la mia esperienza di ragazza disabile nata e cresciuta a roma, città che ho messo alla prova con la mia disabilità sotto diversi punti di vista. Non sempre la nostra città è stata all’altezza delle mie sfide, ma fortunamente sono le persone che fanno la differenza.

PRIME ESPERIENZE DI FRAGILITÀ: LA SCUOLA E IL RISCATTO ALL’UNIVERSITÀ

Le mie esperienze di fragilità riguardano in primis la scuola. Ho cominciato a frequentare le scuole negli anni ’80 e durante tutto il mio percorso scolastico ho incontrato numerosi ostacoli dal punto di vista dell’inclusione. Per me fin da bambina le cose più semplici erano complicate, la mia disabilità metteva in crisi tutto il sistema. Era un problema giocare, andare in bagno, fare ricreazione e partecipare alle gite.

Dopo l’esperienza della scuola dell’obbligo ho scelto di continuare a studiare: mi sono iscritta a pedagogia a La Sapienza e finalmente ho ottenuto il mio riscatto. L’ambiente universitario è stato subito più inclusivo e stimolante.

ETÀ ADULTA: INCLUSIONE ATTRAVERSO IL LAVORO E CRESCITA INDIVIDUALE

Dopo l’università – con una laurea triennale e una specialistica – come ogni laureato ho trovato il vuoto….! Ho inviato decine di curricula e l’unica opportunità concreta mi è stata offerta dal Comune di Roma nell’ambito di un progetto di inserimento lavoratorivo di persone disabili. Il primo tentativo è stato abbastanza fallimentare, e come molti mi sono ritrovata a “scaldare la sedia”. Dopo è andata molto meglio e ora collaboro con una rivista online che si occupa di migrazioni.

Ritengo che il lavoro sia un aspetto fondamentale per la realizzazione personale e l’inclusione sociale, sia per le persone normali che per i disabili. Una società davvero all’avanguardia ed inclusiva riesce a mettere tutti nelle condizioni di rendersi utili e realizzarsi.

SONO LE PERSONE CHE FANNO LA DIFFERENZA, MA “DOPO DI NOI?” SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE

L’assenza di un forte sostegno pubblico per le persone più fragili porta alla costituzione di una rete di supporto privata fatta soprattutto di parenti, ma anche di amici, nonchè collaboratori retribuiti.

Ma se queste persone venissero meno?

L’alternativa è una casa famiglia. Ma la tua autonomia? La tua privacy? Il parlamento ha recentemente approvato una legge sul cosiddetto dopo di noi, molto importante, ma a mio avviso, non sufficiente. Sul punto è necessario sostenere e promuovere – in un’ottica di sussidiarietà orizzontaleiniziative dei cittadini su esperienze di vita autonoma e inclusione sociale delle persone con disabilità un esempio utile, ma ancora poco praticato è la coabitazione: un gruppo di persone con disabilità convivono in una casa, svolgono insieme le normali attività, sopportati da personale qualificato.

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Un nuovo sole illumina i fedeli. Due Papi per accoglie la famiglia moderna

“il desiderio di famiglia resta vivo, specie fra i giovani e motiva la Chiesa“, si apre con queste parole l’attesa esortazione apostolica di Papa Francesco sulla famiglia, “Amoris Laetitia” (“La gioia dell’amore”). Raccoglie il frutto dei due Sinodi dei vescovi (ottobre 2014 e ottobre 2015) dedicati alle sfide della famiglia oggi nel mondo.

Finalmente in “amoris laetitia“ il Papa analizza la situazione famigliare riconoscendo la sua ricchezza e diversità. Ha fiducia nelle coscienze delle persone, dice che la Chiesa non deve condannare bensì accogliere.  Si apre a tematiche importanti della vita di coppia e dei singoli individui, quali la bellezza dell’amore, la sessualità, rispettando i vari percorsi delle persone, considerando anche le situazioni difficili, “ferite“ che appartengono alla nostra società, riconoscendo che non ci può essere una norma complessiva, ma è più giusto valutare caso per caso.

Ci sono voluti secoli e secoli di storia e di errori, ma forse questo Papa riesce a aprire la Chiesa ad una visione più attuale e realistica delle cose pur non potendo contare sull’appoggio di tutti i cardinali.

Tornando al suo messaggio, il Papa, ha anche spiegato che la sessualità “è un regalo meraviglioso” che Dio ha fatto alle sue creature, non un elemento da condannare o da vivere solo come “costrizione del matrimonio“, o altresì come “finalizzata e funzionale“ per la procreazione. “In nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore – sottolinea Bergoglio – come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi”. L’amore è anche e soprattutto passione. La sfera emotiva è coinvolta a pieno nell’innamoramento iniziale, nella fedeltà vissuta reciprocamente nel tempo, nell’amore verso i figli, nella sessualità, e nell’invecchiare insieme.

Papa Francesco parla di amore e sessualità anche in rapporto all’educazione dei giovani: “Educazione all’amore, alla reciproca donazione. I giovani devono potersi rendere conto che sono bombardati da messaggi che non cercano il loro bene e la loro maturità. E’ invece importante insegnare un percorso sulle diverse espressioni dell’amore, sulla cura reciproca, sulla tenerezza rispettosa, sulla comunicazione ricca di senso”.

L’amore, la passione, i sentimenti, la fede si fondano sul senso e sulla fiducia reciproca, quindi perché condannare?

Papa Francesco ha parlato della “vivacità della Chiesa Cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani“. Di certo colpiscono le parole sulla realtà di oggi pronunciate da Sua Santità, che è riuscito ad aprirsi senza rinnegare i principi della religione cristiana. Forse sta arrivando a “dischiudere e modernizzare“ la Chiesa su alcune esigenze dalla nostra società come ad esempio dare la comunione alle persone divorziate. “Misericordia” è la parola chiave per capire qual è l’atteggiamento che il Papa propone per far fronte alle diverse sfide e fragilità che la famiglia incontra nel mondo. “Accompagnamento”, “integrazione”, “gradualità”, “comprensione”, questo lo stile che il pontefice chiede alla Chiesa e ai suoi pastori per rivolgersi alle famiglie.“

Ma da dove deriva tanta innovazione? È un lento cammino iniziato “pochi“ decenni fa da Papa Wojtyla.

È del 1980 l’esortazione apostolica “familiars consotio“ di Giovanni Paolo II, che oltre al matrimonio pone attenzione sulla donna e sull’educazione dei figli: “vi è una coscienza più viva della libertà personale, e una maggiore attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel matrimonio, alla promozione della dignità della donna, alla procreazione responsabile, alla educazione dei figli.“

Forse per Francesco e Giovanni Paolo II è chiaro che l’amore, la sessualità non sono aspetti “staccati e lontani“ dalla vita “normale“ e di fede.

In conclusione Papa Francesco ha ben chiaro il fatto che tanti fedeli si erano allontanati da una Chiesa che sentivano severa e distante. Un grande poeta latinoamericano, Octavio Paz, un non credente, afferma che la nostra società ha perso la capacità di amare, perché è in preda al pessimismo e alla confusione. “Il cuore si è avvilito”. Oggi dobbiamo affrontare una secolarizzazione, in cui predomina un tipo di uomo che ricorda quello descritto dal poeta: l’Uomo che è il nuovo Sole.

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