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la depessione

 

CENNI STORICI
Il primo ad interessarsene fu “le grand père” Freud, che in uno dei suoi più famosi scritti “Lutto e malinconia”, differenziava il dolore del lutto, dovuta alla perdita “concreta” di una persona, da quello malinconico, dove la perdita era emozionale più che reale, era cioè il sentimento di fondo di aver perso qualcosa o qualcuno indefinibile ma vitale; a ciò, aggiungeva Freud, si accompagnava sempre una profonda diminuzione della stima di sé. La Klein, in relazione a quest’ultimo punto, metteva in luce il fondamentale ruolo dell’aggressività che la persona indirizza a sé stessa (e da cui scaturisce di conseguenza la svalutazione di sé). Tra gli autori contemporanei più interessanti, c’è lo psichiatra Silvano Arieti, che mette in luce una sorta di piano esistenziale preesistente della personalità “potenzialmente” depressa, che relega l’individuo a vivere “di luce riflessa”, dipendendo quindi da un altro dominante che può essere incarnato dal coniuge, da un’organizzazione, da una ideologia; a ciò la persona depressa aggiunge due pensieri antitetici: coscienza del proprio stile di vita, percezione di sé come incapace di apportare un cambiamento. Nel tentativo di uscire dalle acque stagnanti di questi sentimenti è facile cadere nella posizione opposta, quella maniacale (non a caso oggi si sostituisce il termine maniaco-depressivo con disturbo bipolare della personalità), che mette “il turbo” a pensieri, parole, opere, ma che produce il più delle volte solo (ulteriori) omissioni.
 

 

Testimonianza di un’amica che preferisce rimanere anonima.

Ho sofferto di depressione per più di due anni soprattutto nel 2003 2004. Lentamente l’affezione, cominciata già nel 2001, mi ha causato sempre più disturbi, direi quasi tutti quelli elencanti nella “scheda di questa malattia“ che avete letto qui sopra. In un anno sono sta ricoverata due volte, la prima volta sono stata sette giorni in una clinica privata, dove ho ripreso a mangiare e a dormire qualche ora in più la notte. Purtroppo però mi somministrano un antidepressivo che non aveva nessun effetto sul mio organismo. Nei mesi successivi la mia situazione andò di male in peggio: stavo ore e ore sveglia, nel cuore della notte, con gli occhi sbarrati. Ero sempre stanca e tesa. Mangiavo sempre meno, infatti persi dieci chili, lo stomaco mi si restrinse fino al punto che i mie sforzi per mangiare un po’ di più erano del tutto inutili. Al pasqua fui ricoverata al Sant’Alessandro. Il primario, mi affidò ad un suo assistente molto in gamba, che per prima cosa mi fece fare delle flebo con un antidepressivo adatto a me e un forte ricostituente. Così ripresi a mangiare man mano qualcosa in più. La notte riposavo meglio grazie a delle gocce. Inoltre feci subito psicoterapia, i primi giorni quest’ultima durava pochi minuti poi grazie elle medicine e ai miei miglioramenti i colloqui si intensificarono.
Una volta a casa ho continuato la cura di antidepressivo, sonnifero e psicoterapia però sono riuscita dopo poco tempo a migliorare la mia capacità di concentrazione, riprende i miei studi e le mie attività quotidiane.
Quello che ho passato per circa un anno e mezzo non l’augurerei a nessun essere vivente. Anche se durante il mio secondo ricovero ho trovato un dottore veramente in gamba, con il quale faccio ancora psicoterapia, e la cura farmacologia più adatta a me.
Oggi racconto questa mia brutta vicenda con la consapevolezza che sono cresciuta sia per quello che ho passato il quel periodo sia per il percorso che ho fatto negli ultimi quattro anni.

conclusioni di Marzia

spero di avervi dato un quadro esauriente di questa malattia. Ho deciso di inserire il racconto delle mia  amica perchè credo possa essere un valido esempio per molte persone. per chi vuole mandare un commento su “la depressione” lo può mandare a: info@piccologenio.it [1] poi lo inotrerò io stessa alla mia amica se il l’e-mail è per lei.

un saluto a tutti

Marzia