ALFABETIZZAZIONE SENTIMENTALE, LA COMUNICAZIONE ESSENZIALE.

QUESTO RACCONTO, MI E’ STATO INVIATO DA DOTTOR TASSIELLO. è LUNGO MA INTERESSANTE, PER QUESTO HO DECISO CHE LO PUBLICHERO’ POCO ALLA VOLTA. SPERO CHE LO SEGUIRETE POST DOPO POST, SETTIMANA DOPO SETTIMANA.  QUI SOTTO TROVERETE LA “PREMESSA” E “ANALFABETISMO E ALFABETIZZAZIONE”. PULTROPPO NON MI è POSSIBILE PUBLICARE LE FIGURE. BUONA LETTURA E BUON COMMENTO A TUTTI. Marzia

Marzia.

Premessa

Questo articolo è la prosecuzione e l’approfondimento di una relazione presentata al IX Workshop Internazionale “Cultura, salute, migrazioni“ (C.N.R.), dicembre 2002. E’ doveroso esprimere la riconoscenza agli amici incontrati nelle associazione che si occupano di migranti e di poveri in generale. Un ricordo in particolare va a Noureddine, un caro amico della Tunisia, morto recentemente per infarto. La sua scomparsa prematura, per un malessere del cuore, oltre ad addolorare, fa riflettere sulla sua storia di migrante, simile a quella di molti altri, che si separano dalle cose più care e che provano una sofferenza che può essere affrontata solo se spinti dalla disperazione. Le persone come Noureddine, quando trovano uno spazio ed un tempo “accogliente“, diventano una ricchezza di valore inestimabile per tutti. Le persone che vivono le sofferenze di cui è stato vittima Noureddine, acquisiscono in tempi brevi la capacità e l’abilità di intermediare tra le culture. Oggi è diventato un grosso businnes la formazione di mediatori culturali; sono molte le associazioni che si occupano dei problemi derivanti dai flussi migratori e che sopravvivono grazie ai fondi comunali, regionali, ecc. La formazione dei mediatori interculturali, riservata agli stranieri, rappresenta una gran risorsa per tutti; in particolare per i sempre più numerosi migranti “espulsi“ dal loro paese per motivi politici. Questi ultimi migranti in primis non hanno le stesse motivazioni che spingono altri “disperati“ in cerca di una vita più dignitosa, non sono quindi adatti ne disposti ai lavori “umili“ riservati agli “extracomunitari“ (termine da cancellare); essi sono portatori di un contenuto sociale e politico che travalica le barriere etniche, culturali, religiose e quant’altro; quindi rappresentano, in conclusione, le migliori risorse da destinare alla formazione della figura del mediatore interculturale, grazie anche ad una loro elevata formazione scolastica.
ANALFABETISMO E ALFABETIZZAZIONE

Nelle scuole italiane si torna a parlare, con sempre maggior insistenza, di alfabetizzazione primaria, termine desueto per la maggior parte di noi. Il ricordo di alcuni di noi può andare ad una nota trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi“ di cui molti anni fa, in cui quasi giocando si impartivano i “rudimenti“ dell’italiano scritto e letto. Ancora oggi ci sono persone che confessano la loro “vergogna“ quando un genitore deve apporre la propria firma su un documento. Quindi può sembrare strano che la maggior parte delle scuole italiane si stiano attrezzando per l’alfabetizzazione di persone adulte, e circolano in queste scuole dei testi dal titolo “L’italiano che mi serve“. La spiegazione di tutto ciò risiede nel fenomeno del flusso migratorio di cui l’Italia è diventata oggetto in questi ultimi anni. Le stesse persone che si “vergognano“ per i loro genitori, sicuramente saranno orgogliosi per l’attuale realtà del nostro Paese; soprattutto se ci ricordiamo del tempo in cui le “navi-carretta“ partivano dal porto di Napoli stracolme di disperati in cerca di un futuro più decente. Non tutti sanno, come dice Fennane Mustapha un mediatore interculturale del Marocco, che, quelle stesse navi nelle cui stive erano ammassati gli schiavi deportati dalle coste africane verso l’America, furono utilizzate per il “trasbordo“ dei primi emigranti europei verso le stesse mete.
Ma c’è un’altra forma di analfabetismo più sottile e “sofisticato“ che serpeggia ed incombe: l’avvento degli strumenti tecnologici! I ragazzi giovanissimi si trovano a loro agio con telefonini e computer, i nipotini sono i maestri dei nonni. Gli strumenti digitali sono costruiti per mani molto piccole ed agili, e questo binomio si struttura sempre più; persona e computer, persona e portatile, persona e palmare, persona e cellulare. Non è lontano il tempo in cui i bambini saranno dotati alla nascita di un numero che li contraddistinguerà e li identificherà, fatto di otto cifre e di una strumentazione “incorporata“. Si assiste sempre più spesso a scene di comunicazione particolare: nelle pizzerie o nei Mc Donald è facile vedere un gruppetto di ragazzi che “depositano sui loro tavoli un numero di telefonini superiori a loro stessi; oppure si possono vedere coppie che camminano “mano nella mano“, avendo nell’altra mano il telefonino con cui stanno in comunicazione con “altri“. Quest’ultima modalità di comunicazione, unitamente all’abuso del computer e del televisore, diventato una specie di “monumento“ che troneggia in camera da pranzo e in camera da letto, sta modificando sempre più le nostre abitudini, sostituendo le tradizionale forme di comunicazione. Quando le coppie si separano, una delle motivazioni indicata tra le cause di intolleranza verso il matrimonio o quant’altro è la mancanza di comunicazione. I due coniugi che fino a non molto tempo prima erano pronti a giurare di conoscere perfettamente i pensieri più intimi e segreti del proprio partner, si trasformano  in perfetti sconosciuti. Uno dei termini con cui gli esperti di separazione e divorzio contraddistinguono  queste forme di comunicazione è il “congelamento“: «… sul piano dell’interazione osservabile, il senso di gelo, il blocco dei contenuti, il rigido mantenersi su temi che evitano ogni espressione non solo di conflitto ma di semplice dissenso e che prevengono qualsiasi possibile accenno a manifestazioni emotive…» (F. Canevelli e M. Lucardi, La medizione familiare, pag.48). Il termine che definisce queste modalità è “alessitimia“, cioè assenza del lessico per esprimere l’emozione.
La vignetta seguente chiarisce i concetti.

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