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Il razzismo si batte a suon di educazione e cultura. Parola di Zoe Rondini

[1]Articolo uscito su Rete Near http://www.retenear.it/2015/03/il-razzismo-si-batte-a-suon-di-educazione-e-cultura-parola-di-zoe-rondini/

«Il razzismo e il pregiudizio si contrastano con l’educazione e la cultura, ma anche con le buone leggi. ». Lo afferma Antonio Russo, responsabile immigrazione delle Acli, in riferimento alla Giornata internazionale contro il razzismo, che si celebra ogni 21 marzo in tutto il mondo.

«Occorre riprendere l’impegno all’educazione, soprattutto tra le giovani generazioni; esercitare una serie revisione dei nostri linguaggi, con particolare riferimento al mondo della comunicazione e della politica; lavorare perché le leggi accompagnino le trasformazioni del Paese, riducendo le disuguaglianze nel riconoscimento dei diritti e dei doveri».

Mi sento di condividere a pieno l’opinione del Dott. Russo, le leggi e l’educazione sono sicuramente la base dalla quale partire per contrastare il razzismo e le discriminazioni. A tale proposito vorrei concentrare questo mio articolo sul ruolo che l’educazione scolastica e la preparazione del personale scolastico hanno nel superamento delle discriminazioni e nell’integrazione delle differenze.

Per affrontare queste tematiche mi servirò di due esperienze significative e personali in ambito scolastico ed universitario.

La discriminazione colpisce tutte le persone considerate “diverse“: disabili, omossessuali, persone che rientrano nella categoria LGTB, persone di un’altra religione e credo politico e via discorrendo. Purtroppo c’è un fatto: nella nostra società tante persone sono condannate ad avere paura perché sono quello che sono. Bisogna fare i conti con questa realtà poiché se facciamo finta di nulla la situazione non potrà che peggiorare e contribuiremmo noi stessi a creare degrado nella nostra civiltà. Lasciare da parte i diritti perché ci sono altri problemi più importanti a cui pensare, come l’economia da ricostruire, sarebbe un grande passo indietro e una sconfitta per un paese che dovrebbe accogliere il diverso. Ma poi, mi sono sempre domandata, perché determinate persone sono considerate diverse? Chi l’ha detto che lo sono? A quali “canoni“ del passato manteniamo fede? Non sarebbe ora di superare i vecchi canoni classici di bellezza, armonia e perfezione per formare una nuova società più inclusiva per tutti?

In un mio precedente articolo mi ero occupata del cyber-bullismo e di come sia diffuso tra gli adolescenti. Anche per il razzismo e la discriminazione di genere mi piacerebbe affrontare la situazione nella cornice della scuola in quanto luogo di socializzazione primaria al di fuori della famiglia. E’ a scuola che il bambino conosce la società in tutte le sue sfaccettature ed è qui che impara o meno a rapportarsi e rispettare le differenze. E’ vero che non bisogna trascurare il ruolo fondamentale della famiglia, ma la scuola, qualora in famiglia fosse diffusa una certa intolleranza, è il luogo della seconda chance, l’ambiente di affermazione individuale. Considerata la mia formazione pedagogica e la mia esperienza di crescita personale la scuola non può non essere l’ambito di riferimento per la riflessione che propongo in questa sede.

La scuola ci dovrebbe insegnare fin da piccoli, ma anche e soprattutto nel periodo dell’adolescenza, a considerare le differenze come una ricchezza ed un valore aggiunto, non un problema. Inoltre per quanto riguarda gli stranieri è un dato di fatto che con il passare del tempo la popolazione scolastica sia sempre più eterogenea e multiculturale. Il sito Stranieriinitalia.it evidenzia che “nell’anno scolastico 2011/2012, gli alunni stranieri nati in Italia sono 334.284 e rappresentano il 44,2% sul totale degli alunni con cittadinanza non italiana. Cinque anni fa erano meno di 200mila, il 34,7%. Nelle scuole dell’infanzia i bambini stranieri nati in Italia sono l’80,4%, più di otto su dieci, ma in alcune regioni la percentuale è ancora più alta e supera l’87%.“ Uniti in classe, separati al pomeriggio:  secondo una indagine realizzata da Skuola.net per CorriereScuola, i ragazzi tendono a integrarsi e a frequentarsi fuori dalla scuola, a far amicizia tra di loro, senza distinzioni o chiusure in gruppi etnici; tuttavia a fare resistenza, sarebbero piuttosto i genitori. Per fortuna i bambini ed i ragazzi hanno pochi problemi a rapportarsi con le diversità. Mentre molti adulti sono spaventati davanti a chi presenta esigenze diverse.

Alle medie sono stata discriminata perché ho un handicap motorio. Con il senno di poi collego questa esperienza personale alla cattiva formazione e sensibilità pedagogica del personale scolastico. L’insegnante di sostegno e la collaboratrice ata erano terrorizzate dall’idea che potessi cadere all’interno della scuola creando un problema rientrante nella loro responsabilità, per questo non mi facevano alzare dal banco né per andare in bagno, né per godermi la ricreazione. Il bagno, per fortuna, mi serviva solo una volta a settimana quando avevo sei ore anziché cinque. Alle 13.30 doveva venire mia madre per una semplice pipì. Invece a ricreazione, quando tutti i miei amici giocavano in cortile io dovevo rimanere ferma al mio banco. In questo modo gran parte dell’esperienza di socializzazione legata alla scuola a me non era riconosciuta, in quanto disabile.  A nulle sono serviti i reclami della mia famiglia alla preside ed a gli altri insegnanti.

Poco tempo fa vidi un documentario che parlava, di un uomo omossessuale in sedia a rotelle. Questa persona era diventata disabile in età adulta. Egli spiegava com’era difficile la sua condizione e quella del suo compagno in un Paese come il nostro. Pensai subito perché non fugge all’estero visto che qui è doppiamente discriminato per il suo handicap e per l’orientamento sessuale? Infatti si lamentava proprio di ciò! Ma poi provai rabbia, possibile che in tanti dobbiamo pensare di scappare all’estero? Perché non si può fare dell’Italia un Paese migliore prendendo esempio da chi ci è già riuscito?

Concordo con le parole della Dottoressa Priscilla Berardi, che dichiara «c’è grande ignoranza sulle tematiche LGBT, sulla sessualità delle persone disabili e sulla sessualità in genere. Informare, formare, educare su questi temi il grande pubblico, i familiari, i professionisti che si occupano di disabilità e quelli che si occupano del benessere psico-sessuale della persona dovrebbe essere la priorità.» Ancora una volta il condizionale è d’obbligo e a farne le spese sono i “diversi“ e le loro famiglie.

Continuando le mie riflessioni sull’importanza dell’educazione per contrastare la paura del diverso, vorrei parlarvi di un’esperienza positiva fatta da me nelle scuole che in qualche modo mi ha riscattato degli anni delle medie. Io ed un mio amico, entrambi laureati in pedagogia, siamo andati ad incontrare varie classi delle scuole medie di Campagnano e Nazzano in provincia di Roma. È stata un’esperienza bellissima che mi ha dato tanto. Io raccontavo delle miei esperienze di vita ed il mio amico leggeva alcuni brani del mio romanzo di formazione Nata viva. È stato gratificante vedere i ragazzi attenti e coinvolti. Mi hanno fatto molte domande ed io ho risposto a tutti senza peli sulla lingua, anche a chi voleva sapere se ero mai stata innamorata e fidanzata (ho risposto di sì raccontando velatamente le mie esperienze più importanti tenendo conto l’età dei miei interlocutori!). Sia le insegnanti sia i ragazzi mi hanno trasmesso tanto. In quella fascia d’età non hanno ancora timore e inibizione ed entrano facilmente in empatia con qualcosa di nuovo, di diverso dal solito. Ho fatto la stessa esperienza con gli studenti universitari di un corso di pedagogia presso una nota Università romana, avevano timore a farmi le domande ad entrare veramente in contatto con me, erano meno interessati alle mie esperienze di vita ed al mio libro, erano impacciati, come se volessero farmi delle domande ma il timore, il falso pudore li bloccava.

Per concludere penso che la discriminazione e soprattutto la paura del diverso siano ancora molto presenti in un Paese come l’Italia che sta diventando via via sempre più multi-etnico, ma che deve fare ancora grossi passi avanti sui concetti di anti-razzismo ed inclusione sociale.