Gli amici di Sant’Egidio: insieme per crescere, aiutare e aiutarsi.

La riunione degli amici della comunità di Sant’Egidio nel cortile di un antico monastero, oggi museo di Roma in Trastevere.
All’ombra protettrice di un amplissimo albero. Ha voluto significare la “La liberazione della diversità dei corpi e delle menti“, dalla costrizione e la sofferenza attraverso la libertà che l’arte moderna consente.
Al di là del valore del prodotto artistico, le difficoltà di comunicazione dei propri sentimenti sono superate con il messaggio dell’arte.
Questo consente di scendere nella profondità del pensiero di ciascuno, e di verificarne gioie e dolori, volontà di essere e agire, il riscatto dalla discriminazione.
Non solo la pittura ha dominato un anno di impegno artistico, guidato in sintonia di visione da istruttori amorevoli; ma anche l’allestimento di cento lampade realizzate con il “diseiner“ così creativo del genio italiano, ha consentito di illuminare di una luce simbolica il
“sogno di un mondo per tutti“, che Sonia una degli artisti ha espresso come obiettivo dell’anno di lavoro.
Nei quadri si raccontano le vicende degli zingari, di coloro che pieni di speranza si imbarcano per trovare terre più ospitali su fragili barche, per varcare i confini che non solo la geografia ma la mancata solidarietà fra gli uomini ha reso ostili.
Ma si raccontano anche i confini domestici, fra i “sani“ e gli “afflitti“, vuoi di imperfezioni di natura, vuoi per accidenti di vita, vuoi per il naturale declino delle forze e delle menti dovuto all’avanzare degli anni.
Un popolo molto consapevole di disabili, dei loro familiari , degli accompagnatori e di giovani volontari – presenti in gran numero nell’ampio cortile –Ha rinnovato la sua fiducia verso coloro che –come la comunità di Sant’Egidio – vivono con il sentimento dell’amicizia e della cura.
Non è senza significato che con il contributo degli artisti disabili che hanno lavorato per un anno vissuto insieme, la comunità abbia potuto far nascere sani 6000 bambini africani, preservandoli dall’AIDS.
Questa “reciprocità“ di vantaggi è esempio di quanto si può ottenere, se veramente ci si impegna a far sì che “il sogno di un mondo per tutti“ divenga realtà – vissuta-.

guardate le facce sodisfatte degli artisti su: http://www.micromosso.com/serie/pavani_5/index.html

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ALFABETIZZAZIONE SENTIMENTALE, LA COMUNICAZIONE ESSENZIALE. IV ED ULTIMA PARTE.

UNA APPLICAZIONE PRATICA

Dopo aver descritto lo strumento nel suo stato attuale dell’arte vediamo le sue applicazioni nei gruppi con persone che vivono momenti di disagio esistenziali di diversa natura, ed a cui proponiamo una modalità di indagine interpersonale e di utilizzazione del vocabolario emotivo – sentimentale i cui termini diventano sempre più sconosciuti ed estranei. Che cos’è l’amore, come sentimento intenso e variegato, è uno dei termini e temi più discusso ed utilizzato; le persone sorridono per il suo semplicistico accostamento alla sessualità.
Che cos’è l’anestesia affettiva? I termini sono sufficientemente chiari, il concetto è complementare a quello di “analfabetismo“ sentimentale ed è descritto sinteticamente da C. Simonelli e I. Petruccelli: “…tale anestesia affettiva sembra caratterizzata da una forte coartazione emozionale che rende il soggetto apparentemente impassibile o imperturbabile.
Si tratta di un meccanismo di difesa, ma quando il blocco fallisce si verifica un vero e proprio “break down“ con improvvise esplosione d’ira che riportano tutte le emozioni coartate in superficie…“ (L’abuso sessuale infantile e la pedofilia. A cura di Gaetano De Leo e Irene Petruccelli – 1999 – Franco Angelo pag.38).
Non affrontiamo ne approfondiamo in questa sede gli aspetti clinici che derivano dal blocco dell’espressione sentimentale ed emotiva che sono oggetto di facile reperibilità.
Proponiamo un breve sondaggio effettuato durante i “gruppi d’incontro“ presso l’Associazione Interculturale Soweto, per accennare ad una delle modalità di applicazione pratica.
L’idea era partita da un tema proposto con frequenza ad insistenza da loro stessi, cioè “il sentirsi depressi“. Abbiamo suddiviso la lavagna in due parti, e scritto sulle parte sinistra (per chi legge) gli aspetti negativi che scaturivano dalla loro condizione di immigrati, sintetizzando le espressioni razionale in termini emotivi e sentimenti. Questa operazione è durata più incontri, consentendo a chi si aggiungeva al gruppo (12 – 18 persone) di esprimere i propri vissuti negativi; successivamente abbiamo ripetuto la stessa operazione di indagine interiore e introspettiva per analizzare quegli aspetti positivi utilizzati per “tamponare“ gli eventi del loro vissuto di immigrati. I termini emersi da questo lavoro di gruppo sono contenuti nello schema proposto sotto.
DEPRESSIONE / ACCETTAZIONE

Aspetti negativi sintetizzati in emozioni e sentimenti
Aspetti positivi (per bilanciare) sintetizzati in attività
1.  Nostalgia
2.  Rabbia
3.  Solitudine
4.  Tristezza
5.  Sofferenza
6.  Dolore
7.  Malessere
8.  Malinconia
9.  Disaccordo
10.  Oppressione
11.  Delusione
12.  Morte
13.  Problemi
14.  Mancanza di affetto
15.  Piangere
16.  Separazione
17.  Non allegro

1.  Preghiera
2.  Innamorarsi
3.  Sport
4.  Parlare
5.  Scrivere
6.  Leggere
7.  Viaggiare
8.  Massaggi
9.  Arte
10.  Fantozzi 1° visione
11.  Cioccolata
12.  Vedere un bel sogno
13.  Musica
14.  Piangere
15.  Spaccare
16.  Urlare
17.  Solitudine +
18.  Amore vero

FIGURA 4
Le varie forme di alfabetizzazione, incluse quelle più avanzate tecnologicamente, sono indispensabili per la comunicazione e lo sviluppo delle nuove generazione, soprattutto per il sostegno che possono dare alla ricerca di nuove e “pulite“ forme di energia per la salvaguardia dell’ecosistema della terra, messo a rischio dalla stessa evoluzione tecnologica. Gli ultimi convegni ed incontri a livello mondiale sottolineano i pericoli per l’equilibrio ecologico del sistema. Detto ciò, tra le forme di alfabetizzazione essenziale dell’essere umano, se la sua sopravvivenza sarà possibile, quella dei sentimenti (tra cui la paura dell’autodistruzione) è di fondamentale importanza.
 LETTURE CONSIGLIATE

Andolfi M. ( A cura di ), La mediazione culturale, tra l’estraneo e il familiare, Franco Angeli, Milano, 2003

Bateson G., Mente e natura, Adelphi Edizioni, Milano, 1984

Canevelli F., Lucardi M., La mediazione familiare, dalla rottura del legame al riconoscimento dell’altro, Bollati Boringhieri, Torino, 2000

Carli R., Paniccia R. M., Analisi della domanda, Il Mulino, Bologna, 2003

Jung C. G., L’uomo e i suoi simboli, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1983

Malagoli Togliatti M. ( A cura di ),  Psicologi e aids, Franco Angeli, Milano, 1998

Petruccelli F., Psicologia dello sviluppo, Franco Angeli, Milano, 2004

Simonelli C. (A cura di ) Appunti di psicoandrologia, Quale psicologia 7, Gennaio 1996
Watzlawick P., Beavin J. e Jackson D. D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio-Ubaldini EDitore, Roma, 1971

Weeks G. R.,Treat S., Terapia di coppia, Franco Angeli,Milano, 1998

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ALFABETIZZAZIONE SENTIMENTALE, LA COMUNICAZIONE ESSENZIALE. II PARTE

EMOMAPPA

Secondo la psicologia analitica di Carl Gustav Jung ci sono quattro funzioni psicologiche fondamentali: pensieri, sentimento sensazioni e intuizione; e due orientamenti: estroversione e introversione

Area negativa                                                                                        Area positiva

FIGURA 2
Vediamo sommariamente che cosa è l’emomappa e le sue caratteristiche secondo la psicologia analitica di Carl Gustav Jung. Seguendo lo shema della figura 2 vediamo che le due coordinate si incontrano nel “sé persona“ e lasciano verso l’esterno il “sé familiare“ ed il “sé sociale“; l’asse verticale divide gli aspetti negativi (delle posizioni psicologihe fondamentali ) da quelli positivi. Due assi ruotati di 45 gradi rispetto alle coordinate suddette, che, insieme agli assi perpendicolari, delimitano quattro settori a sinistra ( con segno negativo ) e quattro settori a destra (con segno positivo ), in cui sono rappresentati ( dall’alto verso il basso ) rispettivamente: 1) le sensazioni fisiche ( specularmante a sinistra quelle negative e a destra quelle positive ); 2) le emozioni primarie ( negative e positive come sopra ); 3) le emozioni secondarie ( negative e positive come sopra ); 4) i sentimenti Negativi e positivi come sopra ).
I due orientamenti relativi all’introversione ed all’estroversione sono rappresentati dalla capacità dell’individuo di esternare (estroversione ) completamente i suoi vissuti a tutti i livelli funzionali suddetti; oppure di trattenere (introversione ) al suo interno, come in una sorta di “buco nero“ le proprie sensazioni, emozioni, sentimenti, pensieri ed intuizioni, così da costruirsi un sé “coeso“, ma trincerato ed invalicabile. Seguendo le indicazioni di  Jung ( L’uomo e i suoi simboli , a cura di; 1983; Raffaello Cortina Editore. ), le intuizioni sono delle caratteristiche di personalità che l’autore descrive come la capacità attraverso cui la persona si esprime verso sé stesso ( introversione ) e verso gli altri ( estroversione ). L’umore è il tono cronico e costante che si esprime attraverso la personalità del soggetto, per cui una persona può essere fondamentalmente ottimista, nonostante le avversità momentanee ed il disagio quotidiano; oppure può essere caratterialmente pessimista ed insoddisfatto nonostante il successo e le affermazioni personali. Questo è l’aspetto del Sé persona che emerge da una indagine più approfondita e sistematica delle caratteristiche tipicamente inconsce della persona ( è l’aspetto che resta più centrato nel diagramma e che è stato definito come il “buco nero“ ). Quando si lavora in un gruppo terapeutico è essenziale indagare questo aspetto caratteriale ed esplicitarlo apertamente al gruppo per evitare la “sindrome del contagio di umore“ ( Moderato- Rovetto )
Attraverso questo strumento carta e matita si cerca di conoscere i tratti emozionali e stati emozionali. I primi si riferiscono alle caratteristiche, appunto stabili, della persona e ne caratterizzano la formazione della struttura di personalità con le peculiarità e linearità tipiche che le contraddistingue nel suo passato, presente e presumibilmente futuro. Gli stati emozionali fanno esplicito riferimento agli accadimenti relazionali che coinvolgono le persone nel “qui ed ora“.
Quindi le emozioni che ciascuno prova nel proprio relazionarsi con il contesto ambientale è definito dal rapportarsi del suo se strutturale (come sopra definito) con gli altri. Questo continuo e contiguo svolgimento di eventi relazionali “intinti“ nelle emozioni, comporta una modificazione della personalità di ciascuno e dello specifico e non specifico contesto relazionale, sociale e ambientale, in una circolarità ecologica in continuo sviluppo autopoietico.
Quindi l’emomappa può essere considerata come una forma di istantanea fotografica; una scatto fotografico che riprende lo stato dell’essere di quel dato momento emotivo della persona, che già nel momento successivo si è modificato e cambiato con gradualità e repentinità spesso impressionante e sconcertante. Un esempio paradigmatico è rappresentato dalle esperienze terapeutiche di un gruppo, in cui il conduttore induce i partecipanti a provare dalle sensazioni di allegria e gioia che comportano delle modificazioni organiche tali che modificano il vissuto esperienziale ed esistenziale in quel dato momento.
Togliere piano piano i veli protettivi che nascondono emozioni e sentimenti è una scoperta eccitante e sconvolgente soprattutto nelle relazioni più intime di coppia e di famiglia in cui viene utilizzato una sorta di “preservativo emotivo“ tra di loro.
L’applicazione teorico – pratico della strumento nelle terapie di coppia, di famiglia e di gruppo è stato oggetto di sperimentazione sia in contesti clinici che nelle scuole. Una rappresentazione schematica è proposta nella figura 3
SENSAZIONI
(manifestazioni corporee)
+
Batticuore
Piedi freddi
Mani sudate
Rossore
Mal di testa
Raffreddore
Tosse
Mal di stomaco
Tensione.

Riposato
Relax
Stanchezza+
Batticuore+
Bene
Sazio
Torpore+

EMOZIONI
(reazioni psichiche istintuali)

Fastidio
Ansia
Paura
Stress
Impotenza
Rabbia
Insofferenza.

Calma
Ansia+
Tranquillo
Sereno
Sollievo
Coraggio
Eccitazione.

SENTIMENTI
(atteggiamenti mediati dalla mente)

Rifiuto
Timidezza
Sfiducia
Preoccupazione
Tristezza
Dispiacere
Antipatia.

Accettazione
Piacere
Agio
Speranza
Desiderio
Soddisfazione
fiducia

FIGURA 3
 

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ALFABETIZZAZIONE SENTIMENTALE, LA COMUNICAZIONE ESSENZIALE.

QUESTO RACCONTO, MI E’ STATO INVIATO DA DOTTOR TASSIELLO. è LUNGO MA INTERESSANTE, PER QUESTO HO DECISO CHE LO PUBLICHERO’ POCO ALLA VOLTA. SPERO CHE LO SEGUIRETE POST DOPO POST, SETTIMANA DOPO SETTIMANA.  QUI SOTTO TROVERETE LA “PREMESSA” E “ANALFABETISMO E ALFABETIZZAZIONE”. PULTROPPO NON MI è POSSIBILE PUBLICARE LE FIGURE. BUONA LETTURA E BUON COMMENTO A TUTTI. Marzia

Marzia.

Premessa

Questo articolo è la prosecuzione e l’approfondimento di una relazione presentata al IX Workshop Internazionale “Cultura, salute, migrazioni“ (C.N.R.), dicembre 2002. E’ doveroso esprimere la riconoscenza agli amici incontrati nelle associazione che si occupano di migranti e di poveri in generale. Un ricordo in particolare va a Noureddine, un caro amico della Tunisia, morto recentemente per infarto. La sua scomparsa prematura, per un malessere del cuore, oltre ad addolorare, fa riflettere sulla sua storia di migrante, simile a quella di molti altri, che si separano dalle cose più care e che provano una sofferenza che può essere affrontata solo se spinti dalla disperazione. Le persone come Noureddine, quando trovano uno spazio ed un tempo “accogliente“, diventano una ricchezza di valore inestimabile per tutti. Le persone che vivono le sofferenze di cui è stato vittima Noureddine, acquisiscono in tempi brevi la capacità e l’abilità di intermediare tra le culture. Oggi è diventato un grosso businnes la formazione di mediatori culturali; sono molte le associazioni che si occupano dei problemi derivanti dai flussi migratori e che sopravvivono grazie ai fondi comunali, regionali, ecc. La formazione dei mediatori interculturali, riservata agli stranieri, rappresenta una gran risorsa per tutti; in particolare per i sempre più numerosi migranti “espulsi“ dal loro paese per motivi politici. Questi ultimi migranti in primis non hanno le stesse motivazioni che spingono altri “disperati“ in cerca di una vita più dignitosa, non sono quindi adatti ne disposti ai lavori “umili“ riservati agli “extracomunitari“ (termine da cancellare); essi sono portatori di un contenuto sociale e politico che travalica le barriere etniche, culturali, religiose e quant’altro; quindi rappresentano, in conclusione, le migliori risorse da destinare alla formazione della figura del mediatore interculturale, grazie anche ad una loro elevata formazione scolastica.
ANALFABETISMO E ALFABETIZZAZIONE

Nelle scuole italiane si torna a parlare, con sempre maggior insistenza, di alfabetizzazione primaria, termine desueto per la maggior parte di noi. Il ricordo di alcuni di noi può andare ad una nota trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi“ di cui molti anni fa, in cui quasi giocando si impartivano i “rudimenti“ dell’italiano scritto e letto. Ancora oggi ci sono persone che confessano la loro “vergogna“ quando un genitore deve apporre la propria firma su un documento. Quindi può sembrare strano che la maggior parte delle scuole italiane si stiano attrezzando per l’alfabetizzazione di persone adulte, e circolano in queste scuole dei testi dal titolo “L’italiano che mi serve“. La spiegazione di tutto ciò risiede nel fenomeno del flusso migratorio di cui l’Italia è diventata oggetto in questi ultimi anni. Le stesse persone che si “vergognano“ per i loro genitori, sicuramente saranno orgogliosi per l’attuale realtà del nostro Paese; soprattutto se ci ricordiamo del tempo in cui le “navi-carretta“ partivano dal porto di Napoli stracolme di disperati in cerca di un futuro più decente. Non tutti sanno, come dice Fennane Mustapha un mediatore interculturale del Marocco, che, quelle stesse navi nelle cui stive erano ammassati gli schiavi deportati dalle coste africane verso l’America, furono utilizzate per il “trasbordo“ dei primi emigranti europei verso le stesse mete.
Ma c’è un’altra forma di analfabetismo più sottile e “sofisticato“ che serpeggia ed incombe: l’avvento degli strumenti tecnologici! I ragazzi giovanissimi si trovano a loro agio con telefonini e computer, i nipotini sono i maestri dei nonni. Gli strumenti digitali sono costruiti per mani molto piccole ed agili, e questo binomio si struttura sempre più; persona e computer, persona e portatile, persona e palmare, persona e cellulare. Non è lontano il tempo in cui i bambini saranno dotati alla nascita di un numero che li contraddistinguerà e li identificherà, fatto di otto cifre e di una strumentazione “incorporata“. Si assiste sempre più spesso a scene di comunicazione particolare: nelle pizzerie o nei Mc Donald è facile vedere un gruppetto di ragazzi che “depositano sui loro tavoli un numero di telefonini superiori a loro stessi; oppure si possono vedere coppie che camminano “mano nella mano“, avendo nell’altra mano il telefonino con cui stanno in comunicazione con “altri“. Quest’ultima modalità di comunicazione, unitamente all’abuso del computer e del televisore, diventato una specie di “monumento“ che troneggia in camera da pranzo e in camera da letto, sta modificando sempre più le nostre abitudini, sostituendo le tradizionale forme di comunicazione. Quando le coppie si separano, una delle motivazioni indicata tra le cause di intolleranza verso il matrimonio o quant’altro è la mancanza di comunicazione. I due coniugi che fino a non molto tempo prima erano pronti a giurare di conoscere perfettamente i pensieri più intimi e segreti del proprio partner, si trasformano  in perfetti sconosciuti. Uno dei termini con cui gli esperti di separazione e divorzio contraddistinguono  queste forme di comunicazione è il “congelamento“: «… sul piano dell’interazione osservabile, il senso di gelo, il blocco dei contenuti, il rigido mantenersi su temi che evitano ogni espressione non solo di conflitto ma di semplice dissenso e che prevengono qualsiasi possibile accenno a manifestazioni emotive…» (F. Canevelli e M. Lucardi, La medizione familiare, pag.48). Il termine che definisce queste modalità è “alessitimia“, cioè assenza del lessico per esprimere l’emozione.
La vignetta seguente chiarisce i concetti.

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sei tu (CON VERSIONE IN MP3)

LA VERSIONE IN MP3 L’HO FATTA CON UN SITETIZATORE VOCALE CHIAMATO  “CARLO MOBILE”. SE SIETE INTERESSATI AD AVERE NOTIZIE DETTAGLIATE SU QUESTO PROGAMMA VI CONSIGLIO DI COLLEGARVI AL SITO: http://www.anastasis.it/AMBIENTI/NodoCMS/CaricaPagina.asp?ID=219

  PRIMA PARTE               SECONDA PARTE“Su questa linea sottile che divide il normale dall’handicappato non vi è una soluzione ottimale, né tanto meno una soluzione che vada bene per tutti. Ogni caso è un caso a sé, ogni caso ci richiede di individuare la strada da percorrere, ogni caso rappresenta una sfida che dobbiamo raccogliere“.

Partendo da questa citazione, estrapolata da un precedente articolo, si può parafrasare e, se mi si permette la banalità, dire a ciascuno il proprio handicap. Rispetto alla sessualità, intesa come espressione dell’Amore di coppia, vale il detto della condanna alla sofferenza, per la difficoltà della pienezza e dell’armonia. Anche il “frutto“ dell’amore procreativo “sarà partorito con sofferenza e dolore“. In questo senso ciascun essere umano è condannato per la sua forma di handicap, determinata dalla mancanza della completezza in sé stesso, per cui deve ricercare la parte complementare. Consentitemi ,quindi, di parlare di una forma “lieve“ di handicap, anche se molto comune , che è  la vecchiaia, con relativo pensiero verso la sessualità. Su tale tema ci sono numerosi luoghi comuni: “I vecchi non possiedono la capacità fisiologica che consenta loro di avere comportamenti sessuali; i vecchi non hanno interessi sessuali soprattutto le donne; i vecchi che si interessano alla sessualità sono perversi; l’attività sessuale fa male alla salute, specie nella vecchiaia; la procreazione è l’unico fine della sessualità, e pertanto non ha senso che i vecchi abbiano attività sessuali; è indecente e di cattivo gusto che i vecchi manifestino interessi sessuali; inoltre, in quanto tali, i vecchi sono brutti e sgradevoli“. A questa forma di handicap, come se non bastasse, aggiungiamo un cardiopatia, per la quale il cardiologo raccomanda molta delicatezza nell’“affrontare“ un incontro d’amore. Mi colpiva l’esempio di un illustre cardiologo, il quale raccomandava il sesso con la moglie più che con l’amante. Quindi la miscela “vecchiaia e cardiopatia rappresentano una forma di handicap “avvilente“; mi capisce chi ne viene coinvolto, e non sono pochi. A questo proposito suggerisco di leggere, solo ai nostri cari “malcapitati“, quanto segue, dal racconto di un carissimo amico: “Fino a che ci sei tu“ di Marco Bottoni.

Si girò.
Con un gesto lento, quasi impacciato, fece un mezzo giro su se stesso e le voltò le spalle.
Si ritrovò a pensare che non lo aveva mai fatto prima: mai, in tutta la sua vita.
Fumare, non aveva mai fumato, e a mettersi a dormire non ci pensava nemmeno: ormai dormiva talmente poco, e male, che l’atto di scivolare nel sonno era diventato per lui quasi un miraggio.
Così dei tre gesti che, se non è uno è l’altro, si fanno generalmente “dopo“, non gli era rimasto che quello (forse il più odioso) di girarle le spalle.
Mentre lo faceva pensò che era la prima volta che gli accadeva.
Chissà perché.
Chiuse gli occhi per un brevissimo istante, la bocca stirata  in un ghigno sottile di sofferenza.
Come una lama a traversargli  il petto, lo colse il ricordo di quando il sesso per lui sapeva del gusto che hanno le ciliegie  mangiate sopra l’albero, con le gambe a cavalcioni del ramo e le foglie che sanno di estate.
Roba di tanto tempo fa.
“Deve essere qualcosa che ha a che fare con il fatto di sentire gli odori“ pensò.
E, quasi per mettersi alla prova, fece un respiro profondo  aspirando col naso.
Per primo annusò il lenzuolo, poi l’aria e poi, tenendosela aperta sul  viso, la sua stessa mano.
Non avvertì quasi niente; solo, ma molto lontano, come un vago sentore di cloro mescolato ad aroma lavanda.
“Forse, è l’ammorbidente“.
Già da un po’ di tempo (quanto esattamente non avrebbe saputo dire, chè per questo genere di  cose non si può fissare una data, un giorno e dire: ecco, è da oggi) sentiva molto meno gli odori.
Non che non li sapesse riconoscere, anzi : li distingueva ancora tutti benissimo, ma non li avvertiva più come sensazioni capaci di colpirlo, di prenderlo e scuoterlo, di trascinarlo e commuoverlo.
Di provocargli un brivido, di evocargli un ricordo.
Facendo uno sforzo con la memoria sì, riusciva ancora ad associare un odore ad un luogo, a un momento, a uno sguardo: ma era diventato ormai come cercare disperatamente di  fare gocciolare fuori l’ultima stilla di vino dal fondo della bottiglia, mentre prima in lui le  emozioni erompevano  incontenibili, come sgorga la schiuma dello spumante all’esplodere del tappo.
E anche se delle esperienze che gli era accaduto di vivere (non moltissime, a pensarci bene), ricordava tutto, o quasi,  si trattava  solo di  un puro esercizio di fredda memoria;
il passato, per lui,  era ormai un elenco di fatti, di persone e di date, palpitante della stessa  poesia che può esserci nella lista della spesa.
E, ricordando, non si commuoveva più.

“Come con te,  con nessun’altro, prima!“
La prima volta gli aveva fatto un piacere immenso sentirselo dire; in seguito, con il tempo, ebbe modo di convincersi che i casi erano due: o in lui si era miracolosamente incarnata l’onnipotenza di un Dio oppure,(fatto più probabile), la lei del momento andava, giustamente, arrestata per falsa testimonianza.
Fece un mezzo sorriso, ricordando la prima volta dei suoi ventun anni.
Una catastrofe annunciata, alla quale era andato incontro con la spinta di una voglia immensa, da troppo tempo soffocata dentro un corpo asciutto, giovane,vigoroso.
Una molla compressa al limite della  rottura, pronta a scattare e ad esplodere violenta, questo era lui quella sera di Luglio che sul prato c’erano più lucciole che fili d’erba e nuove stelle sembravano accendersi in cielo a decine, a centinaia a ogni istante che passava, a ogni bacio appassionato che lei gli dava.

Molla che, giustamente, al primo tocco leggero della pelle di lei scattò, senza che ci fosse stato anche solo il tempo di pensare di fermarla,  per esplodere nel profumo della notte d’estate, contro il cielo crivellato di stelle.
Bel colpo!

Sorrise, ricordando il ricordo che aveva; un sorriso che lei non poteva vedere, perché lui
le girava le spalle, sdraiato su un fianco con le gambe  piegate ed il busto incurvato.
Nella quiete assoluta della stanza immersa nel semibuio ora lui ricordava, e lasciava cadere i ricordi nella nicchia che il suo corpo formava sopra il lenzuolo bianco.
Li faceva rotolare piano, i ricordi, rivoltandoli con la mente come si fa di vecchie fotografie rovesciate tutte insieme fuori dallo scatolone, che a spostarle piano, con la mano,  tornano alla luce  come a caso, senza un ordine certo di tempo o di spazio.
O di modo.
Ricordò delle volte che l’Amore era stato, per lui, furioso galoppare (ventre a terra su distese aperte e infinite,  odore acre di pelle sudata e crine nero a sferzargli la faccia ed il petto) e, allo stesso tempo, quando era stato un immergersi lento, avvolgente e profondo, dentro un lago calmissimo e piatto, lungo abbraccio in cui perdersi, vivo, non importa per quanto.
Quando era stato tuffo e quando era stato volo; quando unghiata a strappargli la pelle, quando dolce carezza sul cuore.
Ricordò, ricordando, il sapore della prima sorsata di vita dopo un tempo infinito di giorni,  perso dentro un deserto di pietra, labbra rotte di sole e di sete e continui crudeli miraggi, dolorosi miraggi lontani.
Ricordò, di ogni volta, quando era stata fuga, toccata lieve di genio e di istinto, sinfonia travolgente di figure e armonia.
 Di una sola infinita armonia.
Quando era stato pensieri, quando era stato parole.
Dolce mano di lei sul suo cuore ferito (“Certo che potrà riprendere le sue normali attività! Tutto potrà fare, anche l’amore, si capisce. Qualsiasi sforzo, purché , s’intende, sia moderato e non comporti eccessive emozioni: è l’adrenalina che la può uccidere!“ Grazie tante, “senza grandi emozioni“. Come dire: “un bel tuffo in piscina? Certo che può, basta che faccia attenzione a non bagnarsi!“) ricordò come aveva imparato, con lei, a far sciogliere i nodi nel petto, a trovare misura e respiro, a aspettare che fosse il momento.
Ad avere più spazio e più modo.
E più tempo.

Si girò.
Con un gesto fluido,  armonico, senza alcun sforzo apparente fece un mezzo giro su se stesso e tornò a voltarsi verso di lei.
Erano finiti, i ricordi; le fotografie mescolate alla rinfusa erano ammonticchiate di nuovo nella scatola di cartone, ad aspettare di  uscire fuori un’altra volta.
Se ancora ci sarà, un’altra volta.
Guardò lei di uno sguardo dolcissimo, intenso e profondo; la guardò di uno sguardo d’Amore.
“Sei tu“.
Non parole.
Da tempo quasi immemorabile, nessun bisogno di parole, fra loro.
Solo sguardi di occhi ancora vivi dietro ciglia imbiancate e palpebre solcate di rughe profonde; solo carezze leggere di dita incurvate di artrite, baci dolci di labbra rese vizze dal tempo.
Il tempo, quanto tempo.
Non parole.
“Sei tu“.
Tutto quanto sei tu, tutto quanto mi accade, ogni volta, nel letto: l’emozione e il piacere, la dolcezza, il calore, il galoppo sfrenato e l’immergersi lento nel lago, l’entusiasmo e l’attesa, la toccata e la fuga, il crescendo della sinfonia.
Tuffo e volo ed unghiata e carezza, e ogni nuova infinita sorsata di vita.
Tutto quanto tu sei perché tutto, tutto quanto mi accade, questo è: un continuo venire a cercare di te.

Tutto senza parole, solo sguardo profondo negli occhi e  una lunga carezza,  leggera sul viso già solcato di rughe profonde.
“No, non dormivo“
“Che ora è?“
“E’ passata mezzanotte. A proposito: auguri, Amore. Buon compleanno“.
Ancora ricordi, a decine, tutti insieme, come  quando si scioglie all’improvviso il nastro di raso che tiene legate le fotografie, e le immagini rotolano, cadono, si rimescolano e si accavallano fra loro, per un istante solo.

“Ho paura che resterai deluso, caro.“    

Sul comodino, ancora chiusa nel blister di stagnola, la forma  a rombo di una piccola compressa blu.
(“In caso di bisogno, se le dovesse accadere di… non farcela insomma,  la può prendere tranquillamente. La prenda circa un’ora prima, e vedrà che la aiuterà a raggiungere una  condizione più che soddisfacente. Ma, mi raccomando, senza esagerare: è lo sforzo eccessivo che le può fare male.“)

 “Voglio dire, per via della torta“.

Si girò, l’ultima fotografia, la più bella, non ancora riposta nella scatola di cartone.

“A parte il fatto che non le ho trovate, penso che non ci sarebbero nemmeno state tutte, sulla torta, ottantacinque candeline“.

 Di nuovo tutte quante le foto sul lenzuolo, ma stavolta girate dalla parte del dorso.
Infiniti rettangoli bianchi, tutti uguali e insensati; su qualcuno soltanto una data.

“Andrà benissimo anche una candelina sola, cara. Dammi un bacio“.

Sulla bocca di lei il sapore lontano di ciliegie mangiate di nascosto, stando a cavalcioni sul ramo, nel profumo delle sere di maggio.
Lasciò andare le labbra a un sorriso sottile, abbozzato e, con un tocco leggero delle dita, fece scivolare la compressina blu nel cassetto semiaperto.

“In caso di bisogno“, ha detto il medico.

No, nessun bisogno.
Non ancora, amore mio.

 Non ancora, fino a che ci sei tu.
 

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LA SESSUALITA’

Dott. Tassiello.
Terza parte – LA SESSUALITA’

Questa terza parte del “trittico- Innamoramento, Amore e Sessualità“ di cui stiamo argomentando è dedicato alla sessualità, intesa come l’agire un comportamento finalizzato alla procreazione e ricreazione.
Per la complessità dell’argomento, come si intuisce dalle finalità, abbiamo preferito trattarlo in più riprese.
Parlare di sessualità non può prescindere dall’affettività e dal coinvolgimento emotivo e sentimentale, grazie al contributo della corteccia cerebrale che ci contraddistingue dalle specie animali inferiori. Quindi possono essere giustificabili e comprensibili alcune idee di fondo: 1)le relazioni sessuali e affettive rivestono interesse pubblico, il bene meritevole di protezione pubblica e’ la relazione affettiva sessualmente caratterizzata; 2) la relazione affettivo-sessuale ha valore anche nel suo esistere provvisorio; 3) il benessere sessuale è il barometro della salute; 4) la sessualità umana si propone come procreazione e ricreazione; di cui ho già precisato sopra.
Ma cosa intendiamo con il termine sesso? E per sessualita’ nella diversità e/o dimorfismo sessuale?
Nell’etimo dei due termini troviamo la radice sexus = secare – dividere il maschile (x-y) dal femminile (x-x). Spero di non essere frainteso, ma me ne assumo ampia responsabilità e piena disponibilità all’interazione, senza usare il termine più politico di “contraddittorio“, per gli aspetti della diversità che meritano pieno e indiscusso rispetto. Quindi il sesso e per esso la sessualità, intesa come comportamento, rappresenta un impulso biologico naturale; una potente energia salutare; una sfera importante della vita; una scelta consapevole e responsabile; una espressione d’amore desiderata da entrambe i partner. Questi aspetti di contenuto della sessualità meritano ben più ampio spazio ed altri più capaci interpreti Cito con piacere, ma anche con alcune riserve, A. Schopenhauer nel suo più importante lavoro sull’argomento: “Metafisica dell’amore sessuale“; in cui l’autore afferma che: << … L’amore inganno della natura …>> E prosegue << …Ma, anche senza mito e senza simbolo, la veemenza dell’istinto sessuale, la vivacità del suo ardore e la profonda serietà, con la quale ogni animale, compreso l’uomo, ne compie le funzioni, dimostrano che proprio mediante la funzione sessuale l’animale appartiene a ciò in cui propriamente e principalmente sta il suo vero essere, cioè alla specie, mentre tutte le altre funzioni e tutti gli altri organi servono direttamente solo all’individuo, la cui esistenza, in fondo, è puramente secondaria.
Nella veemenza di quell’istinto, in cui si concentra tutta l’essenza dell’animale, si esprime inoltre la coscienza che l’individuo non dura, e che quindi deve dare tutto per la conservazione della specie, nella quale sta la sua vera essenza“.
S. Freud e collaboratori hanno ampiamente approfondito il tema della sessualità ed elaborato il passaggio dal concetto sessuale di pulsione a quello di relazione con queste caratteristiche: il concetto freudiano di pulsione sessuale considera il comportamento sessuale come una sorta di “impianto idraulico“, cioè un serbatoio che si riempie di “libido“ e che attraverso la scarica pulsionale ritorna ad uno stato di equilibrio e di “calma psicofisica“. Il concetto sessuale di relazione oggettuale introduce il termine relazione per indicare tutto ciò che precede l’atto sessuale (corteggiamento, seduzione, innamoramento, amoramento,ecc.); cioè il bisogno sessuale spinge alla ricerca di una relazione sessuale fissa, che sia supportiva e rassicurante per ciascuno dei due partner, pensando alle incertezze e rischi del futuro. Le attuali ricerche sulle MTS (malattie trasmesse sessualmente) hanno indicato nella promisquità sessuale la causa primaria; una specie di “castigo“ per i “peccati“ commessi. In realtà sembra essere chiamata in causa la “familiarità“ che si struttura tra la basicità del liquido spermatico e l’acidità della cavità vaginale. Le considerazioni e le riflessioni fin qui proposte non vogliono essere che le premesse per un approfondimento in cui sono accettate e desiderate delle proposte di integrazione. 

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Terza ed ultima conferenza: liberta di stampa e diritti umani

Della Redattice del sito

Diritti umani, democrazia, libertà di stampa. L’interdipendenza fra questi 3 concetti è evidente. Una stampa libera è essenziale per una società democratica: diritti politici e le libertà civili possono essere garantite se e solo se i giornalisti possono fare il loro lavoro liberamente. Quando l’indipendenza dei media è minacciata, a rischio sono i fondamenti delle libertà individuali.
Ahmat Zeidane Bichara giornalista del Ciad e rifugiato politico in Francia.
Cai Chongguo esperto di censura sul wed in Cina.
Robert Ménard fondatore e segretario generale di Reporters sans Frontiéres
Enzo Nucci Rai sub-Saharan Africa bureau chief a Nairobi
Mauro Sarti giornalista e docente di comunicazione giornalistica all’Università degli studi di Bologna (moderatore)
Jeta Xharra dirittrice del Balkan Investigative Reporting Network in Kosovo

Questa conferenza si apre con Enzo Nucci, giornalista di Rai sub-Saharan Africa bureau chief a Nairobi, che invita l’Italia a riflettere sul fatto che ancora oggi in molti paesi non c’è il rispetto dei diritti umani, il diritto alla vita e alla libertà di stampa. Il giornalista ha vissuto in Africa ed è rimasto colpito dalla forza della popolazione che vuole migliorare la propria condizione e si dà da fare con energia e positività per costruirsi un futuro migliore. La presenza di Rai sub-Saharan a Nairobi –continua a spiegare il giornalista- è servita per far si che le grandi testate giornalistiche del mondo si sensibilizzassero sulla situazione di Nairobi- aprendo così delle loro redazioni sul posto. Questo, si spera che sia di buon auspicio, per attirare l’attenzione sui problemi e le risorse di tutta l’Africa.
La parola passa ora a Ahmat Zeidane Bichara; ho ascoltato attentamente la traduzione della sua esperienza umana e professionale ma non l’ho potuta registrare,  comunque ho ascoltato tutto nelle cuffie della traduzione, i contenuti, a mio avviso, erano molto toccanti e quindi non mi rimane difficile scriverli ricordarli a distanza di una sola settimana.
Il giornalista è costretto a vivere in Francia, lontano da moglie e figli, poiché i suoi articoli infastidivano il governo del suo paese.
Lui infatti ha spiegato che, fino a pochi anni fa,  i giornalisti ritenuti scomodi venivano perseguitati e fatti sparire. Le loro famiglie erano poi ammassate (ma a me viene da dire “deportati“) in grandi alloggi dove erano soggetti a torture, nella speranza che tutta questa brutalità portasse a delle  confessioni. Quindi il governo del Ciad risaliva così a dove si trovavano e cosa facevano i loro mariti; ovvero i “giornalisti scomodi. I bambini –continua a raccontare Zeidane Bichara-  vengono mal nutriti per giorni, dormono male, da qui a farli diventare “bambini soldato“ non passa molto! Per fortuna da pochi anni a questa parte la situazione è cambiata e queste “case degli orrori“, nello stato del Ciad non esistono più.
Tuttavia persiste il controllo di stampa e midia e non è raro che i giornalisti sul posto ricevino delle minacce di morte e che le persone rifugiate all’estero non possano più tornare nel paese di origine.
La parola passa ora a Cai Chongguo il quale parlerà della situazione riguardante la censura in Cina. L’intervento di questo giornalista mi è sembrato estremamente moderato. -La censura in Cina esiste e viene attuata dal Governo. È vero che il Governo controlla tutte le notizie che vengono messe in rete, molto spesso tante notizie vengono cancellate, ma da quando una notizia viene messa su un blog o su un sito, a quando viene fatta sparire passano ore e a volte giorni. – Il giornalista prosegue la sua testimonianza –  In questo lasso di tempo molte persone residenti in Cina e non, possono leggere e commentare le notizie.
Secondo me Cai Chongguo è stato molto moderato perché non ha dato un giudizio negativo o di parte, sia sul suo paese sia sul Governo. A mio avviso è stato troppo cauto quasi avesse paura di prendere una posizione. Ultimamente tutto il mondo è stato spettatore dei dissidi tra Cina e Tibet, si sa che la dittatura cinese ha fatto di tutto per ostacolare le manifestazioni e non mostrare cosa stava realmente accadendo alle varie tv internazionali.
Prima dell’episodio del contrasto tra Cina e Tibet, che conosciamo in quanto sono stati trasmessi da tutti i telegiornali solo perché coincideva con il grande evento delle olimpiadi in Cina, non sapevamo molto.
Queste olimpiadi potevano, forse avere lo scopo di aprire un paese al resto del mondo. Di fatto non so se, e quanto quest’intento è stato raggiunto.
Mi chiedo, ancora: sono anni che in Cina c’è un regime di dittatura, come mai il mondo concentra la sua attenzione su questa brutale situazione solo per alcuni giorni? E poi, come è possibile che un giornalista cinese sia così imparziale? Altra domanda che mi viene in mente ripensando alla Cina ed a quel giornalista: perchè  in una conferenza internazionale Cai Chongguo abbia dato l’idea che sì, la censura esiste, ma che poi si possa aggirare e non sia un problema così concreto e rilevante come pensa tutto il resto del mondo?
La sera ripensavo a quanto può essere difficile fare il giornalista. Penso a me che per fortuna il caso ha voluto che nascessi in Italia. Ho ripensato a quanto è difficile accedere a questa professione: anche se scrivo, frequento la facoltà di giornalismo mi scontro con la realtà di questo  mestiere che da noi è riservato ad un ordine professionale, ed è un mestiere sempre più precario. Mi continuo a domandare se il mio grande amore per la scrittura sarà utile per una mia futura professione.
Diventare pubblicista mi sembra, per l’ennesima volta, un sogno difficile da raggiungere e ritengo ingiusto che l’albo, e la professione giornalistica non tengano presente l’impegno mio e di tanti giovani che scrivono e gestiscono siti e blog.      
Mi piacerebbe leggere i commenti di  ragazzi come me, ma anche di giornalisti affermati, aspiranti giornalisti, professori e di tutti voi che avete delle idee sugli argomenti delle conferenze e sulla scrittura in generale. Questo, in conclusione, è l’invito che rivolgo agli affezionati del mio sito, ma anche a chi lo ha scoperto da poco ed a chi lo naviga oggi per la prima volta!

        

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Il giornalismo sociale è sotto pressione.

della Redattrice del sito

Seconda conferenza: il giornalismo sociale è sotto pressione.
Il giornalismo sociale 2007
Che cos’è il giornalismo sociale? Il che modo è stato influenzato da internet?
Partendo dalla storia del giornalismo sociale in Italia, il libro raccoglie le più importanti esperienze che hanno visto protagonisti in questi ultimi 30 anni l’associazionismo, il volontariato e i settori più sensibili del modo dell’informazione.
Mauro Sarti giornalista e docente di comunicazione giornalistica all’università degli studi di Bologna.
Geraldo Bombonato Presidente dell’ordine dei giornalisti dell’ Emila Romagna.
Stefano Trasatti Direttore di Redattore Sociale.

Ho partecipato alla conferenza sul giornalismo sociale che si è tenuta a Perugia durante il festival internazionale del giornalismo. Quello che sto per scrivere è un mio resoconto basato su un audiocassetta della conferenza stessa.
Come prima tematica si è parlato di come dovrebbe essere il giornalismo in generale, ed il giornalismo sociale: “tutto il giornalismo dev’essere investigativo e sociale. Il giornalista dovrebbe essere colui o colei che fa sempre una domanda in più per ricercare la verità, usando la propria curiosità e tentando di individuare le fonti delle informazioni.
I giovani –ha continuato a spiegare  il giornalista che ha parlato per primo dal palco del Teatro Pavone, un piccolo teatro di provincia, affrescato e curato nei minimi particolari-  che intraprendono questa professione devono rispettare le regole del giornalismo con la consapevolezza che bisogna  sempre aggiornarsi e tenendo presente che le regole dell’albo non bastano perché sono state fatte prima che internet diventasse il mezzo più usato e accessibile quasi a tutti, superando l’uso dei media “tradizionali“.
Nella conferenza sono emersi tanti concetti importanti che trovo giusto mettere su carta e proporli anche a chi non ha avuto il privilegio di poter partecipare al festival.
I giornalisti: Geraldo Bombonato Presidente dell’ordine dei giornalisti dell’ Emila Romagna e Mauro Sarti giornalista e docente di comunicazione giornalistica all’università degli studi di Bologna, erano concordi nel dire che Il giornalismo sociale è importante ma spesso viene ignorato dai grandi giornali di carta stampata perché c’è ancora l’idea sbagliata che le buone notizie non fanno “notizia“. -Ed ancora- la doga, il carcere, la disabilità, l’immigrazione, vengono trattati solo quando accade un fatto di cronaca nera; e talvolta questi temi vengono trattati sulla base di quella che è una scelta politica. Ad esempio in Italia siamo abituati a trattare il tema dell’immigrazione solo quando rappresenta un ostacolo, un problema per la sicurezza dei cittadini e mai pensiamo che l’extracomunitario può rappresentare un realtà multietnica e quindi scambi e arricchimenti per il paese. Uscire da questi luoghi comuni è il compito del giornalista-.
La parola ora passa a Stefano Trasatti Direttore di Redattore Sociale; il quale comincia il suo intervento spiegando chi è e cosa fa un redattore sociale: -per essere un redattore sociale non servono competenze specifiche, sicuramente serve quella formazione che serve ai giornalisti in generale, ma credo che si debba affidarsi di più anche alla sensibilità personale. Vi sono ,però, quattro regole fondamentali per essere un buon giornalista sociale:
1. non far prevalere il cinismo della cronaca sui diritti fondamentali di uomini e donne.
2.  non far prevalere il punto di vista dell’elite
3. non far prevalere le regole dell’odience sul dovere di fornire anche un servizio educativo
4. non far prevalere la pigrizia sulla curiosità
Lo stato di salute del giornalismo in Italia – aggiunge Trasatti-   siamo certi che è piuttosto malandato.
Durante la conferenza si parla del libro di Mauro Sarti e si racconta che ha riportato tra le sue pagine la frase di Capocinski (io ho scritto il nome come l’ho sentito dire, ma non sono sicura si scriva così) il quale dice che il giornalismo deve avere uno scopo, il cinico non è adatto a questo mestiere.
In questo libro si mette in luce che in Italia ,oltre alle grandi testate giornalistiche, ci sono molti modi per esprimere le proprie idee e ci sono molte persone con la voglia di raccontarle. Viene citato ancora Capocinski il quale parla di giornalismo intenzionale che deve tentare di affrontare i problemi, buttarsi dentro alle storie. –Io non penso- continua Trasatti- che si possa essere giornalisti, sociali e non, senza buttarsi dentro le storie.-
Ci sono molte persone che hanno voglia di parlare di temi come l’immigrazione,la disabilità,dipendenze,droghe e psichiatria. Vi sono sempre più giornalisti interessati a questi argomenti; di ciò se ne stanno accorgendo anche i più grandi giornali del nostro paese: la Repubblica, la Stampa, il Messaggero… I giornalisti tendono ad intrecciare le tematiche sociali ad argomenti come cronaca e politica, poiché, essendo le prime tematiche toccanti attirano l’attenzione dei politici e del pubblico collegando ad esempio guerra e psichiatria, politica e disabilità etc…
In molti casi, purtroppo, i politici usano i disagi della società come strumento di propaganda elettorale e sono spalleggiati da giornalisti pronti a strumentalizzare la notizia per mettere in cattiva luce il partito avversario. Anch’io nel mio piccolo riscontro questo atteggiamento negativo della politica italiana.
Dopo questa breve parentesi politica si continua a parlare di altre caratteristiche che un buon giornalista sociale dovrebbe avere: – è giusto che il giornalista sia informato sulle malattie, sulle dipendenze, sulle medicine.. ma è anche vero che non si deve creare un settore a parte, una figura specializzata solo su questi argomenti-.
Per spiegare meglio questo concetto mi viene in mente il film “la giusta distanza“ dove il giornalista anziano spiega al giovane agli albori  della sua carriera che per scrivere occorre partecipare al problema ,ma nello stesso tempo esserne distaccati. La condizione migliore per fare questo mestiere è quella di trovarsi e mantenere la giusta distanza.
Trasatti spiega che il redattore sociale è una vera e propria agenzia di stampa da cui attingono le notizie moltissimi siti web e alcuni dei più grandi giornali nazionali. Nel 1994 nasce il seminario per giornalisti dal titolo “redattore sociale“, da questo corso di aggiornamento che tutti gli anni accoglie migliaia di giovani giornalisti, avrà vita l’agenzia di stampa ,omonima al seminario sopracitato, che ancora oggi fa capo alla comunità di Capodarco.
Parlare di giornalismo ormai è difficile anche tra esperti del settore poiché negli ultimi anni si è verificato un calo di prestigio e di considerazione per questa professione e si spera che il giornalismo sociale sia un mezzo per rompere questo silenzio assordante.
Da sette anni l’agenzia di stampa “redattore sociale“ svolge in pieno la sua attività, prende le notizie dal mondo e le passa ai siti web e alla carta stampata. La linea editoriale che i responsabili hanno deciso di dare è quella di mettere la società al primo posto.
Un cambiamento significativo del lavoro di questa particolare agenzia è avvenuto nell’ottobre scorso quando si è unita a un notiziario di un’importante agenzia su web: l’agenzia “dire“. Questo ha consentito loro di non andare solo sui giornali e sui siti a loro affiliati, ma di andare ormai dappertutto, quasi tutti i grandi quotidiani infatti sono collegati anche a questa agenzia. Questo ha portato un enorme ripresa di notizie dalla nostra redazione. – Dice Trasatti – ad esempio, il Corriere della sera ha pubblicato due lunghi articoli con notizie prese da noi; il primo parlava delle fattorie sociali, il secondo trattava l’argomento delle banche del tempo che sono una nuova forma di volontariato, entrambi sono argomenti sfiziosi su cui il Corriere della sera ha fatto bene a fare due speciali che vanno a gratificare il lavoro dell’agenzia.
Trasatti riassume in quattro punti quali sono le peculiarità dell’agenzia “redattore sociale“ :
1. Il redattore sociale non è un “marziano“ ! Non si tratta di uno scienziato delle problematiche sociale, ma semplicemente di chi fa parte di un gruppo di giornalisti che occupandosi di fatti di cronaca,  tiene in considerazione il punto di vista dei più deboli.
2. il giornalista è un mestiere sociale che va esercitato 24 ore su 24, quindi il reporter deve essere sempre attento a captare una possibile notizia. Purtroppo molti giornalisti usano il proprio intelletto solo nelle ore di lavoro in ufficio.
3.  il redattore sociale è colui che accetta di farsi coinvolgere. C’è un modo di coinvolgersi salvaguardando la propria professionalità, prendendo esempio da molti giornalisti che sono riusciti nell’intento, primo tra tutti Capocinski.
4. il giornalista sociale non è quello che si nasconde dietro gli alibi della professione (non fa notizia, devo rispettare il volere della politica o della società in questo momento, questa notizia è minore di quest’altra ect.) E’ invece colui che si mette in discussione, accettando critiche e consigli.
 

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La prima conferenza…

della Redattrice de sito.

La prima conferenza alla quale ho assistito s’intitolava “Citizen Journalism – i media siamo noi“
Ospiti: Jan Schaffer, fondatrice e direttrice di J-lab, Etham Zuckerman coofondatore e direttore del sito Global Voices Mario de biase direttore dell’inserto settimanale  Nova24 del Sole 24 ore, Mario Adinolfi giornalista Europa e La7 specializzato nel blog (moderatore)

Questa conferenza si interrogava su fatto che oggi grazie ad internet ed in particolare ai blog moltissimi cittadini possono essere autori di una notizia, inoltre un messaggio può essere comunicato al grande pubblico. (Non come fino a 10 anni fa che un piccola notizia si poteva divulgare solo ad una piccola comunità).
Oggi basta solo avere un semplice argomento e voglia di mettersi in discussione; per aprire un dibattito on-line al quale possono partecipare un infinità di persone. Ci sono anche siti e blog dove  si possono discutere anche foto o filmati quinti la comunicazione oggi non è solo quella dei giornali ufficiali e dei testi scritti.
Ormai in Italia i navigatori dei blog sono circa 20 milioni, e si calcolano circa 2 milioni di blog attivi. Un blog spesso parte dall’idea di una persona sola ma poi l’importante è creare una comunità che partecipa ai contenuti, testi e commenti del medesimo.
Etham Zuckerman invece si occupa di un grande sito americano il “Global Voices“. Qual è lo scopo di questo sito: prendere delle notizie da tutti i paesi del mondo, tradurle in inglese e mettere sul web; cioè rilanciarle e metterle alla portata del mondo stesso. Come viene fatto tutto ciò: in molte nazioni c’è un inviato che raccoglie la notizia, e la manda in America dove viene tradotta e divulgata.
La parte più difficile, spiega Zuckermen è la tradizione perché devo avere un teem in grado di tradurre anche le lingue minori, ad esempio lo Zuaili in Kenia.
Mario de Biase parla del settimanale Nova che è su carta e sul sito wed. Ad esso hanno scelto di affiliarsi tanti blog italiani, quindi Nova dà e prende spunti dai cittadini. Il problema di oggi secondo Biasi è capire che cos’è una notizia; una notizia -continua il giornalista- è quell’ informazione che serve a molti! Ed è importante avere un metodo “trasparente“ su come si fa informazione. Con il termine trasparenza il giornalista intende: un metodo col quale si fa informazione controllabile e con una linea editoriale dichiarata!
Per dimenarci tra blog e siti, dibattiti e notizie – aggiunge Biase- bisogna tenere sempre allenato il nostro spirito critico, con la consapevolezza che una notizia non è assolutamente vera se sta su un giornale o telegiornale perché anch’essi spesso sbagliano. Anzi chi usa internet come mezzo di informazione è più abituato a mettere in conto taluni errori e può risalire alla fonte della notizia, cose che chi usa i midia più tradizionali non può fare.
Jan Schaffer gestisce un giornale on-line nel suo piccolo paese formando una comunità virtuale dove si sta attenti ad evitare i pettegolezzi e si cerca di andare incontro alle esigenze di tutti. Di quest’ ultima esperienza non so dire di più perché non potevo registrare la traduzione che avveniva mediante auricolare, come le moderne guide nei musei.
Alla fine ho chiesto ho chiesto a Mario de Biase: “in questa conferenza avete parlato delle notizie e del fatto che il giornalismo con internet può essere accessibile a molti. D’altra parte io so che per essere iscritti all’albo ci sono delle regole molto rigide e che non sono state aggiornate coll’avvento di internet. Qual è il punto di incontro di queste due affermazioni? Io già scrivo per due siti, come posso fare per affermarmi?“
Mi è stato detto che in effetti l’albo è rimasto molto indietro e che c’è più futuro per un giornalista che fa questo mestiere per una piccola azienda anziché per una persona che aspira ad entrare nell’ albo e fare i giornalista tradizionale. Quindi le strade tradizionali per accedere a questa professione dovrebbero essere lasciate da parte per usare nuovi canali e promuovere un tipo di giornalismo nuovo, più vicino alla gente.“
Mi sarebbe piaciuto fare una domanda a Etham Zuckerman: “per il loro lavoro non c’è il rischio che la notizia tradotta e messa sul loro sito, sia diversa (a causa dei passaggi che deve fare ed  alla traduzione in inglese); ma mi è venuta in mente troppo tardi per potergliela fare. Peccato!

Un fatto
A questa  conferenza ero seduta accanto alla Dottoressa Donatella Papa, Direttrice del giornale on-line www.comincilitalia.net ; la quale al momento delle domande fece un intervento, forse un po’ troppo lungo su suo giornale on-line spiegando che è un quotidiano scritto da alcuni cittadini ed a servizio dei cittadini.
Io durante la mia domanda ho specificato che scrivo sul suo giornale, ed ho anche un mio sito internet che si chiama www.piccologenio.it  Dopo questa mia premessa ho invitanto tutti i giornalisti della conferenza, ma in particolare il redattore del sito www.globalvoicesonline.org, ad interessarsi a questi due siti italiani poiché sono fatti dalla gente, da giornalisti non professionisti; quindi analoghi ai contenuti della conferenza stessa.
Quando mi sono alzata per andar via, due ragazzi si sono avvicinati a noi dicendo alla Papi che erano disgustati da suo intervento e dal fatto che Lei aveva strumentalizzato una ragazza disabile per “pubblicizzare“ il suo sito! La dottoressa Papi, con eleganza e sangue freddo ha risposto che si sbagliavano, ma che erano liberi di interpretare l’accaduto come meglio credevano. I due ragazzi sono andati via subito dopo senza darmi in tempo di spiegare che io e la Papi assolutamente non ci eravamo messi d’accordo prima, e che non dovevano pensare che una persona con una disabilità motoria non sia in grado di ragionare con la propria testa. Anzi a volte la persona “diversamente abile“ può avere maggior cultura, amore e sensibilità di un suo coetaneo normodotato.
Ho voluto raccontare questo “episodio“ perché spero di leggere tra i commenti cosa ne pensa la gente, i ragazzi come me e come quei due… mi piacerebbe anche leggere un commento dei due ragazzi della conferenza, ma forse questa è un’utopia!?
 

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Festival internazionale del giornalismo

la redattrice del sito 

Introduzione:
A Perugia, dal 9 al 14 aprile 2008 si è tenuto il Festival internazionale del giornalismo.  Sono stati cinque giorni di confronti, interviste, presentazioni di libri, proiezioni di documentari. Oltre 100 relatori e più di 40 eventi tutti ad ingresso libero.
Si parlerà di libertà di stampa e diritti umani, del futuro dei giornali, della questione mediorientale, del citizen journalism, di giornalismo ambientale, economico, investigativo e di guerra, del rapporto fra media e potere, di energia, geopolitica e media, di satira e informazione e di enogastronomia. E poi mostre, workshop, interviste, presentazioni di libri…
Io c’ero, sono andata lì per un paio di giorni, ho assistito a delle conferenze molto interessanti che ho deciso di mettere nero su bianco perché sarebbe stato un vero peccato lasciar andare le parole.
Appena arrivata a Perugia, in previsione delle conferenze,  acquistai un registratore con le cassette piccoline: proprio il modello classica da giornalista! Mentre lo stavo pagando  pensai: “sono soldi spesi bene! Sarà il mio inseparabile compagno in queste giornate, e chissà in quali e quante conferenze, una volta tornata a Roma, lo potrò usare!?“
Il pomeriggio del giorno stesso andai alla prima conferenza.

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