Il corpo dell’amore, quattro racconti coraggiosi contro i pregiudizi

L’amore e la sessualità delle persone con disabilità portano spesso con sè dei molteplici tabù, un carico di timori e curiosità dei diretti interessati, ma anche di chi si trova coinvolto.
Per fortuna negli ultimi anni se ne parla di più: si cerca di andare verso un lento ma progressivo cambiamento culturale. In quest’ottica ho molto apprezzando “Il corpo dell’amore”, un programma coraggioso, completo e complesso, che è andato in onda su Rai 3,  la regia è stata di Pietro Balla e Monica Repetto, prodotto da Deriva Film, con la voce narrante di Enrica Bonaccorti.
In ogni puntata de “Il corpo dell’amore” si racconta una vita, la ricerca dell’amore, dell’affettività e la voglia di scoprire la sessualità.

È un viaggio per l’Italia, ma è anche un viaggio dentro la disabilità, entrando nelle vite di famigliari, amici ed assistenti. Sono state scelte quattro storie emblematiche che aiutano a capire la disabilità anche a chi non la vive.

Le narrazioni sono quelle di una madre con figlio con la sindrome di Williams, quella di un’attivista omosessuale disabile, c’è la storia di una giovane donna su sedia a rotelle dalla nascita, ed infine il racconto di un’aspirante assistente sessuale.
I piccoli film sono emozionanti, forti ed autentici.

Capitolo I Patrizia. L’ombra della madre

Il primo episodio ha fatto entrare lo spettatore nel mondo di Patrizia, madre di un ragazzo con sindrome di Williams che vorrebbe fare un’esperienza sessuale con una donna. Per questo la madre si rivolge anche ad una prostituta; la disponibilità di quest’ultima far fare un’esperienza al ragazzo è narrata in un’ottica positiva e di aiuto. La puntata non ci svela come andrà a finire; ma apre anche delle finestre sul tema della prostituzione che non viene affrontato nella sua complessità e del desiderio di amare del figlio della protagonista.

Capitolo II Giuseppe: Todos Santos

Il secondo film dal titolo: “Giuseppe: Todos Santos” affronta un tema ancora più complesso, quello di una persona disabile ed omosessuale. Giuseppe Varchetta  è un giovane attivista omosessuale e disabile che vive a Bologna, ma è originario di Napoli dove torna per partecipare al Gay Pride. La puntata ci mostra perfettamente come accettarsi per Giuseppe, non sia stato facile, anche perché a non accettare i disabili per di più omosessuali, molto spesso sono gli altri.

Capitolo III Valentina. La settimana enigmistica

Il viaggio del programma continua facendoci entrare nella vita di Valentina Tomirotti. La trentaseienne, personaggio pubblico su web, nota per via del suo modo estroverso di affrontare la vita, ha dichiarato in più occasioni di avere una sessualità disinibita, per questo è un esempio positivo.
La displasia diastrofica -è questo il nome del problema della ragazza, causata proprio dalla mancanza di una proteina- è una malattia che rende gli arti più piccoli del normale. Nonostante ciò lavora, progetta di vivere da sola, ha molti amici e non le sono mancate le esperienze sessuali.
La puntata  racconta la vita della blogger quando “transita” l’attore Carlo. I due mettono in atto una sfida coraggiosa: raccontare l’incontro tra corpi diversi, per rivelare la consuetudine di un’intensità che non deve conoscere barriere per nessuno.
L’elemento potente della protagonista è il suo carattere forte e spigliato che trasmette tutto il suo essere adulta anche se dichiara di vivere sempre con l’ombra di qualcuno. Lei racconta di essere sia una figlia modello, che una ragazza come tutte che vive le sue storie tra “mille casini”.

I genitori e gli amici le fanno capire che è meglio lasciar perdere Carlo, ma la bella principessa eternamente seduta, andrà fino in fondo e vivrà tutta la dolcezza che c’è nel fare l’amore perché a volte si scopre di essere simili tra diversi.
Il messaggio della puntata è chiaro: l’importante delle persone non è tanto il corpo, bensì cosa pensano e le loro affinità; per citare le parole della giovane blogger: “ci sono le stesse voglie con diversi punti di vista: il mio da seduta, come pochi, il suo da in piedi come molti.”

Dopo l’intensità  con Carlo la vita di Valentina riprende tra la scuola guida e gli amici, il piccolo film ci porta, ancora una volta di fronte ad una ragazza che analizza le situazioni in tutte le loro sfumature e quindi decide con maggior consapevolezza e coraggio.

Capitolo IV Anna la prima prova

La quarta ed ultima puntata affronta l’attuale tema dell’assistente sessuale.

È la storia di Anna, 45 anni, massaggiatrice olistica abituata alla spiritualità del massaggio  e a donare con questa pratica benessere psicofisico. Ho trovato interessante che è stata scelta proprio una massaggiatrice olistica: è stata una mia intuizione quando nel 2006  ho scritto, il mio primo articolo sui benefici dei massaggi tantrici dal titolo: Il piacere magico del massaggio tantrico.

La puntata racconta le vite e l’incontro tra Anna e Matteo, l’uomo ha una paralisi parziale dei muscoli di braccia e gambe, alla soglia dei 40 anni sogna il matrimonio pur non avendo avuto una relazione con una donna.

Anna è stata scelta dai promotori del comitato lovegiver come prima tirocinante dopo il corso per diventare assistente all’emotività, all’affettività ed alla sessualità delle persone disabili. In questo esperimento è supportata dal professor Fabrizio Quattrini, vice presidente della lovegiver psicologo, psicoterapeuta e sessuologo.

Matteo è determinato nella ricerca dell’indipendenza e nello sperimentare una sessualità che non sia solo autoerotica, per questo partecipa al tirocinio di Anna.

Il film spiega bene la relazione tra Anna e Matteo, tra tentativi ed errori. L’assistente mette in luce le aspettative di Matteo che dice “noi abbiamo diritto come gli altri”. Anna rende esplicito il fatto che l’operatrice OEAS non può avere un rapporto completo e che è li per aiutarlo a scoprire il proprio corpo e i propri desideri; così a poco a poco, Matteo vivrà l’autoerotismo e il contatto con il corpo di Anna senza paura.

Matteo si sentirà finalmente uomo, libero da quel malessere che con gli altri non è riuscito a superare.

Tutte le storie fanno riflettere sui bisogni delle persone con disabilità quando diventano adulte. Si parla tanto del Dopo di noi, ma mancano le leggi o andrebbero aggiornate. Essere un adulto consapevole implica anche una crescita affettiva, amorosa e sessuale.

“Vorrei che la politica non si divida su questo tema perché non ci sono colori politici che tengano. C’è solo il colore dell’amore. Le persone con disabilità non sono un mondo a parte ma fanno parte del mondo. Il principio, a livello giuridico, di vivere la propria sessualità deve valere per tutti, anche per i disabili. Nel nostro paese c’è ancora un problema culturale da superare. La politica deve cercare di abbattere le barriere perché i tabù non portano da nessuna parte”. Ha dichiarato il Sottosegretario Zoccano. Intanto, però, ad abbattere il tabù è stato il piccolo schermo.

Speriamo che il viaggio del programma non si fermi ad un’unica stagione dato anche il successo che ha avuto. Il coraggio degli autori nell’entrare con delicatezza nelle storie e nell’intimità delle persone è stato apprezzato e premiato da molti, mi auguro che i programmi, i dibattiti aprano nuove strade come si è già fatto in molti paesi. E’ una prospettiva auspicabile e condivisa da molti.

Mi piacerebbe partecipare a programmi, film e progetti sull’amore, la sessualità e l’affettività delle persone con disabilità. In caso scrivetemi in privato sulla pagina Zoe Rondini, grazie.

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Il senso del pudore e l’essere genitore all’epoca dei social

Il modo di dire “dove non c’è pudore non c’è vergogna” significa che in assenza del primo non può certo esistere la seconda. Sono due aspetti di un individuo diversi tra loro, ma che spesso si tende a considerare come coincidenti. Tuttavia, la loro affinità è individuabile nell’etimologia del sostantivo “pudore”, dal latino pudororis, der. di pudere, che significa “sentir vergogna”. A mio avviso, il senso del pudore non impone una condizione di profondo disagio che invece è parte imprescindibile di un sentimento di vergogna.

Cos’è il senso del pudore oggi? Qual è il confine fra pudore e ipocrisia? Pudore significa rispetto dell’altro e di se stessi? Spesso, nel caso dei disabili, un falso senso del pudore porta a imporre dei tabù, altre volte invece il disabile è costretto a rendere manifesto e a condividere il racconto della propria intimità.

Cosa fare in questi casi? Troppo spesso il disabile è indotto a descrivere tutti gli aspetti della sua quotidianità a persone, talvolta sempre le stesse, che lo assistono e che vengono erroneamente scambiate per amiche. Pertanto, risulta difficile far comprendere che certe cose devono rimanere riservate e che continuano ad esistere anche quando non condivise su Facebook. Tuttavia, un genitore dovrebbe sì far riflettere il proprio figlio sui rischi che comporta un’eccessiva espansività, ma al tempo stesso dovrebbe educarlo a un’affettività consapevole e a non nascondersi dietro a un falso senso del pudore. È spiacevole constatare che molte volte sono proprio i genitori a imporre i tabù lì dove non dovrebbero esserci. Spesso, questo dipende da una scarsa formazione culturale, dall’eccessivo moralismo della religione, ma anche da uno spropositato senso di protezione provocato dalla paura che porta alla necessità di esercitare un controllo soffocante. Ci sono genitori che non permettono ai figli di uscire di casa perché sono spaventati all’idea che questi possano emanciparsi, infatti significherebbe per loro rimanere soli, non sentirsi più utili e indispensabili. Ma al tempo stesso alcune madri hanno un atteggiamento totalmente permissivo nei confronti del figlio con disabilità, poiché spesso sono prive di energia, di vitalità, soffrono per una condizione di solitudine e si fanno carico di un eccessivo senso di colpa. Tutti meccanismi comuni a tante famiglie, ma che difronte alla disabilità si esasperano.

Anni fa, su Facebook mi è capitato di essere contattata dalla madre di un ragazzo disabile angosciata dal fatto che ogni volta che lavava il figlio ne conseguiva un’eccitazione sessuale. Mi dispiaceva il suo profondo dolore, sembrava intenzionata ad aiutarlo. All’epoca già sapevo di alcune madri che masturbavano il figlio per risolvere una situazione similare, quindi decisi di aiutare la mia interlocutrice con la speranza di evitarle questa dolorosa soluzione. Le avrei certamente suggerito di affidarsi a dei professionisti, cosa che per me resta la soluzione più adatta in questi casi, se per lei non fosse stata troppo onerosa, quindi mi sono limitata a consigliarle di consultare dapprima un forum per disabili che tratta questi argomenti e in un secondo momento di iscriversi a una chat a tema per un confronto più diretto. Dopo pochi giorni mi ha ricontattata lamentandosi che in ambedue i siti si era imbattuta in persone che le chiedevano ingenti somme di danaro, ma che le sue condizioni economiche le impedivano di accettare. Era molto amareggiata perché non riusciva a soddisfare i desideri crescenti del figlio. L’unica persona disposta ad avere un rapporto sessuale con il ragazzo senza chiedere danaro in cambio era un transessuale. La signora mi chiedeva insistentemente cosa avrei fatto al suo posto, non si accontentava dell’unica cosa che mi venisse da consigliarle: “Ne parli con suo figlio!”

Alla fine ho dovuto cancellare il suo contatto dalle amicizie di Facebook e bloccarlo, poiché era arrivata addirittura a inviarmi le foto al mare del transessuale. Ero spaventata all’idea che mi proponesse di avere un rapporto sessuale con il figlio, che neanche conoscevo.

“Voglio farlo sfogare” diceva insistentemente.

Dov’è in questi casi il senso del pudore? È giusto che una madre si spinga così oltre? La sessualità, più che uno sfogo selvaggio, non dovrebbe essere un aspetto della vita più ampio, bello e complesso? Comprendo bene la sofferenza di quella donna per la situazione del figlio, ma in questo caso una maggior riservatezza avrebbe meglio guidato il suo atteggiamento completamente privo di inibizioni, che mi ha spaventata e allontanata.

I social ci autorizzano a perdere il senso della misura, la privacy sembra essere una dimensione sconosciuta, ormai obsoleta. Siamo sempre più convinti che un momento importante della propria vita se non condiviso sui social perda di valore, ma è d’avvero così? Mi torna alla mente il breve post di un signore disabile di una certa età che dichiarava di aver fatto l’amore per la prima volta. Ecco che un’esperienza così intima viene resa pubblica, banalizzata, e in tutta onestà si perde davvero il senso del pudore. Cose così dovrebbero rimanere nel mondo reale, non vendute a quello dei rapporti virtuali, dovrebbero essere condivise con la propria donna o con il proprio uomo, e magari con qualche amico intimo.

Sui social si possono condividere le emozioni per la scoperta, il desiderio e l’ansia di un’aspettativa… senza dover scrivere i dettagli di un momento di fondamentale importanza. A volte si cade nell’errore di voler postare per forza qualcosa e non si pensa a come valorizzare il contenuto, se davvero il messaggio è importante o se sia meglio non pubblicarlo o condividerlo con una forma diversa.

Anche alla luce di un radicale cambiamento comunicativo e del racconto del sé urgenti e alla portata di tutti, ritengo che il ruolo educativo dei genitori richiede grandi abilità e dedizione, ma soprattutto una giusta via di mezzo tra un’educazione troppo rigida e una troppo permissiva. Attraverso le mie parole e le mie esperienze, lontano dal pronunciare giudizi, vorrei offrire degli spunti di riflessione.

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L’educazione sentimentale per sviluppare autoconsapevolezza ed empatia

Il tema dell’educazione e dell’educazione sentimentale riguarda tutti, come soggetti passivi prima ed attivi poi. Anche le persone disabili sono attivi capaci di assorbire e trasmettere diversi modelli educativi.

L’enciclopedia Treccani definisce così il concetto di educazione:Il processo attraverso il quale vengono trasmessi ai bambini, o comunque a persone in via di crescita o suscettibili di modifiche nei comportamenti intellettuali e pratici, gli ambiti culturali di un gruppo più o meno ampio della società. L’opera educativa è svolta da tutti gli stimoli significativi che raggiungono l’individuo, ma, in modo deliberato e organizzato, da istituti sociali naturali (famiglia, clan, tribù, nazione ecc.), e da istituti appositamente creati (scuole, collegi, centri educativi ecc.)”.

Gli anni della formazione e dell’educazione di un individuo coincidono con il periodo delle cure famigliari, della scuola, del rapporto tra pari, fino a che questo non diventa un adulto  formato, preparato a prendere le sue scelte, farsi una famiglia, avere un proprio ruolo nella società e nel mondo del lavoro, pronto ad esercitare il libero arbitrio.

Spesso per le persone con disabilità, i normali passaggi della formazione e dell’autonomia sono più faticosi fino a risultare, in alcuni casi, inaccessibili. Ciò può essere dato da diversi fattori: in famiglia a volte è forte il senso di protezione o di negazione della disabilità e di tutto ciò che comporta. Fin dall’infanzia, la persona con disabilità si ritrova un maggior onere di compiti e scadenze: non ha tempo per giocare e socializzare. Per molti poi, finita la scuola dell’obbligo è difficile se non impossibile inserirsi in un contesto universitario o lavorativo: si resta soli, isolati.

Alla luce di queste realtà e mancanze, va ricordato

che ci sono famigliari e persone con disabilità che lottano per la conquista di diritti, autonomia e un’assistenza adeguata, ma ci sono anche casi dove subentra la rassegnazione ad una vita povera di stimoli. Spesso la famiglia cambia, i genitori si stancano del loro ruolo, prendono strade diverse o semplicemente si arrendono. Per una persona che deve continuare a far i conti con la propria disabilità, può essere più difficile accettare questi cambiamenti.

La parte emotiva nello sviluppo del bambino

Tornando all’educazione e ad un “normale” sviluppo dell’individuo va tenuta presente  l’importanza della sfera emotiva. Scoprire e prendere coscienza delle proprie emozioni vuol dire essere maggiormente empatici. Guardare alla realtà attraverso diversi punti di vista critici e curiosi, aiuta a diventare più predisposti al confronto e allo scambio con l’altro.

Decenni di pedagogia e di psicologia dell’età evolutiva hanno messo in luce l’importanza di ricevere fin da bambini una corretta educazione ai sentimenti. Essere amati, ma avere al contempo chi ti trasmette il senso del limite è un passaggio necessario per gestire meglio emozioni negative di domani.

Tutto ciò risulta più complicato, o addirittura inaccessibile, se avviene la negazione dell’individualità della persona disabile nella sua interezza e complessità.

Sentimenti contrastanti e presenti in molte persone con disabilità

A volte si desidera fortemente diventare adulti per fare le proprie scelte, uscire dalla famiglia, ma non si è pronti o si vuole essere aiutati e nello stesso tempo si chiede di aver meno intromissioni poiché non si è più bambini. Se ci pensiamo, questi sentimenti sono tipici e normali nell’adolescenza, la cosa è più complessa nelle persone disabili perché tale dinamiche durano più allungo.

Cosa fare in questi casi? A volte c’è la voglia e la capacità di emergere, si trova il confronto con gli altri grazie allo sport, le associazioni, i progetti di tirocinio-lavoro; ambiti positivi dove il disabile è chiamato a mettersi in gioco, crescere e confrontarsi con l’altro. Spesso però questi contesti rappresentano ottime opportunità sul piano delle amicizie o professionali, ma non sono sufficienti per sviluppare un’educazione sentimentale.

Negli ultimi anni si è parlato spesso dell’importanza dell’educazione ai sentimenti, proponendo di inserire l’argomento nell’orario scolastico. Si fanno battaglie per riconoscere la figura dell’assistente sessuale e per l’approvazione del disegno di legge che la dovrebbe regolamentare e che è stata presentata al Senato il 9 aprile 2014; ma per ora tanto è lasciato alle singole famiglie. A volte quest’ultime sono aperte all’identità anche sessuale del figlio con disabilità; ma in altri casi permangono i retaggi culturali del passato, i tabù ed è ancora diffusa la cultura del silenzio e della negazione. Spesso i genitori non riescono a vedere il sesso staccato dai sentimenti, non riescono a parlarne, a “preparare” i figli ma la società cambia a mio avviso, come spiegherò meglio più avanti, occorre un’ apertura mentale e un’educazione per evitare tanti problemi.

Come porsi per cercare di superare le barriere che permangono:

Per aiutare le famiglie servirebbero interventi a scuola, nei molti istituti, centri diurni e case-famiglia, ma spesso chi li gestisce è contrario ad affrontare queste tematiche. A volte la negazione del diritto all’amore e alla sessualità crea scompensi nella persona, che viene ancora vista come diversa, problematica e non capace di raggiungere una sua maturità ed autonomia. Più si nega una cosa e più questa viene desiderata ed esasperata. Più si fa finta che una persona non abbia potenzialità e caratteristiche diverse e più si vanno ad alimentare sentimenti quali la rabbia verso se stessi, gli altri ed il senso di frustrazione.
L’amore, l’erotismo, la passione implicano l’aspetto ludico, la scoperta, il rispetto dell’altro, l’innamoramento, il confrontarsi con il rifiuto. Il senso di protezione non dovrebbe giustificare la negazione.
A mio avviso servirebbe più preparazione di tutti per educare e non emarginare. Anche al giorno d’oggi la negazione alla privacy, al diritto di amare e di essere adulto avviene di frequente, questi meccanismi si esasperano quando si è davanti alla disabilità. Essere disabili spesso implica delle maggiori difficoltà, ma non si può parlare di inclusione, di diritti nascondendo tutta la parte “emotiva”. A volte tali negazioni spingono il disabile a cercare informazioni in rete con il rischio che si prendano per buone notizie parziali o “hard” che poco si confanno al sentimento e all’espressione di esso. Spesso il disabile non sa a chi rivolgersi.
L’amore per molti disabili è una strada in salita, è una scoperta che bisogna fare anche se gli altri intorno a te non ti supportano. Il desiderio di rischiare e scoprire l’approccio relazionale, la gioia del primo incontro, l’ansia dell’attese possono essere una potente spinta a provare ed a buttarsi. Per chi riceve una corretta informazione, scevra da inutili tabù, vive queste fasi con coscienza e naturalezza; altro discorso per chi cresce in un contesto di negazione, o dell’uomo “dominatore”. Perchè non parlare di più con i figli, alunni, adolescenti, disabili e non? Non è vero che non si trovano spunti o aiuti per parlare di tali argomenti, il discorso può essere facilitato da un film, spesso al cinema o in tv si raccontano storie di persone con disabilità, ma se ne parla anche sui giornali. Vengono organizzati anche molti convegni su queste tematiche.

I rischi ancora spesso negati e taciuti

Per molte persone usare le chat è più semplice che socializzare o approcciarsi nella vita reale, quindi è bene informare e educare piuttosto che imporre dei divieti che possono essere infranti. Nelle chat si “trova” un po’ di tutto, se si usano è bene essere accorti per poter bloccare degli utenti e non raccontare troppo di sè.

Educare aiuterebbe tra l’altro a prevenire, documentare e contrastare gli episodi, ancora poco noti e taciuti, di discriminazioni, molestie, violenze che le donne con disabilità subiscono, ma anche le note e frequenti molestie verso le donne. Il sito Disabili.com fornisce i dati  delle vittime con disabilità: “per quanto riguarda i dati, fa ancora fede il rapporto Istat di giugno 2015 in cui si erano raccolti i dati relativi alla violenza di genere sulle donne italiane: ben 6 milioni 788 mila donne sono state vittime nel corso della loro vita di almeno un episodio di violenza. La cosa più allarmante è che, delle donne con disabilità, ha subito violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi. Si stima che il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio per le donne disabili (10% contro il 4,7% delle donne non disabili).”

L’omertà delle famiglie espone le ragazze con disabilità a rischi maggiori rispetto  ai ragazzi  come riportato ancora su Disabili.com: “Spesso le ragazze disabili – in particolare con disabilità intellettive – non vengono educate al tema della sessualità, si preferisce non parlarne… Può infatti capitare che venga dato più spazio e risposta alle pulsioni dei ragazzi disabili maschi, ignorando o sopprimendo quelle femminili. Ne consegue che da adulta la ragazza disabile possa avere difficoltà a riconoscere se quell’affetto morboso o quelle richieste sessuali insistenti di cui è oggetto non siano in realtà qualcosa di ben più grave. La donna, specialmente con disabilità, hanno bisogno di essere supportata e ascoltata nonché  di essere capita e creduta”.

Importante è educare le persone sull’amore e la sessualità,  per saper sviluppare la consapevolezza dei propri bisogni ed il rispetto di quelli altrui. Questo significa prevenire gravi problematiche sociali, combattere inutili tabù, stereotipi e contrastare la cultura del silenzio e della negazione che dovrebbero essere solo un lontano ricordo.

Dopo tutto, l’educazione andrebbe sostenuta per i disabili ma anche per i normodotati. Essere “normali” non implica essere preparati all’amore, all’accettazione dell’altro, alla sofferenza. In alcuni casi, dopo molte sofferenze, non ci si mette più in gioco e si precludono molte esperienze. Ci sono anche molte persone che cercano il divertimento senza porsi troppi problemi sui sentimenti e l’empatia: ancora permangono retaggi culturali del passato, o forse su certi aspetti, invece di progredire regrediamo? Molte chat per normodati non sono ben bilanciate, le donne ricevono centinaia di messaggi che neanche leggono, ma poi non leggendoli si perdono d’avvero l’occasione della vita? Molti uomini stanno in chat per ammazzare il tempo o perchè sono incuriositi dai “tre giorni di prova gratuita” finita la prova finisce la novità… Il “malfunzionamento” di questi sistemi  sono ben spiegati il numerosi siti, ne riporto un esempio: Nirvam Recensione e Alternative a Nirvam.it!

Tornando all’importante ruolo delle famiglie, alla luce della mia personale esperienza e di quella narrata da molti disabili, mi sento di affermare che: aiutare un figlio con disabilità a diventare un adulto capace di riconoscere il suo posto nel mondo e una vita soddisfacente, richiede un impegno maggiore e costante, ma è uno sforzo necessario. Una persona “fondamentale” spesse volte rimane un faro, un modello da seguire in un rapporto autentico e speciale di reciproca presenza, sostegno ed affetto. Tale guida è importante anche per sviluppare una vita affettiva e relazionale matura e sena.

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Il tantra: dalle origini della dottrina all’espansione nel XX secolo

Dopo diversi articoli sul massaggio tantra, vorrei parlare  della sua storia, utilizzo  e diffusione nella nostra società, lontano da luoghi comuni.

Il tantra è nato intorno al  2000 a.C. nella valle dell’Indù fra gli Harappei, un popolo di matrice matriarcale, che avevano una vera e propria cultura del piacere: il lussuoso letto della padrona di casa stava nel salotto ed era lì che la donna festeggiava l’atto amoroso con l’uomo che aveva scelto. Il rapporto con la sessualità era molto cosciente, rilassato, naturale tanto che fare l’amore era un atto sacro. Nei secoli successivi, carichi di repressione, il tantra sopravvisse in alcuni ashram indiani segreti e in alcune linee del buddhismo tibetano.

Arrivato in Occidente nel XX secolo d.C. è stato divulgato, tra l’altro, grazie all’operato di Osho, mistico e maestro spirituale indiano, che nel 1978 illustrò e commentò le 112 tecniche di meditazione dello shivaismo tantrico riportate nel Vigyana Bhairava Tantra, per poi dedicarsi più avanti alla scrittura di numerosi testi interamente dedicati alla materia. Tale filosofia, trovò inoltre, un terreno culturale fertile grazie alla rivoluzione sessuale e l’emancipazione della donna.

Oggi riscontra sempre più interesse proprio perché unisce in un’unica pratica alcuni dei desideri umani più profondi: quello di amare e quello di essere veramente se stessi.

Ma quali sono i benefici la filosofia tantrica più appropriati per  nostra società?

Esso aiuta a sentirsi a proprio agio, ricollegare cuore e sensi, senza le paure di dover essere in un determinato modo piuttosto che in un altro, come spesso ci impone la società odierna.

Ritrovare il piacere, coltivare una comunicazione speciale con il partner o l’operatore tantrico, abbandonarsi alle sensazioni più intime fa parte della pratica del tantra svolta con serietà.

Tale massaggio può essere paragonato all’innamoramento dove in genere, si vivono le sensazioni più intense e spesso inaspettate; in un  buon massaggio tantra queste sono rivissute intensamente e replicate.

Ma c’è sospetto ed ancora poca conoscenza verso questa disciplina, ciò è dato da diversi fattori:

  • la società occidentale non ci abitua a prenderci il nostro tempo, meditare, vivere intensamente le esperienze: tutto deve essere rapido e di consumo. L’opposto della filosofia meditativa e tantrica;
  • spesso l’antica pratica del tantra viene impiegata da massaggiatori non adeguatamente preparati, o da persone che la usano per gestire un certo tipo di prostituzione.

Tutto ciò va a discapito di qualcosa di serio, professionale che può liberare le energie, donare un benessere psico-fisico ed andare incontro a quelle persone, normodotate e disabili, che per motivi più disparati hanno problemi (anche solo momentanei) ad avere una rapporto di coppia. Non a caso Osho affermava che: “il Tantra crede nella tua bontà interiore: ricordati questa differenza. Il Tantra dice che ognuno è nato buono, che la bontà è la tua natura. È una condizione di fatto! Sei già buono!” Esso può aiutare, normodotati e disabili, a conoscere il piacere, l’amore, il rispetto,  per se stessi e il partner. Può essere utile per superare alcuni problemi di coppia. Infatti, quando c’è  empatia e fiducia nel partner o con chi esegue il massaggio, grazie a questa pratica si può vivere la sessualità in modo più totale verso noi stessi e l’altro.

Con il tantra si può raggiungere l’estasi sessuale. Ma di che si tratta? Jenny Wade, psicologo che ha insegnato presso l’Istituto di Psicologia Transpersonale (ora conosciuto come Sophia University), ha svolto ricerche approfondite sull’estasi sessuale che ha poi riportato nel libro “Trascendent Sex. When Lovemaking Opens the Veil.” Nel libro, Wade intervista 91 persone a proposito delle esperienze estatiche. Gli intervistati raccontano che l’estasi sessuale guida a uno stato di profonda pace interiore, dove tutto appare perfetto e confortevole. “Questo profondo senso di pace può portare a vivere momenti in cui si perde forma, in cui cioè si è così presenti con tutto il proprio essere da sentire una totale connessione con l’Universo. Con ciò si vivono sensazioni intense.

L’ estasi non è altro che l’ orgasmo tantrico, un orgasmo che ci coinvolge pienamente, che pervade tutto il corpo, la mente e le nostre energie per portarci alla piena consapevolezza, alla grande beatitudine. Nel tantra si vive la sessualità in modo più intenso, si combinano sesso, amore e meditazione”.

Per conoscere e fare nostra la filosofia del tantra  sono in aumento le scuole, i corsi, i siti, gli articoli su fonti più o meno attendibili, libri e dvd. Ma la strada per “fare nostra” questa antica disciplina è ancora lunga. Quasi non se ne sente parlare nei progetti riguardanti l’assistenza sessuale per disabili e non ve ne è quasi traccia al cinema e sui media tradizionali, che continuano a dire invece molto riguardo l’amore e la sessualità di normodotati e disabili.

Chissà cosa direbbero in merito Elmar  e Michaela Zadra, i counselor del sesso tantrico in Italia che, secondo un articolo de la Repubblica  sulle colline intorno a Firenze, hanno dato una dimostrazione di quest’antica e rigorosa disciplina. Ne cito un paio di stralci:

“La sfida è provare un piacere sessuale centuplicato rispetto al solito. I seguaci del Tantra garantiscono comunque una differenza della durata e della qualità del rapporto, solleticando zone erogene sconosciute. Zadra e la Gossnitzer, psicologi, sposati e felici genitori, sono arrivati da Anghiari, vicino a Arezzo, dove ha sede ilMaithuna“,  l’istituto al quale fanno capo i tantristi d’ Italia.

La serata dedicata al tantra comincia, in un crescendo di ritmo danze, corteggiamento e rituali.

Vi offriamo due opportunità. La prima, semplice, è quella della conoscenza del proprio corpo e di quello del partner attraverso massaggi. La seconda, invece, è l’incontro con il piacere: ci spogliamo, ci massaggiamo a vicenda “.

Vorrei dedicare questo aforisma di Osho a chi non conosce il tantra, a chi lo strumentalizza per fini loschi e a chi ancora si scandalizza di fronte certi argomenti:  “Il Tantra è il cammino della naturalezza. Liberazione è diventare perfettamente naturali (…), è solo essere naturali, essere se stessi.
Tu sei un essere. Lo sei già, non c’è bisogno di diventare qualcuno. (…). L’essere è positivo: quando l’essere è attento, desto, consapevole, l’oscurità scompare”.

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Il tantra spiegato agli occidentali

Recensione del film The Special Need “La sessualità delle persone disabili, presa sul serio, ma con leggerezza.”

l’esperienza del tantra vissuta da una donna normodotata ed un uomo disabile. Due testimonianze a confronto per capire e sapere.

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“Un profilo per due”: l’amore e la terza età ai tempi delle chat

Una brillante commedia basata sugli equivoci che si sposa con il romanticismo francese e gli inganni del web.

Pierre, vedovo e in pensione, non esce di casa da due anni. Per una persona dal carattere solitario le giornate passano tranquille: pensa e ripensa all’amata moglie, parla con lei in continuazione, trascura il suo aspetto e la sua casa e preferisce restarsene tutto il giorno in solitudine.

Questa routine viene scombussolata quando scopre il mondo virtuale grazie ad Alex, un giovane assunto da sua figlia per insegnargli ad usare il computer.

Pierre rimane colpito dalle potenzialità del mezzo tecnologico che ha a disposizione, dall’infinità di cose che si possono imparare ma, soprattutto, dalla possibilità di conoscere nuovi amici.

Allora perché fermarsi ad un uso “basilare” di Skype e fare solo qualche ricerca?

Ecco allora che, su un sito d’incontri, riesce a sedurre la giovane e bella Flora63 con la quale instaura un’intensa e romantica relazione virtuale. I due decidono di incontrarsi ed è qui che Pierre prega Alex di presentarsi all’appuntamento con Flora al suo posto, non prima di averlo ben istruito su come parlare, cosa dire e fin dove arrivare.

Queste prospettive d’improvviso portano entusiasmo ed una seconda giovinezza nella vita dell’anziano signore.

La cosa va avanti anche perché il giovane ha poco da perdere in quanto è coinvolto in una storia d’amore senza futuro, ecco che improvvisamente si ritroverà in una relazione in cui deve fingersi un altro, ovvero Pierre, e dal primo incontro con Flora inizia la finzione nella vita reale: lui e Pierre sono la stessa persona.

Flora e Alex, entrambi poco più che trentenni, s’innamorano ma solo lui sa che non è chi dice di essere. La ragazza è attratta dalla storia di Alex, un suo coetaneo che ha perso la moglie, si chiama Pierre ed è colto e dai modi eleganti.

È una commedia che parla del nostro tempo, le chat sono raccontate come un’opportunità per scambiare idee e fare incontri che, come afferma Flora, può capitare quello giusto dopo alcuni che si rivelano sbagliati.

Pierre viene scoperto dai sui famigliari, che prima del suo cambiamento, avevano poco a che fare con l’anziano, e in parte depresso, padre e nonno, lasciandoli sbigottiti. Le dinamiche e le avventure dei personaggi sono realistiche, narrate con la consueta ironia francese che fa a tratti ridere e a tratti riflettere.

La narrazione profonda e ironica di temi così attuali in Un profilo per due permette allo spettatore di immedesimarsi nella trama facendo scaturire la curiosità di sapere come il tutto andrà a finire, con un po’ di quella suspense che ammalia la pellicola sin da subito.

Il registra tratta in maniera cruda e al tempo stesso delicata il tema della solitudine degli anziani, di cui molto spesso non ci si accorge. Risulta curioso come alcuni degli aspetti più difficili della terza età emergano proprio grazie al mezzo  più impersonale e distante per antonomasia.

Interessante ed abbastanza fedele alla realtà è la narrazione della rete, delle chat e delle diverse generazioni: la storia d’amore si basa sull’intesa e le buone maniere, i tempi non si consumano alla velocità di un like ed è un invito a darsi una seconda possibilità pensando che non sia mai troppo tardi.

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Un nuovo sole illumina i fedeli. Due Papi per accoglie la famiglia moderna

“il desiderio di famiglia resta vivo, specie fra i giovani e motiva la Chiesa“, si apre con queste parole l’attesa esortazione apostolica di Papa Francesco sulla famiglia, “Amoris Laetitia” (“La gioia dell’amore”). Raccoglie il frutto dei due Sinodi dei vescovi (ottobre 2014 e ottobre 2015) dedicati alle sfide della famiglia oggi nel mondo.

Finalmente in “amoris laetitia“ il Papa analizza la situazione famigliare riconoscendo la sua ricchezza e diversità. Ha fiducia nelle coscienze delle persone, dice che la Chiesa non deve condannare bensì accogliere.  Si apre a tematiche importanti della vita di coppia e dei singoli individui, quali la bellezza dell’amore, la sessualità, rispettando i vari percorsi delle persone, considerando anche le situazioni difficili, “ferite“ che appartengono alla nostra società, riconoscendo che non ci può essere una norma complessiva, ma è più giusto valutare caso per caso.

Ci sono voluti secoli e secoli di storia e di errori, ma forse questo Papa riesce a aprire la Chiesa ad una visione più attuale e realistica delle cose pur non potendo contare sull’appoggio di tutti i cardinali.

Tornando al suo messaggio, il Papa, ha anche spiegato che la sessualità “è un regalo meraviglioso” che Dio ha fatto alle sue creature, non un elemento da condannare o da vivere solo come “costrizione del matrimonio“, o altresì come “finalizzata e funzionale“ per la procreazione. “In nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore – sottolinea Bergoglio – come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi”. L’amore è anche e soprattutto passione. La sfera emotiva è coinvolta a pieno nell’innamoramento iniziale, nella fedeltà vissuta reciprocamente nel tempo, nell’amore verso i figli, nella sessualità, e nell’invecchiare insieme.

Papa Francesco parla di amore e sessualità anche in rapporto all’educazione dei giovani: “Educazione all’amore, alla reciproca donazione. I giovani devono potersi rendere conto che sono bombardati da messaggi che non cercano il loro bene e la loro maturità. E’ invece importante insegnare un percorso sulle diverse espressioni dell’amore, sulla cura reciproca, sulla tenerezza rispettosa, sulla comunicazione ricca di senso”.

L’amore, la passione, i sentimenti, la fede si fondano sul senso e sulla fiducia reciproca, quindi perché condannare?

Papa Francesco ha parlato della “vivacità della Chiesa Cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani“. Di certo colpiscono le parole sulla realtà di oggi pronunciate da Sua Santità, che è riuscito ad aprirsi senza rinnegare i principi della religione cristiana. Forse sta arrivando a “dischiudere e modernizzare“ la Chiesa su alcune esigenze dalla nostra società come ad esempio dare la comunione alle persone divorziate. “Misericordia” è la parola chiave per capire qual è l’atteggiamento che il Papa propone per far fronte alle diverse sfide e fragilità che la famiglia incontra nel mondo. “Accompagnamento”, “integrazione”, “gradualità”, “comprensione”, questo lo stile che il pontefice chiede alla Chiesa e ai suoi pastori per rivolgersi alle famiglie.“

Ma da dove deriva tanta innovazione? È un lento cammino iniziato “pochi“ decenni fa da Papa Wojtyla.

È del 1980 l’esortazione apostolica “familiars consotio“ di Giovanni Paolo II, che oltre al matrimonio pone attenzione sulla donna e sull’educazione dei figli: “vi è una coscienza più viva della libertà personale, e una maggiore attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel matrimonio, alla promozione della dignità della donna, alla procreazione responsabile, alla educazione dei figli.“

Forse per Francesco e Giovanni Paolo II è chiaro che l’amore, la sessualità non sono aspetti “staccati e lontani“ dalla vita “normale“ e di fede.

In conclusione Papa Francesco ha ben chiaro il fatto che tanti fedeli si erano allontanati da una Chiesa che sentivano severa e distante. Un grande poeta latinoamericano, Octavio Paz, un non credente, afferma che la nostra società ha perso la capacità di amare, perché è in preda al pessimismo e alla confusione. “Il cuore si è avvilito”. Oggi dobbiamo affrontare una secolarizzazione, in cui predomina un tipo di uomo che ricorda quello descritto dal poeta: l’Uomo che è il nuovo Sole.

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L’assistente sessuale come mediatore culturale

  Nulla al mondo è  normale. Tutto ciò che esiste è un frammento del grande enigma. Anche tu lo sei: noi siamo l’enigma che nessuno risolve.

Jostein Gaarder

Ritorno ad affrontare il delicato tema dell’assistenza sessuale in Italia. Chi ha già letto i miei vari articoli su amore, sessualità e disabilità, potrebbe chiedersi come mai insisto ancora su questa tematica, se per caso non ne sia magari ossessionata. La spiegazione è semplice.

 A mio avviso ogni individuo ha diritto a ricercare i tanti significati dell’ amore attraverso un’ educazione sentimentale appropriata. In rapporto alla disabilità questo non avviene mai seriamente. Molto spesso la scoperta della propria identità, delle proprie capacità di relazione, nonché della capacità di amare, di prendersi cura di sé e degli altri  avviene anche attraverso l’ opportunità di godere, di provare piacere, di raggiungere pienamente un orgasmo, combattendo in questo modo la frustrazione, la depressione e la sfiducia in se stessi e negli altri. Per tutti e per tutte è così, a livelli diversi. E in questa moltitudine, siamo compresi anche noi… disabili.

Documentandomi attraverso vari fonti, conoscendo persone, ascoltando le loro storie, mi sono convinta che se anche qui  in Italia si accettasse la figura dell’ assistente sessuale, si accetterebbe anche il “tramite“, il mediatore culturale giusto  tra sessualità, educazione sentimentale e disabilità. Ora è pur vero che molte delle persone che ho incontrato e che mi hanno raccontato le loro esperienze in tal senso, non hanno voluto e non vogliono – anche legittimamente – esporsi e testimoniare pubblicamente questo vissuto con le relative scoperte e prese di coscienza. In attesa che si sentino “liberi“ di poterlo fare e che quindi la scuola e la famiglia, gli Istituti per disabili, le Case-famiglia e chissà un giorno le parrocchie, facilitino tale cambiamento e possibilità di racconto, mi prendo io la briga, l’ onore e l’ onere di parlarne  come posso, sotto diverse prospettive. 

 Cominciamo a riflettere su un dato importante: da più di un anno è chiuso in un cassetto di una scrivania del Senato il disegno di legge 1442 che mira ad inserire in Italia questa figura.

Prendo spunto da quanto affermato da Maximiliano Ulivieri, per passare poi a considerazioni riguardanti l’amore e la sessualità dei cittadini italiani disabili, ma ovviamente di conseguenza si deve parlare anche di politica, di leggi, di cittadinanza e diritti, di Vaticano, di denaro e prostituzione.

 «Il problema principale in Italia è la burocrazia, la legge. Nel nostro Paese – racconta Ulivieri (persona con disabilità che ha  iniziato una battaglia per ottenere l’assistenza sessuale non per lui – che è sposato – ma per molti disabili che bramano questo diritto), questa figura non è riconosciuta perché viene accostata alla prostituzione – anche se è tutt’altro – che in Italia è illegale». Anch’ io, insieme ad Ulivieri, saremmo favorevoli alla legalizzazione della prostituzione, «in modo da permettere anche agli assistenti sessuali per disabili, di operare nella legalità ».

«Sarebbe un primo passo – dichiara– ma noi ci continueremo a battere per il riconoscimento specifico di questa figura».

Oltre a un problema innegabile per il quale in Italia tutta la burocrazia è lenta e macchinosa, il Belpaese, spesso, deve fare i conti anche con una serie di resistenze culturali, probabilmente strettamente connesse alla religione.

«In Italia non si parla neanche della sessualità dei normodotati», ragiona Ulivieri.

Come Ulivieri anch’io non voglio il riconoscimento di questo diritto a fini personali. Dopo diverse storie sentimentali ed alla luce di un forte legame con un uomo, che, non ostante tutto… ci stiamo avvicinando a festeggiare dieci anni di un’intensa e passionale amicizia… non credo che mi rivolgerei ad un assistente sessuale. Il ruolo di questa figura è “terapeutico“, ha una serie di divieti… Quindi, a mio avviso, è molto utile per le tante persone che hanno un handicap cognitivo, o per i disabili motori che hanno un handicap talmente accentuato che non li permette di essere ricambiato nell’amore e nel desiderio.

Conoscevo un uomo quarantenne che desiderava una storia seria. Lui aveva un lieve handicap motorio LIEVE, lavorava, aveva degli amici, sognava un matrimonio e dei figli. Lui non sapeva distinguere  tra amore e pornografia… Non sapeva il significato di “erotismo“… non capiva le esigenze della sua donna, non sapeva badare a se stesso… non era in grado di andare da solo in farmacia… Ecco forse in quel caso una terapista del sesso poteva essere utile per aiutare il ragazzo con l’ABC dell’amore, erotismo, su come doveva relazionarsi con la donna, che, almeno a parole… diceva di amare e voleva rendere felice. Quella coppia è scoppiata lasciando più cicatrici di quanto si possa immaginare, c’è stata tanta amarezza, rabbia, solitudine, delusione. Ma chissà come sarebbero andate le cose se lui avesse seguito pochi e semplici consigli medici, e se fosse stato “educato“ sentimentalmente e sessualmente da una “terapista sessuale professionista“?! Chi può dirlo…!

Tornando a ragionamenti più generali sull’assistenza sessuale per disabili e la situazione italiana, in primo luogo non mi sembra giusto bloccare una cosa così importante come l’assistenza sessuale per disabili. Ci nascondiamo dietro la scusa che ciò va fatto per non incoraggiare la prostituzione? Quanta ipocrisia dietro a facili e rapide conclusioni e “soluzioni“.

Altra scusa già troppe volte sentita: non si regolamenta l’assistenza sessuale perché da noi c’è lo Stato Vaticano.

È vero che la Chiesa è rigida sulla sessualità non finalizzata alla procreazione, ma diciamola tutta, fino a poco tempo fa, i preti pedofili erano impuniti, venivano solo “spostati“ da una parrocchia ad un’altra; adesso sembra che Papa Francesco abbia idee diverse sui preti pedofili; si sta aprendo all’ omosessualità e alle questioni sul matrimonio e sul divorzio. Chissà se arriverà anche a noi disabili, che, giusto per ricordarlo, in Italia siamo circa 2 milioni 824 mila, di cui 960 mila uomini e 1 milione 864 mila donne.

Chissà quanti di questi votano? Me lo domando giusto per lanciare una provocazione.

Dopo questi  finti alibi,  vorrei tornare ad una realtà, quella dello sfruttamento della prostituzione che si consuma ogni giorno su tante strade e tanti quartieri delle nostre belle città. E le leggi? Che dicono le leggi delle donne in strada che, ricordiamolo, le più sono sfruttate. Certamente non pagano le tasse e non si sottopongono a controlli medici periodici. Loro sono tante, ogni giorno ed ogni notte in strada. Sorprendentemente sotto gli occhi di tutti. Ma non è legale. E perché la situazione non cambia? Dov’è chi se ne dovrebbe occupare?

E allora ammettiamolo: se sei un disabile ricco ti arrangi tra prostitute e operatori tantra, ma se sei povero? Se hai un handicap intellettivo e le prostitute si rifiutano di stare con te? Come al solito a farne le spese sono i disabili: un uomo normodotato può andare con una escort senza tante leggi e legalità! Per chi è disabile “stranamente“ è tutto più complicato; anche il sesso. E per tutto ciò ci vogliono le leggi?

Mi è rimasta impressa una mamma di un ragazzo disabile che, durante un convegno su amore, sessualità e disabilità, ha testimoniato che lei e tante altre mamme di ragazzi e ragazze con handicap cognitivo e/o motorio, erano pronte a organizzarsi per portare i figli all’estero, per consentire loro l’assistenza sessuale piuttosto che aspettare l’iter di un disegno di legge qui da noi. Penso che questa madre abbia lanciato una forte provocazione. Ma c’è chi “l’impresa“ l’ha compiuta e testimoniata come nel caso del film The special need (2014), di Carlo Zoratti.

A proposito di come vanno le cose all’estero riguardo la sessualità dei diversamente abili, trovo incisiva una breve testimonianza di Charlotte Rose.

Attraverso la giornalista Cecilia Marotta, veniamo a sapere che Charlotte Rose «in Inghilterra, offre piacere a chi soffre, senza pietà né falsi pudori. È una sex worker specializzata in clienti diversamente abili. Negli anni Charlotte ha imparato le tecniche per un orgasmo personalizzato; ogni disabile ha le proprie esigenze e deve essere stimolato in maniera diversa, come ogni individuo. L’obiettivo è aiutarlo a riconnettersi con la propria energia sessuale, per affrontare la malattia con maggiore vitalità.

Charlotte è fermamente convinta che il sesso sia un’esigenza primordiale da non sottovalutare. Per questo si iscrive al registro della TLC Trust, l’associazione inglese che si adopera per i diritti dei disabili e si preoccupa di metterli in connessione con un portfolio di escort disposte a partecipare a programmi di riabilitazione sessuale.

Charlotte è inoltre membro attivo del parlamento inglese e, tra le sue proposte, c’è quella di riconoscere ufficialmente la professione di assistente sessuale per portatori di handicap, che dovrebbe essere integrata nei servizi offerti dal National Health Service.

In Olanda, Germania, Belgio, Paesi Scandinavi e Svizzera, l’assistente sessuale è già una realtà».

Tornando alla situazione italiana, ritengo giusto non tralasciare un discorso anche politico: mi sembra che alcuni  parlamentari siano attualmente impegnati a raccogliere voti nel modo a loro più semplice e congeniale, occupandosi dei diritti dei cittadini omosessuali e L.G.T.B.

I diversamente abili in fondo sono una minoranza un po’ vecchia, consolidata nel tempo e nello spazio, non conviene occuparsene, non porterebbero abbastanza voti. E poi “poverini“ hanno tanti problemi… “ma perché anche loro pensano al sesso?“

Poi anche il discorso prettamente legato al denaro andrebbe affrontato di più e meglio (non lo sento fare nei convegni dedicati ad amore sessualità e disabilità e, a riguardo, non lo trovo spesso negli articoli dedicati alla tematica); è una realtà ed è bene parlarne: mentre l’assistenza sessuale è gratuita in tanti Paesi, da noi molti disabili sono pronti a “giocarsi“ la pensione d’invalidità per un po’ di sesso o un massaggio tantra. C’è chi è in astinenza ed è destinato a rimanerci e chi dopo anni ed anni di astinenza scopre la sessualità ed è pronto a spendere qualsiasi cifra per un po’ di piacere, una, due, dieci, quindici volte al mese. La figura dell’assistente sessuale prevede una giusta preparazione psicologica che mira ad evitare il pericolo che per il disabile il sesso diventi una mania o una dipendenza.

Ritengo che per uno Stato “civile“ non sia mai troppo tardi varare nuove leggi o modificare quelle esistenti. Un Paese cattolico come l’Irlanda si è aperto alle unioni di persone dello stesso sesso.

E da noi, in Italia,  quale grado di cittadinanza ci viene concesso?

Perché non è mai possibile aspettarsi che siano presi in considerazione tutti i nostri bisogni?

Per approfondire altre tematiche legate a diritti e disabilità, vi rimando ai seguenti link:

http://www.piccologenio.it/2015/07/12/auto-nomia-una-luce-tra-le-tenebre-delle-patenti-speciali/ (Auto – nomia: una luce tra le tenebre delle patenti speciali)

http://www.piccologenio.it/2014/07/10/la-mia-esperienza-di-tirocinio-lavoro/ (La mia esperienza di tirocinio/lavoro)

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Noi siamo Francesco

È un film delicato e bellissimo: “Noi siamo Francesco“. Francesco è un bel  ragazzo, fisico atletico, brillante studente universitario, ma senza braccia dalla nascita. Riesce a fare quasi tutto. Ha 22 anni. Vive con la madre Grazia che nella vita fa la mamma a tempo pieno, ha un migliore amico Stefano.  Belli i ruoli e i rapporti di tutti i personaggi nei confronti del protagonista, molto intense e positive anche quelle della tata e della ragazza di Stefano. Tutte queste figure  si approcciano a lui con sincerità e affetto.

Ad oltre 20 anni non aver mai baciato una ragazza sta diventando un problema per Francesco.

Con l’aiuto dell’inseparabile amico Stefano, Francesco troverà comunque la strada per vivere serenamente la sua prima volta, con l’intraprendenza che appartiene alla sua età e superando gli ostacoli, le paure e le insicurezze causate dalla sua menomazione.

Degli aspetti della vita del protagonista  hanno catturato particolarmente la mia attenzione: bello essere indipendente, avere rapporti “sani“ e autentici con le persone, non farsi influenzare dagli altri che dipendono da lui e che tra l’altro sono pagate… Di certo Francesco aveva le idee chiare,  interessante    la parte del film in cui lui se la prende con  madre  per avergli organizzato un incontro di sesso a pagamento, rapporto che si è consumato in fretta  modo squallido, tutto il contrario del rapporto amoroso finale, con Sofia, compagna d’università.

Autentico il rapporto tra la madre e quest’unico figlio maschio, sua appendice, parte di lei, parte non normale perché senza braccia. Lo psicologo della madre le chiede: “suo figlio ha un handicap, perché fargli  pesare il fatto che lei non ha più una vita sessuale?“ La domanda del dottore rende veritiere certe assurde dinamiche…

Ritengo sia un lieve e toccante documentario. Il narrarsi garbatamente e con discrezione lascia il segno. Anche l’incanto dell’ambientazione in Puglia e le bellissime musiche aggiungono poesia e bellezza alla storia.

Interessante la dichiarazione della regista Guendalina Zampagni che ammette di aver costruito un’unica storia partendo dalle interviste a persone disabili su temi quali l’amore, la sessualità e l’amicizia.

Ho visto diversi film che trattano “amore, sessualità e disabilità“ i protagonisti erano tutti maschi, sarebbe interessante veder narrata la questione con la sensibilità e le difficolta di un ruolo femminile.

Questo film mi ha fatto riflettere anche sulla figura dell’assistente sessuale: forse il suo ruolo limitato di terapista del sesso non assolverà tutti i bisogni fisici e sentimentali dei suo assistiti.

È difficile crearsi una propria indipendenza se si ha un’handicap, riconoscersi come adulti e farsi trattare e rispettare come tali  dagli altri e dalla società. La disabilità non è fonte di rispetto, comporta una limitazione dell’autonomia, dipendenza, difficoltà nella gestione di sé e della propria vita e così via… di certo non aiuta e non facilita la presa di coscienza del proprio io, delle capacità, del costruire rapporti sani, non legati al denaro (cosa esplicita molto bene in questo film) o ai tanti momenti del bisogno. Positiva è anche la figura della tata, lavora con Francesco e la madre ad ore, ha un ruolo ben definito, non si sostituisce alla vera mamma, di conseguenza può permettersi di viziare il ragazzo senza essere invidiata e additata, neanche il ragazzo rischiava stupidi atteggiamenti per il rapporto con la tata, la madre, gli amici l’Altro.

Ammirabile il desiderio di Francesco di finire l’università per vivere con il migliore amico. Chissà come può essere il seguito della storia… Francesco è reduce da una delusione d’amore come me… e ammette “un altro rifiuto non riuscirei a sopportarlo“, ma con il migliore amico e la ragazza di quest’ultimo è riuscito ad andare avanti. In fondo la vita di Francesco era quella di uno studente brillante, ma normale, non segnata dall’urgenza di risolvere problemi ed impellenze quotidiane, dover fare o dimostrare chissà cosa…  diversamente la stima degli altri, l’autostima, l’indipendenza, la libertà, la mobilità… sarebbero finite chissà dove.

Belli gli anni d’università quando avevo un ruolo, la patente e pensavo che la laurea servisse a trovare un posto di lavoro, c’era anche chi mi aiutava, forse troppo… a mantenere rapporti con diverse persone. Comunque con gli aiuti, guidavo, studiavo, sapevo come passare le giornate, avevo un mio ruolo di persona che vive da sola, esce, studia, ho avuto delle storie sentimentali, ero più capace di infischiarmene di chi si svegliava con la luna storta ed anche di chi non approvava le mie scelte amorose e sessuali…!

Pochi giorni fa un fatto mi ha colpita: un mio caro amico ha portato in un viaggio di lavoro suo figlio che è un po’ discolo: sarebbe bello poter avere ancora qualcuno che ti  istradi nel mondo del lavoro anche a costo di farti capire, col suo esempio, cosa vuol dire guadagnarsi il pane, avere degli incarichi sia  familiari, sia lavorativi da assolvere… avere scadenze, rendere conto ai capi  perché altrimenti c’è chi è più bravo di te e ti può sostituire. Sarebbe bello contare su una persona che ti  introduca nel complicato mondo del lavoro, anche mettendoti davanti alla fatica e l’impegno che ora sono del padre e poi un giorno saranno del figlio in chissà quale ambito… magari molto diverso da quello del suo modello di riferimento, il papà appunto…!

Conosco molti illustri Professori in medicina (ginecologi, dermatologi, dietologi…) che hanno aperto la strada a figli e nipoti. Ritengo che non ci sia nulla di male e che poi sia tutto dovuto al talento dei più giovani del proseguire e farsi strada!

Mi sento un elefante dentro un negozio di cristalli!

 

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Amore e sessualità nell’autismo

Dopo molti articoli sul tema dell’amore, la sessualità e la disabilità mi è sembrato giusto affrontare un tema importante e dibattuto come quello dell’affettività, amore e sessualità per le persone autistiche. Questa tematica ha destato il mio interesse, anche perché noto una lievissima apertura della nostra società su certi temi, tuttavia non bastano alcuni convegni ed un disegno di legge per affermare che la nostra società sia aperta a certe tematiche (amore, sessualità e disabilità). Ritengo comunque che sia importante – ma ahimè non sufficiente- parlarne. Per aprire una finestra sul tema mi servirò di due preziose testimonianze, sono entrambi racconti di vita che sottolineano l’aspetto fondamentale della sessualità per il benessere di ognuno di noi. Si tratta di un padre di un ragazzo autistico italiano ed una testimonianza di un ragazzo autistico statunitense. Dagli articoli si evincono problemi, preconcetti, tabù, mancanze… quanto ancora c’è da fare e da capire. Ancora oggi c’è molto poco di scritto sul diritto delle persone autistiche a sviluppare la loro sessualità. Gli autistici amano e meritano di essere amati, rispettando la loro individualità e devono ricevere gli strumenti necessari per avere una vita piena e appagante. Ai genitori potrebbe non piacere il compito, ma si deve essere in grado di affrontare e parlare della sessualità ai figli come qualcosa di reale, naturale e che necessita di una guida. È fondamentale che il genitore trasmetta le regole della masturbazione e del fare l’amore. Chiarendo anche chi e come ti può toccare per evitare che i figli siano vittime o “potenziali vittime“ di abuso, altro tassello importate da chiarire è “la masturbazione“ come, dove e quando esercitarla. Dagli anni ’80 ad oggi è cambiata molto la visione delle problematiche legate all’autismo, ma tanta strada c’è ancora da percorrere, soprattutto se si accosta l’autismo alla sessualità ed all’amore. L’amore, la sessualità e la disabilità per le società occidentali dovrebbero essere considerate una sfida da vincere, invece vergogna, tabù e divieti talvolta hanno ancora la meglio. Ci celiamo dietro un apertura solo apparente che non basta a risolvere la solitudine di tante famiglie e ragazzi, i sensi di colpa sono, a mio avviso, ancora tanti e difficili da “estirpare“. Inoltre bisogna riconoscere che l’autismo è diverso da ogni altra disabilità, e le caratteristiche stesse dell’autismo causano una ulteriore condizione di stress per i genitori e rendono estremamente problematica la vita di tutta la famiglia. Le famiglie lasciate sole ad affrontare il difficile compito di allevare un bambino affetto da autismo vanno, in alcuni casi, ben presto incontro alla disperazione ed allo sfinimento causati dagli equivoci sulla natura dell’autismo, dalla scarsa disponibilità di servizi specializzati e soprattutto dall’impossibilità di programmare il futuro del bambino. I disabili e le loro famiglie, si sa, passano molto tempo tra terapisti e visite specialistiche si potrebbe pensare di formare queste persone anche per affrontare il tema della sessualità. Ci vorrebbero più interventi a partire dal nucleo familiare per poi allargarsi alla scuola, ai luoghi di terapie… alla società.

Dopo questa mia introduzione vi lascio alla lettura di due articoli sul tema che ho trovato pertinenti ed interessanti e che vorrei proporvi. Il primo dal titolo L’amore ai tempi dell’autismo, di Rosa Mauro, preso dal sito www.superando.it  contiene il racconto dell’esperienza di una madre di un ragazzo autistico, che è anche l’autrice dell’articolo. In questa testimonianza Rosa propone una riflessione su come accettare e comprendere la sessualità espressa dalle persone autistiche. Il secondo articolo che vi propongo, il cui titolo è Autismo e sessualità, un elefante in una stanza, è stato preso dal sito www.autismoitalia.it riporta il contenuto dell’intervento dell’esperto Peter Gerhardt in occasione della Ladders Conference in Massachusetts.

Un tempo poco lontano era molto considerata la cosiddetta teoria “madre frigorifero“, essa relegava gli autistici e le loro madri in un mondo senza speranza e anaffettivo. Ora sappiamo che la persona autistica è tutt’altro che disinteressata al mondo esterno e alle sue relazioni. Molti di loro hanno anche ufficialmente scagionato le madri e, soprattutto, hanno aperto più di uno spiraglio su un mondo interiore ricco ed elaborato, sia pure in molti casi imprigionato da un’insufficiente interpretazione condivisa. Per loro come per tutti, disabili e non, la sessualità fa parte in maniera imprescindibile. Perché, credo fermante che la sessualità è ciò che siamo come individui, e non è affatto limitata al desiderio sessuale, ma costituisce un modo relazionale che ci permette di interagire con gli altri. Non è sempre facile comprendere e accettare la sessualità espressa dai bambini, poi ragazzi, infine adulti, autistici, non solo e non tanto perché potrebbe essere diversa dalla nostra, quanto perché loro stessi non sempre sono in grado di giustificarla a sufficienza, dando a noi dei criteri interpretativi della stessa. Il fascino che esercitano presso di loro le figure tonde, o gli oggetti con particolari estetici che noi non notiamo per nulla, può avere anche caratteristiche sensuali. Il mondo di un ragazzo autistico, ad esempio è ricco di sfumature che sfuggirebbero a un ragazzo con una modalità “polifunzionale“, e che “vede“ contemporaneamente più cose. I bambini autistici che passano ore a guardare una lavatrice ne ricavano piacere, e non necessariamente un piacere diverso da quello di un bambino che gioca per ore con un trenino. Il problema nasce perché magari quel bimbo è in grado di condividere con noi la gioia di guardare quel trenino muoversi, di coinvolgerci con le sue parole nel suo amato mondo, mentre magari un bambino autistico non lo fa. Quando poi il bambino autistico diventa adolescente, tutto è molto più complicato. Immaginate quante variabili cambiano durante l’adolescenza, tanto da rendere difficile la comprensione anche a un ragazzo “polimodale“. Senza fare distinzione di sesso, risulta difficile per chiunque gestire contemporaneamente il cambiamento fisico e quello ormonale, per non parlare degli effetti di questi cambiamenti sulla nostra relazione con gli altri. L’adolescenza è un periodo di cambiamenti fisici, ormonali, interpersonali delicato per tutti, immaginate cosa possono scatenare in un/a ragazzo/a con autismo. C’è da impazzire, la frustrazione va alle stelle, il tentativo di dare a tutto un senso è direttamente proporzionale a una solitudine in cui l’adolescente e la sua famiglia sono spesso rinchiusi. Un ragazzo o una ragazza alla prima cotta, spesso trovano nel gruppo dei pari un aiuto per gestire una situazione emotiva così nuova e spiazzante, amici che, anche solo con una pacca sulla spalla, sono di supporto. E un ragazzo o una ragazza autistici? O comunque un ragazzo o una ragazza con una disabilità? L’inclusione si ferma alla scuola, dove la sessualità e il sesso sono tenuti ai margini, quando non apertamente stigmatizzati. Quale immagine voglio dunque lasciare per questa prima riflessione sul mondo dell’amore ai tempi dell’autismo? Questa: un ragazzo dai tratti comuni, alto, dinoccolato come lo sono molti adolescenti, che guarda verso un appartamento, le cui finestre sono chiuse. Guarda alternativamente l’appartamento e il portone, seguendo un pensiero senza parole. Di tanto in tanto prende il suo Ipod e ascolta una musica, non sentiamo quale, ma vediamo che ne segue il ritmo, accennando talora a canticchiare ad occhi chiusi, o a muovere il corpo, sgranchendosi con quel ritmo misterioso. Ad un tratto il portone si apre e ne esce una ragazza, carina, bruna, vestita con un jeans e un maglione. Il ragazzo si alza, non osa avvicinarsi, la saluta con la mano, mantenendosi un poco lontano, pronunciando il suo nome. La ragazza sorride e a sua volta saluta, allontanandosi. Possono essere compagni di scuola, vicini di casa, essersi conosciuti sull’autobus, poco importa. Uno dei due è innamorato, forse il ragazzo che ha aspettato tanto per vederla uscire, ma forse anche lei ha una simpatia per lui. Non vediamo altro, oltre quel saluto, e quindi non sappiamo come si evolverà questa situazione. Abbiamo visto un ragazzo, una ragazza, un saluto che forse è un preludio. È autistico, il ragazzo? Lo è lei? Non lo sappiamo e, in fondo, non dovrebbe importare.

Il messaggio di Peter Gerhardt sull’autismo e la sessualità è rivoluzionario nella sua semplicità: La sessualità è uno degli elementi più fondamentali nella nostra vita ed è inerente a ciò che significa essere umani, il comportamento sessuale è una delle aree più vulnerabili nella nostra vita. La sessualità è un diritto umano fondamentale. Pertanto è della massima importanza che noi educhiamo i nostri amati riguardo al corretto comportamento sessuale, in modo che possano essere al sicuro e felici. In questo modo dovrebbero ragionare genitori, educatori, insegnanti… soprattutto quando si trovano a contatto con qualche tipo di disabilità. Peter ha parlato ieri in occasione della Ladders Conference in Massachusetts. Ha messo in chiaro fin dall’inizio che non stava parlando di persone che fanno sesso ma, anzi, stava parlando di sessualità come definizione e caratteristica umana di noi tutti. La sessualità e le sensazioni sessuali sono così fondamentali, così importanti, eppure c’è pochissima letteratura e ricerca circa l’insegnare alle persone con autismo come comportarsi in modo adeguato rispetto al loro proprio corpo ed organi e rispetto alle altre persone. Questo di Peter non doveva essere un discorso sul “come fare a“ o sul “se per caso“… ma piuttosto su ciò che ogni essere umano, nello spettro o meno, dovrebbe conoscere sui comportamenti appropriati e sicuri. Incredibilmente controverso eppure assolutamente necessario. È così difficile parlarne, pensarne, eppure quello che tutti noi vogliamo per i nostri figli è: essere felici ed essere al sicuro. Cosa facciamo per ottenere questo scopo dal momento che la sessualità li rende così vulnerabili? Peter e altri esperti ipotizzano che circa il 60-80 % di persone nello spettro sperimenterà una qualche forma di abuso sessuale durante la vita. Questo non significa necessariamente violenza, ha sottolineato Peter, ma che anche quell’eventualità non è da sottovalutare. La mancanza di informazioni è stupefacente. Non c’è nulla di scritto sull’insegnamento alle donne nello spettro circa le mestruazioni. Niente. Ciò significa che ogni madre di una ragazza nello spettro deve improvvisare. Da un lato noi, come società, siamo così “presi“ quando si tratta di sesso. Peter ha sottolineato quanto siamo “affascinati“ dal sesso: centinaia di parole gergali, l’ossessione di Internet per il sesso, dibattiti circa l’educazione sessuale nelle classi regolari, gravidanze adolescenziali; tuttavia, verso le persone con disabilità siamo assolutamente silenziosi. L’implicito atteggiamento della società, in questo caso, è il silenzio, la mancanza di informazioni e il concetto che: a) le persone nello spettro non provano sensazioni sessuali b) alle persone nello spettro non può essere insegnata l’“adeguatezza sessuale“. Sbagliato e ancora sbagliato. Peter ha sottolineato più volte che, tutto ciò che si presenta statisticamente nella popolazione “normale“, possiamo supporre che si presenti in parallelo nella popolazione nello spettro. Ciò significa che c’è l’omosessualità, feticci, fantasie, le questioni transgender… A questo proposito noi non sappiamo. Le sensazioni sono là ma a causa della mancanza di comunicazione non capiamo e molti nello spettro non possono esprimerlo. Vorrei che potessimo avere un annuncio di servizio pubblico dedicato alla disabilità nello sviluppo che dica qualcosa del genere: “Autismo: Tutto quello che sai è sbagliato. Inizia da qui. Guarda a tutte le ipotesi proprio per quello che sono: ipotesi. Le persone con autismo, non importa il loro livello di funzionamento, sono pienamente esseri umani, con tutto ciò che questo comporta. Quest’idea ti spaventa? Ti rattrista? Bene, allora affronta il tuo stato d’animo ma non fare il terribile errore di non aiutare il tuo ragazzo autistico a capire riguardo al suo corpo e alla sua sicurezza, perché allora sei in cerca di guai della peggior specie. Allora cosa facciamo? Peter ha quello che lui chiama la “regola dei cinque anni“: pensare sempre in anticipo a quali cose avremo bisogno di disporre tra cinque anni a partire da oggi. Se il bambino di 5 anni gira per la spiaggia nudo, vogliamo essere sicuri che non lo farà a 10. Se uno di 8 anni si tocca in classe, vogliamo fare in modo che capisca che non può farlo lì e neanche dopo quando ne avrà 13 o 15. Potremmo dover iniziare a insegnargli ora, perché più i comportamenti vanno avanti, più sono difficili da reindirizzare. Immaginando il futuro del bambino nello spettro, abbiamo bisogno di pensare anche a come insegnare quello che c’è da sapere, visto il suo particolare stile di apprendimento. Non mettere un preservativo su una banana ed aspettarsi che qualcuno sia in grado di generalizzare questo concetto per il proprio corpo. Utilizzare foto realistiche, parole vere. Mantenere il messaggio semplice e ripetitivo. Peter sostiene anche che consentire una certa “stupidità“ nella conversazione, aiuta a rompere il ghiaccio. Insegnate ciò che Peter chiama “I Cerchi di comfort e sicurezza“: Chi è nella tua vita e qual è il suo ruolo? Il cerchio più interno sono i membri della famiglia, i propri cari. Questi possono aiutare con le esigenze personali come ad esempio un aiuto in bagno. Il cerchio successivo, gli amici, non possono aiutare allo stesso livello di bisogno, a meno che non siano amici molto stretti. I cerchi illustrano chi può e chi non può toccarti, anche sul braccio o sulla testa. È tutto molto ben definito. Devi pensare esattamente ciò che si deve pensare quando si è un genitore: che cosa ha bisogno di sapere il tuo bambino quando non ci sei tu ad aiutarlo. È necessario che il bambino sappia come chiudere la porta di un bagno. È necessario che il bambino sappia dire “no“ in un modo o nell’altro. È necessario che il/la ragazzo/a sappia che la masturbazione in sé non è un crimine ma che può essere fatta solo nella privacy: nel luogo opportuno. È necessario che il bambino sappia chi lo può aiutare e chi non dovrebbe. Se usiamo immagini e parole che non siano simboliche, ma piuttosto visive, precise e dirette, ci sarà evidentemente più probabilità di successo. Se non sappiamo come insegnare questo, allora noi genitori dobbiamo iniziare ad imparare. Dobbiamo cominciare ad imparare che la sicurezza sessuale va ben oltre l’identificazione di parti del corpo. Le sensazioni sessuali e la sicurezza sessuale sono un diritto umano fondamentale, per tutti gli esseri umani. Il primo passo per aiutare i nostri figli con autismo ad essere felici e ad avere una vita sana è quello di rompere il silenzio e l’imbarazzo su questo argomento.

 

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L’educazione sentimentale di Giulia

Tre idee diverse di un rapporto tra normodotato e una persona con disabilità.

Quest’estate ho conosciuto una persona “speciale“ con la quale sono entrata in confidenza. Una mia coetanea, disabile, di nome Giulia, che mi ha regalato un lungo racconto, intimo ma condivisile, che oserei definire una sorta di educazione sentimentale sottoforma di racconto autobiografico. Dalle sue appassionanti storie si evincono alcuni modelli di relazione che vorrei sottoporre all’attenzione dei lettori, perché sono tre esempi molto diversi fra loro, che possono riguardare chiunque, uomini, donne, normoditati e disabili; tali esempi possono soprattutto spingere ad una riflessione condivisa su senso dei rapporti di coppia, a diversi livelli.

Giulia, ragazza con disabilità, mi ha raccontato narrato tre storie, che descrivono, più che le caratteristiche delle singole persone, la natura delle loro relazioni: Giulia e Marco, Giulia e Lorenzo, Giulia e Gabriele.

In tutte e tre l’handicap è stato visto e vissuto senza creare una paura vera e propria o un disagio dovuto all’handicap in sé.  

Giulia e Marco,  entrambi disabili, si sono illusi di poter creare una relazione seria, Gabriele invece è un uomo sposato con il quale è capitata un’avventura estiva “proibita“: lui vive la disabilità in casa in quanto la moglie è disabile. Con Lorenzo Giulia ha vissuto un’ esperienza magnifica, che ha dato molto ad entrambi.

Partiamo dalla più tormentata.

Giulia e Marco. Paradossalmente con Marco, Giulia si è sentita annullata e non rispettata. Lei lo interpellava sempre prima di decidere cosa  fare, ma anche più semplicemente cosa mangiare o dove andare… Lui il fine settimana stava a casa di Giulia che da lungo tempo non viveva più con i suoi. Sceglieva le cose senza interpellarla, aveva pochi interessi e poca voglia di uscire, Giulia ha rinunciato alla sua grande passione per il cinema. Marco si permetteva di invitare tante persone a cena a casa della ragazza dicendoglielo con poco preavviso: tanto la donna doveva accettare e cucinare.

Anche sessualmente era concentrato solo su se stesso, i bisogni della sua donna erano poco contemplati. Aveva anche due problemi all’organo maschile, ad accorgersene non è stato lui ma Giulia, (diventando dottoressa, chiedendo spiegazioni ai medici e consultando internet, ha perfino organizzato una visita dall’urologo). Lui non accettava questi problemi e non voleva risolverli. Tutto ciò ha minato il loro rapporto e lo ha molto limitato sia sessualmente sia nella sfera culturale.

Perché la protagonista di questa storia è rimasta con lui per mesi? Credeva potesse capire ed imparare tante cose, era una storia seria ed era parecchio  tempo che non ne aveva una. Pensava che lui l’accettasse, accettasse il suo handicap motorio, ma forse non la vedeva veramente: era troppo concentrato sull’idea di trovare una donna che gli permettesse di  uscire di casa e tagliare il cordone ombelicale con sua madre, era solo questa la sua idea di donna, moglie e madre. Quante idee sbagliate si possono radicare tutt’oggi nelle persone e tramandarsele di generazione in generazione!

Era un finto rapporto tra pari, col tempo Giulia si rese conto che erano troppo diversi, non basta avere entrambi una disabilità  per potersi definire “allo stesso livello“, Marco era anche ossessionato dall’idea di sposarsi come unica possibilità di emancipazione. È stato un grosso errore coinvolgere le famiglie pensò Giulia quando il danno ormai era fatto! Lei è stata abbagliata dalla possibilità, almeno nel pensiero iniziale, di avere trovato il rapporto giusto, tra due persone disabili che pensano di potercela fare insieme, anche come scommessa da parte di entrambe, sulle aspettative proprie e delle rispettive famiglie. Per la giovane è  stata una grande illusione e conseguente disillusione. “Ero consapevole che venivamo da due situazioni culturali estremamente diverse“ racconta Giulia, “Però Marco voleva passare da un amante del teatro quando non lo era e mi faceva capire che il cinema – che io ho sempre amato – non lo interessava. Ho cercato di coinvolgerlo con tanti generi diversi, ma alla fine mi sono ritrovata spesso ad andare al cinema da sola con altre compagnie perché non volevo rinunciare a questo mio grande interesse e sono riuscita  in minima parte a coinvolgerlo.“

Noi donne dovremmo piantarla di sentirci crocerossine: ci sarebbero meno situazioni di stalking, non è giusto annullarsi per una relazione, se ciò accade non è una relazione “sana“. Questa non è retorica è un’idea che ho chiara in mente e forse dovrebbe essere più “sentita“ da molte altre persone, sia uomini sia donne.

Per Giulia c’è stato un altro campanello di allarme che all’inizio ha voluto ignorare: la madre l’aveva conosciuto e spesso ripeteva al figlio:

– Sono preoccupata per questa bella ragazza, è così sensibile. Mi dispiacerebbe che la facessi soffrire.-

Lei  non si spiegava come mai la madre avesse queste preoccupazioni già a gli albori del rapporto tra i due giovani. Poi al cominciare della crisi ha capito che forse la madre lo conosceva bene ed aveva già previsto l’evolversi della loro situazione. Lui il week-end non si portava le medicine, soffriva di emicranie e toccava a Giulia accompagnarlo in farmacia: da solo non era in grado. Lei avrebbe desiderato un uomo, che la facesse sentire una vera donna, valorizzata, capita e amata… non era abituata a fare da madre, infermiera e badante ad una persona di quarant’anni. Giulia mi fa presente che non c’era erotismo, passione e complicità nel loro rapporto.

Giulia e Lorenzo – Tra Giulia e Lorenzo la storia è ben diversa, lui è un uomo che pur non vivendo la disabilità in prima persona o in famiglia ha accettato Giulia senza problemi. L’ha sempre vista come donna e non come disabile, l’ha apprezzata sia fisicamente sia intellettualmente,  con lui c’è sempre stata la massima intesa affettiva, amorosa, sessuale, passionale, intellettiva. Tanto tenevano l’uno all’altro che lei ha accettato tanti compromessi e cambiamenti pur di continuare la loro intesa. Lui le  ha detto più volte “la mia situazione sentimentale e familiare adesso è cambiata in tal modo. Non so se vorrai continuare a vedermi“. E Giulia ha sempre preferito accettare i suoi cambiamenti facendo in modo che questi non modificassero troppo la loro relazione. Perché gli vuole un gran bene ed è una persona speciale. L’importanza del vivere una relazione affettiva e intellettiva così intensa, ha permesso ad entrambi di trasformare il rapporto in una amicizia profonda, che, racconta lei “ancora dura“ e che  ha consentito loro di aiutarsi consultarsi e consolarsi  a vicenda, nei momenti più complicati, difficili e drammatici dei loro percorsi di vita.  Altro ingrediente fondamentale dello spessore della loro relazione è stata l’ironia e il prendersi in giro l’uno con l’altra, ridendo anche tanto di loro stessi e di quello che sono diventati. Oltre ad un sempre presente rispetto reciproco, in tutte le situazioni da loro vissute. Tra i due protagonisti di questa storia c’è stato  quel rispetto che serve in una relazione sana, l’intesa, la passione, la complicità che mancavano con Marco.

“È buffa la vita,“ mi racconta ancora Giulia “Marco poteva essere il mio partner ideale e la cosa non ha minimamente funzionato. Il rapporto con Lorenzo funziona alla perfezione ma non si è mai innamorato di me. Con Marco ci dicevamo ti amo, soprattutto all’inizio, ma a pensarci bene ce lo ripetevamo anche dopo quando diventò sempre più una presa in giro.“

 Con Lorenzo non si è mai annoiata, ogni telefonata, pranzo, caffè, aperitivo a casa di lei o fuori, è un momento bello e giocoso per entrambi. A Giulia piace il fascino di Lorenzo, la sua educazione, la sua bellezza che per lei poco cambiano con il trascorrere degli anni.

Giulia e Gabriele – Gabriele e Giulia hanno vissuto un altro tipo di relazione, e, se vogliamo, un altro aspetto della relazione sentimentale: si è  trattato di un invaghimento, una sbandata estiva, leggera ma intensa a suo modo, e destinata a concludersi in breve. Gabriele è un persona che non ha problemi a relazionarsi con l’handicap in quanto lo vive tra le mura domestiche. È sposato da tanti anni con una persona disabile. Spesso ha avuto ed ha ancora dei sensi di colpa rispetto alla moglie ma il desiderio di lasciarsi abbandonare ad una nuova fiamma è forte. “Anche se conoscevamo entrambi la sua situazione, ci siamo lasciati trasportare dalla passione e dall’idea che fosse qualcosa di proibito.“ Narra Giulia, a pensarci bene a tante e tante persone capita la stessa  cosa “Non c’è stato né un vero rapporto sessuale, né una vera relazione sentimentale. Dovevamo vivere tutto in gran segreto… Io in passato avevo già conosciuto lui e la sua famiglia (non hanno figli), capivo la sofferenza della moglie diventata disabile in tarda età. Io, dal canto mio non mi sono risparmiata a consigliarla su terapie farmacologiche e centri specializzati per i problemi motori, perché in un certo senso la situazione di sua moglie mi somigliava. Non mi sono voluta fermare davanti al tradimento, davanti al buon senso e all’idea che Gabriele fosse un uomo sposato, terrorizzato dall’idea di far l’amore in macchina per paura di essere sorpreso. La moglie non sospettava niente e mi ha fatto molti regali. L’anno prima che lui si dichiarasse non sospettavo nulla ma a suo dire già li piacevo. Se non si fosse palesato non avrei notato il suo interesse. Io come disabile non noto più gli sguardi degli altri siano essi di compassione o di apprezzamento. Dopo tanti rifiuti da maschi normodotati terrorizzati dal mio handicap, non riesco a sottrarmi all’attenzione, alle tenerezze, alle premure e a qualche bacio di troppo.“

Le attenzioni di un uomo fanno piacere, soprattutto i primi “approcci“. Come si è sentita? Anche se andava contro alla morale, all’etica, al buon senso… non si sentiva “sporca“ o una “poco di buono“ intanto si è trattato di baci e tenerezze non di altro… mi racconta che le è tornata in mente la celebre canzone di De Andrè, Bocca di rosa. “Esatto forse ero come la protagonista che arrivata in un piccolo paese faceva l’amore per  passione, non per noia e neanche per amore ma, ripeto, solo per passione.“

Gabriele e Giulia  non hanno fatto l’amore ma quelle coccole, quei baci passionali ed appassionati l’hanno fatta sentire una vera donna piacente e apprezzata, non una disabile rifiutata dall’uomo normodotato! Ecco i rifiuti di 1,2,10,30 uomini “normali“ ti possono portare a dare peso ad attenzioni ingiuste che minano i TUOI valori e principi a tal punto che non sono più tuoi ma di qualcun altro.

 C’è squallore in tutto questo? No, per il  vissuto di Giulia direi che lo squallore è di chi ti rifiuta di chi di dice al primo appuntamento “al telefono mi ti immaginavo meno disabile“ e fugge via senza neanche scendere dall’auto. C’è squallore negli uomini che pensano solo a se stessi senza tener minimamente presente il piacere del partner… c’era squallore in molti atteggiamenti di Marco.

L’etica e la morale hanno le loro giuste regole, ma, secondo me e secondo la mia amica Giulia,  non  troviamo squallore nella dolcezza delle coccole tra una ragazza ed un uomo sposato. Bisogna fermarsi in tempo, ma a volte non è facile e pure un bacio può essere di troppo. Sono certa che bisogna prendere il meglio dai rapporti con le persone, il guaio è che non sempre si può tenere conto delle mille sfaccettatture che una relazione presenta.

 Anche tra Giulia e Lorenzo se si fossero fermati alla regola “no perché non sarai mai il mio uomo e non sei single“ si sarebbero persi entrambi delle cose bellissime ed importanti che hanno creato un’amicizia speciale che persiste con il passare degli anni! Direi che Giulia non si sa fermare in tempo ma ha pochi rimorsi e soprattutto non ha rimpianti. Lei ha sempre cercato di prendere il meglio da queste relazioni e da relazioni amorose che ha avuto prima di incontrare Lorenzo.

Quello che  Giulia ha aggiunto, riflettendo sulle sue storie, mi sembra forte ed esemplare:

 “Non mi sono mai poco stimata, ho saputo stare sola quando capivo che il rapporto o la relazione erano logori o non valeva più la pena di essere vissuta. Ho provato la nostalgia e la malinconia di non potere avere il rapporto giusto con la persona giusta pensando ad una prospettiva di lunga durata della relazione ed “equilibrata“. Guarda la mia storia con Lorenzo; sapevo dentro di me che, per quanto bella, intensa e profonda non avrei mai potuto soddisfare tutte quelle esigenze  e aspettative di cui lui avrebbe avuto nel tempo bisogno e questo, in fondo… proprio per la mia  condizione di disabile che tanto spaventa e frena molti uomini“.

 

Vorrei chiudere con un ultimo pensiero a Lorenzo e Giulia, pensando all’importanza dell’amicizia speciale che li unisce non come consolazione, ma come conquista di un rapporto profondo.  

Ai tanti innamorati che sognano amori impossibili vorrei dire di non perdere la speranza. Giulia ha provato e trovato il  vero amore in passato. Pensa però che in tutti i legami interpersonali non ci sia solo il bianco o il nero ma una scala infinita di grigi. Vorrei anche invitarmi e invitare i miei lettori a non dare giudizi facili ed affrettati sulle tante possibili, infinite combinazioni di relazioni sentimentali, che insieme formano l’ originale educazione sentimentale per ognuno di noi, un arcobaleno di colori che non si scorgono tutti a prima vista.

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