ALFABETIZZAZIONE SENTIMENTALE, LA COMUNICAZIONE ESSENZIALE.

QUESTO RACCONTO, MI E’ STATO INVIATO DA DOTTOR TASSIELLO. è LUNGO MA INTERESSANTE, PER QUESTO HO DECISO CHE LO PUBLICHERO’ POCO ALLA VOLTA. SPERO CHE LO SEGUIRETE POST DOPO POST, SETTIMANA DOPO SETTIMANA.  QUI SOTTO TROVERETE LA “PREMESSA” E “ANALFABETISMO E ALFABETIZZAZIONE”. PULTROPPO NON MI è POSSIBILE PUBLICARE LE FIGURE. BUONA LETTURA E BUON COMMENTO A TUTTI. Marzia

Marzia.

Premessa

Questo articolo è la prosecuzione e l’approfondimento di una relazione presentata al IX Workshop Internazionale “Cultura, salute, migrazioni“ (C.N.R.), dicembre 2002. E’ doveroso esprimere la riconoscenza agli amici incontrati nelle associazione che si occupano di migranti e di poveri in generale. Un ricordo in particolare va a Noureddine, un caro amico della Tunisia, morto recentemente per infarto. La sua scomparsa prematura, per un malessere del cuore, oltre ad addolorare, fa riflettere sulla sua storia di migrante, simile a quella di molti altri, che si separano dalle cose più care e che provano una sofferenza che può essere affrontata solo se spinti dalla disperazione. Le persone come Noureddine, quando trovano uno spazio ed un tempo “accogliente“, diventano una ricchezza di valore inestimabile per tutti. Le persone che vivono le sofferenze di cui è stato vittima Noureddine, acquisiscono in tempi brevi la capacità e l’abilità di intermediare tra le culture. Oggi è diventato un grosso businnes la formazione di mediatori culturali; sono molte le associazioni che si occupano dei problemi derivanti dai flussi migratori e che sopravvivono grazie ai fondi comunali, regionali, ecc. La formazione dei mediatori interculturali, riservata agli stranieri, rappresenta una gran risorsa per tutti; in particolare per i sempre più numerosi migranti “espulsi“ dal loro paese per motivi politici. Questi ultimi migranti in primis non hanno le stesse motivazioni che spingono altri “disperati“ in cerca di una vita più dignitosa, non sono quindi adatti ne disposti ai lavori “umili“ riservati agli “extracomunitari“ (termine da cancellare); essi sono portatori di un contenuto sociale e politico che travalica le barriere etniche, culturali, religiose e quant’altro; quindi rappresentano, in conclusione, le migliori risorse da destinare alla formazione della figura del mediatore interculturale, grazie anche ad una loro elevata formazione scolastica.
ANALFABETISMO E ALFABETIZZAZIONE

Nelle scuole italiane si torna a parlare, con sempre maggior insistenza, di alfabetizzazione primaria, termine desueto per la maggior parte di noi. Il ricordo di alcuni di noi può andare ad una nota trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi“ di cui molti anni fa, in cui quasi giocando si impartivano i “rudimenti“ dell’italiano scritto e letto. Ancora oggi ci sono persone che confessano la loro “vergogna“ quando un genitore deve apporre la propria firma su un documento. Quindi può sembrare strano che la maggior parte delle scuole italiane si stiano attrezzando per l’alfabetizzazione di persone adulte, e circolano in queste scuole dei testi dal titolo “L’italiano che mi serve“. La spiegazione di tutto ciò risiede nel fenomeno del flusso migratorio di cui l’Italia è diventata oggetto in questi ultimi anni. Le stesse persone che si “vergognano“ per i loro genitori, sicuramente saranno orgogliosi per l’attuale realtà del nostro Paese; soprattutto se ci ricordiamo del tempo in cui le “navi-carretta“ partivano dal porto di Napoli stracolme di disperati in cerca di un futuro più decente. Non tutti sanno, come dice Fennane Mustapha un mediatore interculturale del Marocco, che, quelle stesse navi nelle cui stive erano ammassati gli schiavi deportati dalle coste africane verso l’America, furono utilizzate per il “trasbordo“ dei primi emigranti europei verso le stesse mete.
Ma c’è un’altra forma di analfabetismo più sottile e “sofisticato“ che serpeggia ed incombe: l’avvento degli strumenti tecnologici! I ragazzi giovanissimi si trovano a loro agio con telefonini e computer, i nipotini sono i maestri dei nonni. Gli strumenti digitali sono costruiti per mani molto piccole ed agili, e questo binomio si struttura sempre più; persona e computer, persona e portatile, persona e palmare, persona e cellulare. Non è lontano il tempo in cui i bambini saranno dotati alla nascita di un numero che li contraddistinguerà e li identificherà, fatto di otto cifre e di una strumentazione “incorporata“. Si assiste sempre più spesso a scene di comunicazione particolare: nelle pizzerie o nei Mc Donald è facile vedere un gruppetto di ragazzi che “depositano sui loro tavoli un numero di telefonini superiori a loro stessi; oppure si possono vedere coppie che camminano “mano nella mano“, avendo nell’altra mano il telefonino con cui stanno in comunicazione con “altri“. Quest’ultima modalità di comunicazione, unitamente all’abuso del computer e del televisore, diventato una specie di “monumento“ che troneggia in camera da pranzo e in camera da letto, sta modificando sempre più le nostre abitudini, sostituendo le tradizionale forme di comunicazione. Quando le coppie si separano, una delle motivazioni indicata tra le cause di intolleranza verso il matrimonio o quant’altro è la mancanza di comunicazione. I due coniugi che fino a non molto tempo prima erano pronti a giurare di conoscere perfettamente i pensieri più intimi e segreti del proprio partner, si trasformano  in perfetti sconosciuti. Uno dei termini con cui gli esperti di separazione e divorzio contraddistinguono  queste forme di comunicazione è il “congelamento“: «… sul piano dell’interazione osservabile, il senso di gelo, il blocco dei contenuti, il rigido mantenersi su temi che evitano ogni espressione non solo di conflitto ma di semplice dissenso e che prevengono qualsiasi possibile accenno a manifestazioni emotive…» (F. Canevelli e M. Lucardi, La medizione familiare, pag.48). Il termine che definisce queste modalità è “alessitimia“, cioè assenza del lessico per esprimere l’emozione.
La vignetta seguente chiarisce i concetti.

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sei tu (CON VERSIONE IN MP3)

LA VERSIONE IN MP3 L’HO FATTA CON UN SITETIZATORE VOCALE CHIAMATO  “CARLO MOBILE”. SE SIETE INTERESSATI AD AVERE NOTIZIE DETTAGLIATE SU QUESTO PROGAMMA VI CONSIGLIO DI COLLEGARVI AL SITO: http://www.anastasis.it/AMBIENTI/NodoCMS/CaricaPagina.asp?ID=219

  PRIMA PARTE               SECONDA PARTE“Su questa linea sottile che divide il normale dall’handicappato non vi è una soluzione ottimale, né tanto meno una soluzione che vada bene per tutti. Ogni caso è un caso a sé, ogni caso ci richiede di individuare la strada da percorrere, ogni caso rappresenta una sfida che dobbiamo raccogliere“.

Partendo da questa citazione, estrapolata da un precedente articolo, si può parafrasare e, se mi si permette la banalità, dire a ciascuno il proprio handicap. Rispetto alla sessualità, intesa come espressione dell’Amore di coppia, vale il detto della condanna alla sofferenza, per la difficoltà della pienezza e dell’armonia. Anche il “frutto“ dell’amore procreativo “sarà partorito con sofferenza e dolore“. In questo senso ciascun essere umano è condannato per la sua forma di handicap, determinata dalla mancanza della completezza in sé stesso, per cui deve ricercare la parte complementare. Consentitemi ,quindi, di parlare di una forma “lieve“ di handicap, anche se molto comune , che è  la vecchiaia, con relativo pensiero verso la sessualità. Su tale tema ci sono numerosi luoghi comuni: “I vecchi non possiedono la capacità fisiologica che consenta loro di avere comportamenti sessuali; i vecchi non hanno interessi sessuali soprattutto le donne; i vecchi che si interessano alla sessualità sono perversi; l’attività sessuale fa male alla salute, specie nella vecchiaia; la procreazione è l’unico fine della sessualità, e pertanto non ha senso che i vecchi abbiano attività sessuali; è indecente e di cattivo gusto che i vecchi manifestino interessi sessuali; inoltre, in quanto tali, i vecchi sono brutti e sgradevoli“. A questa forma di handicap, come se non bastasse, aggiungiamo un cardiopatia, per la quale il cardiologo raccomanda molta delicatezza nell’“affrontare“ un incontro d’amore. Mi colpiva l’esempio di un illustre cardiologo, il quale raccomandava il sesso con la moglie più che con l’amante. Quindi la miscela “vecchiaia e cardiopatia rappresentano una forma di handicap “avvilente“; mi capisce chi ne viene coinvolto, e non sono pochi. A questo proposito suggerisco di leggere, solo ai nostri cari “malcapitati“, quanto segue, dal racconto di un carissimo amico: “Fino a che ci sei tu“ di Marco Bottoni.

Si girò.
Con un gesto lento, quasi impacciato, fece un mezzo giro su se stesso e le voltò le spalle.
Si ritrovò a pensare che non lo aveva mai fatto prima: mai, in tutta la sua vita.
Fumare, non aveva mai fumato, e a mettersi a dormire non ci pensava nemmeno: ormai dormiva talmente poco, e male, che l’atto di scivolare nel sonno era diventato per lui quasi un miraggio.
Così dei tre gesti che, se non è uno è l’altro, si fanno generalmente “dopo“, non gli era rimasto che quello (forse il più odioso) di girarle le spalle.
Mentre lo faceva pensò che era la prima volta che gli accadeva.
Chissà perché.
Chiuse gli occhi per un brevissimo istante, la bocca stirata  in un ghigno sottile di sofferenza.
Come una lama a traversargli  il petto, lo colse il ricordo di quando il sesso per lui sapeva del gusto che hanno le ciliegie  mangiate sopra l’albero, con le gambe a cavalcioni del ramo e le foglie che sanno di estate.
Roba di tanto tempo fa.
“Deve essere qualcosa che ha a che fare con il fatto di sentire gli odori“ pensò.
E, quasi per mettersi alla prova, fece un respiro profondo  aspirando col naso.
Per primo annusò il lenzuolo, poi l’aria e poi, tenendosela aperta sul  viso, la sua stessa mano.
Non avvertì quasi niente; solo, ma molto lontano, come un vago sentore di cloro mescolato ad aroma lavanda.
“Forse, è l’ammorbidente“.
Già da un po’ di tempo (quanto esattamente non avrebbe saputo dire, chè per questo genere di  cose non si può fissare una data, un giorno e dire: ecco, è da oggi) sentiva molto meno gli odori.
Non che non li sapesse riconoscere, anzi : li distingueva ancora tutti benissimo, ma non li avvertiva più come sensazioni capaci di colpirlo, di prenderlo e scuoterlo, di trascinarlo e commuoverlo.
Di provocargli un brivido, di evocargli un ricordo.
Facendo uno sforzo con la memoria sì, riusciva ancora ad associare un odore ad un luogo, a un momento, a uno sguardo: ma era diventato ormai come cercare disperatamente di  fare gocciolare fuori l’ultima stilla di vino dal fondo della bottiglia, mentre prima in lui le  emozioni erompevano  incontenibili, come sgorga la schiuma dello spumante all’esplodere del tappo.
E anche se delle esperienze che gli era accaduto di vivere (non moltissime, a pensarci bene), ricordava tutto, o quasi,  si trattava  solo di  un puro esercizio di fredda memoria;
il passato, per lui,  era ormai un elenco di fatti, di persone e di date, palpitante della stessa  poesia che può esserci nella lista della spesa.
E, ricordando, non si commuoveva più.

“Come con te,  con nessun’altro, prima!“
La prima volta gli aveva fatto un piacere immenso sentirselo dire; in seguito, con il tempo, ebbe modo di convincersi che i casi erano due: o in lui si era miracolosamente incarnata l’onnipotenza di un Dio oppure,(fatto più probabile), la lei del momento andava, giustamente, arrestata per falsa testimonianza.
Fece un mezzo sorriso, ricordando la prima volta dei suoi ventun anni.
Una catastrofe annunciata, alla quale era andato incontro con la spinta di una voglia immensa, da troppo tempo soffocata dentro un corpo asciutto, giovane,vigoroso.
Una molla compressa al limite della  rottura, pronta a scattare e ad esplodere violenta, questo era lui quella sera di Luglio che sul prato c’erano più lucciole che fili d’erba e nuove stelle sembravano accendersi in cielo a decine, a centinaia a ogni istante che passava, a ogni bacio appassionato che lei gli dava.

Molla che, giustamente, al primo tocco leggero della pelle di lei scattò, senza che ci fosse stato anche solo il tempo di pensare di fermarla,  per esplodere nel profumo della notte d’estate, contro il cielo crivellato di stelle.
Bel colpo!

Sorrise, ricordando il ricordo che aveva; un sorriso che lei non poteva vedere, perché lui
le girava le spalle, sdraiato su un fianco con le gambe  piegate ed il busto incurvato.
Nella quiete assoluta della stanza immersa nel semibuio ora lui ricordava, e lasciava cadere i ricordi nella nicchia che il suo corpo formava sopra il lenzuolo bianco.
Li faceva rotolare piano, i ricordi, rivoltandoli con la mente come si fa di vecchie fotografie rovesciate tutte insieme fuori dallo scatolone, che a spostarle piano, con la mano,  tornano alla luce  come a caso, senza un ordine certo di tempo o di spazio.
O di modo.
Ricordò delle volte che l’Amore era stato, per lui, furioso galoppare (ventre a terra su distese aperte e infinite,  odore acre di pelle sudata e crine nero a sferzargli la faccia ed il petto) e, allo stesso tempo, quando era stato un immergersi lento, avvolgente e profondo, dentro un lago calmissimo e piatto, lungo abbraccio in cui perdersi, vivo, non importa per quanto.
Quando era stato tuffo e quando era stato volo; quando unghiata a strappargli la pelle, quando dolce carezza sul cuore.
Ricordò, ricordando, il sapore della prima sorsata di vita dopo un tempo infinito di giorni,  perso dentro un deserto di pietra, labbra rotte di sole e di sete e continui crudeli miraggi, dolorosi miraggi lontani.
Ricordò, di ogni volta, quando era stata fuga, toccata lieve di genio e di istinto, sinfonia travolgente di figure e armonia.
 Di una sola infinita armonia.
Quando era stato pensieri, quando era stato parole.
Dolce mano di lei sul suo cuore ferito (“Certo che potrà riprendere le sue normali attività! Tutto potrà fare, anche l’amore, si capisce. Qualsiasi sforzo, purché , s’intende, sia moderato e non comporti eccessive emozioni: è l’adrenalina che la può uccidere!“ Grazie tante, “senza grandi emozioni“. Come dire: “un bel tuffo in piscina? Certo che può, basta che faccia attenzione a non bagnarsi!“) ricordò come aveva imparato, con lei, a far sciogliere i nodi nel petto, a trovare misura e respiro, a aspettare che fosse il momento.
Ad avere più spazio e più modo.
E più tempo.

Si girò.
Con un gesto fluido,  armonico, senza alcun sforzo apparente fece un mezzo giro su se stesso e tornò a voltarsi verso di lei.
Erano finiti, i ricordi; le fotografie mescolate alla rinfusa erano ammonticchiate di nuovo nella scatola di cartone, ad aspettare di  uscire fuori un’altra volta.
Se ancora ci sarà, un’altra volta.
Guardò lei di uno sguardo dolcissimo, intenso e profondo; la guardò di uno sguardo d’Amore.
“Sei tu“.
Non parole.
Da tempo quasi immemorabile, nessun bisogno di parole, fra loro.
Solo sguardi di occhi ancora vivi dietro ciglia imbiancate e palpebre solcate di rughe profonde; solo carezze leggere di dita incurvate di artrite, baci dolci di labbra rese vizze dal tempo.
Il tempo, quanto tempo.
Non parole.
“Sei tu“.
Tutto quanto sei tu, tutto quanto mi accade, ogni volta, nel letto: l’emozione e il piacere, la dolcezza, il calore, il galoppo sfrenato e l’immergersi lento nel lago, l’entusiasmo e l’attesa, la toccata e la fuga, il crescendo della sinfonia.
Tuffo e volo ed unghiata e carezza, e ogni nuova infinita sorsata di vita.
Tutto quanto tu sei perché tutto, tutto quanto mi accade, questo è: un continuo venire a cercare di te.

Tutto senza parole, solo sguardo profondo negli occhi e  una lunga carezza,  leggera sul viso già solcato di rughe profonde.
“No, non dormivo“
“Che ora è?“
“E’ passata mezzanotte. A proposito: auguri, Amore. Buon compleanno“.
Ancora ricordi, a decine, tutti insieme, come  quando si scioglie all’improvviso il nastro di raso che tiene legate le fotografie, e le immagini rotolano, cadono, si rimescolano e si accavallano fra loro, per un istante solo.

“Ho paura che resterai deluso, caro.“    

Sul comodino, ancora chiusa nel blister di stagnola, la forma  a rombo di una piccola compressa blu.
(“In caso di bisogno, se le dovesse accadere di… non farcela insomma,  la può prendere tranquillamente. La prenda circa un’ora prima, e vedrà che la aiuterà a raggiungere una  condizione più che soddisfacente. Ma, mi raccomando, senza esagerare: è lo sforzo eccessivo che le può fare male.“)

 “Voglio dire, per via della torta“.

Si girò, l’ultima fotografia, la più bella, non ancora riposta nella scatola di cartone.

“A parte il fatto che non le ho trovate, penso che non ci sarebbero nemmeno state tutte, sulla torta, ottantacinque candeline“.

 Di nuovo tutte quante le foto sul lenzuolo, ma stavolta girate dalla parte del dorso.
Infiniti rettangoli bianchi, tutti uguali e insensati; su qualcuno soltanto una data.

“Andrà benissimo anche una candelina sola, cara. Dammi un bacio“.

Sulla bocca di lei il sapore lontano di ciliegie mangiate di nascosto, stando a cavalcioni sul ramo, nel profumo delle sere di maggio.
Lasciò andare le labbra a un sorriso sottile, abbozzato e, con un tocco leggero delle dita, fece scivolare la compressina blu nel cassetto semiaperto.

“In caso di bisogno“, ha detto il medico.

No, nessun bisogno.
Non ancora, amore mio.

 Non ancora, fino a che ci sei tu.
 

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LA SESSUALITA’

Dott. Tassiello.
Terza parte – LA SESSUALITA’

Questa terza parte del “trittico- Innamoramento, Amore e Sessualità“ di cui stiamo argomentando è dedicato alla sessualità, intesa come l’agire un comportamento finalizzato alla procreazione e ricreazione.
Per la complessità dell’argomento, come si intuisce dalle finalità, abbiamo preferito trattarlo in più riprese.
Parlare di sessualità non può prescindere dall’affettività e dal coinvolgimento emotivo e sentimentale, grazie al contributo della corteccia cerebrale che ci contraddistingue dalle specie animali inferiori. Quindi possono essere giustificabili e comprensibili alcune idee di fondo: 1)le relazioni sessuali e affettive rivestono interesse pubblico, il bene meritevole di protezione pubblica e’ la relazione affettiva sessualmente caratterizzata; 2) la relazione affettivo-sessuale ha valore anche nel suo esistere provvisorio; 3) il benessere sessuale è il barometro della salute; 4) la sessualità umana si propone come procreazione e ricreazione; di cui ho già precisato sopra.
Ma cosa intendiamo con il termine sesso? E per sessualita’ nella diversità e/o dimorfismo sessuale?
Nell’etimo dei due termini troviamo la radice sexus = secare – dividere il maschile (x-y) dal femminile (x-x). Spero di non essere frainteso, ma me ne assumo ampia responsabilità e piena disponibilità all’interazione, senza usare il termine più politico di “contraddittorio“, per gli aspetti della diversità che meritano pieno e indiscusso rispetto. Quindi il sesso e per esso la sessualità, intesa come comportamento, rappresenta un impulso biologico naturale; una potente energia salutare; una sfera importante della vita; una scelta consapevole e responsabile; una espressione d’amore desiderata da entrambe i partner. Questi aspetti di contenuto della sessualità meritano ben più ampio spazio ed altri più capaci interpreti Cito con piacere, ma anche con alcune riserve, A. Schopenhauer nel suo più importante lavoro sull’argomento: “Metafisica dell’amore sessuale“; in cui l’autore afferma che: << … L’amore inganno della natura …>> E prosegue << …Ma, anche senza mito e senza simbolo, la veemenza dell’istinto sessuale, la vivacità del suo ardore e la profonda serietà, con la quale ogni animale, compreso l’uomo, ne compie le funzioni, dimostrano che proprio mediante la funzione sessuale l’animale appartiene a ciò in cui propriamente e principalmente sta il suo vero essere, cioè alla specie, mentre tutte le altre funzioni e tutti gli altri organi servono direttamente solo all’individuo, la cui esistenza, in fondo, è puramente secondaria.
Nella veemenza di quell’istinto, in cui si concentra tutta l’essenza dell’animale, si esprime inoltre la coscienza che l’individuo non dura, e che quindi deve dare tutto per la conservazione della specie, nella quale sta la sua vera essenza“.
S. Freud e collaboratori hanno ampiamente approfondito il tema della sessualità ed elaborato il passaggio dal concetto sessuale di pulsione a quello di relazione con queste caratteristiche: il concetto freudiano di pulsione sessuale considera il comportamento sessuale come una sorta di “impianto idraulico“, cioè un serbatoio che si riempie di “libido“ e che attraverso la scarica pulsionale ritorna ad uno stato di equilibrio e di “calma psicofisica“. Il concetto sessuale di relazione oggettuale introduce il termine relazione per indicare tutto ciò che precede l’atto sessuale (corteggiamento, seduzione, innamoramento, amoramento,ecc.); cioè il bisogno sessuale spinge alla ricerca di una relazione sessuale fissa, che sia supportiva e rassicurante per ciascuno dei due partner, pensando alle incertezze e rischi del futuro. Le attuali ricerche sulle MTS (malattie trasmesse sessualmente) hanno indicato nella promisquità sessuale la causa primaria; una specie di “castigo“ per i “peccati“ commessi. In realtà sembra essere chiamata in causa la “familiarità“ che si struttura tra la basicità del liquido spermatico e l’acidità della cavità vaginale. Le considerazioni e le riflessioni fin qui proposte non vogliono essere che le premesse per un approfondimento in cui sono accettate e desiderate delle proposte di integrazione. 

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Dove sta la disabilità? II parte

Seconda parte – L’AMORE

Nella prima parte, relativa a questo tema, abbiamo parlato dell’innamoramento, questa seconda parte è dedicata all’AMORE.
Così come abbiamo fatto nella prima parte, parleremo del tema in oggetto, considerandolo nella sua dimensione “normale“, perchè ci sembra riduttivo se non irriverente ridurlo nelle sue caratteristiche per un uso addomesticato. Partiamo, comunque, da una citazione estratta da un articolo già presentato: “Probabilmente concedere una maggior autonomia sessuale alle persone disabili spaventa noi più di quanto sia un problema per loro.“

Che cos’è l’amore e perché il termine stesso è in uso quasi come sinonimo dell’innamoramento? L’amore deve avere una sua collocazione e giustificazione nel suo etimo. Intanto facciamo una prima distinzione per le varie forme di amore, da quello filiale, amicale, genitioriale, ecc. Noi parliamo dell’amore erotico nella coppia, e lo distinguiamo dall’attivazione sessuale che ne è una giusta e logica conseguenza. Nella prima parte abbiamo detto che l’innamoramento è un fenomeno psico-fisico scatenato dall’intervento di un gruppo di ormoni , la FEA, che si esaurisce in un lasso di tempo contenuto, in seguito al quale, ci può essere una trasformazione dell’innamoramento in amore. L’amore, già nel suo etimo contiene gli elementi che lo contraddistinguono dall’innamoramento, che ricorda e rimanda ad una sorta di infiammazione e di incandescenza  che , proprio in queste forti propulsioni , ha la sua caducità; mentre …
L’AMORE rappresenta una forma molto potente di negazione della morte; nel suo etimo la a è la particella greca della negazione;  e more contiene la radice mors di morte. Quindi l’amore è la negazione della morte. “L’amore è l’unica cosa che non può morire“ recita un verso di una canzone di Adriano Cementano.
L’amore erotico (romantico – passionale) si estrinseca attraverso il fenomeno “proiettivo“, assimilato dalle figure genitoriali: il padre ha come oggetto d’amore la figura femminile, per cui è funzionale al maschio per identificazione e per la femmina che si identifica come oggetto d’amore; per la madre il processo identificatico è inverso.
Alcuni autori definiscono l’amore come una costellazione di affetti, attrazioni, desideri e bisogni. Mentre le prime tre dimensioni di questa definizione dell’amore sono comprensibili e accettabili, quella dei bisogni rende l’amore più freddo e speculativo. Ma, Robert J. Sterberg, tra gli esponenti più autorevoli di questo tema, nella sua teoria della triangolazione dell’amore lo intende come il risultato di tre componenti che si possono collocare ai vertici di un triangolo e che sono: l’intimità, la passione e la decisione/impegno. Anche qui la terza componente ha un sapore estraneo, oltre che freddo e da calcolo aritmetico. Come dire, con le parole di Francois-René Chateaubriand: <<Il cuore sente, la testa confronta>>. Ed è proprio su questo confronto, tutto di testa e di considerazioni sociali ed economiche, che gli amori degli andicappati sono costretti, da un regime educativo pregiudizievole, a sublimare e proiettare fuori dalla cerchia delle persone concrete i loro bisogni affettivi. Per una decisione già dichiarata, non approfondisco questo tema, già ampiamente trattato in altre occasioni.

Dott. Tassiello

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Odissea nello spazio 2008

Ulteriori approfondimenti a quest articolo li trovate nelle pagine:
http://www.piccologenio.it/?p=181
http://www.piccologenio.it/?p=182
http://www.piccologenio.it/?p=183

di Joe Mingione
Tra mito e realtà. Questa settimana ho scelto un articolo sulla condizione femminile delle donne disabili. Dagli anni sessanta si è fatto molto e, non sempre bene, per migliorare la condizione delle donne all’interno del contesto sociale italiano ed europeo (oltre che mondiale, con le dovute divergenze temporali da Paese a paese). Ma oggi come avviene l’inclusione delle donne all’interno del contesto sociale di riferimento? Ci sono ancora, nel nostro Paese, donne di serie A e serie B? Come è migliorata la partecipazione di voi donne, di tutte le donne, all’interno sia del contesto femminile, sia del quadro rappresentativo delle problematiche femminili? A voi ulteriori interrogativi, commenti e riflessioni con i quali spero di poter arricchire questo articolo, che in altri tempi, i maschilisti o i finti cavalieri cortesi non avrebbero esitato a definire “Rosa“ (o ancor peggio del “gentil sesso“, come se gli uomini fossero il brutal sesso!).
“L’articolo incriminato, da cui nasce codesta pagina“..
Ad oggi, i progressi compiuti dalle donne nei decenni precedenti in tema di diritti e pari opportunità non sembrano includere le donne con disabilità. Questa è in sintesi la riflessione maturata nel corso del convegno internazionale organizzato a Roma da Integra, Federazione italiana superamento handicap (Fish) e Disabled people international (Dpi).
Le donne disabili sono tuttora vittime di una marginalizzazione sociale per colpa della quale subiscono diverse discriminazioni: “Trascurate dal movimento femminista e ancora marginali nell’associazionismo dei disabili, le donne con disabilità denunciano discriminazioni nell’istruzione, nel lavoro e nella vita affettiva. E sono un target facile di violenze sessuali, soprattutto se con disabilità psichiche“ (fonte www.superabile.it). Per sottolineare la gravità e la molteplicità delle discriminazioni alle quali sono sottoposte queste donne, Emilia Napolitano (Dpi), parla a tal proposito di “discriminazione multipla“. Una discriminazione che nella scuola colpisce la quasi totalità delle donne disabili, in quanto solo l’1% di esse a livello mondiale, sa leggere e scrivere, contro il 3% degli uomini. Ma i dati non migliorano se si prendono in considerazione altri settori importanti come il lavoro e gli affetti: nel primo caso, secondo una ricerca pubblicata dal Coe nel 2003, soltanto il 25% delle donne disabili lavorava contro il 35% degli uomini, mentre per ciò che concerne gli affetti il dato è ancor più sconcertante poiché le donne disabili, oltre a giungere più tardi, rispetto alle altre donne e ai maschi disabili al matrimonio, vedono negarsi il diritto alla maternità che viene loro largamente sconsigliata dai medici e dai familiari.
Un quadro piuttosto negativo, avvalorato anche dall’articolo 6 della Convenzione Onu dei diritti dei disabili, che parla al riguardo dell’esistenza di una duplice discriminazione verso le ragazze e le donne con disabilità. A distanza di un anno dalla sua approvazione, la Convenzione è stata ratificata solo da 13 Paesi, tra i quali non figura ancora l’Italia. Affinché il testo possa entrare finalmente in vigore è necessario che si arrivi alla firma della Convenzione da parte di almeno 20 Paesi.

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Amore e sessualità nelle persone con handicap fisico e/o cognitivo I parte

Ho tratto questo articolo dai sito www.diversamenteabili.it L’ho voluto mettere nel mio sito perché lo ritengo interessante per genitori, insegnanti e tutti coloro che si relazionano con Persone con handicap fisico e/o cognitivo.  Potette mettere i vosrti commenti, domande… a piedipagina.

Introduzione: Le complesse problematiche che caratterizzano la sessualità delle persone handicappate mettono in evidenza alcune drammatiche contraddizioni del nostro atteggiamento educativo.
La prima contraddizione riguarda proprio le sue finalità. Come abbiamo già sottolineato, uno dei presupposti teorici e metodologici irrinunciabili dei programmi educativi per l’handicap si fonda sul concetto di massima autonomia possibile.
Tale concetto, che riconosce la necessità di restituire al disabile i più ampi spazi possibili di autodeterminazione, è tuttavia applicato con estrema difficoltà all’ambito sessuologico.
Quando infatti, all’interno di un progetto educativo diventa necessario affrontare il tema della sessualità, si tende solitamente a sostituire il principio della massima autonomia possibile con quello della minima autonomia indispensabile.
È come se qualcosa di non dichiarato ci confondesse all’ultimo momento. Probabilmente concedere una maggior autonomia sessuale alle persone disabili spaventa noi più di quanto sia un problema per loro.
La seconda contraddizione sul piano metodologico riguarda la tendenza a privilegiare interventi a carattere repressivo, finalizzati al contenimento delle spinte sessuali, rispetto ad interventi più propriamente educativi orientati, invece, all’acquisizione di adeguate modalità di vivere ed agire la sessualità.
Nella nostra esperienza, la maggior parte delle richieste di consulenza per problematiche connesse alla sessualità di persone con handicap sono, infatti, motivate dalla necessità di reprimere e contenere comportamenti disfunzionali, piuttosto che dal desiderio di aprire per queste persone nuove prospettive sessuali ed affettive.
Questo modo di procedere è chiaramente antitetico rispetto a quanto di norma avviene per gli altri ambiti di funzionamento della persona con handicap, per i quali la logica educativa prevede prima di tutto l’insegnamento di abilità e competenze che consentano l’accesso a più ampi spazi di autonomia e, solo in seconda istanza, qualora se ne presenti la necessità, il contenimento di comportamenti problematici che potrebbero limitare l’autonomia della persona stessa.
Esiste poi una terza, grave, contraddizione che riguarda la scelta del terreno sul quale lavorare.
La vita sessuale ed affettiva delle persone con handicap psichico è regolata da centri del SNC normalmente non compromessi dalla lesione cerebrale responsabile del deficit cognitivo. Nonostante l’handicap ponga a volte dei grossi limiti ad una sua adeguata espressione, il terreno dal quale nasce la sessualità è un terreno abitualmente «sano».
Ed è proprio qui che si genera il paradosso. Il buon senso ci suggerisce di coltivare per primi i terreni più fertili e poi, se resta il tempo, di dedicarci anche a quelli improduttivi. Eppure, nel caso dell’handicap tendiamo ad occuparci soprattutto della terra che da pochi frutti, trascurando quella più ricca di promesse.
A volte produciamo curricula di apprendimento sofisticatissimi, pur sapendo che, dati certi limiti biologici, i risultati saranno molto poveri, e ci dimentichiamo invece che esiste la sessualità, una
terra fertile e viva.
Addirittura, il recupero della dimensione affettiva e sessuale ha consentito, in molti casi, di ottenere risultati impensabili anche all’interno di curricoli per i quali erano già stati spesi anni di paziente ed improduttivo lavoro (Veglia, 1999c).
Se si trattasse della nostra vita, difficilmente sceglieremmo di imparare con fatica ad allacciare le scarpe o ad usare con perizia la forchetta, piuttosto che imparare ad utilizzare il nostro corpo per conoscerci e per scambiarci desiderio, piacere, amore. Ma dal momento che siamo noi a decidere per gli altri troviamo molto più rassicurante fare mille altre cose, piuttosto che provare a confrontarci con il mondo pericoloso della loro sessualità.
Si tratta di una crudeltà che le persone handicappate di sicuro non meritano. Non esistono, infatti, ragioni valide per giustificare questo tipo di atteggiamento, se non quelle che fanno capo alla nostra personale difficoltà e paura di affrontare l’argomento in termini educativi.
Una possibile ragione di questa difficoltà è collegata ai significati che, spesso in maniera inconsapevole, attribuiamo al rapporto tra handicap e sessualità. Tali significati riflettono, almeno in parte, la nostra personale idea di sessualità, ma anche le forme convenzionali attraverso le quali la nostra cultura definisce tale rapporto.
Eppure, nel 1993, l’Assemblea Generale dell’ONU ha pubblicato un documento nel quale veniva riconosciuto a tutti i portatori di handicap, sia fisico che mentale, il diritto di fare esperienza della propria sessualità, di vivere all’interno di una relazione, di avere dei figli, di essere genitori, di essere sostenuti nell’educazione della prole da tutti i servizi che la società prevede per i normodotati ed anche, non ultimo, il diritto a ricevere un’educazione sessuale.
L’ONU, nel suo documento, auspica inoltre che tutti gli Stati membri si rendano promotori del superamento degli stereotipi culturali che ostacolano il riconoscimento di questi diritti alle persone con handicap.
Benché i dettami contenuti nell’articolo 3 della nostra Costituzione siano in linea con questo principio, in Italia non sono ancora stati emanati provvedimenti legislativi che tutelino i diritti di cui sopra, né tanto meno è stata sollecitata la nascita di movimenti di opinione che sostengano la posizione espressa dall’ONU. L’organizzazione dei nostri servizi ne è la prova.

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Amore e sessualità nelle persone con handicap fisico e/o cognitivo II parte (aggiornato il 6-5-08)

QUI SI VUOLE APPROFONDIRE IL DISCORSO DELLA SESSUALITA’ DELL’HANDICAPPATO PSICHICO. Anche questa pagina è tratta dal sito:  www.diversamenteabili.it  . Se avete dell domande è a disposizione la dottoressa Porri (responzabile della rubrica “La psicologa risponde”). Le domande le dovreste mettere tra i commenti; così che anche le risposte verrano pubblicate. La Dottoressa ed siamo contrarie allo scambio di e-mail private tra Lei e Voi.

Parte più specifica:
Se Freud qualificava la propria identità unicamente come «ebraica», l’handicappato non può riferirla che alla sua appartenenza al vasto e sconosciuto pianeta dell’handicap, dove il territorio della sessualità è scotomizzato e pertanto invisibile ai normali.
In realtà, l’identità sessuale della persona handicappata ha spesso non soltanto la base biologica «difettosa», ma vengono anche a mancare dei pilastri che possono permettere la costruzione dell’edificio di cui sopra.
Manca soprattutto «l’abilità del costruttore», mancando infatti la capacità di autonomia l’handicappato è costretto a costruire la sua «capanna» contando unicamente sull’aiuto degli Altri.Gli stessi che hanno promulgato le Leggi del Pianeta sul quale viviamo. Nella maggior parte dei casi, quindi, i pilastri non si strutturano affatto. La seduttività femminile, cioè la coscienza delle proprie capacità di attrarre una persona dell’altro sesso allo scopo di instaurare una relazione amorosa (non una relazione soltanto sessuale), fragile già in moltissime persone «normali», raramente aiuta la ragazza handicappata, quando non la mette addirittura a rischio d’essere violentata o usata da uomini senza scrupoli. «Se non sono abbastanza bella non sarò mai scelta e nemmeno guardata da un uomo» recita l’Ideale dell’Io interno di ogni adolescente.
L’handicap psichico è spesso accompagnato da un corpo che non rientra nei canoni della bellezza e la ragazza handicappata non può contare sul cinto magico di Venere per sedurre ed attrarre a sé l’uomo dei suoi sogni.
La maternità viene impedita dalla famiglia e dalla società tutta. Come affidare un bimbo ad una madre che non è in grado di prendersene cura e di costituire per lui una base sicura? Il ruolo sociale lavorativo è ugualmente negato anche se esiste una legge che prevede l’inserimento degli handicappati in uffici e fabbriche.
Il maschio, a sua volta, anche se non ha bisogno di essere scelto sulla base dell’avvenenza fisica, in quanto la cultura ha sempre basato la seduttività maschile sull’intelligenza e sul ruolo sociale, ha problemi proprio in questo campo.
Resta la possibilità di attuare rapporti sessuali completi cosa indubbiamente più facile per il maschio che per la femmina. La prostituzione, che risolve problemi di ogni tipo a pagamento è al servizio anche di questa fascia di persone.
Impedito all’uomo un ruolo sociale e lavorativo autonomo, un rapporto sessuale completo e soddisfacente con la compagna dei propri sogni, resa impossibile la paternità, impedita alla donna la seduttività, la maternità nonché il ruolo di moglie o quello sociale lavorativo, da che cosa l’handicappato psichico può ricevere il segnale di piacere, per lui, come per ogni essere umano, sentinella di vita?
Si è sopra accennato che, quando i bisogni psicologici primari non vengono soddisfatti, quando una persona handicappata non ha la possibilità di avere rapporti affettivi, teneri, non può raggiungere né una identità sessuale certa, né una totale autonomia e vengono di conseguenza a mancare l’autostima e l’autorealizzazione, si strutturano comportamenti difensivi.
Il primo, l’aggressività, rivolta verso i familiari ed in seguito verso i compagni e gli insegnanti, rappresenta non solo la difesa primaria, comune a tutto il genere umano, ma la ribellione ad una condizione difficile e, paradossalmente, la comunicazione sul proprio bisogno di relazione affettiva.
Il secondo, l’esibizionismo, rappresenta una comunicazione sul bisogno di identità sessuale, rivolta agli adulti che se ne prendono cura: ho bisogno che voi vediate i miei genitali per avere la conferma della mia identità sessuale.
L’esibizionismo dell’handicappato psichico, sia esso maschio che femmina, è inoltre ed in parte una regressione. I primati mostrano i genitali non solo come richiesta sessuale, ma come richiesta di amicizia.
Tutti gli adulti, di fronte ad entrambi questi comportamenti si spaventano sia perché viviamo in una società dove l’aggressività del singolo è inibita e considerata un comportamento fortemente negativo (non quella collettiva che si esprime con la guerra!), sia perché tutto quanto riguarda la sfera genitale è considerato sporco e vergognoso, salvo che per le pubblicità!
La nostra cultura, inoltre, è rupofobica oltre che sessuofobica e fobica rispetto ai cattivi odori. Basta pensare all’enorme quantità di deodoranti che vengono consumati, al bisogno coatto di lavarsi che hanno alcune persone, al disagio che viene provato di fronte alla masturbazione del bambino piccolo o dell’handicappato.
Noi viviamo in una società in cui si parla moltissimo, sui settimanali, sui quotidiani, al cinema, alla TV di sessualità: il nudo femminile, e, ultimamente anche maschile, «promuovono» la vendita dei prodotti commerciali più disparati.
Tuttavia i bambini vengono toccati, accarezzati, tenuti in grembo solo fino a tre, quattro anni. Man mano che il bimbo cresce viene coccolato o preso in braccio sempre meno.
Gli adulti che si incontrano, se sono donne baciano l’aria, se sono uomini si danno una pacca sulla spalla. Per alcuni anche lo stringersi la mano può costituire un problema.
La cosiddetta liberalizzazione sessuale ha aperto la porta ai rapporti sessuali prematrimoniali, ma mette di fronte soprattutto i cattolici alla liceità o meno della contraccezione. La contraccezione diventa indispensabile ove si voglia permettere agli handicappati psichici di avere rapporti tra di loro.
Questo se non si vuole o non si può giungere a una decisione più drastica e conflittuale quale è la sterilizzazione di tutti gli handicappati, maschi e femmine o all’aborto.

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Amore e sessualità nelle persone con handicap fisico e/o cognitivo III parte

Le conclusioni di www.diversameteabili.it
La sessualità dell’handicappato rappresenta, dunque, un problema complesso che mette in crisi famiglia, educatori e scuola in quanto costringe a prendere decisioni che mettono in crisi e spesso portano a reprimere ogni tipo di comportamento sessuale, soprattutto nelle donne.
La base di partenza potrebbe essere una riflessione sulla propria sessualità, sul significato che diamo al piacere, sui valori che intendiamo rispettare, sulla nostra capacità di accettazione del diverso. Dobbiamo nel contempo valutare le privazioni cui sono sottoposti gli handicappati. La loro identità sessuale, lo si è detto, non poggia né su pilastri biologici, né su pilastri sociali. Il piacere sessuale è legato alla sola masturbazione che di conseguenza diventa spesso coatta e pubblica. Soltanto se comprendiamo il significato che il piacere ha nella vita umana possiamo sperare di poter dare agli handicappati una vita meno difficile. Il piacere può venire da contatti umani più accettabili, dal gioco, da un cibo particolarmente curato, da un educazione alla musica, allo sport, ad un tipo di lavoro gratificante, alla maggiore autonomia possibile. Dovremmo cercare di dare a ciascun essere umano la possibilità di legare il piacere alle relazioni umane e al proprio lavoro. Questo comporta, se voi volete, non solo tutto un altro modo di pensare all’inserimento lavorativo degli handicappati, ma anche un altro modo di accettare quando non addirittura favorire l’autoerotismo, quando non sia possibile auspicare l’instaurarsi di relazioni sessuali tra di loro. Tuttavia questa «liberalità» solleva una serie di conflitti interni, limitare la sessualità degli handicappati psichici ad un rapporto sessuale non procreativo è una decisione che desta una serie di angosce. Però noi non abbiamo rimedi: l’handicap è un problema senza soluzioni ottimali; è un problema che mette in gioco la nostra onnipotenza. Noi, soprattutto con l’aiuto di medici e psicologi, vorremmo riuscire a trovare una «terapia» valida per ogni male, essere capaci di guarire ogni malattia, di porre rimedio ad ogni difetto. Spesso invece possiamo soltanto scegliere tra due mali o accettare di non poter proporre alcun rimedio, di non poter guarire. Su questa linea sottile che divide il normale dall’handicappato non vi è una soluzione ottimale, né tanto meno una soluzione che vada bene per tutti. Ogni caso è un caso a sé, ogni caso ci richiede di individuare la strada da percorrere, ogni caso rappresenta una sfida che dobbiamo raccogliere.
 
 

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Dove sta la disabilità?

“Probabilmente concedere una maggior autonomia sessuale alle persone disabili spaventa noi più di quanto sia un problema per loro.“

Questa provocazione, estratta da un articolo pubblicato qualche tempo fa, è uno spunto di riflessione per ciascuno di noi, per le nostre numerose forme di handicap di cui siamo ignoranti portatori.
Una prima distinzione è di obbligo tra Amore e Sessualità, ed ancora di più tra Innamoramento, Amore e Sessualità.
L’innamoramento si rappresenta con un’iniziale forma di depressione dovuta alla solitudine in quanto siamo individualmente handicappati, la completezza è nella coppia eterosessuale F+M; senza entrare in altri pensieri sociali aspramente “contaminati“ dalle varie forme di omofobie. Anche su queste “nostre paure“ ci risparmiamo le polemiche su cui si è ampiamente dibattuto.
Grazie all’innamoramento sono possibili le prime esperienze di contatto fisico (baci, abbracci, carezze, necking e petting) tipiche delle fasi adolescenziali meglio definite  “il tempo delle mele“.
In questo periodo del nostro ciclo di vita, grazie ad una sorta di orologio interiore, inizia una abbondante produzione di ormoni, e proprio durante l’innamoramento viene prodotto un ormone, la feniletilamina o FEA responsabile dello stato di eccitazione e attrazione. Questo sconvolgimento interiore è una spinta ed un sostegno alla ricerca di autonomia dalla dipendenza genitoriale.
Rappresenta un equilibrio di sintesi tra tenerezza e sensualità e il compimento dell’identità sessuale,
ed il conseguente sviluppo della personalità. Successivamente l’organismo produce degli oppiacei mentali (endorfine o morfine endogene) che hanno un effetto contrario alla FEA; la durata dell’innamoramento è….. un tempo non ben definibile; ma che per le persone timide, resta in un “limbo impresentabile“. Dove sta la disabilità?

Dottor Francesco Tassiello (psicologo sessuologo)

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L’Amore tantrico (con l’indirizzo del Dott. Tassiello per le vostre domande)

potete leggere un altro articolo attinente a questo cliccando sul link  http://www.piccologenio.it/wp-admin/post.php?ction=edit&post=462

Parlare dell’amore è semplice e complesso nello stesso tempo; sicuramente i poeti hanno avuto l’ardire e l’ardore di farlo prima e con la competenza che viene dal vissuto personale. Quando l’amore è inteso come il fare l’amore, il contesto di riferimento è la sessualità con le sue prerogative e riserve che la maggior parte delle persone hanno nel parlarne, più che nell’agirlo. L’amore tantrico ha una filosofia consolidata nel lungo tempo, con il fascino che viene da tutto ciò che è datato, che siano opere d’arte, monumenti o filosofie che hanno retto al logorio del tempo. Quindi parto dal che cosa rappresenta il Tantra, seguendo la descrizione di un autore contemporaneo: Jolan Cheng, il tao dell’amore. L’armonia sessuale secondo l’antica saggezza cinese. L’India ha stupito l’Occidente con il suo Kamasutra, scrive l’autore, la Cina stupisce ora con il suo Tao dell’Amore. Fra tutte le religioni e le filosofie, nessuna ve n’è libera e sconcertante quanto il taoismo.Oltre 2000 anni fa, i saggi taosti dedicarono pagine venerabili e ridenti alle arti amorose e alle tecniche dell’amplesso.<<Se riuscirete a fare l’amore cento volte senza eiaculare, potrete vivere una lunga vita >>, disse il grande medico taoista Sun S’Su-Mo. Il “coitus reservatus“, la cosiddetta “continenza maschile“, praticata in certe comuni americane dell’800, la karezza propagandata in Europa negli anni 20, infine alcune forme tantriche di unione e le tecniche arabe dell’Imsak (cioè del “trattenere“) non sono, secondo Chang, che echi parziali e distorti di questa singolare teoria dell’antica Cina: teoria di cui il Tao dell’Amore offre la prima esposizione rigorosa e completa. Ricco, come il Kamasutra, di incantevoli e minuziose osservazioni sulla Posizioni e sul Bacio, questo autore ha soprattutto il merito di proporre all’Occidente un’antica “ars amandi“ che sembrerebbe capace non solo di debellare i flagelli dell’eiaculazione precoce, dell’insoddisfazione femminile e del declino sessuale parallelo al declino dell’età, ma anche di offrire possibilità quasi illimitate di contatti e di pratiche devote su quelli che gli antichi cinesi chiamavano “i tappeti di preghiera e di carne“. Dicono ancora gli esperti dell’amore tantrico che “far bene all’amore non giova solo all’amore, ma anche alla salute“. Le donne dovrebbero cercare di avere relazioni sessuali appaganti, mentre gli uomini possono trarre vantaggi per la salute se intessono relazioni con compagne belle.
Anche alcune ricerche recenti, nelle università occidentali, confermano questi assunti.  Due studi rivelano che il buon sesso fa bene alla salute maschile e femminile. Le signore, per sentirsi meglio, dovrebbero mantenere una vita sessuale attiva e, sopratutto, appagante, mentre i maschietti stanno meglio semplicemente se si trovano in compagnia di una donna di bell’aspetto: questo provoca nei maschi un aumento dei livelli di cortisolo e testosterone, ormoni collegati alle sensazioni di benessere, attenzione e appagamento. Il primo studio è stato svolto presso la Monash University, in Australia, e ha indagato il rapporto tra la vita sessuale e il benessere psicofisico femminile. La ricerca, pubblicata sul “Journal of sex medicine”, ha considerato un campione di 295 donne, di età compresa tra i 20 e i 65 anni, che avevano almeno due rapporti sessuali al mese. Dai risultati raccolti dall’indagine è emerso che non è la frequenza degli incontri intimi a incidere sul benessere sessuale femminile, dato che spesso questi avvengono anche se la donna prova poco o nessun piacere, ma è la qualità dell’amplesso a incidere sulla soddisfazione e sulla salute psicofisica del gentil sesso.Concludo con ciò che afferma nel suo libro il maestro orientale Osho L’amore nel tantra…“I rapporti non sono qui per renderci felici o appagati. Se voi continuate a perseguire il fine della salvezza attraverso una relazione, continuerete a restare delusi. Ma se accettate che la relazione è qui per rendervi consapevoli anziché felici, allora il rapporto vi offrirà davvero salvezza, e voi potrete allinearvi alla Consapevolezza Superiore che vuole nascere in questo mondo. Per coloro che si attengono ai vecchi schemi, vi saranno ancor più dolore, violenza, confusione e pazzia.“
“Il Tantra si fonda sulla vita. Il Tantra è l’arte di vivere e di amare. Il Tantra è il metodo attraverso cui entri in rapporto con la tua sensualità, con la tua fisicità, con la tua sessualità. E tu ne hai paura perché ti è stato detto che in tutto questo c’è qualcosa di malato. Hai paura di incontrare il tuo corpo e il corpo dell’altro, perché in profondità temi di fronteggiare il tenore assoluto della morte nel sesso, quando sesso tocca un punto estremo”.
«Il sesso è una piccola morte e proprio per questo è in grado di donare gioia. Per un istante ti perdi, e quell’istante è l’orgasmo. In quell’istante sei pura energia, che vibra e pulsa. Senza un centro, senza un ego. Esci da te stesso, diventi vasto, immenso». Questo tema richiederebbe uno spazio molto più ampio, ma può essere una prima provocazione propedeutica ad altri momenti per approfondire questo argomento vitale oltre che stimolante. Insieme alle bellissime parole di Osho, che rappresentano la fonte della filosofia orientale, mi piace aggiungere un pensiero occidentale che viene da una forma di filosofia del benessere e che ci suggerisce di fare ginnastica, leggeri esercizi fisici, mangiare in maniera equilibrata, ed infine, ma non ultimo integrare l’alimentazione. Un suggerimento utile è il “trittico“ di cui  ho già fatto cenno, cioè il “PROVITALITY“ nome non casuale, in quanto contiene gli integratori nutrizionali per la nostra vitalità suggeriti dagli esperti. Per maggiori informazioni sul tema si può contattare il Dottor Francesco Tassiello all’indirizzo francesco.tassiello@tiscali.it  .

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