Un bagno di libertà: l’accoglienza è uguale per tutti?

Da più di dieci anni passo volentieri un periodo delle vacanze estive in un paese della Toscana da una mia parente, Ali.

Da sempre ritengo questa regione un esempio di ospitalità e accoglienza per tutti, anche per me. Nel paese dove mi reco mi conoscono un po’ tutti. I miei amici; si sono accorti dell’accoglienza e dell’ospitalità nei miei confronti di tutto il paese.

Nelle giornate più calde le ho trascorse sempre  in piscina, passavo le giornate tra decine di vasche e collegarmi ad internet con il mio portatile. Mi piace starci da sola, parlare con i turisti, i dipendenti, i proprietari. Amo nuotare, è il mio sport ideale: in assenza di peso mi muovo in modo fluido, inoltre ho fatto tanti corsi per imparare e perfezionare i diversi stili. Piccole cose che mi fanno sentire autonoma e accettata. Fino qui nulla di strano direte voi: un bell’esempio d’integrazione.

Purtroppo tutto di un tratto sono cambiate le cose: un giorno come tanti ero a tavola al bar della piscina, c’era un cameriere nuovo, chiedo il solito piatto di pomodori, ma intuisco che il nuovo personale non è abituato alla mia presenza, mi servono lentamente. Mentre mangio senza chiedere aiuto, al tavolo accanto a me, uno dei titolari, che ha un’età avanzata dice come se io non capissi: “non può stare abbandonata qui tutto il giorno”. Attonita e un po’ timida ho fatto finta di nulla.

Quando una persona è venuta a riprendermi, un altro titolare più giovane ha detto: “non la potete lasciare da noi sola tutto il giorno, lo dica a chi la ospita”. Infuriata ho provato a difendermi ma pioveva, c’era rumore attorno, lui non mi ascoltava… sono salita in macchina per tonare a casa di chi è quasi una nonna per me.

Chi era incaricata di riferire lo ha fatto.

La sera, molto arrabbiata ed incredula, ho convenuto con Ali che il giorno dopo sarei andata a parlare con il titolare, lei mi ha accompagnata, ma ho spiegato io le mie ragioni all’uomo che invece non era stato diretto con me:

Sono sempre stata in piscina da sola, lei mi conosce da anni, era gentile come i vecchi baristi, mi custodiva il computer, ora che succede?” Dissi.

Sono cambiate le regole, non puoi stare qui da sola. Se cadi i turisti si impressionano”.

Se cado mi rialzo da sola, come faccio dall’età di cinque anni –ho spiegato – non sono cambiate le regole ma il suo personale, il bagnino non mi vuole dare un braccio dalla piscina al bar e il barista si scoccia a tagliare, in caso, due pomodori”.

“Non paghi il lettino ma non puoi stare qui da sola, questo è quanto”.

“Preferisco pagare come tutti ed essere trattata come gli altri anni”.

“Non si può! Devi essere accompagnata da qualcuno.” Disse lui stizzito senza fornire spiegazioni alcune, prima di tornare velocemente al bar.

Io e altre persone abbiamo cercato il “regolamento cambiato” citato dal proprietario ma  non vi è traccia… immagino una regola scritta: “in questa struttura accettiamo persone con disabilità, ma solo se con accompagnatore.” Ottima pubblicità per attirare più clientela, che negli anni si è già drasticamente ridotta!

L’unica cosa da fare a quel punto era o rimanere a casa nel piccolo paese, o andare in piscina con Ali, che ha ottantaquattro anni.

Evviva l’integrazione e pari diritti per tutti. Sono maggiorenne, ho la patente di guida, per mia fortuna scrivo, racconto, ho una laurea di cinque anni, eppure in tanti dalla scuola in poi mi hanno creato ulteriori ostacoli. Come sarebbe andata la vicenda se al mio posto ci fosse stata una persona non perfettamente in grado di capire, di difendersi o di chiedere aiuto? Forse è proprio questo che ha sempre messo gli altri in difficoltà nel rapportarsi con me, il fatto che riesco a argomentare, pensare e scrivere.

Un tempo i disabili vivevano a casa e frequentavano classi speciali, ma oggi l’integrazione e il riconoscere le capacità, i limiti (i miei non li ho mai negati o nascosti…), le peculiarità, i talenti e la diversità di ognuno è un fatto reale e per tutti o bisogna sperare di avere un po’ di fortuna?

E pensare che  la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità si esprime chiaramente  in merito alle discriminazioni illustrandole con  queste parole: “Discriminazione sulla base della disabilità indica qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole. La Convenzione riporta anche il concetto di accomodamento ragionevole spiegandolo: “L’Accomodamento ragionevole è il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa”. Bei principi che non sempre sono conosciuti e rispettati.  Mi viene in mente una frase di Emanuela Breda che mi sembra adatta al caso: “Ogni essere umano è unico: rispettarne la diversità equivale a difendere la propria e l’altrui libertà.”

L’intento di questo articolo non è quello di “denunciare”, ma tentare di tutelare la libertà e l’autonomia di molti, cercando, nel mio piccolo, di contribuire al diffondersi di una cultura che tenga conto delle specifiche diversità degli individui, non trattandole come problematiche bensì inglobandole nella quotidianità.

Spero che quello che è successo a me non capiti ad altri e che l’accoglienza, la quiete, le tante eccellenze di tutta la Toscana rimangano tali per tutti, senza inutili distinzioni.

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Il tantra: dalle origini della dottrina all’espansione nel XX secolo

Dopo diversi articoli sul massaggio tantra, vorrei parlare  della sua storia, utilizzo  e diffusione nella nostra società, lontano da luoghi comuni.

Il tantra è nato intorno al  2000 a.C. nella valle dell’Indù fra gli Harappei, un popolo di matrice matriarcale, che avevano una vera e propria cultura del piacere: il lussuoso letto della padrona di casa stava nel salotto ed era lì che la donna festeggiava l’atto amoroso con l’uomo che aveva scelto. Il rapporto con la sessualità era molto cosciente, rilassato, naturale tanto che fare l’amore era un atto sacro. Nei secoli successivi, carichi di repressione, il tantra sopravvisse in alcuni ashram indiani segreti e in alcune linee del buddhismo tibetano.

Arrivato in Occidente nel XX secolo d.C. è stato divulgato, tra l’altro, grazie all’operato di Osho, mistico e maestro spirituale indiano, che nel 1978 illustrò e commentò le 112 tecniche di meditazione dello shivaismo tantrico riportate nel Vigyana Bhairava Tantra, per poi dedicarsi più avanti alla scrittura di numerosi testi interamente dedicati alla materia. Tale filosofia, trovò inoltre, un terreno culturale fertile grazie alla rivoluzione sessuale e l’emancipazione della donna.

Oggi riscontra sempre più interesse proprio perché unisce in un’unica pratica alcuni dei desideri umani più profondi: quello di amare e quello di essere veramente se stessi.

Ma quali sono i benefici la filosofia tantrica più appropriati per  nostra società?

Esso aiuta a sentirsi a proprio agio, ricollegare cuore e sensi, senza le paure di dover essere in un determinato modo piuttosto che in un altro, come spesso ci impone la società odierna.

Ritrovare il piacere, coltivare una comunicazione speciale con il partner o l’operatore tantrico, abbandonarsi alle sensazioni più intime fa parte della pratica del tantra svolta con serietà.

Tale massaggio può essere paragonato all’innamoramento dove in genere, si vivono le sensazioni più intense e spesso inaspettate; in un  buon massaggio tantra queste sono rivissute intensamente e replicate.

Ma c’è sospetto ed ancora poca conoscenza verso questa disciplina, ciò è dato da diversi fattori:

  • la società occidentale non ci abitua a prenderci il nostro tempo, meditare, vivere intensamente le esperienze: tutto deve essere rapido e di consumo. L’opposto della filosofia meditativa e tantrica;
  • spesso l’antica pratica del tantra viene impiegata da massaggiatori non adeguatamente preparati, o da persone che la usano per gestire un certo tipo di prostituzione.

Tutto ciò va a discapito di qualcosa di serio, professionale che può liberare le energie, donare un benessere psico-fisico ed andare incontro a quelle persone, normodotate e disabili, che per motivi più disparati hanno problemi (anche solo momentanei) ad avere una rapporto di coppia. Non a caso Osho affermava che: “il Tantra crede nella tua bontà interiore: ricordati questa differenza. Il Tantra dice che ognuno è nato buono, che la bontà è la tua natura. È una condizione di fatto! Sei già buono!” Esso può aiutare, normodotati e disabili, a conoscere il piacere, l’amore, il rispetto,  per se stessi e il partner. Può essere utile per superare alcuni problemi di coppia. Infatti, quando c’è  empatia e fiducia nel partner o con chi esegue il massaggio, grazie a questa pratica si può vivere la sessualità in modo più totale verso noi stessi e l’altro.

Con il tantra si può raggiungere l’estasi sessuale. Ma di che si tratta? Jenny Wade, psicologo che ha insegnato presso l’Istituto di Psicologia Transpersonale (ora conosciuto come Sophia University), ha svolto ricerche approfondite sull’estasi sessuale che ha poi riportato nel libro “Trascendent Sex. When Lovemaking Opens the Veil.” Nel libro, Wade intervista 91 persone a proposito delle esperienze estatiche. Gli intervistati raccontano che l’estasi sessuale guida a uno stato di profonda pace interiore, dove tutto appare perfetto e confortevole. “Questo profondo senso di pace può portare a vivere momenti in cui si perde forma, in cui cioè si è così presenti con tutto il proprio essere da sentire una totale connessione con l’Universo. Con ciò si vivono sensazioni intense.

L’ estasi non è altro che l’ orgasmo tantrico, un orgasmo che ci coinvolge pienamente, che pervade tutto il corpo, la mente e le nostre energie per portarci alla piena consapevolezza, alla grande beatitudine. Nel tantra si vive la sessualità in modo più intenso, si combinano sesso, amore e meditazione”.

Per conoscere e fare nostra la filosofia del tantra  sono in aumento le scuole, i corsi, i siti, gli articoli su fonti più o meno attendibili, libri e dvd. Ma la strada per “fare nostra” questa antica disciplina è ancora lunga. Quasi non se ne sente parlare nei progetti riguardanti l’assistenza sessuale per disabili e non ve ne è quasi traccia al cinema e sui media tradizionali, che continuano a dire invece molto riguardo l’amore e la sessualità di normodotati e disabili.

Chissà cosa direbbero in merito Elmar  e Michaela Zadra, i counselor del sesso tantrico in Italia che, secondo un articolo de la Repubblica  sulle colline intorno a Firenze, hanno dato una dimostrazione di quest’antica e rigorosa disciplina. Ne cito un paio di stralci:

“La sfida è provare un piacere sessuale centuplicato rispetto al solito. I seguaci del Tantra garantiscono comunque una differenza della durata e della qualità del rapporto, solleticando zone erogene sconosciute. Zadra e la Gossnitzer, psicologi, sposati e felici genitori, sono arrivati da Anghiari, vicino a Arezzo, dove ha sede ilMaithuna“,  l’istituto al quale fanno capo i tantristi d’ Italia.

La serata dedicata al tantra comincia, in un crescendo di ritmo danze, corteggiamento e rituali.

Vi offriamo due opportunità. La prima, semplice, è quella della conoscenza del proprio corpo e di quello del partner attraverso massaggi. La seconda, invece, è l’incontro con il piacere: ci spogliamo, ci massaggiamo a vicenda “.

Vorrei dedicare questo aforisma di Osho a chi non conosce il tantra, a chi lo strumentalizza per fini loschi e a chi ancora si scandalizza di fronte certi argomenti:  “Il Tantra è il cammino della naturalezza. Liberazione è diventare perfettamente naturali (…), è solo essere naturali, essere se stessi.
Tu sei un essere. Lo sei già, non c’è bisogno di diventare qualcuno. (…). L’essere è positivo: quando l’essere è attento, desto, consapevole, l’oscurità scompare”.

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“Nata viva, ma con 5 minuti di ritardo” la vita dopo un’asfissia neonatale

Lezione per il master di neuropsicologia dell’età evolutiva, Università Lumsa di Roma

Scaletta degli argomenti da trattare:

INTRODUZIONE

presentazione, parlare degli studi e del percorso formativo e lavorativo. In particolare soffermarsi sul progetto “Disabilità e narrazione di sé”.

Zoe oggi, l’esperienza nelle scuole e nelle università grazie a “Nata viva” e l’esperienza del giornalismo a Piuculture, da prima il diario e Piccologenio. La scrittura dal mio punto di vista è terapia, è una compagnia, questo mi è sembrato importante comunicarlo alle scuole incontrate.

l’esperienza nelle scuole: è stato e continua ad essere per me importante incontrare gli studenti dalla quinta elementare alle università, per raccontare una testimonianza e condividere traguardi, problemi, metodologie, narrazioni e passioni. Raccontare vari esempi di bambini, ragazzi e professori incontrati con il progetto “disabilità e narrazione di sé”.

ENTRIAMO NEL VIVO DI NATA VIVA

LA NASCITA -essendo la giornata delle paralisi infantili parlerei/leggerei della mia nascita: DA PAG.19 A 23

LA SCUOLA-la scuola: introduzione mia; letture spiegare che tutta la scuola è stata segnata da problemi degli adulti… da piccola il rapporto tra pari funzionava. Il sostegno di Valerio (LUIGI).

Oggi come si interviene davanti un problema? La situazione è veramente cambiata o ci sono solo più figure professionali? Il rapporto tra pari come viene facilitato o ostacolato? Lettura PAG 173-175

LA FISIOTERAPIA -Lettura “aggrappati ai pantaloni”, parlare della fisioterapia, i terapisti ed il loro ricordo (una terapia insopportabile voluta dagli adulti). Per fortuna non erano tutti uguali: Luigi mi ha aiutato tanto a scuola, mi ha insegnato ad usare il pc senza traumatizzarmi, anzi… allora un approccio terapeutico che tenga conto della psiche del bambino era già possibile negli anni ‘80 ‘90? Ed oggi come si interviene? A cosa si da valore??? Lettura PAG- 63 E 64

LA FAMIGLIAcome cambiano le dinamiche tra genitori e figli? E tra soggetto disabile e gli altri componenti della famiglia? Gli esempi (e le letture da scegliere) sono tanti: con i nonni, con Fiore, mamma, papà, Ricky ect  quale il ruolo dell’analisi? Difficoltà di Zoe adolescente ed adulta nel creare relazioni al di fuori della famiglia… e al di fuori della logica dell’aiuto… ciò ha radici profonde, ma si può intervenire? Letture:

–      (la nonna): Dov’è meglio dormire? (pag.41-42);

–      (fiore) Auguri e figlie femmine (pag. 101-105);

–      Nuotare in piscina, nuotare tra l’invidia (121).

DISABILITA’ E SESSUALITA’ –Il rapporto con l’altro sesso. Una grande conquista voluta e desiderata; il mio “io” ha preso il sopravvento, ho fatto quello che ho fatto da sola. L’amore e  la sessualità per una persona disabile sono una conquista oltre che passioni, emozioni, condivisione! Si parla tanto di queste tematiche, ma persistono molti tabù, non tutte le famiglie sono pronte e aperte. Non tutti i normodotati accettano una partner disabile. E’ ancora molto la diffusa la concezione del disabile “eterno bambino”. Cosa fare? Come farsi accettare? Cosa pensate della figura dell’assistente sessuale? A mio avviso la strada è ancora lunga anche se qualcosa ho attenuto. Raccontare la mia esperienza e fare un collegamento al corto.

– L’AUTONOMIA – raccontare della patente, della burocrazia, dell’inadeguatezza delle strutture frequentate da persone più fragili come anziani e disabili (ore di fila, caldo, assenza di gentilezza e di empatia).

PROIEZIONE CORTOMETRAGGIO PER RIPRENDERE GLI ULTIMI DUE TEMI: SESSUALITA’ E AUTONOMIA: LA ZOE ADULTA.

CHIUDE L’INTRODUZIONE.

***

SPUNTI DI RIFLESSIONE

-ACCETTAZIONE, NON ACCETTAZIONE E SENSI DI COLPA, tre aspetti che colpiscono il disabile, la famiglia e la società, a vari livelli. Per mia esperienza posso dire che le soddisfazioni lavorative, l’amore e la sessualità, il libro e il corto aiutano, ma le “insidie” di sentirsi inadeguata, non accettata e con sensi di colpa, sono sempre in agguato.

Domanda: Come incide secondo voi la nascita di un bambino disabile sull’equilibrio familiare?

Quali potrebbero essere le conseguenze dell’accettazione e della non accettazione?

Ad esempio da un lato si assiste a persone che rinunciano a loro stesse per dedicarsi al membro disabile della famiglia, altre si chiudono e si allontanano, per paura di non essere all’altezza delle sue “pretese”.

Quali altre dinamiche vi vengono in mente?

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Genitori di ragazzi “speciali”: un’occasione per essere utili e fare rete

Lettera di presentazione di “Nata viva”, romanzo e cortometraggio

Nata viva sul Venerdì di Repubblica 

Nata Viva“ tra i corti finalisti di Capodarco, L’anello debole 2016

Premio Anello debole, vince forza di Zoe

Guarda il corto “Nata viva”:

Vi presento il cortometraggio di Nata Viva

 

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“Fai bei sogni” e “Nata viva”, la verità per vivere con i nonostante

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Fai bei sogni, questa le parole sussurrate all’orecchio del figlio troppo piccolo per capire una morte improvvisa ed inaspettata.  La morte di un proprio genitore. Una mamma affettuosa, che giocava, ballava, guardava la tv con suo figlio… e come ultima frase prima di andarsene, sussurra all’orecchio del bambino già sotto le coperte fai bei sogni. Poi il vuoto della perdita per tutta la famiglia.   Ed allora si nega, si cerca una versione più accettabile e comprensibile, si dice “la tua mamma è in celo, non la vedrai più perché purtroppo ha avuto un infarto”.

Ma tutto ciò funziona? Se si per quanto tempo?

La solitudine, il vuoto, situazioni che sembrano incomprensibili sia per un bambino di nove anni che per gli adulti che lo circondano.

È presente e forte l’idea che l’abbandono sia l’essenza di un destino che  riguardi solo noi, a livello individuale. I ricordi ma anche il confronto con i coetanei, la scuola, i colleghi, i genitori propri e degli altri, la presa di coscienza delle bugie che nascondono una verità che non si può e non si deve raccontare… Una verità che si prepara  ad essere svelata: si capisce scena dopo scena da tanti piccoli dettagli che ritornano e fanno da cornice al racconto. Tutto questo è narrato nel film di Bellocchio ispirato l’omonimo romanzo di Massimo Gramellini.

Ma come si reagisce ad una perdita “doppia”, ad una verità assurda, saputa tutto di un tratto da grandi?

Cito le parole del romanzo: “Poiché la realtà si era rivelata una tiranna sanguinaria”. A volte, anche da grandi è meglio non chiedere: anche se la morte per cause naturali non è più credibile si capisce che è meglio non domandare per non soffrire e per non far soffrire gli altri… ma “l’inevitabile mi colse alla sprovvista”.

È così la morte, come la verità giungono di sorpresa, ricordo l’ultima volta che salutai il secondo marito di mia madre, il padre di mia sorella, l’uomo con il quale ero cresciuta, era l’ultimo fine settimana di luglio, eravamo al mare, “ciao Rickie, buon lavoro ci vediamo tra la prossima settimana”. Non l’abbiamo più rivisto.

 “Seguirono momenti duri e letterari”, anch’io per elaborare mi sono messa  a scrivere e in un certo senso non ho smesso; credendo che questa era ed è la mia strada: con caparbietà e anni di scrittura ho realizzato il romanzo autobiografico Nata viva, ho affinato la tecnica della scrittura creativa e giornalistica.

Ma come si va avanti e come sono i rapporti con chi ha provato quella perdita improvvisa che male si spiega con la razionalità? Dal film traspare un rapporto difficile con un padre solo e severo, ma il protagonista riesce ad andare avanti, misurarsi con gli altri bambini, ragazzi e il mondo del lavoro fino a diventare il giornalista affermato di oggi.

C’è chi cerca la verità come Massimo che narra la storia di una difficile ricerca e allo stesso tempo la paura di scoprirla. E chi tutto sommato si fida come Zoe, ma poi il momento della verità arriva e travolge chi incontra.

Bella la figura del saggio professore del protagonista del film, Massimo gli fa molte domande sulla fede, l’aldilà… il professore  gli dice: “tu vorresti avvicinarti a tua madre e lo capisco, ma i se sono per i falliti, si diventa forti con i nonostante Un insegnamento chiaro e pulito, da una persona saggia, che lo conosceva bene ma più distaccata del padre e della zia che sanno ed hanno paura poiché soffrono in prima persona.

Nell’età adulta è narrata la carriera di Gramellini, noto giornalista prima che scrittore e personaggio televisivo; una persona che da’ molta importanza alle parole. Ad ogni perdita si accompagna la solitudine, il dover elaborare il dolore in qualche modo, il volere scrivere per fermare e preservare i ricordi e dare importanza ai racconti. “è con la parola – scritta, raccontata e letta – che si può esercitare sguardo critico sul mondo”, i lettori e gli scrittori lo sanno bene.

Fai bei sogni è la storia di un segreto celato per quarant’anni. Ma come molte biografie narra anche il timore ed il coraggio di vivere ed affermarsi nonostante il bagaglio di difficoltà. Ci ricorda anche come, immergendosi nella sofferenza e superandola, sia possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti.

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Nata viva da libro a corto

Zoe Rondini vi invita a un appuntamento al quale si tornerà a parlare di “Nata viva“ e del corto tratto dal romanzo.

Per festeggiare la seconda edizione del romanzo “Nata viva“ Zoe Rondini, con il suo editore Mauro Spinelli, vi invita all’appuntamento del prossimo 28 novembre durante il quale verrà anche proiettato il corto tratto dal libro. Di seguito il comunicato stampa completo di tutte le informazioni.

 Comunicato stampa

 L’autrice Zoe Rondini e il suo editore, Mauro Spinelli, della Società editrice Dante Alighieri, vi aspettano per la presentazione della seconda edizione del romanzo «Nata viva» e per la prima proiezione dell’omonimo cortometraggio «Nata viva».

 Sabato 28 novembre 2015,

 Officine XN

 Via dei Dalmati, 15

 Ore 19:00

 Presenta l’opera Paolo Restuccia, condirettore della Scuola di scrittura Omero e della casa editrice Omero editore, registra del programma radiofonico «Il Ruggito del Coniglio» e autore.

 Intervengono:

Lucia Pappalardo, regista tra gli altri, del cortometraggio «Nata viva», autrice e giornalista.

Stefano Viali, attore e regista.

 Zoe Rondini & Mauro Spinelli. 

Fonte: Disabilidoc

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L’assistente sessuale come mediatore culturale

  Nulla al mondo è  normale. Tutto ciò che esiste è un frammento del grande enigma. Anche tu lo sei: noi siamo l’enigma che nessuno risolve.

Jostein Gaarder

Ritorno ad affrontare il delicato tema dell’assistenza sessuale in Italia. Chi ha già letto i miei vari articoli su amore, sessualità e disabilità, potrebbe chiedersi come mai insisto ancora su questa tematica, se per caso non ne sia magari ossessionata. La spiegazione è semplice.

 A mio avviso ogni individuo ha diritto a ricercare i tanti significati dell’ amore attraverso un’ educazione sentimentale appropriata. In rapporto alla disabilità questo non avviene mai seriamente. Molto spesso la scoperta della propria identità, delle proprie capacità di relazione, nonché della capacità di amare, di prendersi cura di sé e degli altri  avviene anche attraverso l’ opportunità di godere, di provare piacere, di raggiungere pienamente un orgasmo, combattendo in questo modo la frustrazione, la depressione e la sfiducia in se stessi e negli altri. Per tutti e per tutte è così, a livelli diversi. E in questa moltitudine, siamo compresi anche noi… disabili.

Documentandomi attraverso vari fonti, conoscendo persone, ascoltando le loro storie, mi sono convinta che se anche qui  in Italia si accettasse la figura dell’ assistente sessuale, si accetterebbe anche il “tramite“, il mediatore culturale giusto  tra sessualità, educazione sentimentale e disabilità. Ora è pur vero che molte delle persone che ho incontrato e che mi hanno raccontato le loro esperienze in tal senso, non hanno voluto e non vogliono – anche legittimamente – esporsi e testimoniare pubblicamente questo vissuto con le relative scoperte e prese di coscienza. In attesa che si sentino “liberi“ di poterlo fare e che quindi la scuola e la famiglia, gli Istituti per disabili, le Case-famiglia e chissà un giorno le parrocchie, facilitino tale cambiamento e possibilità di racconto, mi prendo io la briga, l’ onore e l’ onere di parlarne  come posso, sotto diverse prospettive. 

 Cominciamo a riflettere su un dato importante: da più di un anno è chiuso in un cassetto di una scrivania del Senato il disegno di legge 1442 che mira ad inserire in Italia questa figura.

Prendo spunto da quanto affermato da Maximiliano Ulivieri, per passare poi a considerazioni riguardanti l’amore e la sessualità dei cittadini italiani disabili, ma ovviamente di conseguenza si deve parlare anche di politica, di leggi, di cittadinanza e diritti, di Vaticano, di denaro e prostituzione.

 «Il problema principale in Italia è la burocrazia, la legge. Nel nostro Paese – racconta Ulivieri (persona con disabilità che ha  iniziato una battaglia per ottenere l’assistenza sessuale non per lui – che è sposato – ma per molti disabili che bramano questo diritto), questa figura non è riconosciuta perché viene accostata alla prostituzione – anche se è tutt’altro – che in Italia è illegale». Anch’ io, insieme ad Ulivieri, saremmo favorevoli alla legalizzazione della prostituzione, «in modo da permettere anche agli assistenti sessuali per disabili, di operare nella legalità ».

«Sarebbe un primo passo – dichiara– ma noi ci continueremo a battere per il riconoscimento specifico di questa figura».

Oltre a un problema innegabile per il quale in Italia tutta la burocrazia è lenta e macchinosa, il Belpaese, spesso, deve fare i conti anche con una serie di resistenze culturali, probabilmente strettamente connesse alla religione.

«In Italia non si parla neanche della sessualità dei normodotati», ragiona Ulivieri.

Come Ulivieri anch’io non voglio il riconoscimento di questo diritto a fini personali. Dopo diverse storie sentimentali ed alla luce di un forte legame con un uomo, che, non ostante tutto… ci stiamo avvicinando a festeggiare dieci anni di un’intensa e passionale amicizia… non credo che mi rivolgerei ad un assistente sessuale. Il ruolo di questa figura è “terapeutico“, ha una serie di divieti… Quindi, a mio avviso, è molto utile per le tante persone che hanno un handicap cognitivo, o per i disabili motori che hanno un handicap talmente accentuato che non li permette di essere ricambiato nell’amore e nel desiderio.

Conoscevo un uomo quarantenne che desiderava una storia seria. Lui aveva un lieve handicap motorio LIEVE, lavorava, aveva degli amici, sognava un matrimonio e dei figli. Lui non sapeva distinguere  tra amore e pornografia… Non sapeva il significato di “erotismo“… non capiva le esigenze della sua donna, non sapeva badare a se stesso… non era in grado di andare da solo in farmacia… Ecco forse in quel caso una terapista del sesso poteva essere utile per aiutare il ragazzo con l’ABC dell’amore, erotismo, su come doveva relazionarsi con la donna, che, almeno a parole… diceva di amare e voleva rendere felice. Quella coppia è scoppiata lasciando più cicatrici di quanto si possa immaginare, c’è stata tanta amarezza, rabbia, solitudine, delusione. Ma chissà come sarebbero andate le cose se lui avesse seguito pochi e semplici consigli medici, e se fosse stato “educato“ sentimentalmente e sessualmente da una “terapista sessuale professionista“?! Chi può dirlo…!

Tornando a ragionamenti più generali sull’assistenza sessuale per disabili e la situazione italiana, in primo luogo non mi sembra giusto bloccare una cosa così importante come l’assistenza sessuale per disabili. Ci nascondiamo dietro la scusa che ciò va fatto per non incoraggiare la prostituzione? Quanta ipocrisia dietro a facili e rapide conclusioni e “soluzioni“.

Altra scusa già troppe volte sentita: non si regolamenta l’assistenza sessuale perché da noi c’è lo Stato Vaticano.

È vero che la Chiesa è rigida sulla sessualità non finalizzata alla procreazione, ma diciamola tutta, fino a poco tempo fa, i preti pedofili erano impuniti, venivano solo “spostati“ da una parrocchia ad un’altra; adesso sembra che Papa Francesco abbia idee diverse sui preti pedofili; si sta aprendo all’ omosessualità e alle questioni sul matrimonio e sul divorzio. Chissà se arriverà anche a noi disabili, che, giusto per ricordarlo, in Italia siamo circa 2 milioni 824 mila, di cui 960 mila uomini e 1 milione 864 mila donne.

Chissà quanti di questi votano? Me lo domando giusto per lanciare una provocazione.

Dopo questi  finti alibi,  vorrei tornare ad una realtà, quella dello sfruttamento della prostituzione che si consuma ogni giorno su tante strade e tanti quartieri delle nostre belle città. E le leggi? Che dicono le leggi delle donne in strada che, ricordiamolo, le più sono sfruttate. Certamente non pagano le tasse e non si sottopongono a controlli medici periodici. Loro sono tante, ogni giorno ed ogni notte in strada. Sorprendentemente sotto gli occhi di tutti. Ma non è legale. E perché la situazione non cambia? Dov’è chi se ne dovrebbe occupare?

E allora ammettiamolo: se sei un disabile ricco ti arrangi tra prostitute e operatori tantra, ma se sei povero? Se hai un handicap intellettivo e le prostitute si rifiutano di stare con te? Come al solito a farne le spese sono i disabili: un uomo normodotato può andare con una escort senza tante leggi e legalità! Per chi è disabile “stranamente“ è tutto più complicato; anche il sesso. E per tutto ciò ci vogliono le leggi?

Mi è rimasta impressa una mamma di un ragazzo disabile che, durante un convegno su amore, sessualità e disabilità, ha testimoniato che lei e tante altre mamme di ragazzi e ragazze con handicap cognitivo e/o motorio, erano pronte a organizzarsi per portare i figli all’estero, per consentire loro l’assistenza sessuale piuttosto che aspettare l’iter di un disegno di legge qui da noi. Penso che questa madre abbia lanciato una forte provocazione. Ma c’è chi “l’impresa“ l’ha compiuta e testimoniata come nel caso del film The special need (2014), di Carlo Zoratti.

A proposito di come vanno le cose all’estero riguardo la sessualità dei diversamente abili, trovo incisiva una breve testimonianza di Charlotte Rose.

Attraverso la giornalista Cecilia Marotta, veniamo a sapere che Charlotte Rose «in Inghilterra, offre piacere a chi soffre, senza pietà né falsi pudori. È una sex worker specializzata in clienti diversamente abili. Negli anni Charlotte ha imparato le tecniche per un orgasmo personalizzato; ogni disabile ha le proprie esigenze e deve essere stimolato in maniera diversa, come ogni individuo. L’obiettivo è aiutarlo a riconnettersi con la propria energia sessuale, per affrontare la malattia con maggiore vitalità.

Charlotte è fermamente convinta che il sesso sia un’esigenza primordiale da non sottovalutare. Per questo si iscrive al registro della TLC Trust, l’associazione inglese che si adopera per i diritti dei disabili e si preoccupa di metterli in connessione con un portfolio di escort disposte a partecipare a programmi di riabilitazione sessuale.

Charlotte è inoltre membro attivo del parlamento inglese e, tra le sue proposte, c’è quella di riconoscere ufficialmente la professione di assistente sessuale per portatori di handicap, che dovrebbe essere integrata nei servizi offerti dal National Health Service.

In Olanda, Germania, Belgio, Paesi Scandinavi e Svizzera, l’assistente sessuale è già una realtà».

Tornando alla situazione italiana, ritengo giusto non tralasciare un discorso anche politico: mi sembra che alcuni  parlamentari siano attualmente impegnati a raccogliere voti nel modo a loro più semplice e congeniale, occupandosi dei diritti dei cittadini omosessuali e L.G.T.B.

I diversamente abili in fondo sono una minoranza un po’ vecchia, consolidata nel tempo e nello spazio, non conviene occuparsene, non porterebbero abbastanza voti. E poi “poverini“ hanno tanti problemi… “ma perché anche loro pensano al sesso?“

Poi anche il discorso prettamente legato al denaro andrebbe affrontato di più e meglio (non lo sento fare nei convegni dedicati ad amore sessualità e disabilità e, a riguardo, non lo trovo spesso negli articoli dedicati alla tematica); è una realtà ed è bene parlarne: mentre l’assistenza sessuale è gratuita in tanti Paesi, da noi molti disabili sono pronti a “giocarsi“ la pensione d’invalidità per un po’ di sesso o un massaggio tantra. C’è chi è in astinenza ed è destinato a rimanerci e chi dopo anni ed anni di astinenza scopre la sessualità ed è pronto a spendere qualsiasi cifra per un po’ di piacere, una, due, dieci, quindici volte al mese. La figura dell’assistente sessuale prevede una giusta preparazione psicologica che mira ad evitare il pericolo che per il disabile il sesso diventi una mania o una dipendenza.

Ritengo che per uno Stato “civile“ non sia mai troppo tardi varare nuove leggi o modificare quelle esistenti. Un Paese cattolico come l’Irlanda si è aperto alle unioni di persone dello stesso sesso.

E da noi, in Italia,  quale grado di cittadinanza ci viene concesso?

Perché non è mai possibile aspettarsi che siano presi in considerazione tutti i nostri bisogni?

Per approfondire altre tematiche legate a diritti e disabilità, vi rimando ai seguenti link:

http://www.piccologenio.it/2015/07/12/auto-nomia-una-luce-tra-le-tenebre-delle-patenti-speciali/ (Auto – nomia: una luce tra le tenebre delle patenti speciali)

http://www.piccologenio.it/2014/07/10/la-mia-esperienza-di-tirocinio-lavoro/ (La mia esperienza di tirocinio/lavoro)

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Auto – nomia: una luce tra le tenebre delle “patenti speciali“

Ho una disabilità motoria per la quale parlo, cammino e mi muovo con una certa difficoltà e spasticità che riguarda tutti i muscoli, volontari e involontari. Fin dalla nascita ho fatto tantissima fisioterapia il che mi ha fatto recuperare molto più di quello che i medici si auspicavano nei primi giorni e nei miei primi anni di vita. Negli anni dell’adolescenza, non ho potuto usare il motorino come tutti i miei coetanei, per questo compiuti i diciotto anni mi sono sottoposta immediatamente alla commissione medica per le “patenti speciali“. Dopo pochi mesi ho cominciato a uscire da sola, andare all’ultimo anno di liceo in modo autonomo, fare le mie commissioni etc. Dal 2000 al 2012 mi sono sottoposta al rinnovo, prima ogni cinque anni, poi ogni due come vogliono i cambiamenti legislativi. Nel suddetto periodo non ho avuto nessun problema al rinnovamento. La macchina è stata per me il primo step di un importante percorso di autonomia voluto e desiderato in primo luogo dalla sottoscritta e appoggiato dai miei familiari. Infatti, successivamente all’anno 2000 ho intrapreso un soddisfacente percorso universitario, sono andata a vivere da sola e, ovviamente, facevo tutte le cose che fanno le persone normali nella quotidianità quando vivono da sole e hanno l’autonomia. Nel 2012, per assurdi problemi burocratici e per un cambiamento di legge che prevede il rinnovo di patenti di tipo “B speciali“ da cinque anni ad un massimo di due, mi è stato negato il diritto ad avere la patente come tutte le persone che conosco. Questo ha recato un grave danno alla mia autonomia nonché all’autostima. Come di regola, il rinnovo per questo tipo di patenti si svolge in una commissione medica speciale, la stessa che mi ha consentito tutti i rinnovi! Ancora non mi capacito come dopo tanti anni di guida attenta e sicura non mi abbiano rinnovato il riconoscimento di questo importante diritto. L’ingegnere che prende la decisione finale e pone la sua firma sul certificato di rinnovo non era convinto del movimento del mio piede destro; arto che ha sempre controllato con precisione i pedali del freno e dell’acceleratore. Il braccio e la mano destra (parti che, in generale e nei movimenti “fini“, controllo e padroneggio con precisione rispetto a tutta la parte sinistra) gestivano, grazie a un pomello e a una centralina, il movimento del volante e i comandi quali frecce, doppie frecce, clacson, tergicristalli etc. L’ingegnere, prima di togliermi definitivamente la possibilità di guidare, mi ha fatto fare una prova con un apposito simulatore di guida della Fiat. L’esito della prova sostenuta con piede destro ha portato dei risultati da sufficiente a buono. Tale stress emotivo e psicologico non è stato sufficiente per far decidere l’ingegnere che, intanto, mi aveva sospeso la patente per sei mesi. Immaginate con quale stato  d’animo sono riandata dopo poco tempo a sostenere una difficile prova con lo stesso simulatore. Nonostante una notevole paura nel prestarmi ad una prova mai sostenuta prima di allora e che mi richiedeva una novità, l’uso della parte superiore sinistra… è emerso, con mia grande soddisfazione, che dai due arti superiori ho ottenuto un risultato che va da sufficiente a buono. Con il risultato ho fatto ricorso al TAR che ha dei tempi lunghissimi e tende a favorire le asrl, non i singoli cittadini.

La mia rabbia e frustrazione riguardo ad una commissione che dipende dalla Asl, ma non ha nulla di umano e non tiene presente la dignità delle persone, in più delle persone disabili, aumentava ogni volta che mi trovavo in quel posto insieme ad altri disabili ai quali veniva rinnovata la patente. Inoltre, nella sala d’attesa questi si lamentavano e si arrabbiavano per come funzionavano le cose. Ognuno di loro, come me, aveva speso diverse centinaia di euro per portare avanti le pratiche del rinnovo. A molti disabili sono stati cambiati i comandi, dagli arti inferiori a quelli superiori; forse è solo una tendenza, una presa di posizione per far finta di cambiare le cose e far perdere tempo e soldi alle persone con disabilità, sia per spostare i comandi speciali dai piedi alle mani sia per ritornare a pagare le lezioni pratiche di guida. È così che funzionano le cose nel nostro Bel Paese? Dov’è il diritto a una vita dignitosa e autonoma anche se si ha una disabilità? Questa è un’utopia o solo una forte volontà delle persone “diverse“ e delle loro famiglie? È giusto che le singole famiglie non siano adeguatamente supportate dalla società in questo importante percorso di vita? Mi ha colpito un fatto accaduto mentre stavo nella sala d’attesa: faceva molto caldo e diverse persone che attendevano la visita medica per il rinnovo della “patente speciale“, come la sottoscritta, guardavano con perplessità il cartello su cui era scritta la frase “È severamente vietato aprire le finestre“. In quel mentre è passata un’inserviente, un signore le ha domandato come mai ci fosse quel cartello e se fosse possibile cambiare un po’ l’aria; la signora gli ha risposto che un giorno la madre di un ragazzo disabile si era gettata dalla finestra in quanto al figlio non era stata rinnovata la patente di guida. Io capisco la rabbia e lo sconforto di quella madre che chissà quanti sforzi avrà fatto per far raggiungere una discreta autonomia al figlio e poi, da un giorno all’altro, una commissione medica ha il potere e la facoltà di far tornare indietro tutti e due e la sottoscritta di chissà quanti anni. Qualche mese dopo (troppo pochi) tornate in commissione abbiamo notato che le patenti speciali erano state spostate ad un piano sotto terra, così le finestre potevano rimanere aperte senza pericolo… Purtroppo poi, proprio quel giorno l’ascensore era guasto, ed una persona in sedia a rotelle che doveva sostenere la visita aveva lasciato gli occhiali da vista nella sua macchina. Bene, ascensore guasto e macchina per strada, la soluzione prospettata dagli addetti al settore era quella di rimandare la visita. Fortunatamente un terzo si è offerto di fare una corsa a prendere gli occhiali all’interessato, e l’appuntamento è stato salvato.

Non a caso mi sembra di essere tornata adolescente quando non potevo uscire liberamente e passavo interminabili pomeriggi di solitudine in compagnia della scrittura. Non è da sottovalutare anche il fatto che quando guidavo ero io a dare dei passaggi ai miei amici e famigliari che si trovavano sprovvisti di mezzi di locomozione. Vorrei raccontare un altro fatto emblematico. Un giorno mia sorella si è recata alla commissione in quanto doveva prendere l’appuntamento per la mia visita; c’erano diverse file, sbagliando fila e facendo quella per le analisi del sangue, si è resa conto che avevano messo nello stesso “girone dantesco“ i disabili e le persone a cui avevano sospeso la patente a causa di alcol e droga. Capisco i tagli alla sanità, ma si può trattare alla stessa maniera una persona che purtroppo vive e convive con una menomazione fisica, ad una persona che magari per depressione e chissà quali disagi psicologici, sociali, lavorativi, familiari… fa uso di alcool e droga? Perché i tagli non tengono conto della dignità, delle sofferenze, e delle reali necessità delle persone? Per tornare alla mia situazione, adesso non posso guidare e sto aspettando i tempi infiniti del ricorso al TAR. Intanto i mesi passano, ho smesso di cercare un lavoro perché ho delle serie problematiche negli spostamenti e forse anche nell’autostima. È  stata particolarmente significativa l’esperienza avuta l’anno scorso di un tirocinio organizzato dal Comune di Roma nel quale ero abbandonata a me stessa; impiegavo le mie mattinate al bar di un istituto per disabili invece di fare cose più utili, tipo scrivere, collaborare in un giornale, prepararmi per convegni sulla disabilità, fare fisioterapia, avere una vita autonoma con diversi compiti e mansioni da svolgere. Chi mi risarcirà per i danni morali subiti?  E, soprattutto, mi ridaranno prima o poi il diritto a guidare visto che è una cosa che non si dimentica ed è, scusatemi l’espressione proverbiale, come andare in bicicletta?

A questo discorso che riguarda l’autonomia e i diritti miei e di tante persone con disabilità, si collega in modo coerente e concreto il discorso del lavoro affrontato da me nell’articolo intitolato “La mia esperienza di tirocinio – lavoro“. Potete leggere il resoconto nel seguente link: http://www.piccologenio.it/2014/07/10/la-mia-esperienza-di-tirocinio-lavoro/

Secondo voi è giusto che io debba ringraziare la mia famiglia, la quale ha ripreso a darmi assistenza per quanto riguarda gli spostamenti, o è un mio diritto tornare a una vita più “normale“ possibile? Che cosa c’è di più normale nell’aspirare a uscire da sola, avere un posto di lavoro adeguato alla mia laurea triennale in Scienze dell’Educazione e della Formazione e alla laurea specialistica ottenuta alla facoltà di Lettere nell’indirizzo di Editoria e scrittura, entrambe conseguite all’Università la Sapienza di Roma.

Capisco le associazioni per le vittime della strada, ma ciò non giustifica un accanimento nei miei confronti. Il giorno in cui mi sono recata con mia sorella alla commissione medica “patenti speciali“ nostro nonno lottava tra la vita e la morte al Policlinico Gemelli, in seguito a quattro giorni passati in terapia intensiva dopo essere stato investito da un motorino mentre attraversava. La persona che guidava il motociclo è stata accecato dal sole. Purtroppo, dopo questi lunghi giorni, la situazione di mio nonno è terminata in maniera tragica. Questo episodio che ha colpito me, come tutti i miei famigliari, non ci ha mai fatto trovare un nesso tra le “patenti speciali“ e le vittime della strada, infatti, ricordo io stessa, sulle nostre strade si contano ancora 182.700 incidenti che provocano 3.400 decessi e il ferimento di 259.500 persone. Forse a causare questi incidenti ci sono diversi fattori quali velocità, stanchezza, orari nei quali ci mettiamo alla guida, uso di alcol e droga, nottate senza freni in discoteca ed età del guidatore; fattori, comunque, non riconducibili a un handicap momentaneo o permanente. Cercando in internet ho trovato solo dati da cui emerge che la disabilità è l’effetto di incidenti stradali e non la causa. Perché? Forse non ci sono dati rilevanti tra guidatori disabili e incidenti stradali? Eppure a molti disabili che ho visto nella sala d’attesa della commissione medica è stata rinnovata la patente. Quindi non posso pensare che non ci siano molti disabili alla guida!

Chissà se questo mio articolo servirà a creare una sensibilità non solo da parte dei disabili e delle loro famiglie o della gente comune, ma anche, e soprattutto, tra gli addetti ai lavori e a chi ha il potere di elargire o rinnovare le patenti di tipo “B speciale“. Io e la mia famiglia, intanto, non smettiamo di combattere e stiamo facendo il possibile per farmi riacquistare il diritto alla mobilità, ad una normalità per quanto possibile e ad una vita più autonoma e dignitosa.

L’autonomia, l’indipendenza, il lavoro sono traguardi faticosi da raggiungere per chi convive con un decifit fisico. Trovo che trattare con tale superficialità il percorso delle persone con disabilità è una forma di discriminazione. Ci vorrebbero più interventi mirati per le singole persone anziché trattare e a volte maltrattare tutti allo stesso modo come avviene in molti istituti, case famiglia, commissioni mediche e centri “specializzati“ . E’ di stamani la notizia che in una casa-famiglia di Santa Marinella abusavano e maltrattavano gli ospiti (minori e disabili) per fortuna sono avvenuti cinque arresti.

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Noi siamo Francesco

È un film delicato e bellissimo: “Noi siamo Francesco“. Francesco è un bel  ragazzo, fisico atletico, brillante studente universitario, ma senza braccia dalla nascita. Riesce a fare quasi tutto. Ha 22 anni. Vive con la madre Grazia che nella vita fa la mamma a tempo pieno, ha un migliore amico Stefano.  Belli i ruoli e i rapporti di tutti i personaggi nei confronti del protagonista, molto intense e positive anche quelle della tata e della ragazza di Stefano. Tutte queste figure  si approcciano a lui con sincerità e affetto.

Ad oltre 20 anni non aver mai baciato una ragazza sta diventando un problema per Francesco.

Con l’aiuto dell’inseparabile amico Stefano, Francesco troverà comunque la strada per vivere serenamente la sua prima volta, con l’intraprendenza che appartiene alla sua età e superando gli ostacoli, le paure e le insicurezze causate dalla sua menomazione.

Degli aspetti della vita del protagonista  hanno catturato particolarmente la mia attenzione: bello essere indipendente, avere rapporti “sani“ e autentici con le persone, non farsi influenzare dagli altri che dipendono da lui e che tra l’altro sono pagate… Di certo Francesco aveva le idee chiare,  interessante    la parte del film in cui lui se la prende con  madre  per avergli organizzato un incontro di sesso a pagamento, rapporto che si è consumato in fretta  modo squallido, tutto il contrario del rapporto amoroso finale, con Sofia, compagna d’università.

Autentico il rapporto tra la madre e quest’unico figlio maschio, sua appendice, parte di lei, parte non normale perché senza braccia. Lo psicologo della madre le chiede: “suo figlio ha un handicap, perché fargli  pesare il fatto che lei non ha più una vita sessuale?“ La domanda del dottore rende veritiere certe assurde dinamiche…

Ritengo sia un lieve e toccante documentario. Il narrarsi garbatamente e con discrezione lascia il segno. Anche l’incanto dell’ambientazione in Puglia e le bellissime musiche aggiungono poesia e bellezza alla storia.

Interessante la dichiarazione della regista Guendalina Zampagni che ammette di aver costruito un’unica storia partendo dalle interviste a persone disabili su temi quali l’amore, la sessualità e l’amicizia.

Ho visto diversi film che trattano “amore, sessualità e disabilità“ i protagonisti erano tutti maschi, sarebbe interessante veder narrata la questione con la sensibilità e le difficolta di un ruolo femminile.

Questo film mi ha fatto riflettere anche sulla figura dell’assistente sessuale: forse il suo ruolo limitato di terapista del sesso non assolverà tutti i bisogni fisici e sentimentali dei suo assistiti.

È difficile crearsi una propria indipendenza se si ha un’handicap, riconoscersi come adulti e farsi trattare e rispettare come tali  dagli altri e dalla società. La disabilità non è fonte di rispetto, comporta una limitazione dell’autonomia, dipendenza, difficoltà nella gestione di sé e della propria vita e così via… di certo non aiuta e non facilita la presa di coscienza del proprio io, delle capacità, del costruire rapporti sani, non legati al denaro (cosa esplicita molto bene in questo film) o ai tanti momenti del bisogno. Positiva è anche la figura della tata, lavora con Francesco e la madre ad ore, ha un ruolo ben definito, non si sostituisce alla vera mamma, di conseguenza può permettersi di viziare il ragazzo senza essere invidiata e additata, neanche il ragazzo rischiava stupidi atteggiamenti per il rapporto con la tata, la madre, gli amici l’Altro.

Ammirabile il desiderio di Francesco di finire l’università per vivere con il migliore amico. Chissà come può essere il seguito della storia… Francesco è reduce da una delusione d’amore come me… e ammette “un altro rifiuto non riuscirei a sopportarlo“, ma con il migliore amico e la ragazza di quest’ultimo è riuscito ad andare avanti. In fondo la vita di Francesco era quella di uno studente brillante, ma normale, non segnata dall’urgenza di risolvere problemi ed impellenze quotidiane, dover fare o dimostrare chissà cosa…  diversamente la stima degli altri, l’autostima, l’indipendenza, la libertà, la mobilità… sarebbero finite chissà dove.

Belli gli anni d’università quando avevo un ruolo, la patente e pensavo che la laurea servisse a trovare un posto di lavoro, c’era anche chi mi aiutava, forse troppo… a mantenere rapporti con diverse persone. Comunque con gli aiuti, guidavo, studiavo, sapevo come passare le giornate, avevo un mio ruolo di persona che vive da sola, esce, studia, ho avuto delle storie sentimentali, ero più capace di infischiarmene di chi si svegliava con la luna storta ed anche di chi non approvava le mie scelte amorose e sessuali…!

Pochi giorni fa un fatto mi ha colpita: un mio caro amico ha portato in un viaggio di lavoro suo figlio che è un po’ discolo: sarebbe bello poter avere ancora qualcuno che ti  istradi nel mondo del lavoro anche a costo di farti capire, col suo esempio, cosa vuol dire guadagnarsi il pane, avere degli incarichi sia  familiari, sia lavorativi da assolvere… avere scadenze, rendere conto ai capi  perché altrimenti c’è chi è più bravo di te e ti può sostituire. Sarebbe bello contare su una persona che ti  introduca nel complicato mondo del lavoro, anche mettendoti davanti alla fatica e l’impegno che ora sono del padre e poi un giorno saranno del figlio in chissà quale ambito… magari molto diverso da quello del suo modello di riferimento, il papà appunto…!

Conosco molti illustri Professori in medicina (ginecologi, dermatologi, dietologi…) che hanno aperto la strada a figli e nipoti. Ritengo che non ci sia nulla di male e che poi sia tutto dovuto al talento dei più giovani del proseguire e farsi strada!

Mi sento un elefante dentro un negozio di cristalli!

 

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