Distinguere il reale dal virtuale per promuovere la dignità delle persone

In Italia sempre più persone praticano il sesso online come  forma di sfogo ed interazione. La Dott.ssa Valentina Cosmi, sessuologa e psicologa dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma ha affermato che “Il fenomeno riguarda prevalentemente i maschi, eterosessuali, dai 33 ai 55 anni. Ma stiamo ricevendo – afferma la Cosmi – sempre più richieste di aiuto da parte dei giovani dai 18 ai 35 anni. Spesso la dipendenza da cybersex si associa a depressione e difficoltà ad instaurare relazioni reali”.  In questo articolo proverò a fare una panoramica su che cos’è il sexting e cosa ci porta ad “averne bisogno”. Parlerò anche di diritti che dovrebbero essere uguali per ogni individuo. Senza trascurare il ruolo educativo e il contesto famigliare, poichè restano le fondamenta della sessualità, talvolta accolta e altre volte negata, rispetto ad un familiare con disabilità. Per portare avanti queste idee citerò alcuni testi.

Il sexting: di cosa si tratta

Il sexting consiste nella  condivisione di contenuti di carattere sessuale tra utenti: dall’invio di messaggi, foto e video sessualmente espliciti.  Sesso e rete, è sempre più un connubio frequente, ma non ci esime da rischi e dipendenze. Chi, per vari motivi passa molto tempo su internet, senza un adeguata formazione, può confondere la vita reale con quella virtuale, dando più attenzione alla seconda. C’è anche da tener presente che l’avvento di internet, in alcuni casi ha modificato  le relazioni. Talvolta il web ha accorciato le distanze interpersonali  (ne abbiamo esempi continui dall’inizio della pandemia), altre volte ha reso le relazioni più asettiche e senza bisogno di mettersi in gioco più di tanto: quante volte con leggerezza blocchiamo una persona o finiamo velocemente una videochiamata?

Le motivazioni che spingono gli utenti a praticare il sesso online sono spesso molteplici: su internet non ci si sente giudicati, si abbattono le barriere della timidezza, si può svelare la propria  disabilità poco alla volta… In alcuni casi si sceglie il cybersesso per scappare dalla realtà che no sempre ci soddisfa.

Altre volte poi capita che si cerchi suoi social e nei siti d’incontri un palliativo alla solitudine, ma purtroppo non è sempre detto che un’amicizia virtuale si trasformi in una relazione reale e sentimentale.  Non sempre si pensa che la distanza  e il senso di protezione, dato da uno schermo portano ad avere approcci che risultano maleducati e molesti.

Come i giovani e le persone disabili si relazionano con il web

Non è raro che  i giovani e le persone con disabilità, si approcciano alla rete senza grande controllo, ignari dei rischi che messaggi troppo espliciti possono provocare. Anche l’educazione e l’educazione sessuale vengono messe da parte: talvolta si cercano informazioni sui siti pornografici, poiché non si trovano le risposte alle proprie esigenze; la scuola e la famiglia non sono aperte a certi discorsi. Nulla di più sbagliato quando si dovrebbe educare ai sentimenti.

In questo vuoto educativo e di reale confronto il Sexing può sfuggire di mano. Ciò che nasce come un passatempo ludico ed occasionale in alcuni casi si trasforma nell’unica forma di approccio con l’altro e per sperimentare la sessualità. Ciò detto porta a pensare che la sessualità sia solo un istinto mediato da un computer. L’amore e l’erotismo implicano il contatto con l’altro, il rispetto, la fiducia, la tenerezza,  fino ad arrivare al piacere intenso. Tutto ciò dovrebbero essere maggiormente comunicati senza tralasciare gli aspetti biologici e la prevenzione alle gravidanze indesiderate e le malattie, (unici aspetti affrontati spesso nelle poche ore di educazione sessuale per le scuole). Ridurre l’amore e la sessualità al virtuale, dove c’è innanzitutto la distanza,  appare come un ossimoro.

Diritti delle persone con disabilità e riconoscimenti

Spesso i contesti educativi non tengono conto che tutte le persone, inclusi noi disabili, hanno diritto a:

  • ottenere il più alto livello possibile di salute sessuale, compreso l’accesso ai servizi di cura della salute sessuale e riproduttiva;
  • cercare, ricevere e diffondere informazioni in relazione alla sessualità;
  • educazione sessuale;
  • il rispetto dell’integrità fisica;
  • la scelta del partner;
  • decidere se essere sessualmente attivi o no;
  • relazioni sessuali consensuali;
  • matrimonio consensuale;
  • decidere se e quando avere bambini;
  • perseguire una vita sessuale soddisfacente, sicura e piacevole.

Poiché, tuttavia, la sessualità rappresenta una componente essenziale dello sviluppo di qualsiasi essere umano, in termini emozionali, etici, fisici, psicologici, sociali e spirituali dell’identità, a tale componente è riconosciuto anche un ruolo preponderante nella costruzione dell’autostima, della percezione di sé e del proprio ruolo sociale. Secondo alcuni autori, infatti, permangono una serie di pregiudizi sociali inerenti la sessualità del disabile, come ad esempio: non hanno le capacità di imparare la sessualità; sono esseri asessuati o ipersessuali; non hanno gli stessi bisogni dei normodotati; sono spesso abusatori; educarli alla sessualità potrebbe essere pericoloso (Sirigatti et al., 2008).

L’idea del “disabile asessuato” appartiene, il più delle volte, anche a genitori e operatori sanitari e di assistenza. In alcuni casi i genitori, a causa dell’iperprotezione, sono propensi a evitare che il figlio entri in contatto con i propri compagni per timore di discriminazione o di pericoli alla sua salute, contribuendo ad una maggiore inibizione della crescita sociale e sessuale (Venere, 2020).

La dimensione sociale della sessualità nei disabili: quale prospettiva educativa?

L’ambiente familiare influenza lo sviluppo psicologico di qualsiasi essere umano, ma in modo particolare delle persone con disabilità, poiché favorisce l’autorealizzazione,  le relazioni interpersonali e l’apertura verso l’esterno. In molti casi la famiglia rappresenta per un disabile il nucleo sociale per eccellenza, con tutte le contraddizioni cui quest’ultima si trova a far fronte.

La difficoltà principale che la famiglia si trova spesso a dover fronteggiare si riferisce all’ambivalenza verso il proprio figlio disabile, perché da un lato si ha il desiderio dei genitori di volere una vita normale, dall’altro il desiderio e la necessità di iperproteggerlo (Sirigatti et al., 2008). In questo alveo di atteggiamenti ambivalenti e contradditori spesso rientra anche la sessualità. La sessualità del disabile, infatti, può essere vissuta dai genitori come un lutto che può portare a forme di negazione, nonché ad atteggiamenti ansiosi e ambivalenti, perché percepita al contempo come un vero e proprio rischio per il figlio disabile: rischio di abusi, rischio di rimanere vittima di insoddisfazioni, rischi fisici. (Baldacci, 1996). Ciò porta a negare certi aspetti della vita, piuttosto che riconoscere l’adulta della persona e accompagnarla nella sua formazione.

L’intesa emotiva tra due persone consente l’opportunità di riconoscersi come tali e questo ha un grande significato per la persona disabile, che viene identificata come soggetto unico e originale, anziché come deficitario; gli viene, quindi, offerta l’occasione di rappresentarsi come “essere umano” e non come “disabile”. Egli fa esperienza di sé, perché entra in relazione col mondo e sperimenta il proprio modo di essere con quello di un altro. (Venere, 2020)

Essere o meno, degli adulti consapevoli, molto spesso dipende dall’educazione ricevuta. Un fatto è avere una vita piena di impegni e di stimoli per migliorarsi e socializzare, un altro è vivere in una famiglia che non ti valorizza o passare gran parte della giornata in un istituto mal gestito. Mi rendo conto che le famiglie non sono abbastanza aiutate a promuovere l’autonomia e garantire la dignità di una vita piena e soddisfacente, ma sarebbe auspicabile qualche sforzo in più da parte delle singole persone e degli aiuti più adeguati da parte dello Stato: supportare la famiglia, garantire l’educazione e l’emancipazione di ogni individuo, promuovere l’inclusione e la vita indipendente, dovrebbero essere i pilastri di una società per tutti. 

Per approfondire i rischi che ci sono  nei siti d’incontri e il devotismo, vi invito a leggere l’articolo: Le persone con disabilità, la comunicazione nel web ed il devotismo

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Da anni tratto  le tematiche riguardanti l’amore, la sessualità, la figura dell’assistente sessuale e dell’educazione sentimentale; tutti gli articoli sono raccolti nella categoria: “Amore e sessualità: sfatiamo i tabù” di questo portale. Dal 2012, inoltre, sono ideatrice e moderatrice del gruppo Facebook “Amore, disabilità e tabù: parliamone!“. Il gruppo si propone come  un luogo di incontro virtuale, per fare conoscenza, scambiare informazioni sui temi che riguardano l’amore, la sessualità, talvolta accolta e altre volte negata, per le persone con disabilità motoria, sensoriale e cognitiva. Da aprile 2021, con la collaborazione dello psicologo e psicosessuologo Dott. Francesco Battista, porto avanti una serie di appuntamenti mensili online sul Gruppo Facebook “Amore, disabilità e tabù: parliamone!” dedicati alla trattazione delle principali tematiche sulle quali si fonda la community. L’intento degli incontri è quello di offrire uno spazio di confronto e consulenza, riservato ai membri del gruppo, sulle tematiche relative all’amore e la sessualità in rapporto alla disabilità. Il mio impegno nel cercare di abbattere i tabù e gli stereotipi legati alla sessualità è iniziato più di dieci anni fa con l’interesse ad approfondire  la visione olistica della persona.
L’approccio olistico (dal greco ὅλος hòlos: totale, globale), tiene presente  la totalità di ogni individuo (corpo, mente e spirito). In questa visione si inserisce anche la sessualità. Questo interesse mi ha portata ad organizzare due convegni: “Il tocco dell’Anima attraverso il Tantra” e “Gli handicap invisibili e l’approccio Olistico della Persona. Il diritto di scoprire la Sacralità della Sessualità”, nonché ad affrontare tali argomenti in vari master universitari. In queste sedi ed in vari articoli analizzo, tra l’altro, gli aspetti della sessualità tantrica come esperienza positiva (in alcuni casi e per disabilità non complesse) come valida alternativa alla figura dell’assistente sessuale che in Italia stenta ad essere riconosciuta e regolamentata. Queste tematiche sono state trattate, nel saggio RaccontAbili, nonché nel corso del Master di Neuroriabilitazione  presso l’Università Lumsa ed al corso di  Pedagogia speciale presso la Pontificia Università Salesiana per la facoltà di Scienze dell’educazione.

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Presentazione del saggio RaccontAbili

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Siamo tutti RaccontAbili

Il 12 giugno 2021, si è tenuto l’incontro online dal titolo: “Siamo tutti RaccontAbili”. Il Dottor Francesco Battista, psicologo e psicosessuologo e Zoe Rondini, autrice,  pedagogista e divulgatrice hanno trattato varie tematiche quali: l’amore, la sessualità, la disabilità, l’educazione affettivo-sessuale, partendo dal saggio di Zoe Rondini «RaccontAbili. Domande e risposte sulle disabilità» (Ed. EricksonLive, 2020). Non sono mancati i riferimenti al percorso d’autonomia e all’importanza degli aiuti che la scuola, la famiglia e le istituzioni dovrebbero fornire alle persone con bisogni speciali. Su questi ultimi aspetti abbiamo commentato degli episodi tratti dal romanzo di formazione Nata Viva, (Ed. Società Editrice Dante Alighieri, 2015).

RaccontAbili è disponibile QUI

Nata Viva è disponibile QUI

Potete inoltre visionare il  cortometraggio “Nata Viva” QUI

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Presentazione di “Nata viva”, romanzo e cortometraggio

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Il piacere sessuale. Webinar con il Dott. Francesco Battista e Zoe Rondini

Sabato 8 maggio 2021, si è tenuto l’incontro mensile delle conversazioni online con il Dottor Francesco Battista e Zoe Rondini.

Abbiamo affrontato le seguenti tematiche:
– L’orgasmo non è una meta
– Ognuno gode a modo suo!
– Donne & Disabilità: una doppia discriminazione
– Educazione sessuale e supporto alle famiglie
– Masturbarsi fa bene, ma…
– Consapevolezza alla base del consenso

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Tantrismo e disabilità: un accostamento possibile?

 

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Carina la ragazza in carrozzina

Di recente, su Messanger, mi contatta un uomo che dice di aver bisogno di un consiglio. Lo saluto e gli dico che sono disposta ad ascoltarlo.

Esordisce in questo modo: “Anni fa c’era una ragazza disabile che mi corteggiava; mi mangiava con gli occhi! Non ci ho mai fatto niente, anzi la evitavo”.

Non è la prima volta che mi arrivano dei messaggi che lasciano trasparire poca intelligenza ed empatia, ma cerco comunque di ascoltare e di non lasciarmi scoraggiare da quelli che, a prima vista, mi sembrano dei preconcetti.

L’uomo mi dice di avere quarantasei anni e il suo approccio è abbastanza timido, ma vuole a tutti i costi condividere con me un fatto di quando era molto giovane. Senza indugiare inizia il racconto: “Nel mio quartiere vedevo spesso una ragazza disabile, la evitavo, ma i suoi occhi dolci sembravano chiedermi di uscire con lei… Quando tornavo a casa, pensavo a lei e mi masturbavo”.

Come inizio mi sembra piuttosto triste, ma cerco di capire meglio la situazione e domando: “Sai dirmi che problemi aveva la ragazza?” mi risponde: “Era in carrozzina di preciso non lo so. Era molto carina”.

Penso che la sagacia non sia la principale qualità del mio interlocutore, che aggiunge: “Non ho mai avuto il coraggio di parlarci”.

Sento una profonda empatia verso la ragazza: anche a me è capitato che uomini spaventati dalla mia disabilità rinunciassero ad approcciarmi, anche se attratti.

Rido e rispondo: “Beh sei un cuor di leone!”

Marco, così chiamerò il cavaliere senza macchia e senza paura, mi chiede: “Che vuoi dire? Ho scoperto recentemente che le persone disabili possono fare sesso”.

Ci vuole tanta pazienza con certi soggetti… mi spiego meglio: “Voglio dire che potevi conoscerla, mi hai detto che non era male… e poi magari parlavate di mettervi insieme. Poteva essere divertente per entrambi”.

L’intrepido Marco allora cerca una giustificazione: “Pensavo che le persone disabili non potessero fare sesso, lei era anche molto carina. Recentemente, da vari gruppi Facebook, ho scoperto che anche i disabili fanno sesso, scusami per l’ignoranza”.

Wow! Un salto in avanti per quello che più che un cavaliere sembra un uomo di Neanderthal, ne sono capitati tanti di tipi così anche sui siti d’incontri.

Faccio zapping con il telecomando, mi sembra un passatempo più utile di quella conversazione.

Dopo un po’ di tregua il cavernicolo trova da solo una spiegazione ai suoi laceranti dubbi: “forse ero troppo giovane!”. Ecco quella che sembra la confessione di un bullo liceale pentito.

Fingendomi interessata e tranquilla scrivo: “Scusa, posso chiederti quanti anni avevi all’epoca del fatto?”

“Ero molto giovane, avevo ventidue, ventitré anni!”

Ecco, non si tratta di un bullo liceale, poi nel paleolitico non c’era la scuola… ribatto: “Eri già un uomo…”

Lui non coglie il mio messaggio. È nel vortice dei suoi pensieri, in fondo oggi è un uomo maturo di quarantasei anni, è deciso e vuole andare fino in fondo: “Zoe ti prego dimmi: potrei fare sesso con una donna disabile? Mi piacerebbe sapere se ci sono dei limiti in caso mi ricapitasse l’occasione! Di nuovo scusami per l’inesperienza”.

Leggo e penso a quanta ignoranza c’era e c’è ancora su questo tema, mi dico che sono contro gli stereotipi e le barriere mentali, ma tutto ha un limite!

Lui insiste, non facendo caso al fatto che non sto rispondendo: “Pensavo che una persona in carrozzina dalla vita in giù non sentisse niente e che non potesse fare sesso, ma mi sembra di aver capito adesso che se stai in carrozzina puoi anche fare sesso”.

Penso alla ragazza: chissà perché era sulla sedia a rotelle… Camminava a fatica e la usava di tanto in tanto o la usava sempre ed era campionessa di basket o di nuoto paralimpico? così cerco di approfondire: “magari conoscendola avresti potuto capire perché usava la sedia a rotelle, e quanta mobilità avesse realmente”.

Ma il vero enigma era un altro: “Ho letto su alcuni gruppi Facebook che alcune persone in carrozzina non sentono nulla, ma fanno comunque sesso, altri invece percepiscono le sensazioni. Ero giovane allora, ma ora vorrei capirci di più magari mi ricapita!”

“Potevi informarti!”

“Vent’anni fa ero un ragazzo timido. E poi a chi chiedevo: non c’era Internet!”

Niente, non ce la fa a capire che sarebbe stato semplice conoscerla, magari era simpatica e avrebbero potuto approfondire il loro interesse, o forse era antipatica… in entrambi i casi avrebbe conosciuto una persona e si sarebbe levato dei dubbi. Non era timidezza, sembra più panico di conoscere una persona che secondo molti non rispecchia la “normalità” e ora, a più di vent’anni dall’accaduto, si vuole togliere la curiosità e forse, anche qualche sfizio.

Che pazienza! Ci manca solo che mi chieda se anche io uso la carrozzina. Di sicuro non ha visto il film “Quasi amici”, nel quale viene trattato anche questo tema con sagacia ed ironia. Glielo consiglio e gli spiego il perché. Mi risponde “Grazie lo guarderò!”

Sono consapevole che non può bastare un film ad abbattere tanta ignoranza. Penso a quanti uomini come Marco mi sono capitati e a quanti, vedendomi, non si lasciano sfiorare dal pensiero che posso avere dei desideri. Ma c’è anche da dire che probabilmente tutti questi incontri mancati o il morboso interesse collegato solo alla disabilità hanno evitato a me e a tante ragazze disabili dei pessimi e inutili appuntamenti!

Bisogna essere preparati a chi ti evita o a chi non ha il coraggio di andare fino in fondo. Loro pensano di non essere notati, ma anche ciò spesso non corrisponde alla realtà.

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L’approccio olistico e l’unione sacra per migliorarci

 

L’approccio olistico e l’unione sacra per migliorarci 1

I benefici dell’approccio olistico. 2

La sessualità delle persone con disabilità. 2

Disabilità e sessualità, a che punto siamo?. 3

Il sostegno alla Persona ed il riconoscimento dei diritti 4

Il massaggio tantrico come pratica per uno sviluppo armonioso della propria sessualità. 5

Le Energie nel Tantra. 6

Conclusioni 6

I benefici dell’approccio olistico

Le discipline olistiche hanno l’obiettivo di far ritrovare il benessere, tramite la visione globale del soggetto. Tali discipline infatti, non si concentrano solo sulla malattia o sul sintomo, ma agiscono su tutti e tre gli elementi che ci contraddistinguono: corpo, mente e spirito. Partendo da questi presupposti, l’approccio olistico può aiutare la persona a ripristinare un sano equilibrio psicofisico.

L’utilizzo delle molte discipline olistiche può essere inoltre di grande utilità per rimuovere blocchi energetici ed emozionali, permettendo alla persona di riconquistare l’equilibrio naturale globale. Ad ognuno di noi capita di sentire il bisogno di rilassarci, ritrovare un’armonia, stare meglio con noi stessi e con il contesto sociale dove viviamo. L’approccio olistico può essere ideale per coloro che sentono l’esigenza di un cambiamento, un miglioramento o devono superare un momento difficile.

Nella socialità, tale approccio consente di imparare a gestire i rapporti con le altre persone, di migliorare la propria autostima e di raggiungere obiettivi prefissati. Da un punto di vista spirituale può facilitare il raggiungimento di un’armonia e di una pace interiore, necessarie per una vita globalmente sana. Ma le discipline olistiche non devono essere viste  come lontane dalle metodologie di intervento della medicina tradizionale. Innanzitutto, perché l’approccio di tipo olistico non è finemente terapeutico, cioè non si limita a guarire il sintomo. Non vanno sottovalutati gli aspetti di prevenzione e di conservazione e miglioramento dello stato di salute. 

Da un punto di vista sociale, l’approccio olistico consente al soggetto di imparare a gestire i rapporti con le altre persone, di migliorare la propria autostima e di raggiungere obiettivi prefissati. Questo può essere ottenuto anche solo con una corretta respirazione. Per chi desidera esplorare altre frontiere più “alte”, l’approccio olistico può consentire di esplorare nuove sfaccettature della propria spiritualità.

La sessualità delle persone con disabilità

Nella vita di ogni persona l’aspetto affettivo sessuale non è staccato dal resto. Ciò detto vale anche per chi deve passare molto tempo a cercare di migliorarsi come nel caso delle persone con disabilità. Spesso è proprio l’esigenza di miglioramento che ti porta a desiderare un’esperienza sentimentale e sessuale.

Altre volte, tali desideridrivano dalla rabbia di vivere isolati dal contesto sociale, o la frustrazione perché si sta in una famiglia  o in un istituto che impedisce lo sviluppo e l’appagamento di certe necessità.

Ancora oggi in Italia si fa fatica a pensare alla vita affettiva e sessuale delle persone con disabilità.  È complicato superare le paure di tante famiglie e operatori.  A pagarne il prezzo più alto sono le persone con disabilità cognitiva importante.

Sarebbe auspicabile che familiari, assistenti, medici terapisti tenessero presente (anche grazie alla visione olistica/totale) che tutte le persone hanno un fisiologico desiderio di affetto e di contatto. Si tratta di bisogni connaturati nell’essere umano.

Va detto anche che esistono varie forme di disabilità e per ognuna la sessualità dovrebbe essere approcciata in maniera diversa. È fondamentale tenere in considerazione le differenze tra una disabilità fisica lieve da una grave e tra fisica, cognitiva e sensoriale. In alcuni casi il bisogno dello sviluppo della sessualità è più evidente, in altri è meno esteriorizzato, ma è sempre presente, anche se con le differenze legate al genere, all’età, al tipo di handicap e alle peculiarità dell’individuo e al contesto sociale dove la persona si forma.

Disabilità e sessualità, a che punto siamo?

Spesso le persone che hanno subito danni cerebrali, si trovano ad affrontare tante terapie quali: la riabilitazione motoria, la riabilitazione neuropsicologica, la logopedia, la terapia occupazionale ect. Per ottimizzare la riabilitazione e mettere al centro la persona, con le necessità del momento e le aspettative per il futuro, è auspicabile che i vari ambiti riabilitativi trovino una logica di lavoro comune e che ci sia un dialogo per poi stabilire un intervento integrato che accompagnino la persona con disabilità e i suoi famigliari dalla riabilitazione all’affermazione di sé. Nel team riabilitativo sarebbe auspicabile avere la figura dello psicosessuologo.

Secondo un sondaggio di MySecretCase, blog di educazione sessuale, emerge che il 56,1% dei disabili vive la sessualità con il proprio compagno; il 31,7% la vive in solitudine; il 6,1% con una lavoratrice del sesso e quasi il 10% dei caregiver ricorre a questa figura per supportare il proprio familiare. Se, infatti, circa il 60% degli utenti vive la sessualità all’interno della coppia, il 14,6% sostiene di non avere mai avuto alcun tipo di relazione e di non sentirsi a proprio agio con la sessualità, né in solitudine, né in coppia, l’8,5% vive – invece – solo l’autoerotismo e ben il 37,8% vive la sessualità in modo naturale, sia in coppia e sia in solitudine.

Non solo! Il 94% dei disabili, il 100% dei caregiver intervistati e il 97,9% degli utenti di MySecretCase ritiene, inoltre, necessario che il percorso terapeutico e di cura venga affiancato, da parte delle istituzioni, da un percorso con una psicologa o una sessuologa; quasi il 50% degli utenti ritiene che i sex toys abbiano avuto un ruolo importante nella scoperta del proprio piacere personale e di coppia. Il 92,7% dei disabili, l’85,7% dei caregiver familiari e il 92,9% degli utenti di MySecretCase, risulta, inoltre, d’accordo con la legalizzazione, in Italia, della figura dell’Assistente sessuale.Dal sondaggio è emerso infine che il problema delle persone con disabilità non è tanto una vita sessuale carente quanto piuttosto una scarsa rappresentazione: la quasi totalità degli utenti di MySecretCase senza disabilità, ha riflettuto per la prima volta sulla questione sesso e disabilità, proprio perché non è una tema che rientra nella conversazione mediatica con fluidità.

Ci vuole un maggior interesse delle istituzioni e del settore dell’informazione, molte famiglie sono lasciate sole e non sanno a chi rivolgersi e come gestire la crescita del familiare con disabilità.

Il sostegno alla Persona ed il riconoscimento dei diritti

È bene tener presente che vige un legame indissolubile tra autonomia, supporto all’emancipazione e sviluppo della sessualità per le persone con disabilità. La negazione di tali aspetti, la mancanza di informazione e consapevolezza, combinata con la totale assenza di autonomia e privacy, recano solitudine, rabbia e frustrazione, con la conseguente rassegnazione ad una vita povera di stimoli. Pertanto, la condizione in cui la famiglia stessa sostiene e supporta un percorso di autonomia risulta fondamentale per le persone con disabilità.

Spesso la sessualità staccata dall’amore è poco concepita. In diverse interviste del saggio polifonica RaccontAbili, si evince come spesso le famiglie e la società fatichino ancora a riconoscere il diritto alla sessualità delle persone con disabilità. Afferma Andrea: “I miei genitori non vogliono sentir parlare di sessualità, dicono che non sta bene: per loro è un argomento tabù. Mi considerano un asessuato e questo mi crea tanta rabbia e disagio: vorrei fargli capire che non è così, ma non ci sono ancora riuscito. Anche la società ci considera tali”.

Antonio Giuseppe Malafarina parla di come la società fatichi ancora a vederci come persone complete con le stesse pulsioni dei normodotati: “Partiamo da una considerazione: le persone con disabilità sono sessuate. Hanno, quindi, una loro naturale sessualità, benché nell’ideale delle persone ne abbiano al pari degli angeli. Se non si considera un aspetto di una persona ci si priva della possibilità di percepirla pienamente. (…) Non esiste un diritto all’amore, ma esiste un diritto alla salute e un buon rapporto con il proprio corpo dal punto di vista sessuale ricade nel diritto alla salute. Ciò detto, la società impari che anche le persone con disabilità hanno una sessualità e un’affettività”.

Per le donne con handicap, la situazione è più complicata rispetto agli uomini: non si riconosce che la donna viva la necessità dell’appagamento sessuale, viceversa per l’uomo si ritengono più accettabili l’istinto e le pulsioni. La condizione della donna con disabilità pone inoltre di fronte, in numerosi casi, ad una situazione di particolare debolezza e soggezione con un forte rischio di discriminazione. A tale proposito riporto le parole dell’Onorevole Lisa Noja sui dati delle varie discriminazioni subite dalle donne con disabilità: “Quello delle discriminazioni è un tema di cui si discute ancora troppo poco nel nostro paese, nonostante migliaia di donne e ragazze con disabilità, vivano varie forme di discriminazione in ogni aspetto della loro vita. Nel mondo del lavoro si registra un tasso di inoccupazione delle donne con disabilità del 45% contro il 35% degli uomini. Anche nell’accesso al diritto alla salute si riscontra una discriminazione: i tassi di tumore al seno sono infatti molto più elevati tra le donne con disabilità a causa della mancanza di apparecchiature di screening e diagnosi adeguate. Infine, nella vita intima, dove le donne con disabilità hanno una probabilità di subire violenza da 2 a 5 volte superiore rispetto alle altre donne”.

Ci vorrebbe un maggior sostegno alla persona e al contesto dove vive (famiglia, casa-famiglia, assistenti). È anche auspicabile che  tutte le persone che sentono il bisogno di emanciparsi e di avere una vita autonoma, ricevano validi supporti su più fronti e una corretta e esaustiva educazione sentimentale.

Il massaggio tantrico come pratica per uno sviluppo armonioso della propria sessualità

Spesso, tramite il gruppo Facebook: “Amore, disabilità e tabù: parliamone!,  le persone con disabilità o i loro genitori mi chiedono un consiglio su come vivere un’esperienza passionale. In molti casi ho ritenuto di consigliare loro di avvicinarsi e sperimentare il massaggio tantrico (che fa parte delle molte discipline olistiche) e il tantrismo.

Il tantrismo è un antico indirizzo di pensiero che ha influenzato i grandi sistemi religiosi orientali (induismo, buddhismo, jainismo). Tale filosofia considera le passioni di per sé né buone né cattive; esse non vengono quindi represse, poiché significherebbe respingerle a un livello più profondo. Il Tantra è arrivato in Occidente nel ventesimo secolo trovando un terreno culturale fertile grazie alla rivoluzione sessuale e all’emancipazione della donna. Oggi riscontra sempre più curiosità ed interesse perché unisce in un’unica pratica i desideri umani più profondi: quello di amare e quello di essere veramente se stessi.

Il Tantra è legato al concetto di amore, di rispetto e fiducia in sé stessi e nell’altro. Non è una pratica che riguarda esclusivamente la sessualità, come spesso erroneamente si tende a credere. Il tantrismo non rinnega il corpo: è la religione che unisce la fisicità alla spiritualità.

La Via del Tantra è una via amorevole. Il massaggio tantrico, eseguito da professionisti, può aiutare la persona a scoprire il rapporto con la propria totalità e con l’altro in modo profondo, amorevole ed erotico. Molte persone, anche con disabilità, cercano in questa “Via” delle risposte sulla propria sessualità. Nel Tantra non c’è nulla di vietato e nulla di obbligatorio.

Per quanto riguarda noi persone con disabilità nel massaggio tantrico non si rischia il rifiuto come spesso avviene in chat. In un massaggio tantrico la disabilità non conta. Mi ricordo un uomo che aveva avuto delle esperienze sbrigative con delle prostitute, poi ha scoperto il massaggio tantrico e si è sentito finalmente accolto e coccolato.

Tra gli effetti immediati e di lungo periodo che vengono riscontrati dopo un massaggio possiamo riportare: un aumento dell’autostima, l’allentamento delle tensioni e una sensazione di benessere durevole nei giorni successivi.

Il Tantra ha a che fare con la sfera spirituale, intima ed emotiva delle persone.

Le Energie nel Tantra

Nella visione tantrica l’unione di un uomo e una donna, indicata con il termine sanscrito: “Maituna”, è considerata un atto sacro. In questa unione, vissuta con rispetto e ritualità, non c’è nulla da negare o reprimere.

Nel Tantra il Maituna, è considerato il mezzo supremo per arrivare all’Unione con il Tutto, la divinità maschile Shiva è unito a quella femminile Shakti. Le due divinità non si uniscono per generare figli, bensì per arrivare all’estasi.

La coppia che pratica il Maituna, come se fosse un vero rito e meditazione, utilizza le energie di ambedue le persone per raggiungere uno stato di completa armonia.

Va comunque considerato, in un’ottica olistica, che non c’è solo l’aspetto sessuale per raggiungere un’armonia globale. Alcune tecniche di meditazione conducono alla scoperta delle nostre energie. La meditazione della Kundalini ad esempio se praticata con regolarità permette il risveglio dell’energia vitale e da questo spazio consapevole ci può essere un incontro tantrico, dove il fine non è materiale ma spirituale.

Kundalini in sanscrito significa “serpente” ed indica l’energia vitale posta alla base della colonna vertebrale. Con il massaggio e la meditazione è possibile risvegliarla e farla risalire. In questo processo la Kundalini attraversa i vari chakra: centri sottili di energia; donando una piacevole sensazione di benessere psicofisico.

Tutto ciò può essere utile alle persone, anche con disabilità, a scoprire una sessualità profonda e armoniosa, molto distante dalla prostituzione che a volte viene usata per colmare un vuoto e poiché non si ha nel nostro paese la figura dell’assistente sessuale.

Conclusioni

La definizione di salute sessuale, data dall’Organizzazione mondiale della sanità OMS, recita così: “La salute sessuale è l’integrazione degli aspetti somatici, affettivi, intellettuali e sociali dell’essere sessuato, allo scopo di pervenire ad un arricchimento della personalità umana e della comunicazione dell’essere”. Già nel 1993, l’Assemblea Generale ONU aveva approvato un importante documento dove veniva riconosciuto il pieno diritto a tutti i portatori di handicap di esprimere la propria sessualità.

Nonostante tutto, il cambiamento culturale per abbattere censure e tabù, in Italia è più lento e teorico rispetto ad altri paesi. Per molte persone manca l’informazione e la consapevolezza della propria sessualità. Spesso è più semplice negare o reprime piuttosto che informare. Manca inoltre un corretto sostegno per quelle famiglie che sono aperte a certi aspetti, ma non sanno a chi rivolgersi.

Auspico che le tematiche trattate in questo intervento, siano state utili per iniziare a scoprire delle discipline che spesso non si conoscono e per mettere in luce le esigenze delle persone con disabilità.

Infine è importante fare molte domande prima di affidarsi ad un operatore tantrico, per comprendere se è preparato o se fa questo tipo di massaggi da poco tempo e per un proprio tornaconto. Il Tantra è un dono per l’altro e non bisogna aspettarsi nulla in cambio, se non lo scambio energetico.

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 Slide e testo  di Zoe Rondini

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17.09.2020

Slide Lumsa 17.09.2020

 

Sommario

  1. La sessualità delle persone con disabilità. 2

1.1. Il matrimonio come forma di emancipazione o come escamotage per una finta autonomia. 2

1.2. Il legame indissolubile tra autonomia e sviluppo della sessualità. 2

1.3. La sessualità delle persone con disabilità cognitiva. 3

  1. L’educazione sentimentale: tutto parte dalla famiglia. 4

2.1. Due esempi di come la famiglia può rappresentare un ostacolo al sano sviluppo e appagamento sessuale della persona disabile. 4

  1. La mia esperienza: scoperta e conquista della sessualità. 5
  2. Donne con disabilità: la doppia discriminazione. 6
  3. Supporti concreti per lo sviluppo della sessualità delle persone con disabilità. 7

5.1. L’assenza in Italia della figura dell’assistente sessuale. 7

5.2. Il massaggio tantrico come pratica per uno sviluppo armonioso della propria sessualità. 8

  1. Disabilità e sessualità: osservazione e confronto. 9
  2. Conclusioni 10

1. La sessualità delle persone con disabilità

La sessualità delle persone con disabilità, è spesso immaginata da molti come il sesso di serie B. Nell’immaginario collettivo, infatti, i disabili sono spesso visti come angeli asessuati ed eterni bambini. È invece importante capire che tutte le persone hanno un costante desiderio di affetto e di contatto fisico. Si tratta di bisogni connaturati nell’essere umano e, come tale, appartengono ovviamente anche alla persona con disabilità.

Esistono varie forme di disabilità e per ognuna la sessualità viene approcciata in maniera diversa. È fondamentale tenere in considerazione le differenze tra una disabilità fisica lieve da una grave e tra fisica, cognitiva e sensoriale. In alcuni casi il bisogno dello sviluppo della sessualità è più evidente, in altri è meno esteriorizzato, ma è sempre presente, anche se con le differenze legate al genere, all’età, al tipo di handicap e alle peculiarità dell’individuo e al contesto sociale dove la persona si forma.

Nell’approcciare a tale tematica è indispensabile accogliere la disabilità come parte integrante dell’identità della persona. Questo significa non ridurre il disabile al suo handicap, ma neanche minimizzarlo o negarlo, considerandone quindi i limiti e le potenzialità.

Talvolta, ancora oggi, per le persone con disabilità la dimensione della sessualità non è legittimata, o addirittura è completamente negata. In generale ai disabili non viene garantita una giusta informazione ed educazione; in molte famiglie, istituti e case-famiglia certi discorsi sono da evitare. Inoltre, in certi casi, la costante presenza dell’accompagnatore influisce sulla possibilità di vivere la propria sessualità in maniera intima e spontanea.

1.1. Il matrimonio come forma di emancipazione o come escamotage per una finta autonomia

In alcune situazioni, per aggirare il problema, si ricorre al matrimonio, come strumento di finta emancipazione volta ad ottenere, ad esempio, un po’ di libertà o, dal punto di vista dei genitori della persona con disabilità, questo può rappresentare un porto sicuro per il presente, ma soprattutto il futuro, del figlio o figlia. Diversamente, può accadere che la possibilità di matrimonio per le persone con disabilità sia ostacolata proprio dalla famiglia per un senso di  maggior controllo e paura dell’emancipazione: a volte i familiari si dedicano solamente alla persona con disabilità ed hanno paura che questo ruolo venga loro sottratto. In altri casi, invece, un eccessivo controllo del famigliare con disabilità può essere dovuto alla paura che qualcuno possa approfittare di lui o di lei.

1.2. Il legame indissolubile tra autonomia e sviluppo della sessualità

Da queste considerazioni emerge che vige un legame indissolubile tra autonomia, supporto all’emancipazione e sviluppo della sessualità per le persone con disabilità. La mancanza di informazione e consapevolezza, combinata con la totale assenza di autonomia e privacy, recano solitudine, rabbia e frustrazione, con la conseguente rassegnazione ad una vita povera di stimoli. Pertanto, la condizione in cui la famiglia stessa sostiene e supporta un percorso di autonomia risulta fondamentale per le persone con disabilità. Contribuiscono anche la possibilità di fare affidamento sull’aiuto di uno o più siblings (fratelli o sorelle normodotati di persone con disabilità), un buon inserimento lavorativo e delle amicizie su cui poter contare. La presenza contestuale dei tre fattori spesso rappresenta un obiettivo utopico per la persone disabile.

Per le donne con disabilità, come vedremo meglio più avanti, la situazione è più complicata rispetto agli uomini: non si riconosce che la donna viva la necessità dell’appagamento sessuale, viceversa per l’uomo si ritengono più accettabili l’istinto e le pulsioni. Indubbiamente il contesto culturale ha un impatto molto forte e determinante nella percezione della sessualità nella disabilità e nella formazione dell’identità. In molti casi in famiglia certi argomenti sono un tabù, non se ne può parlare anzi si fa di tutto per sviare l’attenzione del figlio con disabilità, come se questo non sia interessato.

Ci vorrebbe sostegno di tutta la famiglia, un’educazione sentimentale maggiore per maschi e femmine e interventi che aiutino la socializzazione e l’emancipazione per i giovani e adulti con disabilità.

1.3. La sessualità delle persone con disabilità cognitiva

Un discorso specifico deve essere poi riservato alla sessualità delle persone con disabilità cognitiva. Come ben illustrato in più occasioni dalla Dottoressa Eleonora Motta, Psicosessuologa specializzata nel complesso rapporto tra disabilità, amore e sessualità, l’handicap cognitivo è accompagnato da un ritardo dello sviluppo della sessualità. In questi casi lo sviluppo psicologico dei portatori di handicap mentale è più lento rispetto a quello fisico e sessuale ed, inoltre, enorme è la difficoltà a comprendere i cambiamenti che si verificano in lui/lei, come la nascita del seno o la presenza della peluria. Questo, nella maggior parte delle situazioni, è vissuto con particolare angoscia dai famigliari. La manifestazione sessuale più frequente, nel caso di disabilità cognitiva, indipendentemente dalla gravità dell’handicap e dal sesso, è costituita dalla manipolazione degli organi genitali e dalla masturbazione. Nei casi più acuti, la masturbazione assume un carattere ripetitivo, permanente, simile alle stereotipie proprie degli autistici e può essere accompagnata da un atteggiamento di assenza di pudore.

Tali comportamenti frequentemente provocano in chi vive accanto a queste persone atteggiamenti di intolleranza e di conseguente rifiuto. Tuttavia, la masturbazione oltre ad essere piacevole e a permettere la scoperta del proprio corpo e della propria sessualità, nell’handicap può assumere altre funzioni: riempire la noia o la solitudine, sostituire comportamenti aggressivi dovuti alla frustrazione, placare l’ansia, attirare attenzione non altrimenti ottenibile. Per uno sviluppo sereno di questo aspetto dell’intimità è importante che si insegnino i luoghi e i tempi adatti per la masturbazione e il concetto di “pubblico e privato”.

2. L’educazione sentimentale: tutto parte dalla famiglia

Spesso molte famiglie non sanno come affrontare la crescita della persona con disabilità; non si vedono prospettive sul piano sentimentale e questo genera paura. È più facile non affrontare il problema. La negazione dei diritti e delle responsabilità del giovane e dell’adulto disabile crea maggiori rischi: prima o poi si scopre la sessualità, con internet, con gli amici, con una persona che ti fa un apprezzamento. Allora perché non formare e informare a ciò che sono desideri fisiologici come l’amore, la sessualità e la passione?

Le reazioni più ricorrenti delle famiglie in risposta alla manifestazione di desideri e impulsi sessuali da parte di un membro con disabilità si possono così sintetizzare:

  1. Protezione: negazione della sessualità, identificando la persona disabile solo con il suo handicap e considerandola quindi un “eterno bambino”. In questi casi subentra la rassegnazione ad una vita povera di stimoli e la negazione dell’adultità. Si possono riscontrare in questo approccio altresì strategie di controllo volte a limitare i contatti con l’esterno, inibire l’autonomia, facendo ricorso anche a sedativi e farmaci.
  2. Aspettative e doveri: in questa categoria rientrano coloro che considerano la persona disabile come colei o colui che deve pensare solo ai tanti doveri e ad un suo miglioramento che non cessa dopo l’età evolutiva. In realtà è proprio il migliorarsi e la crescita che ti inducono a voler una relazione di coppia e si chiede di non essere considerati “eterni bambini”!
  3. Comprensione: attraverso la conoscenza e l’accoglimento si opta per il sostegno e il rispetto della sfera privata della persona con disabilità che può sviluppare una propria intimità.

2.1. Due esempi di come la famiglia può rappresentare un ostacolo al sano sviluppo e appagamento sessuale della persona disabile

Nell’ambito della mia costante ricerca di testimonianze ed interazioni su questo tema, mi sono imbattuta un giorno in un quesito che mi è rimasto impresso e mi ha colta di sorpresa. Tramite il gruppo Facebook che gestisco “Amore, disabilità e tabù: parliamone insieme!” sono stata contattata da un ragazzo che mi chiedeva se considerassi un tabù dormire nudi in estate… la domanda, per me infondata, ho scoperto derivare dall’inibizione da parte dei genitori di questa pratica “dissoluta”.

Sempre tramite il gruppo Facebook ho raccolto molte esperienze, tra cui questa che mi ha molto colpito per la sua schiettezza e amarezza… Si tratta della testimonianza di un uomo adulto, affetto da sclerosi multipla e che vive a casa con la madre anziana. Nella sua testimonianza lamenta il fatto di non essere più in grado neanche di masturbarsi per sfruttare delle erezioni spontanee che gli avvengono spesso la mattina: la sclerosi gli provoca una costante stanchezza delle braccia, che non gli consente di portare a termine l’atto. Rivolgersi ad una prostituta è impensabile, da quando la malattia si è acutizzata è più complicato uscire e in casa c’è la madre. Prima, infatti, dopo il lavoro si rivolgeva a delle prostitute, ma la debolezza dovuta all’aggravarsi della malattia ha reso impossibili e inutili tali visite. Più di una persona in questa condizione finisce per sperare di non sentire più pulsioni e non avere più nessun tipo di stimolo…

3. La mia esperienza: scoperta e conquista della sessualità

Mi ritengo fortunata perché ho ricevuto da mia madre una buona educazione sessuale e sentimentale. Per lei parlare di certi argomenti non è mai stato un problema, anzi mi ha sempre incoraggiato a domandarle tutto invece che rivolgermi alle mie coetanee, che ne sapevano quanto me. Così tra le medie e i primi anni del liceo ho ricevuto tutte le risposte alle mie domande. Per questa particolare sua apertura mentale ancora la stimo e la ringrazio.

La scoperta della sessualità e dell’amore è stata una scelta fortemente voluta dal mio “Io”. È successo quando avevo 23 anni, già ero abbastanza autonoma: guidavo e non vivevo più con la mia famiglia. Decisi di usare internet, a quel tempo le chat e i forum erano frequentati meglio di oggi, ho un bel ricordo della prima volta, ma non è scattata la scintilla, anche lui aveva una disabilità motoria.

In seguito ho vissuto una storia importante con una persona normodotata; l’amore era reciproco, ma la grande differenza di età, con il tempo ha fatto affievolire il sentimento e la passione, fino a farli spegnere del tutto. Mi sono innamorata nuovamente di un uomo bello, sensibile ed affascinante, lui per me ha sempre nutrito affetto e stima, ma l’amore è un’altra cosa; con il tempo e l’impegno siamo riusciti a costruire una solida amicizia che dura ormai da quindici anni, fatta di passione, affetto e stima reciproca.

Negli anni, ho conosciuto, personalmente o virtualmente, molte persone con diverse disabilità motorie, mi è rimasto impresso un ragazzo che aveva un lieve problema nel camminare.  La madre lo accudiva, non aveva regole, questa persona si comportava da eterno bambino perché il nucleo familiare e gli amici glielo permettevano, non sapeva nulla riguardo all’amore.

Conoscendolo meglio mi sono accorta che aveva pensieri semplici, da adolescente, anche se era un uomo adulto di circa quarant’anni. In un contesto sociale che non lo responsabilizzava e gli negava la scoperta dell’amore e dell’erotismo viveva desideri contrastanti: voleva essere accudito dalla madre in tutto e per tutto, ma voleva anche andar via di casa e vedeva in un ipotetico suo matrimonio l’unico modo per emanciparsi. Quale futuro aspettava lui e la famiglia che si voleva formare? Non sarebbe stato più saggio educarlo invece di nascondere tanti aspetti normali della crescita di una persona?

4. Donne con disabilità: la doppia discriminazione

È importante sottolineare che, come già accennato, il tema della sessualità delle donne con disabilità è ancora più delicato. Una cultura della negazione e del taciuto crea dei rischi soprattutto per le ragazze e le donne con disabilità. Sul tema i dati sono risalenti e frammentati e solo dal 2015 (con dati riferiti al 2014) l’Istat ha incluso le donne con disabilità nelle rilevazioni sulla violenza di genere, stesso anno in cui sono state inserite le donne straniere. Nel caso di donne con disabilità si è di fronte ad una doppia discriminazione che opera in diversi ambiti: da quello sanitario a quello lavorativo, scolastico e dello sport. Rimanendo in tema di sessualità e disabilità, dai dati del Rapporto Istat 2015, emerge che le donne disabili che hanno subito una violenza sono il doppio di quelle normodotate – il rischio di subire stupri o tentati stupri per le donne con disabilità è doppio (il 10% contro il 4,7%) rispetto a quello delle donne senza problemi – a fronte di un numero di denunce decisamente inferiore. Ciò deriva dal fatto che spesso le stesse vittime di violenza non si riconoscono come tali, per nulla autonome e totalmente dipendenti dal partner o dalla famiglia, hanno sviluppato un’assuefazione alla soggiogazione. Dai dati si evince infatti che spesso la donna con disabilità, per la sua condizione, non ha (e non viene aiutata ad avere) gli strumenti per riconoscere la violenza sessuale. Tale condizione può essere ancora più enfatizzata in caso di disabilità cognitiva.

Questa doppia discriminazione si riflette, inoltre, sull’aspetto della salute ginecologica. Sempre sulla base dei dati Istat 2015 è emerso che, a fronte di un 68% di donne normodotate che effettuano il pap-test, solo il 52% delle donne disabili si è sottoposta all’esame, mentre per quanto riguarda la mammografia il rapporto è 75% a 58%. Ad una minore attenzione alla cura e prevenzione si aggiunge anche l’assenza di strutture e apparecchiature di screening e diagnosi adeguate a donne con disabilità fisica complessa. Per questo motivo, ad esempio, i tassi di tumore al seno per le donne disabili sono molto più elevati di quelli della popolazione femminile in generale.

Per le donne con disabilità permane quindi un doppio tabù: essere donne, in quanto si pensa che abbiamo meno desideri e bisogni, ed essere disabili quindi a volte discriminate e meno autonome.

5. Supporti concreti per lo sviluppo della sessualità delle persone con disabilità

Grazie, soprattutto, al gruppo Facebook “Amore, disabilità e tabù: parliamone!”, che offre un campione di oltre 100 persone con diverse disabilità residenti in tutta Italia, ho potuto riscontrare molteplici modi di reagire al bisogno affettivo e sessuale. C’è chi è appagato e riesce a costruirsi una famiglia, chi vive la sessualità in maniere spontanea e serena, chi ha avuto qualche sporadica esperienza sessuale, ma che non ha nulla a che fare con “fare l’amore”, e chi non è riuscito a soddisfare questi bisogni.

5.1. L’assenza in Italia della figura dell’assistente sessuale

Nel nostro paese sono del tutto assenti figure professionali o centri rivolti al benessere sessuale delle persone con disabilità. All’estero, in alcuni stati, si è sviluppata per queste esigenze la figura dell’assistente sessuale, un operatore formato sia dal punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, che supporta le persone con disabilità fisica, cognitiva e sensoriale a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale, sperimentando l’erotismo e la sessualità. Queste figure non possono avere un rapporto completo con l’assistito.

Tra le diverse iniziative poste in atto per superare tale mancanza, nel 2014 è stato presentato in Senato, su iniziativa del senatore Sergio Lo Giudice, un disegno di legge che si propone di introdurre nel nostro ordinamento la figura dell’assistente sessuale per disabili al fine di garantire il diritto dell’esercizio libero della propria sessualità. Purtroppo l’iniziativa non ha avuto, per il momento, alcun seguito in Parlamento. Tuttavia, nello stesso anno sono partiti i corsi promossi dal Comitato Lovegiver di Maximiliano Ulivieri per la formazione degli OEAS: operatori all’emotività, l’affettività e alla sessualità delle persone con disabilità. Una volta formate tali figure professionali, gli incontri tra operatore e assistito prevedo diverse forme di interazione: si passa dal contatto dei corpi, al massaggio, all’insegnare l’autoerotismo per arrivare a stimolare e sperimentare il piacere auto-orgasmico. Sulla base delle linee guida per gli OEAS elaborate dal comitato, in collaborazione con il Professor Fabrizio Quattrini, psicoterapeuta e psicanalista, Socio fondatore e Presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica (IISS), tale pratica deve avvenire nel pieno rispetto reciproco e sviluppando un’adeguata empatia. Aggiungo che sarebbe auspicabile, una volta riconosciuta giuridicamente tale figura, che la prestazione fosse erogata gratuitamente per il tramite del Servizio Sanitario Nazionale, riconoscendo così in pieno il diritto ad una corretta salute sessuale per tutti.

In assenza tuttavia del riconoscimento e della diffusione di tale pratica, molte persone con disabilità, per soddisfare tali impulsi, praticano la masturbazione (quando la mobilità degli arti glielo consente), si rivolgono a prostitute o sfociano nella frustrazione di desideri non appagati.

Quando mi si chiede un consiglio in questo senso, suggerisco varie strade: conoscere nuove persone all’interno del gruppo Facebook, utilizzare i forum dedicati a chi ha una disabilità o provare la magia di un massaggio tantrico.

5.2. Il massaggio tantrico come pratica per uno sviluppo armonioso della propria sessualità

Il tantrismo è un antico indirizzo di pensiero che ha influenzato i grandi sistemi religiosi orientali (induismo, buddhismo, jainismo). Tale filosofia considera le passioni di per sé né buone né cattive; esse non vengono quindi represse, poiché significherebbe respingerle a un livello più profondo. Il Tantra è arrivato in Occidente nel ventesimo secolo trovando un terreno culturale fertile grazie alla rivoluzione sessuale e all’emancipazione della donna. Oggi riscontra, in molti casi, sempre più curiosità ed interesse perché unisce in un’unica pratica i desideri umani più profondi: quello di amare e quello di essere veramente se stessi.

Il Tantra è legato al concetto di amore, di rispetto e fiducia in sé stessi e nell’altro. Non è una pratica che riguarda esclusivamente la sessualità, come spesso erroneamente si tende a credere. Come le altre discipline olistiche, il Tantra considera l’individuo (normodotato o con disabilità) nella sua totalità costituita da Corpo, Mente e Spirito. Il tantrismo non rinnega il corpo: è la religione che unisce la fisicità alla spiritualità.

La via del Tantra è una via amorevole. Il massaggio tantrico, eseguito da persone esperte, può aiutare la persona a scoprire il rapporto con la propria totalità e con l’altro in modo profondo, amorevole ed erotico. Molte persone, anche con disabilità, cercano in questa “Via” delle risposte sulla propria sessualità. Nel Tantra non c’è nulla di vietato e nulla di obbligatorio. Alla base di tale pratica vi è un approccio armonico che tenga conto della totalità e delle caratteristiche della persona. In quest’ottica il massaggio tantrico va praticato con competenza trattando il corpo di chi lo riceve come se fosse il proprio.

Per quanto riguarda noi persone con disabilità nel massaggio tantrico non si rischia il rifiuto come spesso avviene in chat. In un massaggio tantrico la disabilità non conta. Mi ricordo un uomo che aveva avuto delle esperienze sbrigative con delle prostitute, poi ha scoperto il massaggio tantrico e si è sentito finalmente accolto e coccolato.

Il Tantra è un dono per l’altro e non bisogna aspettarsi niente in cambio, se non lo scambio energetico. Attraverso la via del Tantra l’amore e l’erotismo sono più intensi: non contano più il tempo o le condizioni esterne; è importante vivere il momento presente. In certe situazioni siamo tutti uguali e tutti diversi: tutti cerchiamo di amare e essere amati e ognuno vive a suo modo l’amore e l’erotismo.

Dopo aver sperimentato su di me gli effetti benefici della “Via” del Tantra, ho deciso di informarmi meglio per parlarne sul mio portale Piccologenio al fine dare la possibilità ad altre persone di conoscere, ed eventualmente approcciare, a questa pratica. Tra gli effetti immediati e di lungo periodo che vengono riscontrati possiamo riportare: un aumento dell’autostima, l’allentamento delle tensioni e una sensazione di benessere durevole nei giorni successivi.

Il Tantra è un dono, ha a che fare con la sfera spirituale, intima ed emotiva delle persone. Per questi motivi è fondamentale che venga praticato con serietà e dedizione. Sono numerosi i casi, purtroppo, in cui questa pratica viene strumentalizzata ai fini della mera mercificazione del corpo e della sessualità. Il Tantra nulla ha a che fare con la prostituzione e bisogna fare attenzione e denunciare le truffe.

Attraverso gli strumenti divulgativi che ho a disposizione mi batto contro queste “strumentalizzazioni” a tutela sia degli operatori che dei possibili fruitori.

6. Disabilità e sessualità: osservazione e confronto

Come già accennato, nel 2012 ho creato il gruppo Facebook: “Amore, disabilità e tabù: parliamone!” con lo scopo di realizzare un luogo virtuale di incontro per scambiarci opinioni e informazioni; incentivare la conoscenza reciproca e promuovere il confronto ed il dialogo tra normodotati e disabili. Il gruppo ad oggi conta oltre 1000 iscritti e negli anni sono state tantissime le persone con disabilità, o genitori di persone con disabilità, che mi hanno contattata chiedendomi aiuto per capire come scoprire, sviluppare ed approcciare alla sessualità.

Attraverso lo strumento del gruppo Facebook ho potuto notare alcune tendenze ricorrenti:

  1. le richieste di aiuto hanno quasi sempre come protagonista un maschio, ciò porta a domandarmi: per noi donne con disabilità non si dà importanza a certi aspetti? Nelle donne disabili manca completamente la consapevolezza della propria sfera sessuale? O forse troviamo da sole il coraggio di fare certe esperienze, magari usando internet o chiedendo agli amici?! Probabilmente sono vere tutte queste ipotesi…
  2. a volte si ha paura di sperimentare l’autoerotismo anche se è forte il desiderio di provare piacere e ci si trova nelle condizioni per farlo in autonomia. Mi è capitato che molti ragazzi mi scrivessero quasi come a cercare da parte mia un’approvazione.

Un ulteriore scopo del gruppo Facebook è quello di incentivare lo scambio di informazioni su convegni, film, iniziative che hanno a che fare con l’educazione sentimentale, l’amore, la sessualità e il Tantra in relazione alla disabilità. Grazie a internet posso “scoprire” persone nuove ed arrivare a chi, in altri modi, non sarei mai arrivata.

7. Conclusioni

Oggi noto una generale maggior apertura sull’amore, l’affettività e la sessualità delle persone con disabilità e un crescente interesse da parte dei media, ma dietro questa apparenza rimangono molte paure e censure da parte di alcune famiglie e di chi si occupa delle persone disabili (istituti, case famiglia, caregiver etc). Negli ultimi anni ho avuto modo di conoscere – direttamente e indirettamente – psicologi, medici e genitori aperti a certi argomenti, ma si tratta ancora di singoli casi isolati. Bisognerebbe puntare di più sul contesto e la formazione di tutta la società, anche se è più facile abbattere le barriere architettoniche che quelle culturali.

Tutte le diverse iniziative qui descritte forniscono un contributo importante allo sviluppo dell’autoconsapevolezza e alla diffusione della conoscenza sul rapporto tra disabilità e sessualità, ma non sono sufficienti. È ancora troppo complicato assicurare ad una persona con disabilità le condizioni necessarie per una vita autonoma, soddisfacente e appagata. Tutto dipende eccessivamente dalla condizione famigliare di partenza, ostacolando la possibilità di emancipazione e di miglioramento delle proprie prospettive. È per questo fondamentale che lo Stato fornisca alle persone con disabilità gli strumenti per costruirsi una vita indipendente e, contemporaneamente, attraverso la scuola, i media e gli strumenti di informazione diffonda una piena cultura dell’integrazione e delle pari opportunità.

La strada è ancora lunga e in salita, ma ognuno di noi, nella sua quotidianità, può fornire il proprio contributo.

  • Potete trovare il romanzo di formazione Nata Viva sul seguenti siti: Socetà Editrice Dande AlghieriLaFeltrinelli,  Amazon e Ibs. L’e-book è disponibile qui
  • Nel saggio polifonico “RaccontAbili. Domande e risposte sulle disabilità” ho ampiamente trattato le tematiche riguardanti l’amore, la sessualità e l’affettività delle persone con disabilità. Nella prima parte del volume ci sono molte interviste anche a psicosessuologi. Nella seconda parte si evince il mio punto di vista attraverso una selezione di articoli su queste tematiche. Il volume è disponibile sul catalogo dell’Erickson Live

Nata Viva mini-film:

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Dalla riabilitazione all’affermazione di sé: come sono diventata regista della mia vita

Dopo l’età della formazione viene l’età della autoaffermazione, è così un po’ per tutti ed in parte lo è stato anche per me; pur se con tempi, modi e obbiettivi diversi.

L’infanzia l’ho passata con i migliori specialisti. Medici, neurologi, neuropsichiatri infantili, fisioterapisti… i migliori del panorama italiano ed europeo degli anni ’80 e ‘90. Tutti questi “luminari” si aspettavano da me che compissi degli sforzi sovraumani per camminare. A cinque anni sono stata un mese intero a casa di un riabilitatore inglese: era il più bravo nel suo campo, ovviamente!

La fatica per camminare dalla mattina alla sera, tutti i giorni, me la ricordo ancora… e se per caso riuscissi a dimenticare per un po’, ci sono sempre i duroni alle ginocchia che mi ricordano quel periodo e tanti altri simili.

Dal mio punto di vista, quello di una bambina dell’asilo ed elementari, i tanti “esperti” attorno a me, non si curavano minimamente di come mi facessero sentire le loro richieste. Anche se mi nascondevo nell’armadio di mia madre o piangevo, non riuscivo a sottrarmi alle pretese riabilitative che, ai miei occhi, apparivano esagerate e assillanti. La volontà dei terapeuti aveva sempre la meglio. La mia famiglia si è sempre adoperata per scegliere i migliori operatori e per farmi crescere in un contesto il più normale e stimolante possibile.

Da adolescente ho provato ad affacciarmi in associazioni che promuovevano lo sport per persone con disabilità, come strumento di formazione, d’inclusione e socializzazione. Presi l’iniziativa e trovai su internet un’importante associazione sportiva che si è resa disponibile ad un colloquio conoscitivo. Mia nonna mi accompagnò. Raccontai al vicepresidente, la mia famigliarità con il nuoto e la voglia di fare amicizia, confrontarmi e divertirmi con altri ragazzi della mia età. Controllai a lungo l’ e-mail per sapere in quale gruppo fossi stata inserita, ma non ricevei mai nulla.

In quegli anni, grazie a internet, scoprii un corso di vela che era aperto a persone normodotate e disabili, mi iscrissi.  Al di fuori delle lezioni non c’è stata nessuna inclusione: il gruppo era composto da persone normodotate dagli otto a i trent’anni, eravamo pochi ed io ero l’unica “rappresentante” delle categorie disabili e teenager.

Dopo il periodo adolescenziale ed una volta concluso il liceo, cominciai a fare delle scelte più ponderate che mi hanno portata ad essere sempre più autonoma e, almeno in parte, ad essere “la regista” della mia vita.

Ma procediamo con ordine: la prima decisione importante ed il primo passaggio verso l’autonomia fu prendere la patente di guida a diciotto anni. A ventuno  sono andata a vivere da sola con il fondamentale sostegno dei miei famigliari. Poco prima, grazie all’insistenza di mia nonna, seguitai gli studi e mi iscrissi alla facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione, per poi specializzarmi in editoria e scrittura, presso l’Università Sapienza di Roma. Dai primi esami mi appassionai agli studi psicopedagogici e mi trovai finalmente a mio agio nella realtà universitaria, scoprendo che era completamente diversa da quella della scuola privata che avevo frequentato. Per la prima volta potevo permettermi di rallentare, ripetere un esame per tenere alta la media: non dovevo più correre per raggiungere un obbiettivo imposto da altri.

Ero soddisfatta delle mie conquiste sul piano dell’autonomia e di ciò che facevo. Ma sentivo la mancanza di un’esperienza molto importante. A ventidue anni decisi di ricorrere nuovamente ad internet per sperimentare la sessualità e l’amore.

Ho un bel ricordo della prima esperienza, ci siamo frequentati per un po’ ma non è scattata la scintilla. È iniziato tutto da un mio messaggio pubblicato su un forum per persone con disabilità, in seguito mi iscrissi in una delle tante chat per incontri per normodotati. Erano anni molto diversi da oggi, sui siti d’incontri si poteva conoscere gente con la testa sulle spalle. Infatti poi, grazie a quella chat, ho potuto vivere la mia prima storia d’amore corrisposta. Era un uomo molto più grande di me, siamo stati più di un anno insieme, non era ben visto dalla mia famiglia, questo elemento e la differenza d’età hanno fatto affievolire l’amore da parte mia; fui io a lasciarlo.

In seguito a questa storia importante, sullo stesso sito ho conosciuto un uomo molto speciale che, ancora oggi, a distanza di quindici anni, reputo il mio migliore amico. Tra questi due legami sono intercorse delle storie e delle conoscenze meno importanti.

Negli ultimi anni molti accadimenti mi hanno fatta maturare e stare meglio con me stessa. Ho avuto molte soddisfazioni lavorative: la pubblicazione del saggio polifonico RaccontAbili e del romanzo di formazione Nata Viva, la realizzazione di un cortometraggio ispirato al romanzo. Non mancano poi diverse collaborazioni giornalistiche ed ho ideato il progetto pedagogico dal titolo: “Disabilità e narrazione di sé; come raccontare le proprie piccole e grandi disabilità” che dal 2012 porto nelle scuole e nelle Università di Roma e Provincia.

Oggi, mi sto dedicando molto alla scrittura e gli incontri con gli studenti. Grazie a ciò, cerco di aiutare i ragazzi che incontro e ce la metto tutta per provare ad essere utile alle persone disabili ed alle rispettive famiglie.

Sul piano personale, mi vorrei nuovamente innamorare. Dopo l’ultima storia, vissuta dopo il primo innamoramento con quella persona molto più grande di me; vorrei trovare una persona con la quale ridere, sentire nuovamente l’innamoramento e la passione. I progetti lavorativi, mi stanno dando grandi soddisfazioni, anche se avverto la difficoltà nel portare avanti un lavoro continuativo che riesca a collegare le mie diverse attività. Mi piacerebbe riuscire a legare tutto ciò che faccio e ad inserirlo in un progetto unitario e di ampio respiro insieme ad un team di professionisti: pedagogisti, scrittori, ghost writer, esperti nella comunicazione multimediale… Sarebbe importante riuscire a dare al mio lavoro un’organizzazione sistematica per essere sempre più utile agli altri.

Negli ultimi anni, tra l’altro, sto approfondendo l’approccio olistico della persona. In tale filosofia l’individuo è la somma di Corpo, Mente e Spirito: ogni nostra parte è correlata alle altre e tutte si influenzano reciprocamente. In questa visione globale il contesto sociale e culturale

Convegno “Il Tocco dell’Anima attraverso il Tanta”. Roma 18.10.2019

riveste un ruolo importante da analizzare, poiché non si può avere una visione completa dell’essere se non si esamina il contesto culturale, sociale e lavorativo dove egli si è formato ed è inserito.

Ciò detto si lega molto al mio vissuto: oggi sono soddisfatta del personaggio pubblico che sono diventata grazie alla scrittura ed agli altri progetti, per la sfera privata e i legami interpersonali non posso dire la stessa cosa. Oltre al “degrado” nei siti d’incontri, c’è anche da tener presente che noi donne più maturiamo più diventiamo complicate, non ci accontentiamo di chi secondo noi, non ci capisce o non ci valorizza. Sotto questo aspetto mi sento parte di una lunghissima schiera di donne sui quarant’anni o anche un po’ di più, che dice: “Meglio sola che male accompagnata. Ma per chi mi hai preso? -o ancora- Ormai ho le mie abitudini… sono stufa di dover essere sempre io quella che si deve adattare”.

Il motivo per il quale mi dico che devo puntare sul mio lavoro e sto bene da single non è solo la mia disabilità motoria, anche se ritengo che non sia un elemento facilitatore!  Quando parlo nelle scuole, all’università, ai convegni… mi piace “metterci la faccia”. Per l’amore è diverso, torno a cercarlo nella realtà virtuale poiché all’infuori di essa non ho trovato valide opportunità di conoscere persone interessanti e single. Quando mi rapporto con l’altro sesso sembra sempre che debba dimostrare di saper amare o di saper accontentare un possibile partner, ma ciò non andrebbe sempre ribadito fin dai primi scambi di battute.

Spesso non mi sento capita, ma Freud stesso scrisse: “Il grande quesito a cui non sono riuscito mai a dare una risposta malgrado i miei 30 anni di ricerca nell’animo femminile è: che cosa vuole una donna?”. Il padre della psicanalisi non è stato l’unico ad aver studiato le diverse dinamiche tra gli istinti maschili ed il romanticismo femminile.  Mi ritrovo perfettamente in uno studio americano, condotto dal Love Lab dello psicologo John Gottman e durato più di 40 anni; il quale ha stabilito che sono due le insoddisfazioni che l’universo femminile manifesta più frequentemente oltre quelle già citate: “Non è mai lì per me” e “Non c’è abbastanza intimità e connessione”. Per dare una parziale risposta a queste mancanze mi sono affacciata alla Via del Tantra. Si tratta di una via amorevole, che non ha a che vedere con l’atto sessuale fine a sé stesso. È una pratica per conoscere la propria totalità e vivere in profondità la passione. Molte persone, anche con disabilità, cercano in questa “Via” delle risposte sulla propria sessualità.

Tempo addietro un amico con una forte disabilità motoria mi ha fornito la prova di ciò che pensavo riguardo alla “Via del Tantra”: dopo il suo primo massaggio mi ha raccontato di essersi sentito accolto e coccolato, tutto il contrario delle esperienze sessuali vissute con rapidità e senza trasporto. Nel confrontarci ci siamo trovati d’accordo sul fatto che nel massaggio tantrico manca il legame di coppia; ed abbiamo rilevato la consapevolezza che le diverse aspettative che si hanno tra uomini e donne non più giovanissimi sono una delle cause per le quali è più complicato avere una relazione soddisfacente dopo una certa età.

Oggi se guardo al mio presente e al mio passato mi sento soddisfatta e orgogliosa di ogni singolo traguardo, che non è mai stato scontato e sento una grande spinta a voler realizzare tanti nuovi progetti.

Penso a quella sensazione di incompletezza che mi ha accompagnato nella crescita e che è presente ancora oggi e mi rendo conto che forse è proprio questa che mi ha spronato ad abbattere i miei limiti e a migliorarmi. Credo anche che, come me, molti altri vivano questa sensazione e che, in parte, tale frustrazione possa derivare da modelli di normalità imposti dalla famiglia, la scuola ed in seguito dalla società. Nei miei libri tento di scardinare molti preconcetti legati alla famiglia, la società, la scuola, il lavoro… ma  i tabù più radicati e difficili da superare appartengono ancora all’affettività, l’amore, l’erotismo delle tante persone che, per qualche motivo, non rispettano il modello sociale di “normalità”. Ma infondo la normalità non sembra appartenere a nessuno, per fortuna!

Articolo pubblicato su Superando e Ubiminor

Chi desidera acquistare la copia dei RaccontAbili lo può fare scrivendo a live@erickson.it, andando sul sito Erickson Live ,o contattando direttamente l’autrice Zoe Rondini.

“Nata Viva” è disponibile ai seguenti link:  Socetà Editrice Dande AlghieriLaFeltrinelli,  Amazon e Ibs. L’e-book è disponibile qui

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L’approccio olistico come visione positiva della vita

Intervista a Massimo Mandorino, Operatore Olistico e Professionista del benessere attraverso il massaggio bionaturale. Massimo ha uno studio privato a Roma Nord. È docente di discipline olistiche e tecniche di massaggio presso l’Accademia Operatori Olistici in Roma e alla Conscientia Academy in Venezia. Nell’intervista si cerca di fare chiarezza sui principi delle discipline olistiche e sul Tantra: queste tecniche possono aiutare tutte le persone, anche chi ha una disabilità.

Ciao Massimo, il tuo primo approccio alle discipline olistiche è iniziato nel 1978. Questo ti ha portato a frequentare scuole di yoga e, successivamente, di meditazione. Puoi raccontarci meglio il tuo percorso e cosa ti ha spinto a muovere i primi passi in questi settori?

Ciao Zoe, in effetti il mio primo “contatto” con le discipline olistiche risale a molti anni fa quando, da ragazzo, per problemi di salute legati alla mia schiena, ho conosciuto la tecnica Shiatsu che, tra l’altro, era da poco arrivata in Europa.
È stata una vera e propria “illuminazione”. L’esperienza che stavo vivendo grazie a questa tecnica olistica non invasiva, generò in me grande curiosità e mi stimolò a voler conoscere meglio e di più questo tipo di approcci al benessere della persona.
Fu così che iniziò il mio interesse verso questo mondo ed iniziai un mio percorso personale approcciando nell’immediato lo yoga e, successivamente, la meditazione e i primi, curiosi, studi sull’approccio olistico.

Cos’è cambiato in te a livello umano in tutti questi anni, e poi professionalmente, visto che ne hai fatto la tua attività?

Molto. Da ragazzo, ad esempio, ero molto rabbioso. Sono rimasto orfano in giovane età e non riuscivo ad accettare la cosa. Catapultato nel mondo, con la necessità di sopravvivere, ad un’età normalmente dedicata alla spensieratezza. L’approccio al mondo olistico mi ha aiutato moltissimo a canalizzare le mie energie in un’ottica costruttiva e non distruttiva.

Dalla sofferenza può nascere una grande capacità di amare. E questo lungo viaggio introspettivo mi ha fatto capire, più di 15 anni orsono, che ero pronto a farne uno strumento di aiuto per il prossimo.

Le diverse discipline e approcci olistici alla persona quali: ayurveda, agopuntura, yoga, shiatsu, Medicina Tradizionale Cinese, la riflessologia plantare, aromaterapia, etc, (solo per citarne alcune) nascono spesso in oriente; come sono arrivate in occidente e perché c’è tanto interesse a tal proposito?

Ci sono testimonianze che fanno risalire la pratica dell’agopuntura in Europa all’età del bronzo. Mentre lo shiatsu, come dicevo pocanzi, ha trovato diffusione in Europa negli anni ’70. Altre discipline olistiche (o DBN, Discipline Bio Naturali), hanno rivestito interesse nel mondo occidentale proprio per il loro approccio “olistico” che considera la persona in tutte le sue entità: corpo, mente e spirito (“olos” dal greco, significa appunto “totalità”, il “tutto”). Questa visione si contrappone, di fatto, all’approccio della medicina allopatica che spesso si sofferma sul sintomo e non sulla causa.
L’interesse verso queste discipline (e quindi la loro diffusione) è conseguenza della presa di coscienza da parte delle persone, della necessità di un approccio più naturale alla salute. Oggi questo è testimoniato anche dalla grande attenzione alla scelta degli alimenti e del ritorno alla fitoterapia, diffusa da tempo in occidente, ma offuscata, a seguito della rivoluzione industriale, dalla grossa spinta verso la farmacopea di sintesi.

Quanto e perché è cambiata (se è cambiata) la domanda e l’offerta dei trattamenti olistici negli ultimi decenni?

Oggi, fortunatamente, si ha una maggiore consapevolezza che il “benessere” ha un impatto molto importante sulla nostra qualità di vita. Ricevere dei trattamenti olistici eleva le difese immunitarie, stimola gli ormoni della felicità (serotonina, dopamina, ossitocina, estrogeni), ristabilisce l’equilibrio della persona nell’accezione olistica “corpo-mente-spirito” allontanando l’insorgere della malattia.

Questo ha portato alla crescita della domanda e, di conseguenza, anche l’offerta; c’è stato infatti un fiorire di scuole e accademie che offrono percorsi di formazione specifici.

Hai raccontato che da più di quindici anni hai scelto di fare di questo mondo la tua attività.
Sei specializzato in diversi trattamenti come massaggi rilassanti ed antistress, tecnica Cranio Sacrale, l’ayurveda Garbhayangam per le donne in dolce attesa, e altri più energetici finalizzati al riequilibrio dei chakra come Reiki, cristalloterapia, aromaterapia; vuoi spiegarci sinteticamente cosa sono i chakra e questi trattamenti?

Cercherò di essere davvero sintetico, perché qui si apre un mondo!
Chakra, in lingua devanàgari, significa ruota, vortice, disco, cerchio. I chakra sono centri energetici conduttori; i principali sono 7 e si aprono a varie altezze lungo l’asse della colonna vertebrale e sono attraversati da Sushumna, una delle 3 nadi principali insieme a Ida e Pingala, nelle quali scorre il Prana, ovvero il Qi, l’energia vitale.

Ogni chakra ha un significato ben definito. Ognuno di loro rappresenta una “funzione”: sopravvivenza, desiderio, volontà, amore, comunicazione, intuito e comprensione.
Il loro equilibrio e pieno funzionamento sono fondamentali per la salute della persona. Ma eventi, traumi recenti e antichi, possono minare questo equilibrio. Trattamenti energetici come il reiki, la cristalloterapia, l’aromaterapia, il massaggio olistico, ci aiutano a riequilibrarli.

Inoltre, alla base del primo chakra, Muladhara, risiede la Kundalini-Shakti, l’energia più potente che il nostro corpo possiede che, come è noto, è molto legata alla sessualità. È rappresentata da un serpente avvolto in tre spire e mezza che riposa alla base della colonna e che, con la sua testa, occlude la nadi Sushumna, e rappresenta la forza femminile primordiale della creazione.

Nella maggior parte della gente rimane addormentata nella sua posizione arrotolata: kundala infatti significa “avvolto”. Se risvegliata la Kundalini si srotola e si arrampica verso l’alto attraversando tutti i chakra, uno dopo l’altro, fino a raggiungere il chakra della corona, Sahasrara, dove l’attende Shiva, la Coscienza Divina, suo amore e sua controparte, e li si uniscono nel Maithuna, l’unione sacra.

Nelle discipline olistiche è importante, come hai appena detto, sbloccare i chakra e riattivare l’energia della Kundalini. Come avviene tutto questo e quali benefici può dare nel breve o nel lungo periodo?

Riattivare o liberare la Kundalini è possibile attraverso il Tantra, attraverso il massaggio yoni o lingam, attraverso il massaggio Kundalini ideato dal Maestro Yogi Bhajan. Sarà l’operatore a scegliere il rituale più consono in funzione dell’anima che deve ricevere il trattamento. Nel tantra, come anche nell’olismo, nulla è codificato.

Così come non si parla di “genere”. Spesso sento o leggo di operatori che si rivolgono esclusivamente ad un pubblico femminile o maschile. Accogliere e prendersi cura di una persona non prevede la “scelta” di genere, non prevede il “giudizio”, la cui assenza è un pilastro della visione tantrica.

Il beneficio principale di questi trattamenti e rituali energetici e quello di liberare e canalizzare correttamente l’energia vitale, donando un senso di pace, leggerezza e visione positiva.
Questo benessere non si manifesta solo durante il trattamento ma permane nei giorni a seguire e, nel lungo periodo, se si è fatto un percorso costante, può far si che i benefici siano permanenti.

Hai frequentato corsi di grandi Maestri del Tantra quali Daniel Odier, e seguito e studiato gli insegnamenti di Yogi Bhajan e Anodea Judith.
Quali sono stati i più utili nella tua professione e nella vita di tutti i giorni?

Devo dire che tutti mi hanno arricchito moltissimo da un punto di vista personale e donato strumenti che utilizzo quotidianamente sia personalmente che nella mia professione.

Ho già citato Yogi Bhajan per quel che riguarda il Massaggio Kundalini, ma è anche il Maestro che ha creato il Kundalini Yoga, oggi molto diffuso e che anch’io tutt’oggi pratico regolarmente.

Anodea Judiith e colei che oggi viene considerata la massima esperta a livello mondiale per quanto riguarda la conoscenza del sistema dei chakra e i suoi libri sono fonti di conoscenza, consapevolezza e ispirazione. Aver approfondito la conoscenza dei chakra, mi permette oggi di fare una valutazione dell’equilibrio energetico di una persona senza la necessità di uno scambio verbale.

Daniel Odier, last but not least, che ho incontrato in diversi seminari e stage residenziali, è quello che considero il mio più importante maestro tantrico. Nel percorso di vita che ho fatto da quando mi sono approcciato al tantra, ho seguito innumerevoli stage e maestri/e in Italia, apprendendone anche i vari approcci al tantra. Molti di questi sono “figli”, in un modo o nell’altro, di Daniel Odier. Ad un certo punto del mio percorso ho capito che ero pronto ad incontrare il “maestro dei maestri” per consolidare la mia conoscenza tantrica ed in particolare sul Tantra Kashmiro – Yoga del Tocco che lui ha portato in occidente e che ancora oggi divulga ed insegna.

Cosa rappresentano per te il Tantra, il tantrismo e le discipline olistiche?

Potrei rispondere con tre semplici parole: libertà, consapevolezza, aiuto.

Avere un approccio tantrico significa avere una visione positiva della vita, credere nell’amore ed essere capaci di cogliere la bellezza che ci circonda. Considera anche che tra i benefici del vivere in maniera sana la filosofia tantrica, c’è il miglioramento dell’umore, la diminuzione dello stress e l’aumento della capacità di concentrazione. È quindi un vivere più in armonia con l’universo.

Le discipline olistiche rappresentano un approccio consapevole allo stile di vita, rafforzano il tuo stato di salute e, nell’espressione professionale, sono un impareggiabile strumento di aiuto per il benessere del prossimo. Di fatto stimolano in te stesso e negli altri la capacità di autoguarigione insita in ognuno di noi.

Come diceva Ippocrate, che aveva una reale visione olistica, “Le forze naturali che abbiamo dentro di noi possono, da sole, guarire la malattia”.

Hai ideato lo stage esperienziale “Ripartiamo dal tocco: dalla carezza all’abbraccio®” per divulgare ed insegnare la pratica tantrica. Come nasce il progetto e come viene accolto?

Il Tocco è una potentissima forma di comunicazione: è profonda, intima, più di quanto mille parole possano essere. E su questo concetto, negli anni scorsi, assieme ad una amica e collega, abbiamo effettuato vari stage per la divulgazione della pratica tantrica.

Questa idea è un’evoluzione di questa esperienza e mi è nata con l’arrivo della pandemia e con la consapevolezza di ciò di cui siamo stati repentinamente privati. Il titolo stesso che ho dato ne è una sintesi.

Uno dei nostri bisogni primari, sin da bambini, è l’essere accarezzati, toccati e abbracciati. La mancanza di questo contatto impoverisce ed inaridisce l’animo smorzando le nostre emozioni.

Il progetto viene accolto con interesse e per ora si realizza attraverso sessioni individuali o di coppia, durante le quali si fa la meditazione tantrica tandava, si lavora sul respiro consapevole, sulla sensorialità, il tocco ed infine il rituale tantra del kashmir, ma appena sarà possibile sarà anche uno stage esperienziale mirato al risveglio del corpo, delle sensazioni e delle emozioni più profonde e di tutto quello che in questo momento ci manca terribilmente.

Qual è il target delle persone che si avvicinano al Tantra e tantrismo? Cosa cercano? E a tuo avviso è adatto alle coppie?

Qui c’è da fare un piccolo distinguo: esistono molti cosiddetti “centri tantra”, che attirano un target di clientela esclusivamente maschile, che offrono massaggi erotici. Qui non si parla di tantra anche se l’offerta di quei servizi utilizza impropriamente questo termine. Lungi da me condannare o giudicare le persone che cercano questo tipo di massaggi, ma ritengo importante chiamare ogni cosa con il giusto nome.

Per quello che invece riguarda la mia esperienza diretta, la mia clientela è perlopiù formata da donne ed in misura minore da coppie.

Le donne che mi contattano per avvicinarsi al tantra, posso dirti che nella maggior parte dei casi lo fanno su consiglio della propria psicoterapeuta o sessuologa.

Sono donne che spesso hanno subito abusi di tipo fisico o psicologico, sia in età adolescenziale che in età adulta, donne anorgasmiche, donne che rifiutano il proprio corpo o il suo cambiamento nel tempo, che magari non ricevono più dal partner le attenzioni di un tempo e per questo perdono il senso della loro femminilità spesso identificato in modelli stereotipati. A volte questo accade nel momento che dovrebbe essere “il più potente” per una donna cioè la maternità trasformandola in una posizione di instabilità e sfiducia in sé stessa”.

L’obiettivo è quello di riacquisire la propria femminilità, la propria accettazione, di recuperare un rapporto più sano con la propria sessualità e, nel caso delle coppie, superare la dualità nell’incontro sacro tra le due coscienze maschile e femminile (Shiva e Shakti), scoprire un nuovo dialogo corporeo, superare difficoltà sessuali e riaccendere la passione ritrovando quell’unicità che è un altro punto cardine del tantrismo.

Il Tantra è o può essere utile nell’ambito della disabilità? Hai esperienze in questo senso?

Assolutamente si.

La prima volta che ho avuto occasione di trattare una persona disabile, è stato qualche anno fa durante un festival Olistico dove ero stato invitato ad offrire il mio massaggio emozionale alle/agli ospiti che volevano provarlo. Io non gestivo il calendario delle prenotazioni per cui, ogni volta che aprivo la porta dello studio nel succedersi degli appuntamenti cadenzati ogni ora, non sapevo chi mi sarei trovato di fronte. Arriva un ragazzo in sedia a rotelle, lo faccio accomodare (con un balzo sale sul lettino) e mi confessa che non ha mai ricevuto alcun tipo di massaggio in vita sua. Beh…devo dire che è stato uno dei massaggi più emozionanti che io abbia mai fatto in vita mia. Al termine del massaggio ci siamo ritrovati abbracciati con lui che tra le lacrime mi ringraziava per l’esperienza che aveva vissuto. Quando è uscito la sua compagna, vedendolo così felice, si è messa immediatamente in lista per provare anche lei il trattamento!

Questo mi ha dato la consapevolezza di quanto il massaggio e, successivamente, il rituale tantrico possa giovare ad una persona con disabilità.

Oggi posso dire di avere una buona esperienza per quel che riguarda l’offrire i trattamenti tantra alle persone disabili. E ora, più che mai, sono convinto del loro valore, utilità e, lasciami dire, necessità.

Uso la parola necessità non a caso perché come sai, e ne abbiamo parlato anche in occasione di convegni che ti hanno vista ospite, anche io come te, sono un convinto sostenitore e divulgatore del diritto alla sessualità dei disabili. E il tantra, attraverso l’accoglienza e il tocco è in grado di celebrare il diritto e la sacralità di quei corpi ai quali, troppo spesso, questo diritto è negato.

Di frequente sono i genitori che ottemperano a tale necessità masturbando i figli, ma questo è innaturale e sbagliato. Bisogna sicuramente fare di più per divulgare la cultura del tantra in questo ambito, facendo conoscere la sua utilità soprattutto ai familiari delle persone disabili che spesso non considerano le necessità o i desideri dei loro cari.

Ciò detto mi sorge l’esigenza di fare una importante precisazione.
Il tipo di assistenza che noi tantrika diamo nell’ambito della disabilità, nulla ha a che fare con la figura dell’Assistente Sessuale, figura presente in molti paesi del nord Europa (Belgio, Olanda, Germania, Danimarca, Svizzera) ed anche in Giappone e che in Italia, grazie alla mente illuminata di Maximiliano Ulivieri che ha creato il progetto LoveGiver, vorrebbe prendesse forma attraverso la figura dell’operatore e assistente all’emotività, all’affettività e alla sessualità (O.E.A.S.).
Allo stato attuale il progetto, seppur depositato da molto tempo presso le istituzioni, non ha ancora visto la luce e la figura dell’O.E.A.S ancora non esiste.

Sei anche docente presso l’Accademia Operatori Olistici di Roma e presso la Conscientia Academy di Venezia della quale sei anche coordinatore didattico; entrambe le strutture si occupano della formazione di Operatori Olistici certificati e Professionisti del Benessere attraverso il Massaggio Bionaturale.
Ti va di parlare di questa esperienza? Cosa ti senti di dire a chi vuole orientarsi nel mondo olistico con serietà e a chi ritiene di saper fare i massaggi o trattamenti olistici dopo aver letto qualche libro?

Parto da un assunto: l’operatore olistico va considerato un professionista a tutti gli effetti!

Purtroppo, nella giungla normativa attuale, non è una figura riconosciuta dallo Stato e questo genera gran confusione in questa “terra di nessuno” e molti ne approfittano.
Seppur normata ai sensi della legge 4 del 14/01/2013 che fa riferimento alle ‘professioni non organizzate in ordini o collegi’, per quanto spiacevole dirlo, la figura dell’operatore olistico non ha necessità di alcun titolo per operare e, con riferimento alla legge citata ed adeguato codice ateco e partita iva, chiunque può “mettersi sul mercato” da un giorno all’altro.

Ma questo non deve indurre a pensare che non sia una professione per la quale una adeguata e continua formazione nel tempo, sia necessaria.
Non è sufficiente quindi “leggere qualche libro” o frequentare un corso di un week-end per sentirsi o essere “operatori”. La letteratura è importante e lo studio è fondamentale, ma non può essere la sola fonte di apprendimento. Spesso leggo su forum dedicati post di persone che, dopo aver fatto un solo corso di massaggio di qualche ora, chiedono informazioni su come aprire uno studio: è oggettivamente inquietante.

Ma la colpa è anche di alcune scuole che, per esigenze di mercato, vendono la chimera che con poche ore di formazione puoi immediatamente trarre un beneficio economico.
In questo periodo di oggettiva difficoltà per tutti, alcune scuole di massaggio offrono addirittura la “formazione on-line”! Ma come si può solo lontanamente pensare che apprendere la delicatissima arte del massaggio, del tocco, possa essere fatta senza alcuna esperienza pratica?

Come dico sempre alle mie allieve ed allievi, mettere le mani sul corpo di una persona è una enorme responsabilità, pari alla fiducia che questa persona ripone in noi affidandosi ai nostri trattamenti. Per questo una adeguata formazione, esperienza e, non dimentichiamolo, predisposizione, sono fondamentali.

Quindi il consiglio che mi sento di dare a chi si vuole approcciare a questo meraviglioso mondo è quello di non fermarsi al primo sito che incontrano, ma di confrontare, approfondire e comprendere bene l’offerta formativa di ogni struttura, privilegiando chi offre un ventaglio il più completo possibile per la formazione degli operatori, facendo ben attenzione che nelle materie di studio siano presenti non solo le diverse tecniche di massaggio e trattamento, ma anche materie fondamentali come l’anatomia e complementari come l’approfondimento della visione olistica, l’anatomia energetica piuttosto che lezioni di diritto, per finire con l’approccio alla clientela ed il marketing. E soprattutto che siano certificati da un ente di qualità riconosciuto, perché il valore curriculare e di competenza, nei confronti dei clienti o delle strutture alle quali ci si voglia rivolgere, fa la differenza.

Comunque, se i tuoi lettori dovessero aver bisogno di consigli, sappiano che sono a loro disposizione.

I contatti di Massimo Mandorino sono:

Tel.-W.A.: 320 1777454
Facebook: massimobenessereroma
Instagram: massimobenessere
web: massimobenessere
E-mail: info@massimobenessere.it

Nota: come blogger mi interessano i diversi punti di vista, i vissuti e le esperienze delle persone. Ognuno vive la filosofia del Tantra, l’amore e l’erotismo interpretandoli. Ciò detto, se una persona mi dice cose assolutamente contrarie al mio modo di pensare è chiaro che non gli do spazio. Altresì se c’è qualche idea “opinabile” cerco di rispettarla anche se non la condivido pienamente.

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La Professoressa Maria Serena Veggetti, docente di psicologia alla Sapienza di Roma, racconta RaccontAbili

Zoe Rondini, Raccontabili. Domande e risposte sulle disabilità, Erickson Live, Trento 2020, pp.9-277.

Il nuovo contributo di Marzia Castiglione, già nota con il nome d’arte di Zoe Rondini, Raccontabili edito dalla Erickson Live, rappresenta un importante punto di riferimento per chi si ponga il problema dell’educazione al livello universitario in quanto contieneбак,fra gli altri, argomenti come il problema dello sviluppo psicosessuale, ancora oggi non bene compreso e trattato esaurientemente. A questo tema è dedicata la parte finale del volume, con diversi capitoli. Tuttavia lo scritto nasce da una crescita della Narrante Zoe, che dalla sua esperienza suggestivamente presentata nel primo scritto, Nata viva, ha “volato alto” raggiungendo un punto di vista più elevato. Quello dell’Altro, come scriveva Vygotskij, e degli Altri.

Accade così che anche il tema della diversa abilità, come oggi si viene generalmente a caratterizzare la disabilità, diviene un problema assai più esteso e universale, aggredisce il contenuto del concetto di norma, già sottoposto a critica sotto l’aspetto statistico in anni trascorsi per la sua impropria utilizzazione nei settori psicopedagogici.

La vita in famiglia di una persona disabile che cresce è diversa da quella di una qualsiasi persona in via di sviluppo? Questo interrogativo si ripropone in tutti i capitoli affrontati, compreso il tema della costruzione della identità psicosessuale e del conseguimento della propria esperienza autonoma. Il saggio è molto articolato sotto l’aspetto formale, con diverse tipologie di contributi, come brevi narrazioni, interviste, articoli e appendici. Dunque assume anche il carattere di una ricerca di opinioni sulla esperienza del disabile e/o del suo familiare o conoscente. Ma soprattutto pone l’accento sulla fragilità del disabile soprattutto di sesso femminile, che i dati di cronaca dimostrano come più frequentemente oggetto di abuso e violenza. Nel presentare alcune questioni Zoe non dimentica di esporre la sua riconoscenza a chi, come Adriano Bompiani o come Nicola Siciliani De Cumis, o i giovani colleghi, tra cui Matteo Frasca hanno valorizzato la loro identificazione.

Interessante l’argomento della professione potenziale del disabile, che si è espanso e tocca nuovi settori in cui esiste oggi un apporto significativo delle persone con disabilità di vario genere, da quelle sensoriali gravi, come non vedenti o udenti a quelle di altro genere. Settori come arte, teatro, musica, danza, sport.

In sostanza l’intero saggio di Zoe documenta la crescita della consapevolezza di sé e della elevata dimensione che ha assunto la riflessione personale. Questo processo propriamente psicologico, cui lo psicologo russo Davydov, Vygotskijano di seconda generazione, per sua stessa definizione, ha dedicato intuizioni importanti, che ho ricordato anche nella mia introduzione, ha una portata straordinaria, oggi valorizzata anche in ambito psicopedagogico e educativo. In questo ambito ad esempio, la persona disabile supera, senza dubbio alcuno, il normale, solitamente scarsamente attento alle motivazioni della sequenza delle proprie azioni.

Roma, 8 gennaio 2021

Maria Serena Veggetti

Raccontabili è disponibile QUI

Nata viva è disponibile QUI

Potete inoltre visionare il  cortometraggio “Nata Viva” QUI

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O Anche No Rai Due

Il 10 gennaio 2021, sono stata intervistata da Paola Severini Melograni al programma “O Anche No” su Rai Due.

Buona visione.

 

Tutta la puntata è disponibile al link:

O Anche No

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