Articolo ed intervista tratta da Letto e Bloggato: http://paneeparadossi.netsons.org/?p=2320

Salve a tutti, vi invito a leggere l’ultima intervista e articolo su “Nata viva“. In particolare potete  soffermarvi su: “LA MIA OPINIONE“ scritta dalla bravissima blogger di “Letto e Bloggato“ e le domande numero 3, 6, 7,

Buona lettura

Zoe Rondini 🙂

 

Sul libro:
“… Tutti i dottori si affrettano a rianimarmi, ma rimango cinque minuti completamente senza respirare. Si tratta solo di cinque minuti, ma sono i primi della mia vita“. Poi Zoe comincia a respirare. E a vivere. Quei cinque minuti dopo rispetto agli altri neonati, la costringeranno a confrontarsi fin dai primi mesi, con una vita che è cominciata più tardi ma che pian piano non tarderà a essere così tanto desiderata da consentire a Zoe di superare qualsiasi ostacolo. All’età di tredici anni, a causa di un lutto doloroso, Zoe intraprende l’avventura più importante: dare vita ad un racconto autobiografico, che l’accompagnerà per ben 16 anni. Lungi dall’essere un trattato o un saggio sulla disabilità, Nata Viva vuole essere un racconto appassionato e antipedagogico di una ragazzina e poi di una ragazza, che tra luci e tenebre ha saputo lottare per raggiungere e conquistare quella serenità che tutti bramiamo. Nel suo stile rapsodico, Zoe si fa cantore e testimone con la sua voce, dell’incontro sorprendente tra limite e prospettiva, civiltà e pregiudizio, presenza e invisibilità. Insieme a lei, anche noi riviviamo il nostro essere stati bambini o adolescenti incompresi. Nel suo romanzo di formazione Zoe costringe il lettore a non dimenticare mai lo scarto enorme che c’è tra vivere ed esistere, inchiodandoci all’idea che per nascere veramente, ad ogni occasione, bisogna sentirsi vivi, gridarlo e raccontarlo al mondo intero.

La mia opinione:
Per Arthur Bloch “la vita può essere capita solo all’indietro, ma va vissuta in avanti“ e “Nata Viva“ è una perfetta sintesi di questo pensiero. Questo romanzo autobiografico appare infatti rivolto sia all’indietro, al passato, così come lo è in avanti, verso il futuro. Ne esce un libro delicato e insieme crudo, scevro di pietismi, dove la voce limpida dell’io narrante mostra, con incedere penetrante, le avversità e insieme le rivincite di una vita nata con 5 minuti di ritardo. Pur essendo alla sua prima prova letteraria l’autrice riesce efficacemente a universalizzare la sua storia, non limitandosi a darne testimonianza, ma cercando di comprenderla ed interpretarla con occhi diversi, in differenti momenti della sua vita. Da questa iniziale esigenza di chiarezza, sui fatti passati e sui rapporti personali e familiari, si passa fluidamente alla denuncia dello stato di inerzia e di indifferenza che colpisce troppo spesso la scuola e chi si considera educatore. Nata viva è un libro forte e generoso la cui unica pecca è forse il poco spazio lasciato al vissuto dei tanti personaggi che lo popolano. Una conoscenza più approfondita del loro passato avrebbe potuto spiegare e contestualizzare alcune loro scelte e decisioni e renderli più accessibili al lettore. Un esordio comunque promettente e coraggioso che fan ben sperare per eventuali scritti futuri.

E ora l’intervista con l’autrice:

1) Che ne dici di iniziare raccontandoci qualcosa di te?
Le mie esperienze sono state condizionate da una nascita difficile e diversa da come avviene generalmente; ho un handicap motorio dovuto ad una anossia neonatale che ha comportato la lesione di alcuni neuroni che controllano i movimenti. Con il tempo e tantissima terapia riabilitativa ho imparato a camminare, a parlare, a controllare i movimenti delle mani così detti “fini“; oggi guido la macchina, sono laureata in “scienze dell’educazione e della formazione, vado spesso al cinema… ho una vita normale!
Da pochi mesi ho coronato il sogno della mia vita: vedere la mia autobiografia pubblicata! Ora sto svolgendo degli incontri nelle scuole medie per raccontare a gli adolescenti dei fatti di vita reale; è bello sentirli interessati e partecipi e sono contenta di rispondere alle tante domande che loro mi pongono! È stata anche una piacevole sorpresa che tanti alunni, di loro iniziativa mi hanno chiesto dove potevano acquistare il libro.
Dopo la laurea triennale in “scienze d’educazione e della formazione“ mi sono iscritta alla laurea magistrale in “editoria e scrittura“ nella speranza che una buona preparazione teorica mi possa agevolare nella scrittura e che questa mia passione si trasformi, prima o poi, in un lavoro. Tutto il mio corso di studi si è svolto a La Sapienza.
Sto anche scrivendo una sceneggiatura di uno spettacolo teatrale ispirato al libro che andrà in scena a Roma tra qualche mese. Più in là pubblicherò tutte le informazioni al riguardo sul mio sito internet www.piccologenio.it .

2) So che “Nata Viva“ ha richiesto diverso tempo e più revisioni prima che tu decidessi di pubblicarlo. Quando e come è maturato in te il progetto per questo libro?
Parliamo anche del particolare e significativo titolo che vorrei tu ci spiegassi.

A nove anni è iniziata la mia passione per la scrittura: io bambina avevo iniziato una fiaba, speravo di scrivere per altri bambini in un linguaggio, quello delle favole, che conoscevo bene. Dopo poco ho capito che ero ancora troppo piccola per un’impresa così ardua ed rinuncia.
A tredici anni iniziai una lunghissima ed importante avventura: narrare la mia vita e fissare sulla carta i ricordi, le vicende tristi dolorose ma anche quelle belle ed importanti. L’idea mi è nata in seguito ad un episodio doloroso: era l’estate 1994 quando Rickie, il secondo marito di mia madre è venuto a mancare. Avevo l’esigenza di ricordate tutto di lui e degli anni nei quali mi ha fatto da padre.
Crescendo ho continuato la mia autobiografia: mi sono resa conto che volevo narrare un po’ tutta la mia vita in quanto ritenevo (e ritengo ancora oggi) che c’erano dei fatti importanti legati alla mia nascita, alla mia famiglia, al vissuto scolastico e alle enormi difficoltà che avevo superato ai bellissimi viaggi che ho avuto fortuna di poter fare, ai sogni realizzati e da realizzare. Tutte esperienze condivisibili da tante persone disabili e non.
Per quanto riguarda il titolo del mio breve romanzo di formazione “Nata viva“ possono esserci due significati: il primo è quello più letterale, più esplicito, in riferimento a tutto quello che mi è capitato nel momento della mia nascita, nella quale sono rimasta quasi cinque minuti completamente senza respirare. Il secondo significato è più celato e metaforico, ma credo ugualmente comprensibile dalla lettura. Riguarda la vita di tutte le persone e la volontà di affrontare a testa alta le difficoltà e i momenti di sconforto con la volontà di vivere la vita in maniera dignitosa e attiva, senza lasciarsi sopraffare dalle vicissitudini e senza permettere che la vita scoora via lasciandoci inerti, passivi e lamentandoci e basta, senza far nulla per cambiare le cose, ma passare gran parte del tempo a piangersi addosso.

3) Per qualunque autore è sempre difficile dare “in pasto“ al pubblico la propria opera, soprattutto se, come nel tuo caso, ha profonde connotazioni biografiche. Vuoi raccontarci come sei giunta a questa coraggiosa scelta per il tuo esordio narrativo?
Veramente nel mio caso avevo una gran voglia di condividere con il cosiddetto “pubblico“ tante vicende ironiche, drammatiche, sconfortanti come entusiasmanti, difficili, semplici, legate a persone della mia famiglia e “personaggi“ esterni incontrati durante il mio tortuoso percorso di vita, soprattutto durante la mia infanzia e la mia adolescenza. E con questo pallino dentro di me, per molti anni ho temuto di essere alle prese con un’opera in divenire, visto che alcuni scrittori hanno trasformato il loro unico libro per molte volte nel corso della loro esistenza, senza scrivere mai le conclusioni né mettere un punto definitivo. Fortunatamente per me, due anni fa mi sono accorta, con l’aiuto di un mio amico e assistente letterario Matteo Frasca, che il desiderio più grande che avevo era effettivamente concludere la mia autobiografia e vederla pubblicata, lasciando ad altri autori il piacere o la condanna di scrivere un’opera letteraria aperta, scomponibile, non lineare e in divenire! Ad esempio Glas di Deridda e Composition number one di Marc Saporta sono due testi esemplari in questa direzione.

4) Come ti trovi, nella veste di scrittrice? Raccontaci della tua esperienza come autrice e di come sei riuscita a veder pubblicato il tuo libro. E’ stato tutto come ti aspettavi?
Dopo tanti anni di fatiche e nei quali ho temuto di non diventare mai una vera scrittrice, oggi ancora non mi sembra vero che realmente lo sono diventata. Come per Calvino e molti altri autori, lo scrivere apre infinite finestre sulla fantasia e sulle possibilità di narrare il mondo. È vero che la scrittura mi ha aiutato a superare tanti momenti difficili, soprattutto nell’età adolescenziale. Oggi Zoe Rondini è una ragazza di trent’anni felice perché ha conquistato diverse mete che si era prefissata negli anni.
Di certo, il traguardo più importante che mi ha gratificata moltissimo è stata la pubblicazione di questo romanzo. L’esperienza editoriale mi ha consentito e mi consente tuttora di organizzare e diversificare le presentazioni, a seconda dei destinatari e del tipo di pubblico. Mi offre l’opportunità di conoscere altri scrittori esordienti, frequentare ambienti letterari, partecipare a concorsi e premi nazionali di letteratura, ottenendo anche dei riconoscimenti concreti da esperti del settore. E naturalmente, non per ultimo, rilasciare interviste in televisione, radio o via web. A proposito di importanti apprezzamenti, sono stata particolarmente colpita dal leggere una bella recensione del mio libro su una rubrica de “L’Avvenire“!
Prima ancora di pubblicare con il Gruppo Albatros, avevo provato anche con altre case editrici, piccole e medie. Nessuna di queste si è dimostrata interessata a pubblicare l’opera di un autore esordiente. In Italia, credo ci sia ancora molta chiusura rispetto al valorizzare un’opera letteraria, e all’atteggiamento sincero – da parte delle casi editrici – di diffusione e promozione della stessa, quando si tratta di un esordiente. Ho voluto pubblicare con il Gruppo Albatros, perché è una delle poche case editrici a scommettere sugli esordienti, chiedendo in cambio un investimento iniziale. Mi è poi capitato più di una volta, quando inviavo la lettera di presentazione dell’opera a riviste letterarie e simili, di sentirmi rispondere che la loro scelta era quella di non recensire libri di autori che avevano pubblicato la loro opera a pagamento. Nessuno si è preoccupato e credo si preoccupi di valutare il curriculum e i contenuti dell’opera letteraria, a prescindere da questa scelta di campo un poco ideologica.
Fortunatamente Nata viva è riuscita in poco tempo ad avere un buon successo di vendita e di critica, arrivando finalista a diversi concorsi letterari.

5) Secondo Calvino “scrivere è sempre nascondere qualche cosa in modo che poi venga scoperto.“ Cosa vorresti che i lettori scoprissero con la lettura del tuo libro?
Spero che il lettore si rispecchi nelle tante vicende e nei vari sentimenti che Zoe ha narrato e descritto. Quello che ho voluto un po’ celare in Nata viva è che l’idea che anche davanti alla drammatica prospettiva di una vita sulla sedie a rotelle o peggio ancora su di un passeggino senza avere nessun controllo su qualsiasi movimento, c’è la possibilità di accorgersi di essere vivi e di combattere anche a costo di fatiche che lasciano il segno e delle quali non ho voluto parlare.

6) Quali scrittori e quali libri sono stati e sono ancora guide per il tuo lavoro? Cosa hanno suscitato in te? Come ti hanno cambiato?
Sant’Agostino come filosofo e non come religioso, mi ha ispirato e ho rivisto in alcune suoi pensieri, in collegamento con le vicende che contemporaneamente volevo narrare nell’ opera. Per questo alcune sue massime sono inserite all’inizio dei vari capitoli di Nata viva.
Calvino mi ha permesso di pensare che si può tirare in ballo il lettore, dialogando direttamente con lui, chiamando in causa la sua complicità e addirittura scrivere alcune parti della propria opera… con lui! E con questa funzione, il lettore compare come personaggio del libro, nelle Conclusioni, come se avessi avuto bisogno di materializzare la sua presenza e la sua pazienza nell’essere riuscito a seguirmi e a interessarsi di me e della mia vita, dall’inizio alla fine, appunto.
Giuseppe Pontiggia con il libro Nati due volte durante la stesura del romanzo, l’ho sentito vicino e affine, sia per i contenuti, sia per la scelta stilistica di alternare capitoli brevi ad altri più lunghi.
Thomas Bernhard in particolare il suo libro un bambino questo autore è per me un grande maestro per lo stile ironico e leggero con il quale racconta le vicende serie ed anche quotidiane della sua vita e dei suoi personaggi.

7) Trovi che la crescita dei nuovi media ( blog, social network, ecc.) o la decisione di Amazon di pubblicare autori tagliando fuori dall’equazione gli editori, possano rendere più accessibile ai nuovi autori quell’universo un po’ chiuso ed elitario che fino ad ora è stato il tradizionale e tradizionalista mondo letterario italiano? Infine il dilemma più discusso: E-book o non e-book?
Con le nuove “tecnologie sociali“ a disposizione tutti possono scrivere e pubblicare. Bisogna impegnarsi davvero per non vedersi alla fine pubblicata la propria opera. E se questo da una parte rende accessibile la scrittura anche ai cosiddetti esordienti, cioè a chi si affaccia per la prima volta in questo universo, dall’altra c’ è il rischio che tutti si considerino scrittori. Ma diventare scrittori è la sfida più interessante e più onesta, in campo intellettuale. L’antica abitudine di scrivere ogni giorno, scegliendo le parole giuste, scoprendone delle nuove con il dizionario a portata di mano, impegnarsi perché la forma risulti elegante, densa, chiara, nuova, impegnata, rigorosa è – a mio avviso – l’unica strada sicura per fare della scrittura una professione o quantomeno un aspetto professionale della propria vita. Sono a favore di qualsiasi mezzo contemporaneo, tecnologico che si preoccupi di diffondere la cultura della buona scrittura, con rigore e passione, senza facili scorciatoie che più che altro sono spesso sinonimi di quel bisogno di avere riflettori puntati a tutti i costi su quel che si fa, con qualunque “pressappochismo“ possibile.

8) Stai lavorando ad altri progetti attualmente? C’è qualche novità in arrivo?

In seguito alla pubblicazione di Nata viva io e Matteo, stiamo portando avanti due progetti molto interessanti: il primo consiste in una serie di incontri in due scuole medie in provincia di Roma. In questi incontri raccontiamo dei fatti di vita reale e leggiamo dei brani tratti dal libro.
È entusiasmante vedere il grande interesse e la partecipazione dei ragazzi che si manifesta prima nella loro completa attenzione e disposizione all’ascolto, e poi, nelle molte domande alle quali ho sempre risposto in piena onestà e senza esitazione. È stata anche una piacevole sorpresa che tanti alunni, di loro iniziativa mi hanno chiesto dove potevano acquistare il libro; questi incontri infatti non volevano avere uno scopo divulgativo per il libro, erano più mirati a sensibilizzare i ragazzi su alcune tematiche e far capire che con la volontà si possono abbattere non tutti, ma parecchi limiti!
Il secondo progetto al quale mi sto dedicando, sempre insieme a Matteo, consiste nella stesura di una sceneggiatura teatrale ispirato al libro che andrà in scena a Roma fra circa un mese. Anche qui c’è la speranza che da due repliche ci sia la richiesta di farne altre a scopo pedagogico per gli alunni di due scuole superiori di Roma. Per ora sono un po’ scaramantica e non mi sbilancio a parlare del nostro spettacolo ma presto pubblicherò le date e tutte le informazioni sul mio sito internet www.piccologenio.it

9) Ci lasci con una citazione dal tuo libro?
Quando ero piccola tutti mi dicevano ero uguale agli alti bambini. Poi crescendo mi è venuto qualche dubbio.
Eppure la vita riserva inaspettate sorprese alle persone che nonostante tutto… nascono vive!

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il mio specchio

Stasera è questo lo specchio dove mi voglio specchiare! Frasi di scrittori e filosofi sulla scrittura, sull’uso delle parole, sulla capacità di pensare, sullo “spettacolo“ che chi ci circonda ci offre quotidianamente senza dover comprare un biglietto!
Frasi che sottolineano l’importanza della lettura e della scrittura per poter SOPRAVIVERE e VIVERE.
Frasi che incitano a cercare il significato delle parole, della realtà per poi metterle in maniera esatta e precisa a servizio della Storia; facendo attenzione all’Anima del lettore, facendosi capire da chi ci legge. Elevando la storia, il messaggio, senza preoccuparsi solo dello stile. Questo significa doversi assumere delle responsabilità? A volte sì! A volte si può far del male anche con una singola parola usata impropriamente!
Sono frasi amare, tristi, tragiche… ma questa sera sono il mio specchio!

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Se le parole hanno un significato preciso, non dobbiamo cadere nell’errore di usarle con opportunismo e inesattezza, Juan Goytisolo, scrittore
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Prima che a scrivere, imparate a pensare, Nicolas Boileau, poeta

Le parole sono tutto ciò che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, Raymond Carver, scrittore.
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Chi ha da dire qualcosa di nuovo e di importante, ci tiene a farsi capire. Farà perciò tutto il possibile per scrivere in modo semplice e comprensibile. Niente è più facile dello scrivere difficile, Karl Popper, filosofo.
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Cancella spesso, se vuoi scrivere cose che siano degne d’essere lette, Orazio, poeta.
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Ho capito che i libri non sono mai finiti, che è possibile per alcune storie continuare a scriversi senza il loro autore, Paul Auster, scrittore.
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Io sono convinta che la scrittura non serva per farsi vedere ma per vedere, Susanna Tamaro, scrittrice.
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Le parole false non sono soltanto male in se stesse, ma anche contagiano l’anima, Platone, filosofo.

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Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo, Charles Bukowski, scrittore

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Ogni tanto mi accorgo che un uomo che legge ne vale due, Valentino Bompiani, editore
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La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto, Charles Bukowski, scrittore
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la penna ha preso a correre sul foglio come da sola, e io a correrle dietro. È verso la verità che corriamo, la penna e io, la verità che aspetto sempre che mi venga incontro, dal fondo d’una pagina bianca, e che potrò raggiungere soltanto quando a colpi di penna sarò riuscita a seppellire tutte le accidie, le insoddisfazioni, l’astio che sono qui chiusa a scontare, Italo Calvino, scrittore.
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Il mistero della scrittura è che in essa non c’è alcun mistero, José Saramago, scrittore.
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Una persona che sa scrivere una lunga lettera con facilità non può scrivere male, Jane Austen, scrittrice.
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Non è il mezzo attraverso cui passano le storie a essere importante, ma le storie stesse, qualsiasi forma prendano, Niccolò Ammaniti, scrittore.
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Gli scrittori più originali dei nostri giorni non sono quelli che portano qualcosa di nuovo, ma quelli che sanno dire cose risapute come se non fossero mai state dette, Johann Wolfgang von Goethe, scrittore
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Le mie riflessioni partendo da lo spettacolo “Non mi ricordo“.

Questo artico l’ho scritto per la rivista “Vis Vitae“ dell’Associazione Risveglio di Roma.

Salve a tutti i lettori, mi chiamo Marzia, è da poco che ho l’onore e l’opportunità di scrivere su questo giornale.
Oggi vi vorrei intrattenere con un breve articolo. Pochi mesi fa mi è capitato di vedere su you dube lo spettacolo intitolato “Non mi ricordo“ di e con  Giuseppe Mainieri detto Pino e sua moglie Ginetta Maria Fino; un video che ha subito suscitato in me delle emozioni e delle riflessioni che ho voluto fissare su carta e condividere con voi.
Ho trovato la breve performance bellissima e di una potenza straordinaria! Lo spettacolo parla di una rinascita, di una storia d’amore, unisce il racconto di uno splendido matrimonio prima e dopo un tragico incidente. Tutte queste cose non si trovano molto spesso così vere, autentiche, fortemente volute, desiderate ed anche conquistate duramente in quanto Pino prima dell’incidente con la vespa  era una persona diversa dal “Pino di oggi“ dopo l’incidente!
Dopo la visione del video nella mia testa si sono insinuate tante prorompenti domande alle quali è difficile dare delle risposte.
Ma perché, mi chiedo, per una donna è più facile accettare, amare, ma anche reagire nei confronti di un uomo con un handicap? Perché, mi piacerebbe sapere, gli uomini spesso fuggono? O comunque nella stragrande maggioranza dei casi non si rapportano con una donna disabile? Perché non riescono/non vogliono conoscerla profondamente?
Mi ha colpito una frase del video; quando la mamma dice al figlio “ Qualsiasi cosa succede ricordati che hai avuto un bravo papà per tredici anni! C’è chi ha un padre cattivo per tutta la vita!“ Cavolo quant’è vera questa affermazione!
L’amore tra uomo e donna è alla base della vita, ansi è la vita stessa!
Ma perché tanti mariti  scappano di fronte ad un incidente che rende la persona cara “diversa“ e disabile? (non tutti è chiaro, non è giusto generalizzare).
Perché spesso quando nasce un bimbo con un handicap è il padre che nega questa situazione e si allontana?
Come è possibile che molte ragazze belle, con tante qualità, rimangono single solo perché disabili ed invece per molte donne è semplice vedere cosa e quanto c’è di bello in un uomo anche se sta sulla sedia a rotelle, o se cammina male?
Spero di non avervi annoiato troppo con le mie domande. Grazie a tutti voi per l’attenzione.

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