Articolo pubblicato sulla rivista cartacea dell’Opera Montessori intitolata “La vita dell’infanzia“, uscita nel numero di maggio-giugno 2000
Quando sono nata, mamma aveva 27 anni ed erano le tre di pomeriggio del 16 settembre del 1981. Avevo sedici anni quando mamma, nonna e nonno mi hanno spiegato come sono andate realmente le cose quel giorno: quando mamma è entrata in sala parto stava andando tutto bene, era cominciato un normalissimo parto spontaneo. Intorno a “noi“ c’erano tanto medici bravissimi fra cui zio e nonno, entrambi ginecologi. Stavo giusto uscendo quando qualcosa, non si è mai saputo cosa, è andato storto: il battito del mio cuore tutt’a un tratto era sparito! Sono rimasta per cinque minuti senza respirare, di conseguenza non è arrivato abbastanza ossigeno al cervello e questo mi ha provocato la morte di alcune cellule del sistema nervoso centrale: quelle che controllano i movimenti. E come se tutto questo non bastasse, il medico che mi ha intubata ha “sbagliato“ e mi deve aver “sfondato un polmone“.
Il primo mese di vita l’ho passato in ospedale. Chi ben comincia è a metà dell’opera!!! Mamma e nonna mi sono sempre state vicine. Mamma, una volta uscita dall’ospedale veniva da me tutti i giorni a portarmi il latte. Ho delle foto dolcissime di quei giorni con mamma che mi tiene in braccio.
Anche nonna stava sempre lì con me, mi guardava attraverso il vetro.
Fin dai primi giorni di vita ho fatto tantissima fisioterapia e col passare del tempo ho recuperato molto bene. I medici che mi visitavano nei primi anni di vita, dicevano che non avrei mai camminato, invece adesso mi muovo da sola! Evviva l’onnipotenza della scienza medica!!!!!!
Quando avevo due anni e mezzo mamma e papà per qualche litigio che non si poteva risolvere in nessun altro modo decisero di separarsi e così fu!
Secondo me è stato meglio così perché, da quel che mi hanno raccontato, negli ultimi tempi litigavano di continuo. Tanta gente dice che i genitori devono rimanere uniti per il bene dei figli, ma io non sono d’accordo: penso che i figli soffrano meno ad avere i genitori separati che non quando i genitori vivono sotto lo stesso tetto e non fanno altro che litigare.
Quando papà si è trasferito nella sua nuova casa mi mancavano le favole che mi raccontava per farmi addormentare; le mie preferite erano “Occo ed Entola“ come io pronunciavo “Pinocchio e Cenerentola“.
Per me la scuola non è stata affatto semplice. Ne ho un ricordo terribile fin dall’asilo: mentre gli altri bambini giocavano, io sedevo nel mio banco e mi esercitavo a scrivere per imparare a controllare i movimenti.
Ricordo come un incubo tutte quelle ore trascorse a cercare di riempire pagine e pagine di quaderno.
Un altro brutto ricordo di quegli anni, ancora oggi chiarissimo nella mia memoria, erano le ore del mattino che io passavo con la maestra di sostegno tentando di camminare: con quanta invidia guardavo i miei compagni giocare! Un giorno durante uno di questi disperati tentativi sono caduta e mi sono tagliata il mento. Lo ricordo ancora abbastanza chiaramente. La suora e Daniela, la mia maestra di sostegno, mi hanno messo subito l’acqua fredda e mi hanno portata in segreteria; da l’ hanno chiamato mamma e quando è arrivata mi ha portata subito in ospedale. Appena ho capito che mi dovevano mettere i punti ho avuto tantissima paura, ma fortunatamente, mi hanno fatto l’anestesia totale e, quando mi sono svegliata, mi avevano messo ben cinque punti!!!!!
L’ultimo anno di asilo la mia maestra di sostegno mi aveva messo il terrore delle elementari: mi aveva detto che si studiava molto di più e che la suora era molto più esigente! Ero semplicemente terrorizzata: già gli anni dell’asilo erano stati anche troppo difficili, e non volevo certo finire dalla padella alla brace!
Speravo con tutte le mie forze che le elementari arrivassero il più tardi possibile! Di tutto questo ne parlavo col mio “migliore amico“: Titti; all’epoca avevo cinque anni e mi ero creata una compagnia immaginaria: “Titti“, era un curiosa animaletto con zampe di cane e corpo di coniglio, agile come uno scoiattolo, tutto bianco, ma la sua caratteristica fondamentale era quella di essere invisibile per tutti, tranne che per me. È significativo che io che mi muovevo con una certa difficoltà, gli avevo attribuito una capacità irrefrenabile di correre, arrampicarsi e saltare dovunque – sottolineo che non era affatto un gioco.
Titti per me è stato un compagno reale, una proiezione di qualcosa che sentivo dentro di me, era il mio confidente, non mi giudicava mai e la pensava sempre come me.
Quando andavo a scuola, o a fare una visita medica, lui mi restava vicino. I miei frequenti momenti di tristezza erano bilanciati dalla sua inalterabile allegria e vitalità.
È stata una lunga amicizia la nostra, penso che sia durata sette anni; poi crescendo ho trovato altri modi e altre forme per le mie fantasie. Forse da piccola nei miei pensieri volevo essere un’altra e forse questo potrebbe spiegare molte cose.
Il mio cartone animato preferito infatti si chiamava “Milly un giorno dopo l’altro“ ed era la storia di una bambina che viveva in campagna in un grande casale con la nonna: lei era “libera“; poteva fare quello che voleva, non aveva la bambinaia, poteva uscire dal casale, girare da sola e fare tante altre piccole cose che io non potevo fare ma le desideravo molto.
Quando le elementari sono arrivate tutte le mie paure hanno avuto conferma. Ancora oggi non ho certo un bel ricordo dei miei anni di asilo e delle elementari ho, se possibile, un ricordo ancora peggiore: la suora era brava, ma molto esigente! Io andavo male, facevo una gran fatica a leggere ememorizzare!!! Mi faceva scrivere a mano e per me era veramente un’impresa!
In quegli anni andavo malissimo a scuola: mi ricordo che quei cinque anni mi sembravano un’eternità. Il tempo non mi passava mai; ancora oggi se ci ripenso mi sembra che le elementari siano durate un’infinità di tempo!!!!
Mamma sapeva che la mia situazione scolastica era disastrosa: andavo male in tutte le materie soprattutto in matematica ma non ne faceva un dramma…tutto questo mi rendeva già infelice e tesa.
Alle medie la situazione migliorò sotto certi aspetti: ero più seguita, avevo sempre la professoressa di sostegno ed a casa ero molto aiutata.
Dopo varie lotte sostenute dalla mia famiglia con la preside ho avuto il permesso di usare la macchina da scrivere.
Intanto all’età di dieci anni mamma e nonna mi regalarono un computer e con l’aiuto di un logopedista molto in gamba che mi ha seguita imparai ad usarlo. Lo potei usare in classe solo in terza media: la legge prevedeva che le persone con problemi motori potessero usare la macchina da scrivere ma non diceva niente riguardo ai computer così ci vollero due anni di battaglie per poterlo usare a scuola!!!!
Eppure anche le medie non sono “scivolate via“ senza lasciare qualche “simpatico“ ricordino (ovviamente dico “simpatico“ ora che ho diciotto anni e ho terminato i sinonimi di “orribile“).
In seconda media, infatti, mi è successi un fatto che tuttora mi sembra inverosimile: un giorno a settimana dovevo mangiare un panino a scuola e rimanere un’ora in più. All’ora di pranzo io dovevo andare in bagno. Prima di allora non avrei mai immaginato che una semplice pipì potesse comportare un problema di dimensioni mastodontiche!
Né la professoressa di sostegno né la bidella volevano prendersi la responsabilità di accompagnarmi in bagno perché, a quanto pare, se fossi caduta, per loro sarebbero stati guai seri! All’inizio veniva mia mamma all’una e mezza, mi portava un panino e mi accompagnava al bagno. Dovevo andare a quello dei maschi perché quello delle femmine era al piano di sopra. Per me non era un problema fare un piano di scale: se qualcuno mi avesse dato una mano ci sarei riuscita benissimo ma, a quanto pare, per la preside non era così semplice perché me lo aveva proibito!
Inutile dire che a ricreazione tutti potevano uscire tranne la sottoscritta che doveva rimanere seduta al proprio banco perché nessuno voleva prendersi la responsabilità di farmi fare quattro passi fino al cortile!!! Quest’arduo compito non competeva a nessuno: non era compito né delle professoresse, né della bidella, né dell’insegnante di sostegno. Le uniche che sarebbero state felici di passeggiare con me erano le mie compagne di classe, ma fu loro severamente proibito!!!
Logicamente tutta questa situazione cominciò ben presto a pesarmi. Non capivo né il come né il perché di questi problemi insormontabili; era tutto paradossalmente assurdo: da una parte la mia famiglia che combatteva per cose che fino a quel momento mi erano sembrate ovvie, tutti gli alunni di questo mondo hanno il diritto di rimediare ai loro bisogni fisici e non capivo perché io fossi esclusa dal club, dall’altra presidi e professori iscritti al girone dei torturatori infernali.
Se fare pipì o sgranchirmi le gambe era severamente proibito, era qualcosa di diabolico, talmente grave da meritare nell’al di là e nell’al di qua condanne indicibili. Per una classe formata da tredici ragazzi dovevano esserci due professoresse a cui si aggiungeva la mia professoressa di sostegno; è ovvio che non era ancora sufficiente: la scuola voleva che andassi accompagnata!
Quel periodo è stato un incubo. Avevo una professoressa di sostegno (e paradossalmente ero io a fare da sostegno a lei per come era limitata) e una preside che non ne voleva sapere delle mie richieste di andare in bagno, anche accompagnata. Mia madre a cui avevo riferito tutto, una mattina chiese alla bidella se gentilmente mi poteva accompagnare lei; lei il primo giorno lo fece, poi, disse, che non se la sentiva di prendersi questa responsabilità, poiché c’è la professoressa di sostegno – e così si ricominciava.
La mattina, in classe, ero abbastanza integrata; la maggior parte delle mie amiche mi conosceva dalle elementari quindi “la mia figura…“ non le metteva a disagio; e perché mi chiedevo, allora, fuori della scuola per loro “ero quasi inesistente“?! io mi sentivo uguale a loro: avevo gli stessi interessa, la stessa voglia di divertirmi, di non studiare e di far danni!
Ancora non ho capito l’utilità della “mia accompagnatrice“ visto che non avevo bisogno di cose particolari!!! Ma tutto sommato…la vita è troppo breve per perdere tempo e fatica con questi grandi misteri!!!!!
Tutte queste esperienze negative hanno lasciato in me un segno indelebile: ancora oggi, a distanza di dieci anni, mi capita spesso di pensare ai primi anni della mia scuola e ci soffro, ma è anche vero che tutto questo mi ha dato una “formazione interiore“ che poche persone possiedono, e nessuno potrà mai levarmela.