incontrare Pinocchio – lettura di “Nata viva”

Roma, 21 marzo 2013 – Istituto Leonarda Vaccari

di Matteo Frasca

Mai avrei pensato di incontrare Pinocchio così da vicino. Sia come storia che rivive in un’altra storia, in un’ altra rapsodia narrata, sia come personaggio che si racconta in prima persona. E che questa sera, proprio questa sera, questo Pinocchio me lo ritrovassi proprio accanto a me, in questa prestigiosa sede. 

 Non avrei mai pensato fino a qualche anno fa di ascoltarne la voce legnosa, rugosa,  insolita, dal suono fantastico che si fa parola e la parola che diventa bugia, intesa non tanto come affermazione non corrispondente al vero che – ad essere sinceri – è definizione coerente con il concetto stesso di letteratura – quanto come a quell’immagine di bugia  intesa come contenitore, come porta candela, dove la fiamma si autogenera e vive delle parole che illuminano, bugia  come una scatola magica da cui fuoriescono il corpo, la storia, le immagini, le emozioni più profonde, ma straordinariamente concrete, dell’autrice.

Nelle tante occasioni che abbiamo avuto Zoe ed io, di raccontare la sua storia, Zoe ci ha sempre tenuto a definire “Nata viva“ non come un’autobiografia, né come racconto in prima persona della disabilità, né tanto meno un pamphlet  lamentoso che dispensa consigli e spara a zero sulla società che mal comprende le esigenze delle persone con disabilità, che non le accetta, che non le facilita. L’ha definito sempre un racconto o ancor meglio un breve romanzo di formazione.  E non riesco a vederne altre di più azzeccate, rispetto al genere letterario a alla tradizione letteraria in cui si colloca. Al Pinocchio che vi sto raccontando non gli importa niente di spiegare, di urlare, di generalizzare, di creare fazioni, di dividere, di rimanere in superficie, di dire “è tutto uno schifo“. A Pinocchio non gli è mai riuscito granchè tutto questo e non gli è mai interessato.

In questo caso Pinocchio è un burattino che fin dal suo primo soffio di vita (arrivato cinque minuti più  tardi rispetto ai bambini normali), si rifiuta di obbedire, di percorrere strade tracciate da qualcun altro, di rannicchiarsi in qualche angolo di mondo, in uno spazio pensato per le persone che si muovono un po’ male, parlano un po’ male, vedono un po’ male.

A Pinocchio e a Zoe, innamorati della vita e consapevoli di questo strano soffio, straordinario, tormentato, conquistato respiro che li anima, non interessano gli angoli, gli armadi chiusi, i ripostigli, i letti, la naftalina dove conservarsi immobili, i sensi unici, le strisce gialle.  A loro interessa tutto il mondo. Percorrerlo in lungo e in largo. Arrivare ovunque. E se non ci arrivano con il corpo, beh… diciamo che è facile pensare quali armi hanno a disposizione. Sappiamo cosa gli riesce meglio.

Tutti e due ci prendono gusto a raccontare storie. A raccontarsela la vita per quello che sentono, per quello che provano e soprattutto per quello che pian piano, con la loro testa e il loro cuore, scoprono, a costo anche di dolori, illusioni, frustrazioni.

Mai però rinunciare a voler scoprire. Ecco quindi perchè credo che “romanzo di formazione“ sia alquanto coerente.

Nel racconto di “Nata viva“ è possibile scorgere la Bambina azzurra e il grillo parlante nella presenza importante di alcuni familiari, che hanno sempre creduto in lei, che non l’hanno abbandonata pensando che fosse uno strano ceppo di legno vivo, con limitate possibilità, ma hanno visto in lei la prospettiva, la forza, il coraggio, la luce, il suono, la musica che ne sarebbe e che ne è uscita. E Pinocchio/ Zoe si è con loro sempre confrontata, e quando doveva ha sempre disobbedito, armata anche lei di martello schiaccia grillo, o di sincera devozione nei confronti delle fate incontrate o dei Mangiafuoco incontrati, basti pensare alla figura della nonna materna giramondo o del nonno saggio.

Pinocchio/Zoe pur essendo costretta dal legno da cui è composta a fare determinati movimenti e a non poterne fare altri, a faticare tanto per spostarsi, cerca il movimento fluido altrove… nelle intenzioni, nella scoperta, nel viaggio e nella scrittura come avrà modo di capire chi si immergerà nel suo avvincente romanzo di formazione di cui ho avuto il privilegio di accompagnarne la forma definitiva, il punto finale. Che poi per i lettori ne è sempre l’inizio.

E quali accenni si possono fare, quali spunti, quali scoperte si possono trovare, tracciate nel corso del romanzo di Zoe?

La scuola non è affatto bella, ci si annoia, i compagni di classe possono fissarti o fregarsene di te, in gita è meglio che un burattino venga con il suo accompagnatore, per fare la pipì a scuola è meglio chiamare qualcuno da casa che ti accompagni in bagno, non si sa mai che ti capiti qualcosa di male, meglio non averne di queste responsabilità, però in gita ci vado lo stesso e da sola, ecco e poi scrivo, e poi Lucignolo è simpatico e mi fa tanto ridere e mi insegna una certa anarchia, e poi si può raccontare tutto, di quando si fissano i soffitti vuoti ascoltando la musica come fanno tutti i ragazzini, di quando le amiche non si presentano all’appuntamento, che te l’avevano proprio promesso, ma tu scopri che anche da solo ha senso uscire di casa, il sabato pomeriggio… e poi guidare il motorino o la macchina, rincorrere come si può il cantante preferito… andare al cinema, alle mostre, immergersi in altri colori, in altre storie, forse in altri Pinocchi, andare con nonna persino a New York e… essere comunque una sorella maggiore, una mammina rompiscatole e volerle così bene… oppure aggrapparsi ai propri pantaloni e imparare a cinque anni camminare.

Camminare appunto, scoprire, viaggiare intorno a noi stessi.  Diventare. Diventare bambini veri, o persone vere, che nella propria evoluzione,  sorridono ancora alle immagini di burattini lasciati sulla sedia, che tanto ci hanno permesso di diventare quello che vogliamo essere. E prima di chiudere sono sicuro che similitudini, chiavi di lettura, accostamenti, raccordi, accordi e disaccordi, prospettive incrociate possono essere disseminate anche in tanti altri racconti di formazione, nella possibilità sempre sofferta sapersi scegliersi – riflessivo quindi saper scegliere se stessi – in Pin che impara a fidarsi pian piano degli adulti o comCosimo tra gli alberi nel barone di calvinesca fattura, come Arturo fu e ori da Procida di Elsa Morante, nelle grammatiche fantastiche rodariane che sanno ad ogni rigo inglobare e rompere gli schemi e i limiti prefissati, elogiare gli errori, i dubbi, le stranezze di quel che si racconta proprio perché lo si racconta. E in definitiva tutta la letteratura è un infinito romanzo di formazione che ci permette di vivere bene noi stessi e forse anche di sopravvivere a noi stessi, come ricorda la stessa Zoe che da burattino si è trasformata in: “Io, moderna Sherazade“ .

 

 

                                                Fine

 

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Dalla scuola alla rete: cyberbullismo e dintorni

di Zoe Rondini 

Parolacce, offese e “prese in giro“, ma anche minacce, botte e danni alle proprie cose. Sono queste gli atti di bullismo che i ragazzi hanno denunciato più frequentemente. Da una prima indagine in Italia sul “bullismo“ alle superiori, un ragazzo su due subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica. Il bullismo è una forma di violenza minorile che ormai è diventato una vera e propria calamità sociale.
Osservandone alcuni episodi, si evince che le prepotenze di natura verbale prevalgano nettamente rispetto a quelle di tipo fisico: il “bullismo verbale e psicologico“ consiste in minacce, prese in giro, offese e calunnie da parte di gruppi di ragazzi prevalentemente di sesso maschile anche se non mancano esempi di gruppi “misti“. Per quanto riguarda le violenze di tipo psicologico, molte vittime denunciano l’isolamento di cui è stato oggetto, alcuni di loro hanno subito anche delle minacce verbali. Le prepotenze di natura fisica risultano essere più frequenti tra i ragazzi, mentre tra le ragazze e tra i più giovani, “si rimane“ nell’offesa ed aggressione di tipo verbale.
Spesso le complesse dinamiche che si sviluppano tra adolescenti, non permettono a tutti di sentirsi parte del gruppo-classe: i ragazzi più timidi o considerati diversi in quanto omosessuali, disabili o semplicemente perché non seguono le mode del momento… possono diventare bersagli di atti d’emarginazione e bullismo a scuola e via web. Molti adolescenti sono spinti ad atti estremi perché non trovano il coraggio di ribellarsi e denunciare. Troppo spesso il gruppo predomina sul singolo che si trova isolato e smarrito.
Anche se si presenta in una forma diversa, il cyberbullismo o bullismo online è un fenomeno che non deve essere sottovalutato. Si potrebbe dire che questo rappresenti la nuova frontiera della prepotenza, più labile e indefinita della prima e quindi anche più sfuggente rispetto a sanzioni e prese di responsabilità. Nell’era digitale, gli individui sono dotati di una duplice personalità: una virtuale e una reale. Paradossalmente spesso accade che il nostro io digitale ci rappresenti più fedelmente e spontaneamente. Ne deriva che un’offesa, una soppressione o un’aggressione di questa personalità colpisca tanto quanto una presa in giro o un atto di bullismo tradizionale. Insistenti prese in giro sui social network, diffusione di foto spiacevoli, o e-mail contenenti materiale offensivo possono ferire più di un pugno o un calcio. Se analizziamo queste due forme di bullismo, “reale e virtuale“ possiamo affermare che vi è una differenza sostanziale: il cyber-bullo agisce non tanto per esercitare una violenza su qualcuno, bensì per attrarre su di sé tutte le attenzioni possibili ed avere visibilità oppure per scaricare le proprie ansie frustrazioni sul così detto nemico adatto, un incubatore di rabbia e insicurezza che può essere incarnato da chiunque sia diverso, più debole o più esposto.
L’ obiettivo del cyber-bullo non è tanto essere violento, piuttosto attrarre su di sé l’attenzione di molti utenti della rete, e, qualora sia possibile, essere “protagonista“ anche su altri mezzi di informazione. Questa ambizione di visibilità spesso cela insicurezza, poca autostima ed il bisogno di trovare nel mondo esterno quelle attenzioni che mancano da parte degli adulti di riferimento.
Lo sviluppo di siti per la condivisione di file, come quelli video (vedi You Tube), ha infatti dato un contributo notevole a rinforzare il fenomeno del cyber-bullying. Evitare che tali siti diffondano i video di bullismo sarebbe certamente un passo importante per contrastare il fenomeno, ma come ci insegna la prassi è ancora difficile individuare coloro che si macchiano del reato della diffamazione online. Non è semplice stabilire da dove sia partito l’insulto, chi sia il server ospitante e anche una volta individuati si pone il problema del tribunale competente. Morale della favola chi diviene vittima di bullismo on line non vede ancora riconosciuta una tutela della sua reputazione e dignità pari a quella riconosciuta alla vittima di diffamazione su carta stampata o altri mezzi audiovisivi. Tale disparità di tutela tuttavia non trova alcuna giustificazione, poiché come dice il giurista Rodotà “quello che è illegale offline, è illegale anche online“.

ARTICOLO PUBLICATO ANCHE SULLA RIVISTA “NEAR, Più VICINI Più UGUALI”:

http://www.retenear.it/2013/10/dalla-scuola-alla-rete-dalla-rete-alla-scuola-il-cyberbullismo/ 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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