Amore e sessualità nell’autismo

Dopo molti articoli sul tema dell’amore, la sessualità e la disabilità mi è sembrato giusto affrontare un tema importante e dibattuto come quello dell’affettività, amore e sessualità per le persone autistiche. Questa tematica ha destato il mio interesse, anche perché noto una lievissima apertura della nostra società su certi temi, tuttavia non bastano alcuni convegni ed un disegno di legge per affermare che la nostra società sia aperta a certe tematiche (amore, sessualità e disabilità). Ritengo comunque che sia importante – ma ahimè non sufficiente- parlarne. Per aprire una finestra sul tema mi servirò di due preziose testimonianze, sono entrambi racconti di vita che sottolineano l’aspetto fondamentale della sessualità per il benessere di ognuno di noi. Si tratta di un padre di un ragazzo autistico italiano ed una testimonianza di un ragazzo autistico statunitense. Dagli articoli si evincono problemi, preconcetti, tabù, mancanze… quanto ancora c’è da fare e da capire. Ancora oggi c’è molto poco di scritto sul diritto delle persone autistiche a sviluppare la loro sessualità. Gli autistici amano e meritano di essere amati, rispettando la loro individualità e devono ricevere gli strumenti necessari per avere una vita piena e appagante. Ai genitori potrebbe non piacere il compito, ma si deve essere in grado di affrontare e parlare della sessualità ai figli come qualcosa di reale, naturale e che necessita di una guida. È fondamentale che il genitore trasmetta le regole della masturbazione e del fare l’amore. Chiarendo anche chi e come ti può toccare per evitare che i figli siano vittime o “potenziali vittime“ di abuso, altro tassello importate da chiarire è “la masturbazione“ come, dove e quando esercitarla. Dagli anni ’80 ad oggi è cambiata molto la visione delle problematiche legate all’autismo, ma tanta strada c’è ancora da percorrere, soprattutto se si accosta l’autismo alla sessualità ed all’amore. L’amore, la sessualità e la disabilità per le società occidentali dovrebbero essere considerate una sfida da vincere, invece vergogna, tabù e divieti talvolta hanno ancora la meglio. Ci celiamo dietro un apertura solo apparente che non basta a risolvere la solitudine di tante famiglie e ragazzi, i sensi di colpa sono, a mio avviso, ancora tanti e difficili da “estirpare“. Inoltre bisogna riconoscere che l’autismo è diverso da ogni altra disabilità, e le caratteristiche stesse dell’autismo causano una ulteriore condizione di stress per i genitori e rendono estremamente problematica la vita di tutta la famiglia. Le famiglie lasciate sole ad affrontare il difficile compito di allevare un bambino affetto da autismo vanno, in alcuni casi, ben presto incontro alla disperazione ed allo sfinimento causati dagli equivoci sulla natura dell’autismo, dalla scarsa disponibilità di servizi specializzati e soprattutto dall’impossibilità di programmare il futuro del bambino. I disabili e le loro famiglie, si sa, passano molto tempo tra terapisti e visite specialistiche si potrebbe pensare di formare queste persone anche per affrontare il tema della sessualità. Ci vorrebbero più interventi a partire dal nucleo familiare per poi allargarsi alla scuola, ai luoghi di terapie… alla società.

Dopo questa mia introduzione vi lascio alla lettura di due articoli sul tema che ho trovato pertinenti ed interessanti e che vorrei proporvi. Il primo dal titolo L’amore ai tempi dell’autismo, di Rosa Mauro, preso dal sito www.superando.it  contiene il racconto dell’esperienza di una madre di un ragazzo autistico, che è anche l’autrice dell’articolo. In questa testimonianza Rosa propone una riflessione su come accettare e comprendere la sessualità espressa dalle persone autistiche. Il secondo articolo che vi propongo, il cui titolo è Autismo e sessualità, un elefante in una stanza, è stato preso dal sito www.autismoitalia.it riporta il contenuto dell’intervento dell’esperto Peter Gerhardt in occasione della Ladders Conference in Massachusetts.

Un tempo poco lontano era molto considerata la cosiddetta teoria “madre frigorifero“, essa relegava gli autistici e le loro madri in un mondo senza speranza e anaffettivo. Ora sappiamo che la persona autistica è tutt’altro che disinteressata al mondo esterno e alle sue relazioni. Molti di loro hanno anche ufficialmente scagionato le madri e, soprattutto, hanno aperto più di uno spiraglio su un mondo interiore ricco ed elaborato, sia pure in molti casi imprigionato da un’insufficiente interpretazione condivisa. Per loro come per tutti, disabili e non, la sessualità fa parte in maniera imprescindibile. Perché, credo fermante che la sessualità è ciò che siamo come individui, e non è affatto limitata al desiderio sessuale, ma costituisce un modo relazionale che ci permette di interagire con gli altri. Non è sempre facile comprendere e accettare la sessualità espressa dai bambini, poi ragazzi, infine adulti, autistici, non solo e non tanto perché potrebbe essere diversa dalla nostra, quanto perché loro stessi non sempre sono in grado di giustificarla a sufficienza, dando a noi dei criteri interpretativi della stessa. Il fascino che esercitano presso di loro le figure tonde, o gli oggetti con particolari estetici che noi non notiamo per nulla, può avere anche caratteristiche sensuali. Il mondo di un ragazzo autistico, ad esempio è ricco di sfumature che sfuggirebbero a un ragazzo con una modalità “polifunzionale“, e che “vede“ contemporaneamente più cose. I bambini autistici che passano ore a guardare una lavatrice ne ricavano piacere, e non necessariamente un piacere diverso da quello di un bambino che gioca per ore con un trenino. Il problema nasce perché magari quel bimbo è in grado di condividere con noi la gioia di guardare quel trenino muoversi, di coinvolgerci con le sue parole nel suo amato mondo, mentre magari un bambino autistico non lo fa. Quando poi il bambino autistico diventa adolescente, tutto è molto più complicato. Immaginate quante variabili cambiano durante l’adolescenza, tanto da rendere difficile la comprensione anche a un ragazzo “polimodale“. Senza fare distinzione di sesso, risulta difficile per chiunque gestire contemporaneamente il cambiamento fisico e quello ormonale, per non parlare degli effetti di questi cambiamenti sulla nostra relazione con gli altri. L’adolescenza è un periodo di cambiamenti fisici, ormonali, interpersonali delicato per tutti, immaginate cosa possono scatenare in un/a ragazzo/a con autismo. C’è da impazzire, la frustrazione va alle stelle, il tentativo di dare a tutto un senso è direttamente proporzionale a una solitudine in cui l’adolescente e la sua famiglia sono spesso rinchiusi. Un ragazzo o una ragazza alla prima cotta, spesso trovano nel gruppo dei pari un aiuto per gestire una situazione emotiva così nuova e spiazzante, amici che, anche solo con una pacca sulla spalla, sono di supporto. E un ragazzo o una ragazza autistici? O comunque un ragazzo o una ragazza con una disabilità? L’inclusione si ferma alla scuola, dove la sessualità e il sesso sono tenuti ai margini, quando non apertamente stigmatizzati. Quale immagine voglio dunque lasciare per questa prima riflessione sul mondo dell’amore ai tempi dell’autismo? Questa: un ragazzo dai tratti comuni, alto, dinoccolato come lo sono molti adolescenti, che guarda verso un appartamento, le cui finestre sono chiuse. Guarda alternativamente l’appartamento e il portone, seguendo un pensiero senza parole. Di tanto in tanto prende il suo Ipod e ascolta una musica, non sentiamo quale, ma vediamo che ne segue il ritmo, accennando talora a canticchiare ad occhi chiusi, o a muovere il corpo, sgranchendosi con quel ritmo misterioso. Ad un tratto il portone si apre e ne esce una ragazza, carina, bruna, vestita con un jeans e un maglione. Il ragazzo si alza, non osa avvicinarsi, la saluta con la mano, mantenendosi un poco lontano, pronunciando il suo nome. La ragazza sorride e a sua volta saluta, allontanandosi. Possono essere compagni di scuola, vicini di casa, essersi conosciuti sull’autobus, poco importa. Uno dei due è innamorato, forse il ragazzo che ha aspettato tanto per vederla uscire, ma forse anche lei ha una simpatia per lui. Non vediamo altro, oltre quel saluto, e quindi non sappiamo come si evolverà questa situazione. Abbiamo visto un ragazzo, una ragazza, un saluto che forse è un preludio. È autistico, il ragazzo? Lo è lei? Non lo sappiamo e, in fondo, non dovrebbe importare.

Il messaggio di Peter Gerhardt sull’autismo e la sessualità è rivoluzionario nella sua semplicità: La sessualità è uno degli elementi più fondamentali nella nostra vita ed è inerente a ciò che significa essere umani, il comportamento sessuale è una delle aree più vulnerabili nella nostra vita. La sessualità è un diritto umano fondamentale. Pertanto è della massima importanza che noi educhiamo i nostri amati riguardo al corretto comportamento sessuale, in modo che possano essere al sicuro e felici. In questo modo dovrebbero ragionare genitori, educatori, insegnanti… soprattutto quando si trovano a contatto con qualche tipo di disabilità. Peter ha parlato ieri in occasione della Ladders Conference in Massachusetts. Ha messo in chiaro fin dall’inizio che non stava parlando di persone che fanno sesso ma, anzi, stava parlando di sessualità come definizione e caratteristica umana di noi tutti. La sessualità e le sensazioni sessuali sono così fondamentali, così importanti, eppure c’è pochissima letteratura e ricerca circa l’insegnare alle persone con autismo come comportarsi in modo adeguato rispetto al loro proprio corpo ed organi e rispetto alle altre persone. Questo di Peter non doveva essere un discorso sul “come fare a“ o sul “se per caso“… ma piuttosto su ciò che ogni essere umano, nello spettro o meno, dovrebbe conoscere sui comportamenti appropriati e sicuri. Incredibilmente controverso eppure assolutamente necessario. È così difficile parlarne, pensarne, eppure quello che tutti noi vogliamo per i nostri figli è: essere felici ed essere al sicuro. Cosa facciamo per ottenere questo scopo dal momento che la sessualità li rende così vulnerabili? Peter e altri esperti ipotizzano che circa il 60-80 % di persone nello spettro sperimenterà una qualche forma di abuso sessuale durante la vita. Questo non significa necessariamente violenza, ha sottolineato Peter, ma che anche quell’eventualità non è da sottovalutare. La mancanza di informazioni è stupefacente. Non c’è nulla di scritto sull’insegnamento alle donne nello spettro circa le mestruazioni. Niente. Ciò significa che ogni madre di una ragazza nello spettro deve improvvisare. Da un lato noi, come società, siamo così “presi“ quando si tratta di sesso. Peter ha sottolineato quanto siamo “affascinati“ dal sesso: centinaia di parole gergali, l’ossessione di Internet per il sesso, dibattiti circa l’educazione sessuale nelle classi regolari, gravidanze adolescenziali; tuttavia, verso le persone con disabilità siamo assolutamente silenziosi. L’implicito atteggiamento della società, in questo caso, è il silenzio, la mancanza di informazioni e il concetto che: a) le persone nello spettro non provano sensazioni sessuali b) alle persone nello spettro non può essere insegnata l’“adeguatezza sessuale“. Sbagliato e ancora sbagliato. Peter ha sottolineato più volte che, tutto ciò che si presenta statisticamente nella popolazione “normale“, possiamo supporre che si presenti in parallelo nella popolazione nello spettro. Ciò significa che c’è l’omosessualità, feticci, fantasie, le questioni transgender… A questo proposito noi non sappiamo. Le sensazioni sono là ma a causa della mancanza di comunicazione non capiamo e molti nello spettro non possono esprimerlo. Vorrei che potessimo avere un annuncio di servizio pubblico dedicato alla disabilità nello sviluppo che dica qualcosa del genere: “Autismo: Tutto quello che sai è sbagliato. Inizia da qui. Guarda a tutte le ipotesi proprio per quello che sono: ipotesi. Le persone con autismo, non importa il loro livello di funzionamento, sono pienamente esseri umani, con tutto ciò che questo comporta. Quest’idea ti spaventa? Ti rattrista? Bene, allora affronta il tuo stato d’animo ma non fare il terribile errore di non aiutare il tuo ragazzo autistico a capire riguardo al suo corpo e alla sua sicurezza, perché allora sei in cerca di guai della peggior specie. Allora cosa facciamo? Peter ha quello che lui chiama la “regola dei cinque anni“: pensare sempre in anticipo a quali cose avremo bisogno di disporre tra cinque anni a partire da oggi. Se il bambino di 5 anni gira per la spiaggia nudo, vogliamo essere sicuri che non lo farà a 10. Se uno di 8 anni si tocca in classe, vogliamo fare in modo che capisca che non può farlo lì e neanche dopo quando ne avrà 13 o 15. Potremmo dover iniziare a insegnargli ora, perché più i comportamenti vanno avanti, più sono difficili da reindirizzare. Immaginando il futuro del bambino nello spettro, abbiamo bisogno di pensare anche a come insegnare quello che c’è da sapere, visto il suo particolare stile di apprendimento. Non mettere un preservativo su una banana ed aspettarsi che qualcuno sia in grado di generalizzare questo concetto per il proprio corpo. Utilizzare foto realistiche, parole vere. Mantenere il messaggio semplice e ripetitivo. Peter sostiene anche che consentire una certa “stupidità“ nella conversazione, aiuta a rompere il ghiaccio. Insegnate ciò che Peter chiama “I Cerchi di comfort e sicurezza“: Chi è nella tua vita e qual è il suo ruolo? Il cerchio più interno sono i membri della famiglia, i propri cari. Questi possono aiutare con le esigenze personali come ad esempio un aiuto in bagno. Il cerchio successivo, gli amici, non possono aiutare allo stesso livello di bisogno, a meno che non siano amici molto stretti. I cerchi illustrano chi può e chi non può toccarti, anche sul braccio o sulla testa. È tutto molto ben definito. Devi pensare esattamente ciò che si deve pensare quando si è un genitore: che cosa ha bisogno di sapere il tuo bambino quando non ci sei tu ad aiutarlo. È necessario che il bambino sappia come chiudere la porta di un bagno. È necessario che il bambino sappia dire “no“ in un modo o nell’altro. È necessario che il/la ragazzo/a sappia che la masturbazione in sé non è un crimine ma che può essere fatta solo nella privacy: nel luogo opportuno. È necessario che il bambino sappia chi lo può aiutare e chi non dovrebbe. Se usiamo immagini e parole che non siano simboliche, ma piuttosto visive, precise e dirette, ci sarà evidentemente più probabilità di successo. Se non sappiamo come insegnare questo, allora noi genitori dobbiamo iniziare ad imparare. Dobbiamo cominciare ad imparare che la sicurezza sessuale va ben oltre l’identificazione di parti del corpo. Le sensazioni sessuali e la sicurezza sessuale sono un diritto umano fondamentale, per tutti gli esseri umani. Il primo passo per aiutare i nostri figli con autismo ad essere felici e ad avere una vita sana è quello di rompere il silenzio e l’imbarazzo su questo argomento.

 

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L’educazione sentimentale di Giulia

Tre idee diverse di un rapporto tra normodotato e una persona con disabilità.

Quest’estate ho conosciuto una persona “speciale“ con la quale sono entrata in confidenza. Una mia coetanea, disabile, di nome Giulia, che mi ha regalato un lungo racconto, intimo ma condivisile, che oserei definire una sorta di educazione sentimentale sottoforma di racconto autobiografico. Dalle sue appassionanti storie si evincono alcuni modelli di relazione che vorrei sottoporre all’attenzione dei lettori, perché sono tre esempi molto diversi fra loro, che possono riguardare chiunque, uomini, donne, normoditati e disabili; tali esempi possono soprattutto spingere ad una riflessione condivisa su senso dei rapporti di coppia, a diversi livelli.

Giulia, ragazza con disabilità, mi ha raccontato narrato tre storie, che descrivono, più che le caratteristiche delle singole persone, la natura delle loro relazioni: Giulia e Marco, Giulia e Lorenzo, Giulia e Gabriele.

In tutte e tre l’handicap è stato visto e vissuto senza creare una paura vera e propria o un disagio dovuto all’handicap in sé.  

Giulia e Marco,  entrambi disabili, si sono illusi di poter creare una relazione seria, Gabriele invece è un uomo sposato con il quale è capitata un’avventura estiva “proibita“: lui vive la disabilità in casa in quanto la moglie è disabile. Con Lorenzo Giulia ha vissuto un’ esperienza magnifica, che ha dato molto ad entrambi.

Partiamo dalla più tormentata.

Giulia e Marco. Paradossalmente con Marco, Giulia si è sentita annullata e non rispettata. Lei lo interpellava sempre prima di decidere cosa  fare, ma anche più semplicemente cosa mangiare o dove andare… Lui il fine settimana stava a casa di Giulia che da lungo tempo non viveva più con i suoi. Sceglieva le cose senza interpellarla, aveva pochi interessi e poca voglia di uscire, Giulia ha rinunciato alla sua grande passione per il cinema. Marco si permetteva di invitare tante persone a cena a casa della ragazza dicendoglielo con poco preavviso: tanto la donna doveva accettare e cucinare.

Anche sessualmente era concentrato solo su se stesso, i bisogni della sua donna erano poco contemplati. Aveva anche due problemi all’organo maschile, ad accorgersene non è stato lui ma Giulia, (diventando dottoressa, chiedendo spiegazioni ai medici e consultando internet, ha perfino organizzato una visita dall’urologo). Lui non accettava questi problemi e non voleva risolverli. Tutto ciò ha minato il loro rapporto e lo ha molto limitato sia sessualmente sia nella sfera culturale.

Perché la protagonista di questa storia è rimasta con lui per mesi? Credeva potesse capire ed imparare tante cose, era una storia seria ed era parecchio  tempo che non ne aveva una. Pensava che lui l’accettasse, accettasse il suo handicap motorio, ma forse non la vedeva veramente: era troppo concentrato sull’idea di trovare una donna che gli permettesse di  uscire di casa e tagliare il cordone ombelicale con sua madre, era solo questa la sua idea di donna, moglie e madre. Quante idee sbagliate si possono radicare tutt’oggi nelle persone e tramandarsele di generazione in generazione!

Era un finto rapporto tra pari, col tempo Giulia si rese conto che erano troppo diversi, non basta avere entrambi una disabilità  per potersi definire “allo stesso livello“, Marco era anche ossessionato dall’idea di sposarsi come unica possibilità di emancipazione. È stato un grosso errore coinvolgere le famiglie pensò Giulia quando il danno ormai era fatto! Lei è stata abbagliata dalla possibilità, almeno nel pensiero iniziale, di avere trovato il rapporto giusto, tra due persone disabili che pensano di potercela fare insieme, anche come scommessa da parte di entrambe, sulle aspettative proprie e delle rispettive famiglie. Per la giovane è  stata una grande illusione e conseguente disillusione. “Ero consapevole che venivamo da due situazioni culturali estremamente diverse“ racconta Giulia, “Però Marco voleva passare da un amante del teatro quando non lo era e mi faceva capire che il cinema – che io ho sempre amato – non lo interessava. Ho cercato di coinvolgerlo con tanti generi diversi, ma alla fine mi sono ritrovata spesso ad andare al cinema da sola con altre compagnie perché non volevo rinunciare a questo mio grande interesse e sono riuscita  in minima parte a coinvolgerlo.“

Noi donne dovremmo piantarla di sentirci crocerossine: ci sarebbero meno situazioni di stalking, non è giusto annullarsi per una relazione, se ciò accade non è una relazione “sana“. Questa non è retorica è un’idea che ho chiara in mente e forse dovrebbe essere più “sentita“ da molte altre persone, sia uomini sia donne.

Per Giulia c’è stato un altro campanello di allarme che all’inizio ha voluto ignorare: la madre l’aveva conosciuto e spesso ripeteva al figlio:

– Sono preoccupata per questa bella ragazza, è così sensibile. Mi dispiacerebbe che la facessi soffrire.-

Lei  non si spiegava come mai la madre avesse queste preoccupazioni già a gli albori del rapporto tra i due giovani. Poi al cominciare della crisi ha capito che forse la madre lo conosceva bene ed aveva già previsto l’evolversi della loro situazione. Lui il week-end non si portava le medicine, soffriva di emicranie e toccava a Giulia accompagnarlo in farmacia: da solo non era in grado. Lei avrebbe desiderato un uomo, che la facesse sentire una vera donna, valorizzata, capita e amata… non era abituata a fare da madre, infermiera e badante ad una persona di quarant’anni. Giulia mi fa presente che non c’era erotismo, passione e complicità nel loro rapporto.

Giulia e Lorenzo – Tra Giulia e Lorenzo la storia è ben diversa, lui è un uomo che pur non vivendo la disabilità in prima persona o in famiglia ha accettato Giulia senza problemi. L’ha sempre vista come donna e non come disabile, l’ha apprezzata sia fisicamente sia intellettualmente,  con lui c’è sempre stata la massima intesa affettiva, amorosa, sessuale, passionale, intellettiva. Tanto tenevano l’uno all’altro che lei ha accettato tanti compromessi e cambiamenti pur di continuare la loro intesa. Lui le  ha detto più volte “la mia situazione sentimentale e familiare adesso è cambiata in tal modo. Non so se vorrai continuare a vedermi“. E Giulia ha sempre preferito accettare i suoi cambiamenti facendo in modo che questi non modificassero troppo la loro relazione. Perché gli vuole un gran bene ed è una persona speciale. L’importanza del vivere una relazione affettiva e intellettiva così intensa, ha permesso ad entrambi di trasformare il rapporto in una amicizia profonda, che, racconta lei “ancora dura“ e che  ha consentito loro di aiutarsi consultarsi e consolarsi  a vicenda, nei momenti più complicati, difficili e drammatici dei loro percorsi di vita.  Altro ingrediente fondamentale dello spessore della loro relazione è stata l’ironia e il prendersi in giro l’uno con l’altra, ridendo anche tanto di loro stessi e di quello che sono diventati. Oltre ad un sempre presente rispetto reciproco, in tutte le situazioni da loro vissute. Tra i due protagonisti di questa storia c’è stato  quel rispetto che serve in una relazione sana, l’intesa, la passione, la complicità che mancavano con Marco.

“È buffa la vita,“ mi racconta ancora Giulia “Marco poteva essere il mio partner ideale e la cosa non ha minimamente funzionato. Il rapporto con Lorenzo funziona alla perfezione ma non si è mai innamorato di me. Con Marco ci dicevamo ti amo, soprattutto all’inizio, ma a pensarci bene ce lo ripetevamo anche dopo quando diventò sempre più una presa in giro.“

 Con Lorenzo non si è mai annoiata, ogni telefonata, pranzo, caffè, aperitivo a casa di lei o fuori, è un momento bello e giocoso per entrambi. A Giulia piace il fascino di Lorenzo, la sua educazione, la sua bellezza che per lei poco cambiano con il trascorrere degli anni.

Giulia e Gabriele – Gabriele e Giulia hanno vissuto un altro tipo di relazione, e, se vogliamo, un altro aspetto della relazione sentimentale: si è  trattato di un invaghimento, una sbandata estiva, leggera ma intensa a suo modo, e destinata a concludersi in breve. Gabriele è un persona che non ha problemi a relazionarsi con l’handicap in quanto lo vive tra le mura domestiche. È sposato da tanti anni con una persona disabile. Spesso ha avuto ed ha ancora dei sensi di colpa rispetto alla moglie ma il desiderio di lasciarsi abbandonare ad una nuova fiamma è forte. “Anche se conoscevamo entrambi la sua situazione, ci siamo lasciati trasportare dalla passione e dall’idea che fosse qualcosa di proibito.“ Narra Giulia, a pensarci bene a tante e tante persone capita la stessa  cosa “Non c’è stato né un vero rapporto sessuale, né una vera relazione sentimentale. Dovevamo vivere tutto in gran segreto… Io in passato avevo già conosciuto lui e la sua famiglia (non hanno figli), capivo la sofferenza della moglie diventata disabile in tarda età. Io, dal canto mio non mi sono risparmiata a consigliarla su terapie farmacologiche e centri specializzati per i problemi motori, perché in un certo senso la situazione di sua moglie mi somigliava. Non mi sono voluta fermare davanti al tradimento, davanti al buon senso e all’idea che Gabriele fosse un uomo sposato, terrorizzato dall’idea di far l’amore in macchina per paura di essere sorpreso. La moglie non sospettava niente e mi ha fatto molti regali. L’anno prima che lui si dichiarasse non sospettavo nulla ma a suo dire già li piacevo. Se non si fosse palesato non avrei notato il suo interesse. Io come disabile non noto più gli sguardi degli altri siano essi di compassione o di apprezzamento. Dopo tanti rifiuti da maschi normodotati terrorizzati dal mio handicap, non riesco a sottrarmi all’attenzione, alle tenerezze, alle premure e a qualche bacio di troppo.“

Le attenzioni di un uomo fanno piacere, soprattutto i primi “approcci“. Come si è sentita? Anche se andava contro alla morale, all’etica, al buon senso… non si sentiva “sporca“ o una “poco di buono“ intanto si è trattato di baci e tenerezze non di altro… mi racconta che le è tornata in mente la celebre canzone di De Andrè, Bocca di rosa. “Esatto forse ero come la protagonista che arrivata in un piccolo paese faceva l’amore per  passione, non per noia e neanche per amore ma, ripeto, solo per passione.“

Gabriele e Giulia  non hanno fatto l’amore ma quelle coccole, quei baci passionali ed appassionati l’hanno fatta sentire una vera donna piacente e apprezzata, non una disabile rifiutata dall’uomo normodotato! Ecco i rifiuti di 1,2,10,30 uomini “normali“ ti possono portare a dare peso ad attenzioni ingiuste che minano i TUOI valori e principi a tal punto che non sono più tuoi ma di qualcun altro.

 C’è squallore in tutto questo? No, per il  vissuto di Giulia direi che lo squallore è di chi ti rifiuta di chi di dice al primo appuntamento “al telefono mi ti immaginavo meno disabile“ e fugge via senza neanche scendere dall’auto. C’è squallore negli uomini che pensano solo a se stessi senza tener minimamente presente il piacere del partner… c’era squallore in molti atteggiamenti di Marco.

L’etica e la morale hanno le loro giuste regole, ma, secondo me e secondo la mia amica Giulia,  non  troviamo squallore nella dolcezza delle coccole tra una ragazza ed un uomo sposato. Bisogna fermarsi in tempo, ma a volte non è facile e pure un bacio può essere di troppo. Sono certa che bisogna prendere il meglio dai rapporti con le persone, il guaio è che non sempre si può tenere conto delle mille sfaccettatture che una relazione presenta.

 Anche tra Giulia e Lorenzo se si fossero fermati alla regola “no perché non sarai mai il mio uomo e non sei single“ si sarebbero persi entrambi delle cose bellissime ed importanti che hanno creato un’amicizia speciale che persiste con il passare degli anni! Direi che Giulia non si sa fermare in tempo ma ha pochi rimorsi e soprattutto non ha rimpianti. Lei ha sempre cercato di prendere il meglio da queste relazioni e da relazioni amorose che ha avuto prima di incontrare Lorenzo.

Quello che  Giulia ha aggiunto, riflettendo sulle sue storie, mi sembra forte ed esemplare:

 “Non mi sono mai poco stimata, ho saputo stare sola quando capivo che il rapporto o la relazione erano logori o non valeva più la pena di essere vissuta. Ho provato la nostalgia e la malinconia di non potere avere il rapporto giusto con la persona giusta pensando ad una prospettiva di lunga durata della relazione ed “equilibrata“. Guarda la mia storia con Lorenzo; sapevo dentro di me che, per quanto bella, intensa e profonda non avrei mai potuto soddisfare tutte quelle esigenze  e aspettative di cui lui avrebbe avuto nel tempo bisogno e questo, in fondo… proprio per la mia  condizione di disabile che tanto spaventa e frena molti uomini“.

 

Vorrei chiudere con un ultimo pensiero a Lorenzo e Giulia, pensando all’importanza dell’amicizia speciale che li unisce non come consolazione, ma come conquista di un rapporto profondo.  

Ai tanti innamorati che sognano amori impossibili vorrei dire di non perdere la speranza. Giulia ha provato e trovato il  vero amore in passato. Pensa però che in tutti i legami interpersonali non ci sia solo il bianco o il nero ma una scala infinita di grigi. Vorrei anche invitarmi e invitare i miei lettori a non dare giudizi facili ed affrettati sulle tante possibili, infinite combinazioni di relazioni sentimentali, che insieme formano l’ originale educazione sentimentale per ognuno di noi, un arcobaleno di colori che non si scorgono tutti a prima vista.

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