Pubblicato su You Tube il video di “Nata Viva”! Guardalo su http://youtu.be/ipdz4Webb5M oppure in questo articolo.
potete richidere una copia breve romanzo di formazione “Nata viva” scrivendo una mail ad info@piccologenio.it
NATA VIVA” è UN LIBRO SCRITTO CON LA PANCIA NON SOLO CON IL CUORE; ECCO ALTRI STRALCI CHE LO DIMOSTRANO:
“Adesso mi domando quand’è che ho cominciato a capire che avevo qualcosa che mi “distingueva“ dagli altri, qualcosa che non gli permetteva di accettarmi, li metteva a disagio.”
“Non so dire quand’è stata la prima volta che mi sono sentita così, la volta in cui ho capito che senza l’aiuto di qualcuno non sarei riuscita a fare nulla. ”
“Mamma e Fiore si trovavano insieme, insieme come tante altre volte. Insieme. Ancora una volta mi sentivo lontanissima da loro.”
“Non andò esattamente così ma avevo intuito che era successo qualcosa di grave; però nello stesso tempo avevo fiducia: Rickie era forte.”
“Fin dall’asilo poi, mentre gli altri bambini giocavano, io dovevo passare del tempo in un aula vuota, senza nulla e nessuno che mi potesse distrarre: dovevo camminare.”
“Devo dire che a molte persone ha fatto comodo: da questo mio “errore“ (se di errore si può parlare), ci hanno messo molto poco a costruirsi un alibi per non essere protagonisti nella mia vita, ma solo attori con delle parti molto molto piccole… o addirittura delle comparse.“
“Non ero stanca, stavo lì senza una sedia, il tempo passava ma non ero stanca; guardavo in fondo alla fila, dall’altra parte della strada: speravo che le mie amiche arrivassero da un momento all’altro e non mi sentivo stanca!
Cercavo degli amici, “hai una gomma? Come ti chiami?“ risposte secche che non lasciavano spazio ad altre domande.“
“Per me rimaneva la sensazione forte di avere vissuto un ‘esperienza importante che avevo conquistato e voluto a tutti i costi. E anche quando mi resi conto di essere sola, vicino a tutti gli altri, ho cercato di reagire normalmente alla situazione e alla delusione che ne scaturiva.“
“Possibile che non mi rendessi conto, secondo lei, che come un torsolo inerme, ero rimasta sola ad aspettare inutilmente perché nessuno si era ricordato di me e nessuno era venuto da me? Iniziai a piangere e replicai dicendo: «Sono stata lì come tanti altri ragazzi, mi sono sentita normale». Le si gonfiò la giucolare e tutto il resto me lo disse strillando, disegnandomi come una povera tredicenne illusa, handicappata e deficiente. Mi ci ha fatto credere.”
“È colpa mia: non mi sono mai trovata bene con i miei coetanei. Non mi accettavano, ma da grande, da grande non mi sono fatta accettare“.