Adriano Formoso, passione e medicina a supporto dell’esistenza

La medicina oggi può essere più attenta alla psiche delle persone. Quando scienza, passioni e sensibilità si toccano emerge un profilo molto particolare. È il caso del dottor Adriano Formoso, cantautore, psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista di gruppo e naturopata-omeopata. Ideatore della neuropsicofonia: la scienza che si occupa dei suoni che hanno un impatto sui neuroni e sulla psiche.  Per Adriano alcune frequenze sonore agiscono a livello psiconeuroendocrino ed immunologico più di altri, ciò porta grandi benefici a tutti ed è particolarmente indicato per i feti e le donne in gravidanza.

La musica ha sempre fatto parte della sua vita prima ancora della sua formazione come psicoterapeuta. Dall’età di nove anni inizia a suonare la chitarra e a undici, scrive la sua prima canzone.

Oggi racconta il suo percorso di ricerca e formazione: “Ho portato la musica in ambito clinico dopo dieci anni di ricerca in un reparto di ostetricia. Dal 2005 collaboro con un’équipe in un reparto di  ostetricia e ginecologica in una clinica milanese, mi occupato delle implicazioni psicologiche nella gravidanza e nel parto”. Nel 2005 Formoso è il primo ad introdurre in Italia l’utilizzo d’associazioni di suoni in ambito ostetrico, per sostenere  la gravidanza e le fasi che precedono il parto del neonato.

La sua formazione e sensibilità si manifestano da molto prima: con la scelta del servizio civile dove è venuto in contatto con il disagio psichico. In seguito a questa esperienza si è iscritto a medicina per poi specializzarsi in psicologia clinica e dello sviluppo. La mente lo ha sempre affascinato ed ha capito quanto questa sia importante, venga prima ed influenzi la cura del corpo. Appassionato alla medicina olistica, che tiene in considerazione l’integrità dell’individuo formato da corpo, mente e spirito, ha scelto di concentrarsi sulla medicina tradizionale per intersecare i suoi studi ed interessi. La musica come strumento di cura, gli ha permesso di aiutare gli altri ed è riuscito a unire passione e scienza.

Dopo circa dieci anni di ricerca Adriano pubblica un libro e un album musicale dal titolo Nascere a tempo di Rock, un’opera divulgativa e informativa sull’importanza della Neuropsicofonia sin dal concepimento. “Con Nascere a tempo di Rock si sottolinea la visione olistica dell’uomo e la sua relazione terapeutica con la musica che comincia con la nascita e prosegue lungo il passare del tempo. In ambito ostetrico le linee armoniche e i suoni vengono veicolati nel grembo materno facilitando e stimolando nel bambino lo sviluppo dei processi sensoriali e motori, negli adulti, agiscono per riequilibrare il funzionamento di organi e apparati”.

Nel 2015 ha fondato con i suoi collaboratori il Centro di Neuropsicofonia applicata, Psicoanalisi di Gruppo e delle Relazioni Familiari con sede in Garbagnate Milanese.

Oggi racconta: “Ho dedicato la mia vita all’impegno di trasmettere dei valori umani attraverso le mie canzoni e l’attività clinica. Ho portato la musica al servizio della terapia. Ultimamente sto lavorando a un progetto che è uno spettacolo terapeutico e musicale chiamato FTS Formoso Therapy Show.” Le aspettative di Adriano per il futuro consistono nel far conoscere la sua musica con l’obbiettivo di offrire strumenti psicoterapeutici che potenzino positivamente la  nostra  esistenza a livello psichico e somatico, e con ciò vuole aiutare sempre più persone, di ogni età che si sentono sole.

Leggi anche:

Intervista ad Antonio Giuseppe Malafarina

Zoe Rondini il mio blog per aiutare i disabili

Convegno Erickson “Sono adulto! Disabilità diritto alla scelta e progetto di vita”

Continua a Leggere

Le persone con disabilità, la comunicazione nel web ed il devotismo

Negli ultimi anni l’avvento dei social-network, il diffondersi dei siti di incontri, hanno modificato la comunicazione e il nostro modo di approcciarsi. Spesso, usando questi mezzi, si cerca di fare nuovi incontri e non solo nel virtuale. A tal proposito si stima che nel vasto panorama delle chat più utilizzate, i siti di incontri rappresentino un mercato in crescente aumento. In Italia 2,8 milioni di utenti utilizzano i siti per single; ciò vuol dire che circa un italiano su due sotto i 40 anni possiede una virtual life  e che nella maggior parte dei casi questa è completamente differente dalla vita reale.

Numerose persone  con disabilità utilizzano i siti d’incontri, i forum tematici o i tanti gruppi Facebook dedicati alla ricerca dell’anima gemella. C’è da tener presente che in molti casi, per una persona con  disabilità la conoscenza attraverso la parola scritta è più lenta e quindi più adatta a chi ha qualche difficoltà. Così facendo, in alcuni casi, è anche possibile “svelare” la propria disabilità poco alla volta.  A tal proposito mi sembrano interessanti alcune testimonianze trovate in rete. Michelle, giovane ragazza di  Liverpool, dichiara: «Ho eliminato la mia sedia a rotelle da tutte le foto che posto su Tinder. Quando sono in un bar o in un pub con gli amici, nessun ragazzo mi si avvicina. Ho la sensazione che guardandomi vedano solo la carrozzina e non la persona che ci siede sopra. Sulla chat, invece, posso parlare con loro per qualche giorno prima di rivelare la mia vera identità. Normalmente aspettavo almeno una settimana prima di confessare la disabilità, ma dopo che un uomo mi ha pesantemente accusata di mentire, ho cambiato idea. Ho deciso di confessare subito il mio handicap, con il rischio di farmi il deserto intorno».

Il problema non si pone sole per le donne con disabilità. Andy, 43 anni di Manchester, decide di mostrare la sedia a rotelle sul suo profilo. Spesso è lui stesso a mandare un messaggio agli utenti che ne consultano il profilo senza però scrivergli. Solitamente nel fare il primo passo l’uomo scrive: «Ti chiedo di essere sincera, non mi contatti perché sono su una carrozzina vero?». Una domanda rimasta sinora senza risposta.

Secondo un sondaggio, solo il 5% degli inglesi ha accettato un appuntamento con un disabile conosciuto su una app o in un sito di incontri. Gli altri hanno dichiarato apertamente di evitarli. Chissà cosa spinge quel 5%, se realmente la disabilità non li spaventa oppure se sono attratti da una situazione diversa… Resta il fatto che il 5% è un numero molto piccolo.

Quando si parla di chat, amore e disabilità è bene anche analizzare il fenomeno dei devotee; ci sono infatti persone che sperano d’incontrare un devotee. Ma di che cosa si tratta? Il “devotismo” è la traduzione culturale della categoria diagnostica definita come acrotomofilia, che John Money, psicologo e sessuologo, esplorò scientificamente negli Anni Ottanta, parlando della capacità di provare interesse o eccitazione sessuale solo al cospetto di persone che hanno deformazioni o amputazioni agli arti oppure, come nell’abasophilia, per gli ausili quali le carrozzine, i gessi, le protesi ecc. Quindi il devotee non ha interesse  per la persona in quanto tale, si eccita solo in presenza della sedia a rotelle, delle stampelle, di un arto mancante… Se la stessa persona si presentasse senza protesi l’attrazione del devotee svanirebbe.

Spesso i devotisti hanno una vita povera di relazioni interpersonali.  Detto ciò, non va poi sottovalutato  il fatto che il DSM-V-TR,  Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, identifica questa pratica come una parafilia simile a una forma di feticismo sessuale. I casi sono in aumento e il web è il posto giusto per cercare “una preda”.

Le reazioni più comuni della persona con disabilità di fronte a questa realtà sono:

  • la persona con disabilità non sa cos’è un devotee;
  • la persona con disabilità cerca in rete un devotee che la faccia sentire apprezzata;
  • la persona con disabilità è contraria a tali atteggiamenti e li considera come “devianza psicopatologica”.

In rete, poi, la ricerca è duplice: il devotee, infatti, cerca la persona con problematiche fisiche e viceversa. Ritengo che tra adulti consenzienti ognuno sia libero di fare le proprie scelte e rispetto i differenti punti di vista, anche se personalmente mi trovo concorde con la rivista «State of Mind», che nell’articolo La parafilia “Devotee” e l’attrazione sessuale per i disabili illustra il comportamento del devotee come patologico, argomentandone le motivazioni. Cito qualche passaggio di quell’articolo: «Nei devoti, spesso è compromessa l’area sociale, lavorativa e l’intimità emotiva e sessuale nei confronti del loro partner. Questo tipo di parafilia si avvicina al feticismo, come pulsione sessuale diretta verso un oggetto inanimato. Come nel feticista, l’oggetto è indispensabile e imprescindibile per l’eccitamento e l’attività sessuale. I devoti tendono ad evitare la relazione intima col partner, e rendono erotico non uno stivale ma gli ausili di cui il disabile si serve o l’arto menomato. […] L’attrazione sessuale può risiedere nel moncherino vero e proprio, nelle protesi, oppure nell’immaginario di quanto esiste sotto di essa. Taluni si eccitano nel cogliere le difficoltà di deambulazione dovuta alla mancanza di uno o di entrambi gli arti inferiori; altri nel riscontrare durante lo svolgimento di normali azioni, la malagevolezza tipica di chi è privo di una o ambedue le braccia. Altri ancora focalizzano l’interesse esclusivamente sulla “parte mancante” del portatore di handicap e nel tentativo d’immaginare le sue sembianze. […] Nel devotismo, le persone chiedono di poter toccare le gambe, di guardare mentre la persona mangia, chiedono di poter pettinare i capelli o poterla accompagnare in bagno, trattano la persona come un oggetto».

Non vorrei che l’aumentare del parlare sui principali mass media, di disabilità e le tante tematiche correlate, spingesse persone con poca sensibilità o con problemi comportamentali ad usare l’interazione del web per cercare di soddisfare le proprie curiosità e i propri istinti.

Talvolta capita che le persone non sappiano fino a che punto e in quali modi possano fare domande sulla disabilità. Spesso pongono quesiti senza far capire alla persona con  disabilità se è morbosa curiosità o poco tatto nel richiedere delle spiegazioni. In presenza di atteggiamenti fastidiosi, è bene saper rispondere e bloccare, per evitare un inutile crescendo di frasi poco piacevoli.

Sulle tematiche argomentate finora, penso che la famiglia e il contesto sociale incidano notevolmente sull’autostima delle persone; se l’autostima è discreta, io persona con disabilità, non andrò a cercare chi mi tratta come un oggetto. Altresì la scarsa autostima e l’insoddisfazione di una persona “normodotata” la possono spingere ad avere desideri sessuali “fuori dalla norma”.

Vanno anche analizzate le motivazioni che portano ad usare i sempre più numerosi siti d’incontri. I bisogni che spingono le persone a usufruire di tali spazzi virtuali sono diverse per gli uomini e per donne. I primi  nella maggior parte dei casi, l’utilizzo della chat può essere la causa di una difficoltà di approccio sessuale. L’uomo spesso ha paura di un rifiuto sentimentale e sessuale, quindi nelle chat riesce a superare questo ostacolo. Altresì la donna cerca l’amore, una persona capace di ascoltarla e rassicurarla.

Nella molteplicità di profili è sempre più raro che si mettano in evidenza i sentimenti positivi e i pregi. Tutto sembra dover essere veloce ciò può significare che l’attesa, l’amore, il romanticismo vengano spesso dimenticati.  L’amore al tempo delle chat è sempre più fugace.. I siti d’incontri promettono di aiutarci a trovare l’anima gemella,  talvolta ci riescono, ma nella maggior parte dei casi si tratta di un fuoco di paglia: avventure più che occasionali, che si consumano nel giro di una notte o poco più. In passato era più semplice trovare in chat chi era pronto ad una relazione o un’amicizia che andavano oltre il virtuale.

Articolo uscito su Superando

Leggi anche:

Storia di un devotee: tra il proprio “demone” ed il rispetto

Quarantena: la buona occasione per sviluppare empatia verso le persone con disabilità

Lezione al master in neuropsicologia dell’età evolutiva presso l’Università Lumsa

Zoe a Radio Freccia Azzurra

 

Continua a Leggere