Indivisibili, ma libere

sorelle

Il film Indivisibili di Edoardo De Angelis, con Marianna Fontana, Angela Fontana, Antonia Truppo, Massimiliano Rossi, Toni Laudadio è ispirato a due gemelle siamesi realmente vissute tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti, nella prima metà del 900.

Daisy e Viola invece sono nate a Castelvolturno. Unite fin dalla nascita all’altezza del bacino, non hanno organi in comune. Un’altra prerogativa le distingue dagli altri: le loro voci neomelodiche le fanno esibire ad ogni cerimonia del paese e dintorni, tanto da creare due star. Due persone quasi sante già in vita, in quanto toccare la loro menomazione, il loro punto di giuntura sembra di buon auspicio.

Le vicende narrate si snodano quando le due ragazze hanno compiuto la maggior età. Gli equilibri, sino a quel momento, si basavano sulle esibizioni delle gemelle come se fossero un fenomeno da baraccone. Ma che succede quando un medico dice loro che può dividerle? Ecco sulla scena rappresentato il profondo legame di due sorelle, sole di fronte alla possibilità di una vita normale. Per entrambe in fondo, ma apparentemente per una  più dell’altra, il desiderio di normalità è forte, la voglia  di magiare un gelato, viaggiare, ballare, bere vino senza temere che l’altra si ubriachi… fare l’amore. “Perché sono femmina”.

Nella realtà famigliare e sociale delle due protagoniste, come spesso avviene con le persone disabili, ruotano personaggi diversi con connotazioni molto forti, a tratti magistralmente esasperati in un crescendo  di patos. Il padre pieno di sensi di colpa che ripete, a se stesso e alla famiglia di volerle bene e di voler il massimo per le figlie. La madre che non riesce a proteggerle dal padre ma scappa… Gli zii che escono dal quadro famigliare, si dissociano dall’andarle a cercare e riportarle a casa quando le sorelle fuggono… Il parroco del paese che trova nell’handicap fisico un pretesto per ammaliare  le folle di fedeli e tenerle vicine ad una chiesa che si basa sui simboli.

Quante volte queste dinamiche famigliari si mettono in atto più o meno coscientemente di fronte al diverso, alla persona che risulta errata; per fortuna spesso sono proprio le sorelle ad accettarsi ed aiutarsi vicendevolmente. Forse il legame tra sorelle disabili e normali esula dal senso di colpa che troppo spesso, invade e si dilaga nei genitori, nei parenti e nel disabile stesso, come se fosse  indispensabile  dimostrare di essere bravo e adoperarsi, anche davanti ad un palese senso di rifiuto e di negazione.

Nel loro viaggio, le gemelle, ormai sole e presenti una per l’altra, chiederanno aiuto a persone poco raccomandabili. Veritiera la loro ingenuità, per due persone che fino a diciotto anni non hanno avuto neanche il cellulare, che si trasformerà in forza per entrambe.

Ma di chi si possono fidare? Daisy si vuole dividere, il motivo è semplice e veritiero, si innamora di un uomo che lavora in ambito musicale e le promette chissà cosa fin quando non si svela per quello che è realmente. La sorella più debole fino a quel momento, diventa la più forte salvando entrambe le ragazze. Ecco due facce della stessa medaglia che si sovrappongono, si scambiano i ruoli,  si rendono conto dei pericoli che ci sono fuori. 

La conquista della libertà però si rileva più complessa di come Daisy e Viola si aspettano, la corsa le sfianca e le ragazze sembrano ricadere nella rete del padre e del parroco, che le riportano a casa. Le due sorelle ancora fisicamente unite, sono in balia del padre sopraffatto dalla rete da lui stesso costruita per non perdere le ragazze e sfruttare al meglio le loro doti. La madre delle ragazze lo ha abbandonato, e lui  è l’unico rimasto per loro e con loro. Le prepara e le porta in processione, ma la crescita e il desiderio di libertà e normalità non può essere messo in trappola.

La pellicola dura 100 minuti durante i quali, lo spettatore è portato a ragionare sul senso del limite, sull’amore viscerale che però non impedisce di essere libere, di camminare con le proprie gambe pur capendo che la sorella è, e rimarrà, un pezzo importante della propria vita, tutto ciò con una colonna sonora sublime.

Indivisibili è un film sulla separazione e sul dolore che comporta. 
Traspare l’idea, che nella maggior parte dei casi, per crescere e rendersi autonomi per quanto possibile, bisogna mettersi in gioco e spesso soffrire.

Il regista Edoardo De Angelis, ci rivela:  “ho cercato un’immagine che rappresentasse al meglio questo concetto e l’ho trovata: due gemelle siamesi appena maggiorenni che scoprono di potersi dividere. Due ragazze attaccate per il bacino che, guardate singolarmente, dovevano essere belle per permettermi di realizzare quell’equilibrio tra attrazione e repulsione che è la linea guida estetica di ogni inquadratura che compongo.
Io vedo il mondo così: sempre in bilico tra la bellezza e la bruttezza. La frequentazione assidua di questo bilico mi ha portato ancora una volta a Castelvolturno. (…) Quel territorio è un simulacro straziato di una bellezza passata, materiale perfetto per costruire la gabbia dalla quale i miei uccellini vogliono disperatamente scappare. Il loro sogno è la normalità.”

Nella disperata ricerca della normalità, ammesso che quella di Daisy e Viola non lo sia, ci possiamo ritrovare un po’ tutti, sia come persone che vogliono raggiungere quella che è la vita adulta, sia desiderosi di una vita senza handicap inteso come impedimento/problema che porta a percepirci diversi, colpevoli… non degni di affetto e di essere apprezzati. Oggetto di discordie tra persone, famiglie e generazioni che si rapportano tra loro e con la disabilita in una gara estenuante a chi è più presente, più bravo, chi accetta la disabilità, chi lo fa a volte,  chi fa solo finta e chi fugge convinto di essere stato portato a farlo. Spesso in tutto ciò il problema sembra solo degli altri… come se la persona con disabilità non se ne accorga e non soffra per la sua condizione e quella di chi gli sta o gli dovrebbe stare accanto 

Tutto ciò impedisce, alle molte persone, coinvolte di rientrare nella classificazione positiva, rassicurante e ben accettata dalla società… di normalità.

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