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Tutto chiede salvezza: il labile confine tra normalità e malattia mentale

La serie Netflix, tratta dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli, vincitore del premio Strega Giovani nel 2020, riesce ad affrontare la questione delle malattie mentali in modo leggero e profondo al tempo stesso senza sconti e senza ipocrisie. Un racconto da guardare tutto d’un fiato.

La serie invita a riflettere su chi siano i veri “matti”. I matti stanno là fuori, afferma il protagonista, durante il T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio).

“Tutto chiede salvezza” è la storia di Daniele, un ragazzo come tanti, carico delle aspettative di una famiglia semplice ma determinata a far diventare qualcuno proprio lui, il più piccolo, perché solo lui dei tre figli aveva dimostrato di potercela fare, di avere un grande potenziale. Una dote pesante per Daniele che, schiacciato tra le aspettative e il timore di non farcela, ha sempre fatto i conti con paure più o meno manifeste, con fughe da scuola per correre in braccio alla mamma. Un macigno che, qualche anno dopo, in bilico tra alcol e droghe, una notte esplode in un episodio di violenza contro i genitori. Ecco il motivo del T.S.O. Dopo una crisi psicotica si risveglia nella camerata di un reparto psichiatrico, insieme a cinque particolari compagni di stanza con cui, all’inizio, pensa di non avere niente in comune.

Il rapporto con il personale sanitario e le telefonate alla famiglia, poco dopo il ricovero, sono molto conflittuali. Inoltre il ragazzo, si sente pressato dai medici, che gli vogliono frugare nel cervello per capire cos’abbia che non va, ed è accudito da infermieri che, inizialmente sono cinici e disinteressati. Sette giorni, tanto dura la sua permanenza nel reparto, sembrano lunghissimi e quella che all’inizio gli appare una condanna piano piano si trasforma in una delle esperienze più intense e formative della sua vita.

I sette episodi, sono un invito a riflettere sul disagio conclamato e su quello sopito e su molti aspetti dell’esistenza umana. A tal proposito mi sembrano significative le parole del regista e sceneggiatore Francesco Bruni: “Dal dolore si può uscire, e uscire migliori. Anche nel momento più buio può fare capolino la speranza, si può ridere pochi istanti dopo aver pianto e piangere poco dopo aver riso.” Nella prima puntata una frase mi è rimasta particolarmente impressa perché ritengo che sintetizzi la condizione e la fragilità umana: Semo come piume: basta uno sputo di vento per portarci via”. La serie ci fa riflettere su molti concetti importanti e comuni all’esistenza di ogni persona, ad esempio il fatto che è il dolore che, nel bene o nel male, accende gli anfratti più nascosti di ogni essere umano. O che alla fine l’amore spinge molte persone alla ricerca di quella speranza perduta.

Nello spazio atipico dell’ospedale ed in un tempo che sembra sospeso, isolato dal mondo Daniele si trova ad affrontare i suoi demoni interiori, intraprendendo un viaggio inaspettato che si rivelerà quanto mai essenziale per scoprire le sue vere emozioni e la sua personalità.

All’inizio la serie sembra il racconto di un ragazzo viziato che pensa solo alle ragazze, le serate in discoteca ed alla cocaina, ma poi, il protagonista sarà il primo ad aiutare e confortare i compagni di stanza che, sembrano essere in situazioni più gravi della sua.

Nell’ospedale psichiatrico c’è anche spazio per una complicata storia d’amore con Nina, un’influencer che ha tentato il suicidio e che, a detta dei medici, sta molto peggio del protagonista.

“Tutto Chiede Salvezza”, è un invito a riflettere sull’importanza dell’amicizia, della famiglia, del perdono e dell’aiuto reciproco: valori non scontati.  Tutto ciò spesso è difficoltoso da mantenere, donare ed ottenere.

Attorno a Daniele si raccontano  le storie dei cinque compagni di stanza: Mario, maestro “a riposo”, ricoverato per aver aggredito moglie e figlia qualche decennio prima; “Madonnina”, di cui nessuno conosce il vero nome e che passa le giornate invocando, appunto, la Vergine Maria; Giorgio, un Hulk dal cuore buono, segnato dalla perdita della madre; Alessandro, affetto da una patologia neurologica che lo ha reso un vegetale; Gianluca, omosessuale e, per questo, costretto al trattamento da una famiglia bigotta e incapace di accettare la diversità. E poi gli infermieri, i medici, i familiari e tanto amore, più o meno sano: una grande nave dei pazzi in cui il confine tra normalità e follia diventa davvero labile. Di tutto, una sola certezza: tutti chiedono salvezza, chi sta fuori e chi sta dentro. Chi si prende cura e chi è curato. Chi resta a casa e chi ne sente la nostalgia. Chi cerca rifugio e chi ne rifugge. L’unica via di scampo sembrano essere i legami, gli affetti. Che, se ben vissuti, salvano.

Una bella miniserie, tutta italiana, che mette al centro la tematica delicata, ma anche drammaturgicamente sempre affascinante, delle malattie mentali che è stata raccontata dosando sapientemente leggerezza e patos, così che ogni spettatore si possa ritrovare nei vari personaggi.

La storia rappresenta anche una difficile sfida contro se stessi e contro il mondo: ritrovarsi e capire che i vuoti personali si assomigliano un po’ tutti, le sofferenze sono tante e molteplici e che nella diversità si può trovare una rara bellezza. Una meravigliosa e ritrovata leggerezza. Che, guarda caso, fa rima con salvezza.

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Spiegare bene la disabilità a bimbi e bimbe: un’occasione pedagogica per tutti

Spiegare la disabilità ai bambini è importante. Perché le varie disabilità esistono, si possono incontrare… quindi è opportuno che l’adulto sia in grado di motivare le differenze senza drammatizzarle. Partendo da tale presupposto, è auspicabile anche che  i genitori affrontino l’argomento visto che a scuola, al parco o in vacanza si può trovare un compagno di giochi con caratteristiche che possono suscitare diverse reazioni: la risata, la presa in giro o l’accettazione.

Per fortuna oggi giorno, in molti contesti la disabilità non è un più tabù ed è importante parlarne anche ai piccolissimi.

I bambini si accorgono benissimo se qualche compagno fa più fatica nei movimenti, o si comporta in modo “insolito“. Ma non per questo giudicano, semplicemente si interrogano sul perché: da parte di genitori e insegnanti deve esserci grande sincerità nell’affrontare il tema e non bisogna negare l’evidenza dicendo che quel bambino è uguale a loro. Ha gli stessi diritti certo, ma è diverso. Vi accorgerete della spiazzante semplicità con cui i bambini sono in grado di capire e accettare le diversità.

Con i più piccoli, è importante usare un linguaggio comprensibile, che non spaventi o renda ancor più distante il tema: l’ideale è parlarne con naturalezza a partire dalle loro domande. Date spazio alle loro curiosità e fate passare il messaggio che è normale notare la disabilità e chiedersi il perché. Ricordatevi che un bambino chiede una cosa solo quando si sente pronto per capirla. Ciò detto vale sia per il gruppo dei pari che per rispondere alle domande che un bambino con disabilità può porre agli adulti di riferimento.

In una classe dove c’è un bambino con una disabilità, è importante parlare con tutti gli alunni spiegando i limiti e le potenzialità del compagno con bisogni speciali, rendendolo protagonista nel descrivere e condividere la sua disabilità con i compagni e amici. Tutto ciò può creare armonia tra il gruppo di pari e prevenire ogni forma di bullismo.

Va anche ricordato che i bambini sono curiosi, una volta placata la loro voglia di sapere, saranno i primi a trovare strategie per giocare e comunicare  tutti insieme.

Un errore che fanno alcuni genitori è quello di essere iperprotettivi e di evitare che il figlio conosca la diversità. È auspicabile che i genitori lascino i figli liberi di incontrare le difficoltà della vita, come le diversità e le disabilità.

Per concludere le riflessioni ed i consigli su come affrontare il tema delle disabilità con i più piccoli, penso che per noi adulti sia importante chiedersi come noi per primi ci approcciamo alla disabilità. L’occasione di affrontare tale tematica con i bambini è un’ottima occasione per misurarsi con la propria visione.

Ricordiamoci che i bambini apprendono molto dal nostro comportamento, che funge da modello. Il modo in cui ci comportiamo di fronte alle disabilità, le conversazioni che facciamo in loro presenza – anche quando non ci rivolgiamo direttamente a loro – contano più di qualsiasi spiegazione.

Per spiegare la disabilità a bambini e ragazzi esistono tanti libri!

Di seguito troverete una selezione di questi testi, tra cui rientrano romanzi sulla disabilità e storie di inclusione per bambini. Non mancano anche alcuni libri facilitati per bambini con bisogni speciali.

 

Romanzi sulla disabilità


Mia sorella è un quadrifogliodi Beatrice Masini e Svietlan Junaković (Carthusia, 2012).
Dai cinque anni in su. Nel libro una bambina narra i primi passi su questo mondo della sorellina speciale. Con uno sguardo fresco ma profondo, tipico dell’infanzia, Beatrice Masini ha saputo raccogliere le sfumature più delicate, dando vita a una storia vivace, coinvolgente e originale, in cui la disabilità viene raccontata da una voce molto particolare, forse unica nei libri per bambini dedicati alla disabilità: la voce di una sorella.
Nella vita della piccola Viola, infatti, arriva Mimosa, una sorella un po’ particolare, che scompiglia la vita familiare: ma è, prima di tutto, una sorella. «Siamo tutti diversi e siamo tutti speciali. In un prato c’è posto per tutto: i quadrifogli, le farfalle, le coccinelle, le formiche, i fiori».

L’intruso. Storia di un orso arruffato di Waltraud Egitz (Bohem Press 2006).
Adatto dai due anni in su. Orsetto si è svegliato bene stamattina, ma qualcosa lo disturba: quando arriva nel suo posto preferito, trova un intruso. Lo sconosciuto è un orso che ha il pelo tutto arruffato: a Orsetto proprio non piace e decide di cacciarlo via. Gli animali del bosco lo interrogano sul perché della sua azione. Non sapendo cosa rispondere, Orsetto decide di provare a conoscerlo meglio. È un libro sulla diversità e sull’amicizia.

Oggi no domani si! di Lucia Scuderi (Fatatrac, 2008).
Da tre anni in su. Lo struzzo è un uccello non volatore, una diversità che gli rende la vita difficile. «Oggi no domani sì, torna domani e troverai così» è la frase che gli urla il piccolo scarafaggio per prenderlo in giro, quando lo struzzo continua a rimandare di giorno in giorno la sua prova di volo. Ma, a sorpresa, sarà proprio la sua fragilità a renderlo alla fine simpatico agli altri piccoli animali.
In un tempo che ci parla di bullismo perfino nelle scuole materne, ecco una storia in cui il protagonista non viene apprezzato perché più forte, ma perché conosce i suoi limiti e li fa accettare agli altri.

La cosa più importante di Antonella Abbatiello (Fatatrac, 2003).
Da tre anni in su. «Il coniglio diceva: la cosa più importante è avere orecchie lunghe. Chi ha orecchie lunghe si accorge subito di ogni piccolo rumore…». È l’inizio di un’appassionata discussione tra gli animali del bosco in cui di volta in volta la particolarità di ognuno viene considerata la più importante e come tale “imposta” a tutti gli altri. Sarà un gufo saggio a far capire che l’importanza di ciascuno sta proprio nella sua “diversità” che lo rende unico ed essenziale alla vita del bosco.
Un importante messaggio di pace e di tolleranza in una smagliante favola moderna.

Laura di Elfi Nijssen ed Eline Van Lindenhuizen (Clavis, 2009).
Da quattro anni in su. Laura è una bambina speciale: ha problemi di udito. Giocare con gli altri bambini non è facile, se non senti bene. E anche camminare per strada. Fortunatamente il Dottore dell’orecchio dà a Laura due apparecchi acustici: sono piccoli piccoli, non si vedono, ma le sono di enorme aiuto. Una delicata storia su una bambina che ha problemi di udito.

Il Signor Tazzina di Maria Sole Macchia (Fabbri, 2003).
Dai quattro anni in su. Un disegnatore distratto illustra un personaggio senza un orecchio. Il personaggio comincia a vivere la sua storia ed esce per strada. Un ragazzino lo addita ai passanti dicendo che sembra una tazzina. Da quel momento il poverino diventa per tutti il “Signor Tazzina”, e, umiliato, si nasconde in casa. Ma poi, dalla finestra di casa, comincia ad osservare le persone che passano per la strada: quella signora con il collo lunghissimo, non è identica a un cucchiaino? Quel tipo coi capelli in su, non sembra una forchetta? Così scopre che essere diversi dagli altri vuol dire essere unici e speciali.
Una storia fantasiosa, allegra, coloratissima, che parla di diversità e accettazione della propria identità.

Ad abbracciar nessuno di Arianna Papini (Fatatrac, 2010).
Dai cinque anni in su. Damiano incontra una bambina misteriosa alla scuola dell’infanzia e da subito nasce in lui una commovente fratellanza mossa sia dalla curiosità che dalla sua storia di bimbo adottato, che corre verso la bimba affetta da autismo. Insieme i due bambini, durante il tratto di strada della vita che condividono, si scambiano affetto, gioco, tristezza e allegria.

Nata Viva di Zoe Rondini (Società Editrice Dante Alighieri, prima edizione 2011).
Il romanzo di formazione narra la vita di Zoe, una bambina che nei primi cinque minuti della sua vita ha “trattenuto il fiato”. Il libro è adatto ai ragazzi dai dieci anni in poi. Attraverso le vicende scolastiche e familiari di Zoe, si può capire che in fondo ci sono tante cose che accumunano un bambino con bisogni speciali ai suoi coetanei. Tramite le vicissitudini della protagonista, molti lettori e lettrici si rivedono nell’essere adolescenti incompresi, in famiglia come a scuola.
Un romanzo che invita a non dimenticare mai lo scarto enorme che c’è tra vivere ed esistere, inchiodandoci all’idea che per nascere veramente, ad ogni occasione, bisogna sentirsi vivi, gridarlo e raccontarlo al mondo intero.

Storie di inclusione per bambini

Martino piccolo lupo (Carthusia)

Per avvicinare i più piccoli al tema della disabilità, questo è sicuramente uno dei titoli più indicati. Al centro, la storia di Martino, un cucciolo di lupo che, diversamente dagli altri, non ulula alla luna e adora mangiare le ciliegie.  “Non sarà mai un vero lupo!”, tuona il capobranco alla mamma lupa. Il libro affronta il tema dell’emarginazione, rappresentata come una nebbia fitta che finisce per inghiottire il piccolo lupo fino a che qualcuno riuscirà finalmente a vedere oltre all’apparenza. La metafora vuole far luce sulle problematiche legate all’autismo e alla capacità di entrare in relazione con chi appare “diverso”. Una pagina finale è dedicata alla presentazione di Fondazione ARES (Autismo Ricerca e Sviluppo) con il quale il libro è realizzato.

Ada al contrario (Settenove)

La protagonista di questo libro è Ada, una bambina molto particolare che sembra fare tutto al contrario. Da neonata, al posto di urlare «Uééé, uééé», aveva strillato: «Éééu, éééu». Dormiva di giorno e stava sveglia di notte. Chiamava mamma il papà e papà la mamma e, crescendo, iniziò persino a camminare al contrario. La sua storia affronta con leggerezza il tema dell’Asperger, una forma di autismo, sottolineando l’aspetto della libertà e del diritto di essere accolti nella propria diversità, qualunque essa sia.

Il pentolino di Antonino (Kite Edizioni)

Semplice e al tempo stesso potente, questo libro illustrato racconta la storia di Antonino, un bambino che trascina sempre dietro di sé una piccola pentola. Un giorno gli è caduta sulla testa e da allora Antonino non è più come tutti gli altri. Quel pentolino gli complica la vita, si incastra dappertutto e gli impedisce di andare avanti. Antonino è un bambino che ama la musica, la compagnia, l’affetto… ma spesso le persone vedono solo la piccola pentola che trascina dietro di sé. Sarà l’incontro con una persona speciale a insegnargli ad usare quel pentolino per esprimere tutte le sue qualità. La metafora è quella dell’autismo, ma più in generale della difficoltà che qualsiasi bambino può incontrare nell’affrontare diverse situazioni di vita.

Il pezzettino in più (Feltrinelli Kids)

Un libro spiritoso ma anche toccante che affronta il tema della sindrome di Down. Manuelita e Lucía, detta Pussy, sono sorelle. Manuelita è la maggiore ed è “diversa”: i medici alla sua nascita hanno detto che ha 47 cromosomi invece di 46, “come un orologio con un pezzo in più”. Tra le due sorelle c’è amore e complicità, solo che Pussy spesso si stanca di dover fare la sorella maggiore pur essendo la più piccola e di dover affrontare le prese in giro dei “bambini corvo”, che sotto l’apparenza di bambini normali nascondono penne nere, becco appuntito e artigli… Attraverso episodi insoliti e divertenti, la storia riesce a offrire uno sguardo nuovo sul mondo della disabilità.

Compagni di diritti. La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità spiegata ai bambini delle scuole primarie di Lorenzo Fronte (Erickson 2017).

Un libro che può essere utilizzato per svolgere un percorso in classe, contenendo anche stimoli per attività da far fare ai bambini. Spiega ai piccoli della scuola primaria la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Serena, la mia amica di Anna Genni Miliotti (Editoriale Scienza, 2007).
Il libro racconta l’amicizia tra Chiara e Serena, due ragazzine “speciali”. Solo nell’ultima illustrazione scopriamo che Serena è una bimba con sindrome di Down.
Un discorso sulla diversità alla rovescia, quasi sia Chiara un po’ gelosa delle qualità di Serena, pur sapendone i problemi e i limiti. Il tema della diversità si ritrova anche in una storia dentro la storia, nel divertente racconto a fumetti su una balena… rosa.

Parliamo di Abilità. Una spiegazione della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità di UNICEF Italia (UNICEF Italia 2008).
Pubblicazione utile per i bambini e i ragazzi un po’ più grandi. Vi si spiega la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, con l’obiettivo di aiutare le persone con disabilità a realizzare i loro diritti.

Libri facilitati per bambini con bisogni speciali


L’avventura di Oliver in piazza L’avventura di Oliver tra i ricordi di Gabriella Fredduselli (Erickson 2014 e nuova edizione 2021).
Sono favole scritte anche nella versione facile da leggere (Easy to Read), accessibile anche ai bambini con disabilità intellettiva che affrontano il tema della diversità. Si prestano ad essere utilizzati anche in classe.

Ho un po’ paura di Laure Constantin (Editions Européennes d’Albums Tact-Illustrés, 2004).
Il volume fa parte di A spasso con le dita, biblioteca di libri tattili, un progetto a sostegno della letteratura per l’infanzia e l’integrazione tra vedenti e non vedenti.

Articolo pubblicato su Superando

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Lezione per il master in Neuropsicologia dell’età evolutiva della Lumsa 11.09.22

 

È sempre entusiasmante tenere le lezioni ai master dell’Università Lumsa di Roma. Le mie lezioni riguardano la narrazione del sé come strumento di empowerment e disabilità, affettività, amore e sessualità. La parte più bella è il feel back degli alunni, che riportano l’interesse e l’utilità nel ascoltare il punto di vista di una persona con disabilità.

 

Slide lezione 11.09.2022

Brani Nata Vivia e RaccontAbili

Nella lezione viene anche proiettato il minifilm “Nata Viva” della regista Lucia Pappalardo.

Potete comprare il romanzo Nata Viva sul sito  della Società editrice Dante Alighieri, l’ebook è disponibile qui . Il saggio RaccontAbili, cartaceo e e-book è disponibile nel catalogo Erickson Live

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L’adolescenza: tra criticità, potenzialità e soluzioni

L’adolescenza è un periodo della vita caratterizzato da forti e rapidissimi cambiamenti a livello fisico, ormonale e  psicologico. Gli adolescenti  mettono in discussione la propria identità  per poterla definire e cercano in tutti i modi di maturare l’idea che hanno di sé stessi. Si tratta di un processo non lineare che può prevedere grandi balzi in avanti, ma anche repentini   passi indietro. Spesso i comportamenti di questa fase della vita oscillano tra l’infantile e il troppo spavaldo.

Non è raro che i ragazzi si sentano fragili, ma al tempo stesso si ribellino alle regole. Quasi tutti poi, cercano l’omologazione nel gruppo dei pari.

Quello che gli adulti di riferimento devono tenere a mente è che, nella maggior parte dei casi, in tutto questo non c’è nulla di patologico o preoccupante. In questa fase delicata l’adolescente va sostenuto e istradato per quanto possibile; tenendo conto che, spesso si impara degli errori.

La visione dei genitori

L’adolescenza è un periodo che richiede una grande capacità di adattamento anche per i genitori, che vengono messi spesso a dura prova. Si tratta di una fase molto delicata, sia per i ragazzi che per gli adulti, ed è facile in tanti momenti cedere al pessimismo  quando ci si ritrova davanti un figlio così diverso dal bambino a cui eravamo abituati, da non riuscire più a riconoscerlo.

La visione dei ragazzi e i segnali di allarme per i genitori

Molto spesso, i figli percepiscono una mancanza  d’ ascolto e supporto verso le loro richieste e necessità. Non riconoscono o non vedono riconosciute le proprie potenzialità.

Tutto questo è normale se non viene esasperato nel tempo. Quali sono i segnali, i campanelli d’allarme ai quali un genitore dovrebbe prestare attenzione per poter intervenire il più presto possibile? Innanzitutto un forte segnale può provenire dal luogo in cui il ragazzo passa la maggior parte del suo tempo, cioè la scuola. Il rendimento scolastico è un indicatore da tenere sempre in considerazione. Un calo repentino dei voti di un ragazzo adolescente può essere sintomo di un disagio che si ripercuote sull’attenzione, sulla capacità di studiare e sulla motivazione e che porta, quindi, ad un abbassamento della media scolastica.

Un altro campanello d’allarme dovrebbe scattare quando un figlio adolescente manifesta insoddisfazione, noia continua come se non riuscisse a trovare alcuno stimolo nelle cose che ha sempre fatto o in nuove attività. Il disinteresse nei giovani talvolta è normale e fisiologico, ma c’è il rischio che l’indolenza si trasformi in apatia giovanile, causata da un contesto poco stimolante, dalla bassa autostima e dall’assenza di gratificazione. Ci si può trovare di fronte a un ragazzo che fatica a trovare un senso ed uno scopo, che passa le giornate  senza concludere nulla. A differenza di quello che si crede comunemente, la preoccupazione dovrebbe scattare anche quando l’adolescente dimostra difficoltà a emanciparsi dalla famiglia  e ad assumersi le proprie responsabilità.

Altro importante segnale da considerare sono le relazioni sociali del ragazzo: se tende ad isolarsi,  a chiudersi in casa o si allontana e non sembra avere rapporti con i propri coetanei, è possibile che stia vivendo un forte disagio.

Infine anche l’aspetto fisico del figlio può dare motivo di riflessione: la trascuratezza può essere un segnale forte di scarsa autostima e mancata accettazione oltre che di assenza di stimoli.

Prevenzione dei problemi in adolescenza

Naturalmente esiste anche una fase di prevenzione dei problemi e dei disturbi adolescenziali più comuni. Il primo luogo in cui effettuare degli interventi volti a prevenire il disagio giovanile è, senza dubbio la scuola.

È quindi opportuno che vi siano degli incontri nei quali esperti psicologi e pedagogisti, possano entrare in relazione con i ragazzi. I preadolescenti e gli adolescenti devono trovare uno spazio dove poter parlare delle loro paure, delle proprie passioni ed aspirazioni. È anche utile che gli esperti e gli adulti di riferimento facciano capire al ragazzo che le emozioni che egli vive, lo accomunano a molti altri suo coetanei.

La narrazione del sé come supporto psicopedagogico

Dal 2012 al 2020, (prima del Covid-19) facevo molti incontri nelle scuole grazie al progetto: “Disabilità e narrazione di sé; come raccontare le proprie piccole e grandi disabilità”, si tratta di un progetto educativo contro ogni forma di bullismo che cerca anche di prevenire le varie tipologie di discriminazione.

Gli incontri con le classi si articolano in tre momenti. In primo luogo narro agli alunni alcuni episodi della mia vita estrapolati dal romanzo di formazione ed autobiografico “Nata Viva“. I brani che faccio leggere ai ragazzi per renderli più protagonisti; hanno a che fare con la nascita, la scuola, la famiglia, l’adolescenza, il tempo libero e il rapporto tra pari. È emozionante vedere la loro concentrazione e la loro empatia.

Nella parte successiva c’è un momento di confronto nel corso del quale i ragazzi, stimolati e incalzati da me, narrano i loro vissuti in relazione alla scuola, il rapporto tra pari e con gli adulti, le loro paure e speranze e mi possono porre tante domande. La parte più entusiasmante è senza dubbio ascoltare le domande dei ragazzi, i loro vissuti della scuola e della famiglia e rispondere alle loro curiosità.

Riporto alcuni quesiti  che mi sono rimasti impressi ed ai quali ho risposto senza celare nulla:

“Zoe ti sei mai innamorata?

Cosa provavi quando le tue compagne di classe e le insegnanti non ti volevano aiutare?

Se non avessi avuto quel “cortocircuito” al momento della nascita saresti stata comunque una scrittrice o pensi che avresti fatto un lavoro diverso?

Nel brano dove racconti della tua nascita parli di tua madre e di tua nonna, ma tuo padre c’era e se era presente cosa faceva?

Nei panni dei tuoi famigliari cosa avresti fatto con una bambina disabile?

Come hai fatto a raccontare la tua nascita? Ma tu te la ricordi?!”

Sono felice di poter affermare che le situazioni di sofferenza legati alla famiglia e alla scuola sono state poche rispetto ai tanti bambini e ragazzi incontrati. Hanno tutti molte aspettative per il futuro, vogliono laurearsi e intraprendere carriere di un certo livello.

Mi piacerebbe tornare quanto prima nelle scuole e magari riproporre il progetto insieme ad una persona con disabilità sensoriale, per sensibilizzare i ragazzi su vari tipi di diversità e far capire che siamo tutti diversi e un po’ speciali, ognuno a suo modo.

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La Comunicazione Aumentativa Alternativa, uno strumento di dialogo, apprendimento ed integrazione

La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (detta anche CAA) è un insieme di conoscenze, strategie e tecnologie che hanno lo scopo di migliorare ed incrementare le capacità comunicative di coloro che hanno difficoltà, temporanee o permanenti, nell’utilizzo del linguaggio orale e scritto. L’uso dei gesti, simboli, immagini e ausili tecnologici, consentono alla persona con difficoltà, di sperimentare un modo di comunicare comprensibile a tutti, così da non dipendere costantemente dai famigliari, altrimenti chiamati a tradurre bisogni e pensieri.

L’insieme di strategie della Comunicazione Aumentativa Alternativa hanno anche l’obiettivo di potenziare il linguaggio verbale.

Questo tipo di comunicazione viene definita Aumentativa in quanto non si limita a sostituire o a proporre nuove modalità comunicative ma, analizzando le competenze del soggetto, indica strategie per incrementare le stesse (ad esempio le vocalizzazioni o il linguaggio verbale esistente, i gesti, nonché i segni). Viene definita Alternativa in quanto si avvale di strategie e tecniche diverse dal linguaggio parlato.

Tale approccio ha come obiettivo la creazione di opportunità di reale comunicazione e di effettivo coinvolgimento della persona; pertanto dev’essere flessibile e su misura della persona stessa.

La nascita  della CAA

I primi semi per il futuro della CAA sono stati gettati negli anni ‘50.  Michael Williams, persona con complessi bisogni comunicativi, racconta che nei suoi primi anni comunicava con suoni comprensibili solo ai suoi genitori.

In seguito, per farsi comprendere anche da persone esterne all’ambiente familiare, tracciava dei gesti nell’aria come per scrivere parole. Fino a quando un collega stanco di vederlo gesticolare nell’aria, gli portò una tabella alfabetica, tabella che diede inizio per lui ad una nuova vita.

Tra gli anni ‘50 e ‘70 il progresso delle cure mediche e riabilitative portò ad un aumento di casi di bambini sopravvissuti a nascite premature e di adulti sopravvissuti a ictus, traumi, malattie. Per molti di loro residuavano come postumi, situazioni di grave disabilità motoria e impossibilità a comunicare attraverso il linguaggio orale. Pochi riabilitatori, andando contro corrente, iniziarono a suggerire modi aumentativi per favorire la comunicazione e iniziarono a diffondere i risultati di queste esperienze.

Tra il 1960 e il 1970 si iniziò a non nascondere più la disabilità. John Kennedy e altri personaggi famosi iniziarono a rendere noto che avevano parenti con deficit comunicativi, ciò portò ad una prima iniziale accettazione della disabilità e, quindi, di modalità di comunicazione diverse dal linguaggio orale. Le comunità di sordi anticiparono questo processo di legittimazione di un linguaggio alternativo, esigendo il diritto di essere educati utilizzando il linguaggio dei segni.

All’ospedale universitario di Jowa City dal 1964 al 1974 venne condotto un primo programma di C.A.A. rivolto a bambini con Paralisi Cerebrale Infantile. Nel frattempo si sviluppava anche l’idea che la tecnologia potesse aggirare la disabilità comunicativa e venivano usate per la comunicazione macchine da scrivere adattate.

Negli anni ’80, la C.A.A. si diffonde maggiormente in seguito alla nascita dell’Associazione Internazionale di Comunicazione Aumentativa e Alternativa (ISAAC, associazione composta da professionisti, utenti e familiari).

Gli sviluppi e i destinatari

Dopo le paralisi celebrali infantili, la C.A.A. venne usata anche per persone con ritardo mentale grave e ad altre tipologie di disabilità con disturbi della comunicazione associati, ed ai gravi disturbi di comprensione del linguaggio. Nella CAA non esistono soluzioni universali adatte ad ogni soggetto. Al contrario, per ogni persona è necessario creare un intervento ad hoc: ogni strumento va scelto in base alle caratteristiche del paziente e al momento particolare della sua vita in cui viene richiesto, e quindi lo stesso va migliorato, adattato o aggiustato secondo necessità, oltre ad essere personalizzato per la persona stessa.

Con la C.A.A. il bambino viene stimolato a progredire nella sua evoluzione linguistica, poiché sarà in grado di costruire una frase anche se non riesce ad esprimerla verbalmente. Non ci sono prerequisiti minimi necessari nel bambino, non c’è un livello cognitivo minimo, o di gravità, o di età al di sotto del quale è sconsigliato iniziare.

I molteplici vantaggi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

  •  La C.A.A. ha l’obiettivo di mettere ogni persona con bisogni comunicativi complessi nelle condizioni di poter effettuare delle scelte, esprimere un rifiuto, un consenso, raccontare, esprimere i propri stati d’animo. Comunicare significa anche influenzare il proprio ambiente e diventare protagonista della propria vita.
  •  La C.A.A. non si fonda sull’esercizio, ma su esperienze di reali comunicazioni offerte alla persona con bisogni comunicativi complessi.
  •  La C.A.A. può essere uno strumento efficace per memorizzare un testo. Associando delle immagini ai vari concetti, si facilita l’apprendimento.

Da tenere presente

  •  E’ importante, per una buona riuscita del progetto di C.A.A., la partecipazione alle sedute dei partner comunicativi e di frequenti momenti di confronto con gli operatori di riferimento.
  •  I sistemi di C.A.A. sono efficaci se, oltre a essere accompagnati da un training rivolto alla persona con bisogni comunicativi complessi, sono condivisi e supportati dalla maggioranza delle persone che fanno parte dei contesti maggiormente frequentati, al fine di evitare una “separazione” tra i vari ambienti di vita.

Le tabelle di comunicazione

Tra gli strumenti più conosciuti della Comunicazione Aumentativa e Alternativa, ci sono le tabelle di comunicazione. Con questo strumento la persona indica (adoperando le modalità che la compromissione rende possibili) i simboli contenuti nella tabella.

Le tabelle di comunicazione vengono costruite valutando un insieme di aspetti simultaneamente, come ad esempio: la selezione del vocabolario e gli aspetti fisici e sensoriali della persona con bisogni comunicativi complessi.

I diversi messaggi contenuti nella tabella possono essere rappresentati in modi diversi: oggetti concreti, miniature di oggetti, simboli grafici (fotografie, disegni), lettere o parole.

Quando si può iniziare

In Italia la C.A.A. viene impiegata prevalentemente in età evolutiva, mentre nei paesi di più lunga tradizione viene adottata anche con adulti ed anziani.

Con i bambini disabili, l’inizio precoce di interventi di C.A.A. può contribuire a prevenire un ulteriore impoverimento comunicativo, simbolico, cognitivo e la comparsa di disturbi del comportamento, altrimenti molto diffusi proprio come strategia di richiesta di attenzioni. Per questo è consigliabile un primo approccio con la C.A.A. in età prescolare e scolare.

La CAA in classe, un metodo per l’inclusione scolastica

La Comunicazione Aumentativa Alternativa è quindi un approccio molto utile non solo per le persone con problemi a esprimersi e comunicare nei canali classici (scritto e orale), ma anche per il mondo della scuola e per l’educazione in generale. In questo senso, come spiega Giorgia Terry Sbernini, educatrice esperta in CAA e nei processi d’apprendimento, “negli ultimi anni si è visto che il metodo simbolico è uno strumento inclusivo per tutto il gruppo classe, non solo per le persone con disabilità. Infatti, la simbologia della CAA è un sistema molto più immediato di quello verbale, per questo utilizzarla in classe permette a tutti di tenere lo stesso passo.”

In termini pratici, l’approccio della CAA consente di includere nel contesto classe il minore con disabilità, ma anche l’alunno con difficoltà di apprendimento e memorizzazione, lo studente straniero che deve imparare la lingua e, in generale, chi va un po’ più piano. Ultimamente la Comunicazione Alternativa Aumentativa viene inoltre utilizzata anche per il deficit di attenzione (ADHD). “La CAA – spiega ancora Giorgia Bernini – permette infatti un tempo di attenzione più ampio. Grazie all’utilizzo della simbologia, il bambino riesce a mantenere di più la concentrazione”.

Gli strumenti utilizzati dalla CAA, il sistema di scrittura in simboli o immagini, ma anche le tabelle di comunicazione, i libri personalizzati ed i programmi informatici, possono favorire una didattica più inclusiva per tutto il gruppo classe.

Le potenzialità della Comunicazione Aumentativa Alternativa nella didattica, sono in parte ancora da esplorare e la scuola italiana ha senz’altro tantissimo da guadagnarci, in termini di innovazione, efficacia e inclusività. Sarebbe quindi auspicabile una maggior formazione dei docenti, superando un approccio che ne limita l’intervento solamente ad alcuni ambiti specifici.

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I miei libri sono un buon inizio per parlare di tanti progetti che sono “Vivi” e Esistono grazie alla mia esigenza di narrarmi e narrare. “Perchè la vita riserva inaspettate soprese alle persone che, nonostante tutto… Nascono vive“.

 

 

 

 

 

 

Tutte le informazioni sul romanzo Nata Viva le trovate qui

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RaccontAbili, prima presentazione in presenza e 30+10

Il 18 settembre 2021 si è tenuta a Roma, presso la splendida cornice del Centro Ippico La Formicola, la prima presentazione del saggio polifonico “RaccontAbili. Domande e risposte sulle disabilità”, edito dall’Erickson Live, novembre 2020.
Hanno presentato il libro: Paolo Restuccia, direttore della Scuola di Scrittura Creativa Genius e regista del programma radiofonico “Il Ruggito del Coniglio”, Lucia Pappalardo filmaker per Rai 1, Rai 2 e regista del cortometraggio “Nata viva”, Tiziana Scrocca attrice, autrice, regista, conduttrice laboratori, clown e clown-dottore, regista della “Cantastorie Zoe” spettacolo teatrale tratto dal volume “Nata Viva”; Diego Massana, dottore di ricerca in chimica e autore della raccolta di racconti “Le Battaglie Dell’Ombra” ed Enrico Arata, cognato di Zoe, correttore dell’ultima bozza di RaccontAbili, eclettico architetto appassionato di scrittura e di musica.
E’ stata una serata magica e densa di emozioni. Oltre la presentazione del volume abbiamo festeggiato un traguardo importante i miei quarant’anni. Un’esistenza non scontata se pensiamo che sono viva e cerco di vivere intensamente nonostante i primi cinque minuti non ho respirato.
Ringrazio innanzi tutto mia sorella Daria Castrini e mio cognato Enrico Arata per la loro vitalità e l’entusiasmo che ci mettono nel farsi coinvolgere in ogni mia sfida e progetto, aiutandomi a rimanere con i piedi ben saldi a terra, loro per me sono un modello… sono Nati Vivi e RaccontAbili.
La differenza tra vivere ed esistere è il prendere coscienza che bisogna cercare di superare i limiti e gli ostacoli. Mi dispiace per i miei genitori che, per motivi e limiti diversi, sono i grandi assenti dei miei traguardi, perdendosi l’essenza, i difetti, le arrabbiature, le gioie, le sofferenze,  le battaglie, ma soprattutto i traguardi  sia di Marzia… che di Zoe…
Prima o poi, forse me ne farò una ragione dei limiti e le assenze degli altri… o più probabilmente non ci riuscirò e non accetterò tutto ciò.
Spero di metterci sempre la volontà e l’impegno per dedicarmi agli altri e contribuire ad un lento cambiamento culturale e sociale già in atto. RaccontAbili ha l’ambizione di  divenire  uno strumento con il quale creare nuovi progetti per far luce su molte situazioni che potrebbero essere maggiormente accolte e sostenute.
La vita va avanti con tanti progetti, tante persone care, ci sono anche le battaglie perse: anche questa è vita.
Grazie a chi sceglie di Esserci!
Ringrazio la professionalità di Stefano Calabria per il video e Daniele Raffaelli, per le foto.

Se desiderate potete contattarmi sulla mia pagina Facebook  , sul gruppo “Amore, disabilità e tabù: parliamone!“, o su Instagram 

 

Fotografie di Diego Massana

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Scopriamo il piacere femminile e lo squirting con Maura Gigliotti

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Scopriamo il piacere femminile e lo squirting con Maura Gigliotti

Dopo una formazione classica e gli studi di giurisprudenza, Maura abbandonerà presto il mestiere dell’avvocato per dedicarsi a scrittura e sceneggiatura. In particolare per il teatro. Contemporanei  e rilevanti sono i suoi studi sullo Yoga Ratna, sulla Yoga Tantra e sul rapporto corpo/espressione artistica. Diviene ben presto una delle principali esperte italiane di sessualità e squirting. Negli ultimi anni si è dedicata all’attività seminariale, didattica e laboratoriale proponendo in varie città d’Italia sia i propri seminari informativi sullo squirting, sia i suoi stage didattici di Yoga Ratna e Yoga Tantra.

 

Laureata in Giurisprudenza, avvocato, hai esperienza nel teatro, hai lavorato in Rai, adesso ti dedichi al Tantra. Ti va di raccontare la tua evoluzione professionale e cosa hai ricevuto da tutte queste esperienze?

Ritengo la curiosità un elemento fondamentale della vita! Ho tanti interessi apparentemente diversi, ma poi convergono. Dopo gli studi giuridici, mi sono resa conto che il mestiere dell’avvocato era molto diverso dall’idea di giustizia che tutti hanno. Seguendo il caso di Marta Russo, la studentessa uccisa all’università di Roma nel 1997, ne scrissi una sorta di opera teatrale: capii che mi piaceva la scrittura, da qui è iniziato un lungo percorso.

Grazie alla Rai ho potuto fare  un corso di sceneggiatura e di fiction che mi ha fornito gli strumenti per unire gli interessi allo studio, la passione alla tecnica.

In quegli anni mi sono trovata ad  affrontare una separazione, avevo  due bimbi piccoli, in questo periodo della mia vita lo yoga mi ha aiutato e mi ha aperto nuove possibilità. Così ho preso  la patente di istruttrice di Yoga, seguendo il corso di Cinzia Onorati a Roma. Finita questa esperienza,  sono stata ammessa alla più grande accademia italiana di yoga: quella di Gabriella Cella. A seguito di una formazione  durata  quattro anni sono diventata insegnante di Yoga Ratna. Nel mentre ho conosciuto il famoso Maestro Daniel Odier, che mi ha insegnato a praticare il massaggio tantrico. Grazie a tredici stage con Odier ho approfondito la conoscenza del Tantra. A seguito delle mie  esperienze formative, ho creato i laboratori informativi sullo squirting; le varie esperienze che possono sembrare disgiunte hanno tutte come base l’Ascolto del Corpo.  

Ti va di spiegare la differenza tra squirting e eiaculazione femminile?

Lo squirting è l’emissione di una sostanza fluida molto simile all’acqua in grosse quantità, fino a 900 ml, a differenza dell’eiaculato che viene prodotto in pochissime quantità ed ha una formazione e un colore diverso dallo squirting. Lo squirting è simile all’acqua, l’eiaculato è simile allo sperma. Entrambi però vengono prodotti ed emessi attraverso l’uretra ed entrambi hanno un contenuto di antigene prostatico, molto più denso e presente nell’eiaculato, molto meno presente nello squirting.

A tuo avviso, come mai lo Squirting è ancora oggi, una cosa poco conosciuta e praticata nella nostra società odierna? Cosa si potrebbe fare per aiutare le donne a raggiungere questo piacere?

Purtroppo in Italia permane  un grosso stigma sulla donna e sul piacere femminile.

Infatti, quando  si tratta di piacere femminile bisogna scontrarsi con la mentalità maschile che non  tiene conto delle nostre esigenze, c’è anche da dire che  molte donne  preferiscono mantenere un livello di coscienza basso, ovvero, a mio avviso, essere manipolabili.

Una donna che parla di piacere è scomoda. Io ritengo che la diversità tra le persone sia una ricchezza e rivendico la mia unicità e diversità come femmina e come donna.

La mia mission nel divulgare il piacere femminile mi ha procurato insulti ed episodi poco piacevoli, ma credo in ciò che faccio.

Mi ricordo un aneddoto:  una ragazza mi ha riconosciuta avendomi vista alle trasmissioni Nemo e in radio con Fedez… alla mia domanda: “Ti vuoi fare una foto con me?” imbarazzata ha risposto di no. Ho capito il suo disagio perché essere associata a me e ad un discorso scomodo come quello dello squirting, espone al rischio di essere etichettate.

A tuo avviso, quali figure sarebbero competenti per fare informazione sul piacere femminile e sullo squirting, così da sdoganarlo dalla pornografia e dalla prostituzione?

Le figure uliti per fare informazione sul piacere femminile e sullo squirting, sono le sessuologhe, formate ad un approccio psicologico, ma anche yogico. Sarebbe poi auspicabile un lavoro in sintonia tra psicologi e insegnanti di yoga, per portare avanti un lavoro su mente e corpo.

Sono poi d’accordo con la scrittrice Diana J Torres che afferma che per parlare  di squrting bisogna averlo provato su noi stesse. L’approccio fisico-esperienziale è importante, ma deve essere unito ad una preparazione culturale con persone qualificate.

A mio avviso, per parlare di sessualità e di piacere femminile sono importanti l’ironia e soprattutto l’informazione. Nessuno può contestarmi nelle cose che dico: ho fatto degli studi accurati e approfonditi. Lo studio, la cultura, l’informazione sono le armi per combattere i pregiudizi.

C’è anche da dire che il mondo del porno ha da una parte sdoganato lo squrting, ma lo ha anche relegato in una nicchia. Bisognerebbe rendere ordinario lo straordinario e lavorare sulla cultura e l’informazione per renderlo una delle tante manifestazione del piacere femminile.

Come te, anch’io da anni mi dedico al Tantra. Questa filosofia propone l’unione tra il maschile e femminile come sacra, esaltandone la dimensione del piacere. Quali aspetti ritieni che la società occidentale dovrebbe mutuare da quella orientale in rapporto alla sessualità?

L’idea da importare dall’Oriente alla nostra società è quella della Sacralità del corpo; il corpo viene considerato un templio. Questa visione apparteneva anche a noi occidentali fino a Platone; è auspicabile, per certi aspetti, tornare a quel tipo di mentalità.

Tra le tue tante esperienze, c’è anche il lavoro con il massaggio tantrico di tradizione Kashmira. In cosa consiste  questa corrente della tradizione tantrica? Ha un legame con lo squirting?

Il massaggio tantrico non è un massaggio di tipo sessuale, ma sensoriale. Questo particolare massaggio affina l’uso dei sensi. I cinque sensi sono gli strumenti per conoscere il mondo che ci circonda.

Questo massaggio ci riporta anche ad un principio importante: l’ascolto attraverso il corpo. Il focus è il corpo. Praticare il massaggio tantrico ci rende più coscienti di noi stessi e dell’altro. Il massaggio è un dialogo tra corpi, come quello tra una madre ed il suo piccolo. Purtroppo viene spesso travisato come un semplice massaggio ai genitali.

Per quanto riguarda il legame con lo squirting il massaggio tantrico lo può avere nella misura dell’ascolto del corpo: se la donna si sa ascoltare è in grado di capire il suo piacere e di ricercarlo.

Molte donne che hanno partecipato ai laboratori informativi sullo squirting e al laboratorio di massaggio Tantra, si sono rese conto che il secondo laboratorio era la parte pratica del primo.

Tra filosofia e benessere: il sesso tantrico - IISS - Istituto Italiano di Sessuologia ScientificaNel laboratorio sul Tantra insegno ad ascoltare il corpo, non insegno  a squirtare. Lo squiting non è un atto meccanico: è legato alla mente e all’ascolto di certi equilibri emozionali di noi donne. Solo attraverso questo particolare ascolto è possibile affrontare certe tematiche. Alla luce di tutto ciò  il laboratorio di massaggio tantrico è la parte pratica del laboratorio sullo squirting. Vorrei infine sottolineare che il discorso sullo squirting è anche legato alla salute: il liquido presumibilmente proviene dalla prostata; molte donne non sanno di averla e per questo non fanno dei controlli medici adeguati.

Hai degli aneddoti sulle persone che hanno partecipato ai laboratori?

A Cesena una ragazza di vent’anni mi ha abbracciato e mi ha detto: “a questo laboratorio doveva partecipare mia madre”. Un altro episodio che mi è rimasto impresso è legato ad una signora di ottantuno anni, era la zia di una mia collaboratrice: si è messa a piangere perché ha preso coscienza che in gioventù ha vissuto lo squirting come un problema, quando in realtà ha compreso che è ben altro. Di base dopo ogni laboratorio c’è una grande emozione: le donne si ritrovano e gli uomini iniziano a guardarle con occhi diversi.

A che punto è la ricerca del Professor Emmanuele Jannini e della Dottoressa Stefania Di Sante sullo squirting? Cosa possiamo fare noi donne per il completamento e la divulgazione dei risultati della ricerca?

Negli ultimi quattro anni c’è stato un arresto nella ricerca perché non ci sono state donne disposte a fornire i campioni.

Nel 2014 il comitato etico che decide quali ricerche sovvenzionare ha definito questa ricerca immorale poiché per ottenere i campioni bisogna provocare un orgasmo.

Per far ripartire la ricerca mi sono attivata e tramite i miei laboratori ho trovato quindici donne disposte a portare i campioni di liquido a Firenze.

Le donne che hanno facilità a squirtare possono rivolgersi a me e le metterò in contatto con i ricercatori. Gli step successivi saranno: recarsi a Firenze con i campioni di liquido, qui il team del Professor Jannini le sottoporrà ad un’ecografia pelvica ed un’intervista.

Vuoi aggiungere qualcosa che non è emerso nelle domande precedenti?

In generale, vorrei ricevere più spazio e più visibilità. Di recente ho scritto un’opera teatrale che non è andata in scena. È anche pronto un manuale informativo che non viene accolto dalle case editrici.

Vorrei avere più modi per fare informazione sul piacere femminile. In quest’ottica, sarebbe anche importante andare nelle scuole per educare al piacere. Oggi, “il canale di informazione” più usato dai i giovani è YouPorn. Ritengo che sarebbe interessante portare gli insegnanti di Yoga nelle scuole per far fare loro informazione sulla fisicità.

Un’altra riflessione riguarda poi la Kundalini: essa è l’energia creatrice ed è la stessa che incrementa la creatività.  Allenare la Kundalini renderebbe le persone più coscienti del proprio corpo e delle proprie esigenze, arrivando poi a scelte più consapevoli. Essere coscienti vuol dire fare scelte coscienti.

Trailer spettacolo teatrale

 Lo Schizzo con Senith di squirting ed eiaculazione femminile

Maura Gigliotti è presente online e sui principali Social Network, di seguito i suoi contatti:

Tel: 00 39 340 1708277

e-mail: maura.gigliotti@gmail.com

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RaccontAbili all’Unione Italiana dei Ciechi di Roma

 

La presentazione del saggio RaccontAbili, edizioni Erickson Live (novembre 2020), presso l’Unione Italiana dei Ciechi e ipovedenti di Roma.

 

 

 

 

 

 

Raccontabili è disponibile QUI

Nata viva è disponibile QUI

Potete inoltre visionare il  cortometraggio “Nata Viva” QUI

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PRESENTAZIONE DEL SAGGIO POLIFONICO “RaccontAbili. Domande e risposte sulle disabilità” (Erickson Live, 2020)

A poco più di un mese dalla sua pubblicazione, vi presentiamo “RaccontAbili. Domande e risposte sulle disabilità” edito con la casa editrice Erickson Live, nel mese di novembre 2020.
L’opera attraverso una narrazione finalmente corale e polifonica, raccoglie le voci rappresentative di tutta la comunità coinvolta nel vivere le tante forme di disabilità, anche quelle imputabili alle mancanze di un modello culturale che non riesce ancora ad accogliere tutti e tutte. L’intento è quello di cambiare la narrazione dei e sui disabili, dando loro l’opportunità di parlare in prima persona e non scegliendo solo il disabile che diventa un super eroe grazie ad esperienze di vita fuori dal comune.
Nella sua seconda prova letteraria, Zoe Rondinisi rivolge alla stessa comunità protagonista delle sue interviste: persone con disabilità, famiglie, insegnanti ed educatori, giornalisti, scrittori, pedagogisti, psicologi, medici, studenti, amanti del teatro e del cinema, attori, registi e autori. Con l’auspicio che questo testo allarghi pian piano, lì dove giunge, la comunità abile nel raccontare, che insomma ogni lettore e lettrice diventi a sua volta una o uno dei possibili, futuri… RaccontAbili!
Ne parlano:
Matteo Frasca: pedagogista, filosofo, Presidente dell’Associazione Matura Infanzia e curatore del progetto editoriale,
Enrico Arata: curatore dell’editing di “RaccontAbili”,
Eleonora Motta: RaccontAbile, psicologa e psicoterapeuta perfezionata in sessuologia clinica,
Giacomo Curti: RaccontAbile, attore e insegnante di Danceability certificato,
Paolo Restuccia: Autore radiofonico e scrittore,
Tiziana Scrocca: Attrice, autrice, regista, conduttrice laboratori, clown, clown-dottore,
Zoe Rondini: Autrice di «RaccontAbili»,
A moderare l’incontro è stata: Emilia Martinelli, regista e autrice teatrale, storyteller nell’ambito della valorizzazione di beni culturali, insegnante di teatro e DanceAbility.
Per informazioni: marziacastiglione81@gmail.com “RaccontAbili. Domande e risposte sulle disabilità”.
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